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Autore: Dragon_Flame    08/05/2013    3 recensioni
Una guerra civile ha scosso Johto e strappato Mia dai suoi amici e dalla sua famiglia. E' fuggita da Ebanopoli, dicendo addio a tutti coloro che ha amato in vita sua. Non potrà mai più avere una vita normale. Quel Team Omega che ha distrutto la sua vita ora si è impadronito del mondo grazie ad un esercito imbattibile, feroce e distruttivo. Lei è caduta dentro un mondo d'oblio e disperazione, distrutta e lacerata dalla perdita della sua felicità.
Ma Mia è una Domadraghi, ha un'indole combattiva e determinata, risoluta e coraggiosa. Si è rifugiata a Evon ma è pronta a ricominciare. L'unico modo per combattere il Team Omega e il suo comandante Zlatan è la resistenza partigiana. E tra le sue file ci sarà anche lei. Perché quella strage non può rimanere impunita, e neanche quella dei congiunti di Darius, di Artigliopoli. I destini dei due giovani si incroceranno e si legheranno indissolubilmente, nonostante l'antica avversità tra i loro Clan, i loro caratteri diversi, la lotta partigiana. Perché a questo mondo non c'è spazio per odio e disprezzo, solo per amicizia e affetto. E l'amore.
[OC: MiaxDarius]
Commentate e recensite, grazie!! ^.^
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Ultimo capitolo postato!
Flame
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: N, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Anime, Manga
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"Zia, ho pensato molto ad una cosa in questi ultimi giorni..." cominciò Mia parlando alla sorella di sua madre Cynthia, zia Ellen, che l'ospitava a casa sua dal giorno della tragedia della sua famiglia. Era ormai passato un anno da quel giorno.
"Dimmi, nipotina, che cosa è l'oggetto dei tuoi pensieri di questi ultimi giorni? Ti avevo vista un po' strana, in effetti, come soprappensiero; ma poi ho pensato che me lo avresti detto tu stessa e quindi non ti ho chiesto niente." La donna si alzò in piedi su uno sgabello per raggiungere una mensola decisamente fuori dalla portata delle sue mani sottili. Mia la guardò attentamente, quasi con dispiacere: era minuta e nervosa, con grandi occhi color nocciola che scrutavano tutt'intorno a loro e sembravano trapassarti l'anima da quanto erano pungenti. Fece un sospiro grave, sapendo perfettamente che ciò che le stava per dire le avrebbe quasi fatto prendere un colpo; ma voleva farlo assolutamente, quindi si fece coraggio e proseguì con la sua frase.
“E' passato un anno dalla morte dei miei genitori” continuò, intristendosi di colpo “ed è stato un anno terribile, un periodo buio e difficile in cui ho avuto parecchi incubi e crisi di pianto. Non riavrò indietro i miei genitori, questo lo so, ma non posso permettere che la loro morte rimanga invendicata.”
Sua zia la osservava attentamente, con una strana luce inclemente negli occhi. Aveva già intuito i pensieri della figlia di sua sorella e non approvava la sua scelta, tuttavia sperava ardentemente di essersi sbagliata a giudicare senza conoscere la sua effettiva decisione e aspettò pazientemente che la nipote vuotasse il sacco e si spiegasse, confidando nel fatto che non volesse compiere una scelta a suo modo pericolosa e avventata come quella di vendicare i suoi genitori.
“Voglio entrare nella Resistenza” mormorò in un soffio, traendo un altro sospiro e chiudendo gli occhi di scatto, come per non vedere la reazione di sua zia. Sentì uno strillo acuto, come se la donna avesse visto un topo correre per la cucina, quindi avvertì un rumore di piatti che cadevano a terra, infrangendosi in mille minuscole schegge: erano i piatti che la zia teneva in mano dopo averli presi dallo scaffale; li aveva lasciati cadere dallo stupore. Mia riaprì un occhio, mordendosi il labbro con indecisione. Cosa le avrebbe detto adesso?
