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Autore: ELLEcrz    08/05/2013    15 recensioni
Klaroline is THE way!
Gli occhi di Caroline non guardano più Klaus allo stesso modo, questo la spaventa, la confonde, la cambia. La cambia ma non la rende diversa da Klaus.
“Noi siamo uguali, Caroline” [Cit. Klaus]
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PERICOLO SPOILER EPISODIO 4x20

 

Damn you

 

 

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Per la seconda notte di seguito il sonno mi era stato negato, la sera prima ero riuscita a malapena a chiudere occhio.
Avevo rivisto Tyler, avevo trascorso un'ora meravigliosa in sua compagnia, avevo potuto toccarlo di nuovo, abbracciarlo di nuovo, baciarlo, ma ci eravamo anche dovuti dire addio, di nuovo.
Non era stato questo, però, a non farmi dormire. Un altro addio, o meglio, quello che sarebbe dovuto essere un addio ma che, per colpa mia, o grazie a me, si era trasformato in un 'A presto, Klaus'.
'Come grazie a te Caroline? Per colpa tua!'
Ero nel mio letto aspettando e sperando, che la mia mente smettesse di pensare e mi lasciasse dormire, che smettesse di farmi rivivere quel ballo.


«Perfetta, come sempre» il suo sorriso.
«Allora, in segno di riconoscimento, concedimi un ballo» rivedevo la mia mano afferrare la sua. I nostri visi troppo vicini l'uno all'altro. I suoi occhi su di me. I miei occhi su di lui.

Mi rigirai nel letto, stringendo gli occhi e oscurando ogni pensiero.

«Mi piace vederti arrabbiata Caroline, quasi quanto mi piace vederti sorridere» il mio stupore al suono di quelle parole. Sorrisi. Sguardi. La sua mano a cingermi il fianco. La mia mano sulla sua spalla.
«Ti prego di accettare il vestito Caroline, consideralo un regalo d'addio» La delusione dipinta sul mio volto.
La sua mano che stringeva la mia «Grazie.»

«Basta!» spalancai gli occhi facendo dissolvere ogni immagine dalla mia testa.
Il sole illuminava già la mia stanza. Se i miei occhi non fossero stati quelli di un vampiro , si sarebbero dovuti abituare alla luce. Controllai l'ora '8.03'. Sbuffai. Due minuti e sarebbe suonata la sveglia ed io ero distrutta.
Portai le braccia lungo i fianchi fuori dal piumone, che nonostante l'arrivo della stagione calda mi rifiutavo di togliere, e fissai il soffitto.
«Maledetto» sussurrai con un sottile velo di rabbia ma dopo una frazione di secondo non potei evitare di sorridere.
«Maledetto» tornai a ripetere quando mi accorsi che stavo ridendo.
Il suono della sveglia mi fece sobbalzare. Sbuffai di nuovo, seccata. Allungai il braccio e la spensi senza distogliere lo sguardo dal soffitto.
Feci lunghi respiri pensando al da farsi.
Era lunedì. Sarei dovuta andare a scuola, o quello che ne restava;
C'era la festa del diploma da organizzare e come sempre toccava a me occuparmene. Grazie al cielo, almeno avrei avuto la mente occupata su qualcos'altro…
Con tutta la buona volontà che riuscii a raccogliere, spostai il caldo piumone e mi alzai dal letto diretta in bagno; Ero preoccupata dell'immagine che lo specchio avrebbe riflesso e, in effetti, facevo bene… le occhiaie erano ben visibili sul mio viso nulla che un po' di trucco non avrebbe potuto coprire.
«Maledetto» sussurrai.

Mi preparai velocemente curando adeguatamente ogni singolo dettaglio. Tornai in camera, afferrai il telefono lanciandolo nella borsa e scesi al piano terra. Mamma era ovviamente già al lavoro perciò non mi stupii di essere sola. Raggiunsi il garage ed il mio frigo personale. Afferrai una sacca dissetandomi mentre il portone automatico del garage si sollevava. Il sapore non poteva essere paragonare a quello del sangue caldo e fresco di una vena mentre ti scende in gola, spegnendo il fuoco della sete, facendoti dimenticare ogni cosa… Questo invece era freddo e sapeva di ruggine.
Gettai la sacca ormai vuota nel bidone e salii in macchina.