“Ripeti, prego?!” strepitò Ellen alla nipote, balzando giù agilmente dalla sedia su cui era salita per raggiungere la mensola. “Ripetilo, se ne hai il coraggio!... Già la mia sorellina Cynthia è stata uccisa per aver deciso di seguire suo marito nel combattere l'avanzata di Zlatan; adesso pure tu vuoi farti ammazzare?!”
Quelle parole ferirono Mia profondamente: come poteva dire che suo padre aveva portato alla morte sé stesso e sua madre? Le dava la fastidiosa sensazione che lo stesse rimproverando per questo. Cynthia aveva scelto di restare accanto a Lysander perché non avrebbe mai voluto abbandonare la sua famiglia ed Ebanopoli, la sua seconda casa dopo il matrimonio con il padre della ragazza. Era morta sapendo bene cosa l'aspettava. Mia strinse i pugni con forza, invasa da un'irritazione sconosciuta, e chinò lo sguardo a terra. Ellen non poteva permettersi di dire quelle cose di suo padre. Lysander aveva dato la vita per sua figlia e per la sua patria e lo aveva fatto senza ripensamenti né incertezze né paura della morte o della sofferenza.
“I miei draghi sono grandi combattenti; erano di mio padre e di mia madre, due ottimi Domadraghi” insistette imperterrita la giovane, rialzando gli occhi e ricambiando gelidamente lo sguardo riprovevole di sua zia Ellen. “Lo stesso si può dire dei miei Pokémon. In quanto a me, sono cresciuta con un'educazione severa e rigorosa, degna di una Domadraghi di Ebanopoli, e ho ricevuto un allenamento perfetto, al pari dei requisiti che servono per combattere. Non so usare armi ma imparerò. So combattere e difendermi in lotta. Ho dei compagni fedeli e leali come i miei Pokémon che non mi abbandoneranno mai. Potrei battermi bene in uno scontro. Perché non vuoi capire? Io voglio vendicare i miei genitori, voglio che Ebanopoli torni libera. Voglio riconquistare la libertà che quel bastardo di Zlatan mi ha tolto. E non sarai tu a fermarmi. Se non sei d'accordo con la mia decisione, non importa; io sarò irremovibile e mi arruolerò comunque nella Resistenza. Sconfiggerò il Team Omega” replicò, ferreamente convinta.
“Tu non sai quel che dici!” esclamò la zia, improvvisamente disperata. “Io ho già perso mia sorella per questa guerra. Non voglio perdere anche la mia nipotina!... cerca di capirmi, Mia: anche tu hai perso delle persone a te care; non pensi che i tuoi genitori hanno dato la loro vita proprio per difendere e preservare la tua? Pensa a come soffrirebbero nel vedere la loro unica figlia rovinarsi l'esistenza con un proposito irrealizzabile... Zlatan è inarrivabile, ha guardie del corpo dappertutto a spalleggiarlo e un esercito temibile che combatte per lui. Non riuscirai mai ad arrivare a lui; e anche se ci riuscissi, qualcuno potrebbe prendere il suo posto. Alla fine può essere sostituito da qualcuno più pazzo di lui che porterà avanti il suo progetto malefico, quindi il Team Omega non verrà sconfitto. E se invece dovessero prenderti? Ti faresti uccidere! Io non sopporterei un colpo così, Mia carissima... ti prego, non darmi questo dolore!” Il tono di voce di Ellen si era fatto implorante e piagnucoloso mentre la donna procedeva con la sua arringa. Mia si sentì vacillare per la prima volta da quando aveva preso quella decisione: non aveva pensato a questo. Era sicura che sua zia si sarebbe opposta per la giovane età che aveva – diciassette anni – e non per quel motivo; ora l'aveva lasciata spiazzata con la sua predica supplichevole. Ebbe un attimo di smarrimento; alla fine però diede ascolto a ciò che sentiva dentro e decise di continuare con il suo intento.
“Zia...” cominciò la giovane, ora incerta e vacillante, ma la donna non la lasciò finire.
“Sei sotto la mia tutela, quindi non ti permetto di partire. E' fuori discussione. E con questo abbiamo finito.” Con questa frase risoluta Ellen aveva pensato di aver chiuso il discorso, ma evidentemente non conosceva abbastanza Mia: la giovane Domadraghi era come suo padre Lysander, non si arrendeva mai fino alla fine, quindi non avrebbe gettato la spugna così facilmente.

Il giorno dopo, stavano tranquillamente pranzando in sei nel salotto quando il discorso cadde su quell'argomento spinoso. Stavano ascoltando la tv ed era arrivata l'ennesima notizia degli interventi dei partigiani arruolati nelle file della Resistenza; stavolta avevano attaccato un convoglio di rifornimento per una base militare strategica che era sotto assedio partigiano: stavano arrivando armi e viveri da Altopiano Blu alla base di Monte Argento, isolata dalle nevi perenni del suo gelido inverno, e un gruppo d'assalto si era avventato contro di esso, interrompendo la linea ferroviaria. C'erano stati tre caduti e sette contusi tra gli assalitori e otto morti e una ventina di feriti tra i militari che scortavano il treno, mentre il resto dei soldati erano stati fatti prigionieri e condotti chissà dove.
“La sai una cosa, Raphael? Tua nipote vorrebbe arruolarsi tra i partigiani” aveva detto acidamente Ellen a suo marito. L'uomo l'aveva guardata perplesso, volgendo poi uno sguardo interrogativo sulla ragazza. Anche Ariadne, Zoe e Luke si erano girati a guardarla, attoniti. Luke capiva benissimo le ragioni della cugina ma era preoccupato per lei e per ciò che le sarebbe potuto succedere se l'avessero catturata i soldati del regime; invece Zoe e Ariadne, dal particolare punto di vista della loro giovane età – avevano solo otto anni – non capivano perché la loro cuginetta, che era diventata una specie di sorella maggiore per le due bambine, potesse desiderare di far male a delle persone. Non giudicavano ciò che la spingeva a prendere una decisione così drastica e difficile. Raphael invece si limitava a credere che la giovane volesse solo riprendere in mano la sua vita e fare qualcosa che le desse una scossa di vita, ma non accettava il fatto che avrebbe ucciso della gente, seppur traditrice, ma pur sempre della gente. Perciò le oppose il suo veto.
“Scordatelo, Mia. Tu non andrai da nessuna parte con le tue idee pericolose. Potresti rimanere uccisa se ti prendessero. E poi non pensi al male che compieresti ammazzando delle persone?” le chiese con severità.
“Tu non potrai impedirmi di punire la morte dei miei genitori!” scattò irosamente la giovane, alzandosi in piedi. La sedia cadde a terra dietro di lei con un tonfo secco.
“Siediti subito, Mia! Sei alla mia tavola e mi ubbidisci... subito!” le ordinò l'uomo, lievemente incollerito dall'insubordinazione della nipote.
“No. Io anzi adesso vado a fare richiesta per entrare nella Resistenza, subito dopo pranzo” lo provocò la giovane con testardaggine.
“Tu non andrai da nessuna parte. Finché vivrai sotto il mio stesso tetto e sarai sotto la mia custodia non farai nulla che vada contro le mie volontà, hai capito Mia?” replicò lo zio, levandosi anche lui in piedi, accigliato.
“Sono queste le tue condizioni? Bene. Se devo sottostare alle tue imposizioni fino a che non sarò abbastanza grande allora me ne vado via” dichiarò inflessibile la Domadraghi.
“No!” strillò Ellen, scattando in piedi. “Tu non te ne vai di qui. Te lo proibisco!”
“E come vorresti fare, scusa?” la sfidò irriverentemente la nipote, sorridendo astiosamente. Si accorse che aveva indosso la cintura con le pokeball dei suoi draghi. Le balenò in mente un'idea assurda ma efficace. Uscì dal salotto e si diresse verso l'entrata della casa.
“Ti proibisco di varcare la soglia di quella porta, Mia!” le gridò arrabbiata Ellen, additando con il dito indice l'ingresso.
“Per me non valgono le tue imposizioni, zia. Ho deciso di andarmene e lo farò, punto e basta.” Prese la pokeball del suo Dragonair e la lanciò in aria. “Dragonair, usa Geloraggio e blocca la porta dell'ingresso al salotto! Devi impedire agli zii di potermi fermare prima che me ne possa andare via!” ordinò al sinuoso drago azzurro, che librandosi in aria in un fascio di luce rossa comparve alla vista della Domadraghi. Una folgore bianco ghiaccio saettò repentina nell'aria, un gelido bagliore accecante la costrinse a chiudere gli occhi e poi vide che quel raggio ghiacciato aveva congelato con violenza l'uscio del salotto, trattenendo al suo interno la famigliola.
“Mia! Libera subito la porta!” le gridarono all'unisono Raphael ed Ellen, ma niente da fare: Mia, seguita a ruota dal suo fedele Pokémon, salì in fretta le scale della casa e andò nella sua camera al primo piano, dove afferrò le pokeball dei Pokémon che suo padre le aveva affidato in punto di morte, alcuni vestiti, il Pokégear, una mappa della regione e altre cose che le sarebbero servite, quindi le cacciò frettolosamente nello zaino che stava su un angolo, da lungo tempo inutilizzato. Si fermò solo un momento per prendere delicatamente tra le dita il ciondolo con la fiamma scarlatta e il cristallo verde smeraldo ed una foto di lei con i suoi genitori. L'aveva portata via dalla casa di Ebanopoli nella sua frenetica fuga dalla città ed era l'unica testimonianza che insieme ai ricordi aveva dei suoi genitori. La osservò per un momento che le sembrò un'eternità, una lacrima amara che scendeva dagli intensi occhi ambrati a solcare la guancia rosea, e poi la spinse dentro al sacco insieme alle altre cose. Si mise il ciondolo al collo e si legò i fluenti capelli mossi del colore delle nocciole in una sobria coda di cavallo, quindi mise lo zaino in spalla e richiamò Dragonair nella sua sfera poké. Aprì la finestra e si ritrovò sul balcone della sua stanza. Respirando la fresca brezza marina che spirava dall'oceano, sentì gli strepiti e le proteste dei parenti che venivano dal piano inferiore. Le veniva da ridere e contemporaneamente da piangere per ciò che stava facendo: se da un lato erano comiche le lamentele di Ellen e gli schiamazzi di Raphael e della gemelle – la voce di Luke invece non si sentiva -, dall'altro l'idea di abbandonare la famiglia che l'ospitava e che l'aveva aiutata a superare il trauma della morte dei suoi genitori la lasciava spaesata e abbattuta. Ma poi si fece forza col pensiero che già si era cacciata in un guaio imperdonabile, quindi proseguì con il suo piano improvvisato e chiamò fuori della sfera la sua Salamence. Fluttuante a mezz'aria, le apparve davanti un'enorme draghessa con il corpo agile e placcato di azzurro, grigio perla e rosso carminio. I grandi occhi intelligenti e neri la osservavano quieti, in attesa di un suo ordine. La Domadraghi le fece cenno di avvicinarsi al terrazzo, quindi salì sul suo dorso metallico e lucente e si aggrappò saldamente al suo collo, poi l'imponente drago si levò in volo e si allontanò con poche vigorose aleggiate.
La giovane si volse vero la casa appena lasciatasi alle spalle e la osservò ancora una volta, sentendo nascere nel profondo del suo cuore la triste impressione che quella fosse l'ultima volta che l'avrebbe vista. Seccata da quei pensieri non proprio confortanti, scosse la testa e li lasciò fluire via, pensando al modo di trovare qualcuno che le potesse dire dove doveva andare a fare richiesta di reclutamento per entrare nelle squadre di liberazione partigiana.