Fui come sempre una delle prime ad arrivare a scuola, con venti minuti di anticipo rispetto al suono della campanella per l'inizio delle lezioni, d’altronde a causa del diploma avevo alcune faccende da sbrigare.
Ero riuscita a bloccare ogni tipo di pensiero da quando mi ero alzata dal letto, fino a quel momento … 'Chissà cosa starà facendo' Queste quattro parole bastarono a farmi perdere il controllo dei miei pensieri, che si riaccesero in un istante. Di natura ero una persona molto, troppo, curiosa e detestavo non sapere le cose. Dovevo essere a conoscenza di ogni cosa, in questo modo potevo essere sempre un passo avanti, non potevo essere presa in contropiede.
'Cosa diavolo lo aveva portato a New Orleans?' questa domanda senza risposta mi tormentava, avrei anche potuto domandarglielo due sere fà e lui forse mi avrebbe anche risposto. ma non lo avevo fatto, ero forse preoccupata della risposta che avrei potuto ricevere, o ero semplicemente troppo confusa in quel momento??
La vera domanda che mi assillava era però un'altra.
'Sarebbe mai tornato?'


«Non c'è più nulla per me qui, tesoro.»

'Te ne saresti potuto andare prima' commentai irritata.
Ero nervosa, confusa, arrabbiata. Si ero arrabbiata, ce l'avevo con lui. Se n'era andato così, da un giorno all'altro, aveva abbandonato tutto come se nulla gli fosse mai importato veramente. Ci aveva abbandonato al pericolo di Silas, o era fuggito? In fondo era quello che aveva fatto per secoli, fuggire da suo padre ma ero certa che non fosse questo il motivo per cui era partito.
«Allora perché te ne sei andato?» Pronunciai in un sussurrò incontrollato, roco e triste.
Mi portai la mano alla bocca zittendomi.
Tutti erano contenti della sua partenza, persino sua sorella che si era impadronita di casa sua. Katherine lo aveva persino sfidato presentandosi in città.
'Ci siamo liberati di un problema'. Questo era il pensiero generale. Il pensiero di tutti, tranne il mio.
Non la vedevo come una liberazione … ma come una perdita.
Colpì con entrambe le mani il volante, sbuffando e bloccando i pensieri.
'Ok Caroline, smettila!!' mi ordinai e i miei occhi caddero sull'orologio elettronico dell’auto. 8.55.
«Merda!» avevo perso tempo inutilmente.
Afferrai velocemente la borsa e scesi dall'auto. Per una frazione di secondo osservai la mia figura riflessa nel vetro della macchina, rapita.
«Caroline» pronunciò qualcuno. Vidi il mio viso corrucciarsi in un espressione confusa. Quella voce mi era sembrata così distante e le mie orecchie le sentivo come ovattate.
«Caroline» qualcun altro comparve nel riflesso della mia auto, ma non chi mi aspettavo di vedere.
Mi voltai, cancellando un'espressione confusa sostituendola con uno dei miei sorrisi.
«Amber. Ehi»
«Ti sto aspettando da 15 minuti» commentò leggermente seccata.
«Di solito sono io a doverti aspettare una vita» ribattei. Entrambe rimanemmo stupite di quella mia risposta secca ed arrogante «Mi dispiace, scusami» continuai più gentile.
«Sì, figurati» era leggermente confusa.
«Ci rivediamo finite le lezioni e finiremo di organizzare tutto, come avremmo già dovuto fare. Ormai abbiamo tempo solo per ordinare le toghe» ragionai a voce alta.
«In realtà la mia l'ho già ordinata mentre ti aspettavo. Quindi ci vediamo più tardi Care»
«D'accordo» ero interdetta.
Mi sorrise e si allontanò. La osservai mentre a veloci falcate attraversava il giardino della scuola, i raggi del sole regalavano ai suoi capelli castani dei riflessi rossi. Distolsi lo sguardo guardandomi intorno, il giardino era ormai colmo di studenti;
Li passai tutti con lo sguardo, alcuni ridevano, scherzavano insieme ai loro amici, altri parlavano della finale di campionato, altri si disperavano per gli esami imminenti.
Poi c'ero io.
Dov'erano finiti i miei amici? Quelli con cui ridevo, scherzavo, mi lamentavo?
Tyler era fuggito chissà dove.
Bonnie, le avevo lasciato centinaia di messaggi in segreteria il giorno prima, l'avevo chiamata milioni di volte senza ricevere alcuna risposta.
Elena era chiusa in una cella mentre Damon e Stefan aspettano che lei riaccenda la sua umanità.
Matt. Matt era Matt. Lui c'era sempre, su di lui si poteva sempre contare, non quanto sulla sua puntualità, era un miracolo se ultimamente riusciva ad arrivare in orario per le lezioni.
Avevamo perso quella quotidianità, la normalità.
Un giorno ce la saremmo ripresa .Sospirai.
Afferrai stretta la borsa; alzai il mento e sicura e determinata mi incamminai verso la scuola.
Ricambiai i saluti e i sorrisi che ricevevo durante il cammino;
Raggiunsi la segreteria ed il sorriso che sfoggiavo sino ad un secondo prima svanì non appena vi misi piede dentro. Era piena.
«Maledizione» borbottai.
Non potevo di certo superare la fila dopo le immense prediche impartite a chi lo aveva fatto. Mi sarebbe toccato aspettare come i comuni mortali.
Non riuscì a trattenere una leggere risata per l'ironia di quei miei ultimi pensieri. Scossi la testa ed iniziai a cercare nella borsa il telefono e provare per l'ennesima volta a chiamare Bonnie.
«Caroline?» una voce familiare alle mie spalle.
Abbandonai la ricerca e mi voltai in sua direzione.
«April!» la squadrai da capo a piedi «Come ti senti? Ho saputo cosa ti è successo al ballo. Mi dispiace» pronunciai preoccupata ed affettuosa.
«Si...» portò una mano alla testa abbassando lo sguardo, imbarazzata «sto bene.» l'avevo decisamente messa a disagio.
«Ehi, ho visto che avevi un vestito meraviglioso al ballo» cercai di cambiare argomento facendola tornare a suo agio.
«Grazie» la vidi tornare a sorridere «ma il vestito che spiccava su tutti era il tuo. Era davvero strepitoso. Dove l'hai preso?». Mi chiese curiosa.
«L'ho...» rimasi interdetta ripensando all'avventura che mi aveva portata a quel vestito «È un regalo di un amico» risposi infine sincera e soddisfatta. Si ero soddisfatta. «Ho avuto una disavventura con quello che avevo scelto io, quindi sono corsa ai ripari.»