Era notte fonda. Le stelle brillavano remote e freddissime nella volta celeste tranquilla, in netto contrasto con il subbuglio in cui era il cuore di un testardo Domadraghi di Artigliopoli. Ancora non era riuscito ad entrare nello schieramento partigiano. Questi continui rifiuti lo frustravano e lo incollerivano profondamente, perché desiderava liberare la sua città dal dominio di Abel, il comandante del Team Omega che controllava la situazione ad Artigliopoli. Suo nonno, il capo della fazione partigiana della città, lo scartava continuamente quando presentava la richiesta di arruolamento. Ma come poteva impedire a lui, suo nipote, di combattere per la sua città? Era completamente sconcertato dal comportamento dell'anziano padre di sua madre. Aveva perso sua figlia, la madre di suo nipote, esattamente quattro anni prima, quando Artiglipoli era stata invasa e posta sotto il controllo del Team Omega; da allora si era messo a capo del movimento partigiano cittadino per vendicarsi, impedendo tuttavia al discendente di entrarvi a farne parte. Non capiva proprio la sua decisione.
Darius, il giovane in questione, aveva perso la madre che era stata uccisa per ritorsione nei confronti della sua famiglia, i Plexis, di cui faceva parte, che si erano rifiutati categoricamente di lasciare la guida della citta al comandante Abel; suo padre invece, avendo divorziato dalla moglie molto tempo prima, viveva altrove e non si era nemmeno curato di portare via il figlio dalla città per salvarlo dalle grinfie del Team Omega. Il Domadraghi strinse i pugni energicamente, pensando a quell'uomo gretto e meschino che aveva abbandonato la famiglia, quando Darius aveva solo quattro anni e sua sorella Roxane sette, per poter seguire una vita libera da vincoli affettivi e all'insegna della più pura e stolta dissolutezza. Dopo il divorzio si era curato di loro tanto quanto aveva fatto durante il matrimonio con sua madre. Poi, con la morte della moglie, non si era nemmeno offerto di portare i figli, allora di diciassette e vent'anni, via da Artigliopoli e tenerli al sicuro presso casa sua, a Zafferanopoli, nella regione di Kanto. Odiava con tutto il cuore quell'essere indegno che si proclamava suo padre solo per il legame di sangue che aveva con lui e avrebbe dato tutto l'oro del mondo per averlo visto morto al posto della sua adorata madre Clio. Invece non era andata così. Ora avrebbe voluto fare qualcosa per vendicarla, tuttavia l'opposizione di suo nonno Logan e di sua sorella Roxane gli chiudeva l'accesso alla Resistenza, che gli avrebbe permesso di realizzare il suo intento.
Sospirò per l'ennesima volta, adirato con i suoi parenti più stretti, riflettendo su un modo per accedere alla Resistenza senza che loro potessero impedirglielo.

 

 

 

Spazio dell'autrice:

Salve a tutti :D eccomi nuovamente qua a seccarvi con il secondo capitolo di “Pokémon: The Lost World – The Resistance”! So che qualcuno di voi (spero non tutti) mi vedrebbe meglio rinchiusa in un ospedale psichiatrico con una camicia di forza ad impedirmi di scrivere schiocchezze su sciocchezze, ma invece eccomi qui! xD

Insomma, ecco qui spuntare il coprotagonista della nostra storia: signore e signori, ecco a voi Darius Plexis! ^.^'' forse un po' meno teatrale questa presentazione poteva essere, ma il mio cervello funziona così e non ci posso fare niente xD

Nelle recensioni ricevute mi è stato segnalato che non era chiaro cosa fossero Evon e la Federazione, quindi lo spiego qui per chi non lo avesse capito. Evon, Cyan, Arx, Fehn e Nim sono cinque regioni di mia invenzione e le ultime quattro fanno parte di un'unica macroregione chiamata Federazione Tetraregionale. Nubepoli (la città natale di Zlatan) si trova a Nim, la regione più fredda e settentrionale di tutte. Artigliopoli si trova a Cyan, invece. Fortedomino è collocata nella regione di Evon. Il Team Omega è un team malvagio di mia invenzione, come del resto lo sono tutti i personaggi che compariranno in questa storia. Darius è un discendente della famiglia Plexis, che governa Artigliopoli; Mia è invece l'ultima (sì, proprio l'ultima) esponente della famiglia Sheridan, un ramo cadetto della stirpe che governa Ebanopoli.

Ora, passo ai ringraziamenti: come sempre, a chi legge le mie storie, a chi recensisce, come RackyLPC che mi sostiene sempre nei momenti di pazzia con pazienza e devozione (ti adoro tesoro!! <3<3) e di cui consiglio di leggere la fantastica fanfiction “Come Fuoco E Ghiaccio” e TraceySkettin 93, che ha recensito “Pokémon: The Lost World – The Resistance” e di cui consiglio di leggere “Pokémon GNC Jirachi e il Guardiano delle Stelle” e il suo sequel “Pokémon GNC Reloaded Capitoli 1e2”, storie avvincenti ed entusiasmanti!!

Credo di aver finito con il mio monologo senza capo né coda, quindi vi saluto e vi auguro una buona lettura (sempre che voi leggiate ^.^'' )

Ciaooooooooo <3<3 per ora è tutto dalla vostra

 

-Dragonflame-

  
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