«Quindi, potresti per favore dare un'occhiata in quella inquietante scatola trofeo di pezzi da collezione della tua famiglia e trovarmi qualcosa dal calibro regale?» sfoggiai il tono più supplichevole che avessi mai usato in vita mia. Mi stupii della dolcezza che misi in quelle parole. Non poteva dirmi di no. Non a me, non se glielo chiedevo in quel modo.
Tergiversò sorridendo divertito di avere il coltello dalla parte del manico. Quel sorriso era irritante. 'Smettila di sorridere'.
«Ad una condizione» esordì lui finalmente.
L'enorme sorriso che gli stavo rivolgendo si tese leggermente preoccupato della condizione che avrebbe potuto porre.
«Sarebbe?» chiesi sospettosa.
«Il vestito lo scelgo io» rispose sicuro.
Il mio volto si fece serio mentre nella mia mente consideravo l'offerta. Aveva decisamente un gusto impeccabile ed aveva già scelto un vestito per me in passato, il vestito più bello che avessi mai indossato.
«D'accordo.» accettai ma dal tono della voce traspariva la preoccupazione che provavo.
Tornò a sorridermi per una frazione di secondo durante il quale i nostri sguardi si incrociarono. «Torno subito.» spezzò l'armonia con un sussurrò. Lasciò la stanza e rimasi sola.
Mi guardai intorno felice che il peso che sentivo nel petto, dovuto alla rabbia verso Elena, fosse svanito per il momento... Avrei avuto il mio vestito e in cuor mio già sapevo sarebbe stato perfetto. Avevo trovato al mio arrivo un Klaus irritato e non dell'umore per stare in compagnia eppure in questo momento, mi stava scegliendo un vestito da indossare per il ballo, evento che di certo per lui non aveva alcuna importanza.
Sorrisi involontariamente ma tornai subito seria perchè riapparve nella stanza con un porta abiti color avorio, poggiato sulla schiena e sorretto per l'appendino. Non si intravedeva nulla. Attraversò la stanza a falcate sicure nella mia direzione mentre il mio sguardo si illuminava man mano che si avvicinava col mio vestito.
«Ecco a te, tesoro» mi porse il porta abiti, la mia mano si mosse nella sua direzione ma non appena stavo per raggiungerlo lui allontanò la sua. Allungai velocemente la mano per prenderlo ma lui lo allontanò ancora. Lo guardai. Al terzo tentativo mi lasciò il vestito.
«Aprilo a casa» suggerì mentre le mie dita si muovevano già in direzione della lampo.
«Avevi detto 'una sola condizione'» precisai.
«Ne ho appena aggiunta un'altra» replicò sapendo che l'avrebbe avuta vinta.
«Ok» commentai arrendevole. Ripiegai con delicatezza il porta abiti a metà sull'avambraccio seguendo il gesto con lo sguardo. Lo rialzai poi su di lui che soddisfatto mi guardava, in attesa. Lo lasciai penare io, questa volta, per un paio di secondi ed infine pronunciai le parole che stava aspettando.
«Grazie, Klaus»
Compiaciuto sfoggiò un altro dei suoi luminosi sorrisi. «È stato un piacere, Caroline. Di me ti puoi fidare»
Il riferimento alla fiducia mi riportò alla mente quello che ora eravamo, 'amici'.
Sorrisi ed asserì con il capo per poi abbandonare la stanza. Dovevo correre a casa, ero già in ritardo.

«Si vede che ti conosce, l'abito sembrava fatto apposta per te» precisò April.
Ero io ora quella in imbarazzo e lei se ne accorse. Fortunatamente la segreteria si era svuotata più velocemente di quando mi aspettassi ed ormai mancavano due studenti prima del mio turno.
«Sei venuta ad ordinare la toga?» domandò cercando di cancellare il disagio venutosi a creare.
«Esatto, me ne stavo quasi per dimenticare.» proprio io.
«Ti conviene ordinarne una anche per Matt, se te ne sei dimenticata tu figurati lui» entrambe scoppiammo a ridere.
«Hai perfettamente ragione, infatti ci avevo già pensato.» Ridemmo ancora.
«Vai è il tuo turno. Ti lascio ai tuoi ordini io vado in classe. A presto» Mi sorrise e io ricambiai il sorriso.
Mi voltai verso la segretaria e in effetti era proprio il mio turno.
«Signorina Forbes» esordì Julie.
«Devo ordinare tocchi e toghe per il diploma» precisai.
La segretaria si sporse su un tavolino alle sue spalle per recuperare un registro. Eravamo nel ventunesimo secolo eppure lei si rifiutava di aggiornarsi ed usare il computer per faccende come questa, la sua tenacia era ammirabile.
«Perfetto» afferrò la penna aprendo il registro.
«Per me, il signor Matt Donovan e...» feci una piccola pausa «la signorina Elena Gilbert.» conclusi. Il diploma era ormai alle porte ma non mi arrendevo e non perdevo la speranza di poter vivere quel nostro ultimo momento insieme, semplicemente ed umanamente come avremmo dovuto fare, come c’è lo eravamo immaginato anni fa, quando eravamo noi a guardare gli allievi delle classi maggiori diplomarsi. No non mi arrendevo.
Julie compilò il registro aggiungendo i tre nomi.
«Ecco fatto» aggiunse una volta terminato.
«La ringrazio, buona giornata» la salutai soddisfatta con un lieve colpo al bancone della segreteria.
Anche questo era fatto.
Uscii e mi diressi alla classe d'inglese.


Il suono della campanella sancì la fine delle lezioni; tutti chiusero velocemente i libri, uscendo dalla classe. Io immersa nei miei pensieri me la presi con più calma. Chiusi il libro di storia facendolo scivolare nella borsa nella più totale stanchezza. Mi alzai allontanandomi dal banco più come uno zombie che come un vampiro, l'idea di dover trascorrere l'intero pomeriggio ad organizzare la festa del diploma mi distruggeva. Avrei potuto subordinare o lasciare il compito ad Amber, ottenendo sicuramente un buon risultato, ma perfezionista qual ero, tutto doveva essere impeccabile ed io ero l'unica a poter rendere quell’evento perfetto.
Sospirai cercando di racimolare le forze ed affrontare quest'ultima fatica. Questa notte se non altro avrei dormito, non appena avessi messo piede in camera nessun pensiero rivolto a Klaus mi avrebbe potuta trattenere dal buttarmi nel letto e dormire fino al giorno successivo.
Percorsi i corridoi fino a raggiungere il mio armadietto. La scuola, se pur la campanella fosse suonata da pochi minuti, era già quasi completamente deserta. Riposi il libro e controllai il mio viso riflesso sullo specchietto che avevo fissato all'interno dell'armadietto. Ero più stanca di quanto non apparissi.
Tornai a cercare il telefono nella borsa. Non trovandolo subito la svuotai completamente all'interno dell'armadietto. Ancora niente. Ero sicura di averlo preso quella mattina. Dove diavolo era finito? La stanchezza non giocava a mio favore facendomi diventare isterica. Rimisi tutto all'interno della borsa ad una velocità sovrannaturale e richiusi violentemente l'armadietto ed il suono dell'impatto rimbombò nei corridoi vuoti.
Raggiunsi il giardino, cercando di nuovo la mia calma interiore, prima che le emozioni amplificate mi portassero a distruggere la scuola.
L'organizzazione della cerimonia era praticamente conclusa, c'erano solo alcuni dettagli da rivedere, ed ovviamente sono i dettagli a rendere qualunque evento perfetto.
Amber e le altre mi stavano già aspettando.
«Buon pomeriggio ragazze» Estrassi subito la cartellina dimostrando quanto sbrigativo dovesse essere quell'incontro; In realtà la loro presenza era del tutto inutile, me la potevo cavare benissimo da sola ma, visto che l'organizzazione sarebbe toccata a loro il prossimo anno in quel modo avrebbero potuto avere un modello da seguire.
Spesso avevo avuto Bonnie al mio fianco ad aiutarmi, mentre ora non rispondeva nemmeno alle mie chiamate.
Iniziai a leggere la lista delle cose che avevamo già stabilito, riguardo a decorazioni, fiori, musica e ricevimento. Ora dovevamo, anzi dovevo, far prendere forma alle centinai di idee che vagavano nella mia testa.
Iniziammo a girare per il giardino mentre una cascata di proposte, osservazioni, pensieri, uscivano dalla mia bocca. Di tanto in tanto anche loro esprimevano le loro idee che cercavo in parte di considerare, riflettemmo sull'orario in cui la cerimonia si sarebbe svolta, il percorso che ogni studente avrebbe dovuto fare, i posti a sedere per loro e per gli invitati e infine il palco.
Continuammo a discutere e discutere per delle ore finché il sole non iniziò a tramontare: Era stato impegnativo ma almeno ora era tutto pronto, quanto meno sulla carta … Ero molto soddisfatta e dall'espressione delle ragazze, che se pur stravolte per il pomeriggio frenetico, si poteva intuire fossero anche loro soddisfatte.
Ci dirigemmo tutte verso il parcheggio della scuola e dopo un paio di battute ed ultimi accorgimenti ci salutammo.
Non appena salii in macchina e chiusi la portiera la stanchezza, che mi aveva concesso una piccola tregua, si fece risentire tutta d’un colpo. Misi in moto e raggiunsi casa il più velocemente possibile. Avevo un unica cosa in mente, il mio letto.
Raggiunto il vialetto ma cedetti e mi gettai sul volante chiudendo gli occhi, sfinita.

 

Un suono acuto mi riportò alla realtà. Aprii lentamente un occhio cercando di capire dove mi trovassi confusa e leggermente stordita.
Mi ero addormentata. Scattai contro il sedile non appena lo realizzai, fuori il sole era già calato da un bel pezzo, avevo passato un'ora schiacciata su quel volante cercando di recuperare il sonno perduto.
Risentii quel suono acuto che mi aveva svegliato riuscendo finalmente ad identificarne l'origine, erano le notifiche di quel maledetto telefono. Frugai sotto il sedile del passeggero sino a trovarlo, mi doveva essere scivolato fuori dalla borsa quella mattina quando di corsa ero uscita dalla macchina. Un filo di nervosismo mi invase di nuovo. Afferrai le mie cose ed uscii dall'abitacolo, cercando di calmarmi, pensando e pregustando il letto caldo che mi aspettava. Mentre percorrevo il vialetto di casa un po' intontita controllai il telefono, c'era un messaggio in segreteria. Tornai lucida e la gioia prese il sopravvento sulla rabbia. Bonnie finalmente si era fatta viva, a lei andò il mio primo pensiero.

Avvicinai immediatamente il telefono all'orecchio aspettando di ricevere notizie dalla mia amica.

«Caroline» le chiavi mi caddero a terra ed il mio viso si spense, diventando inespressivo. Non era la voce che mi aspettavo di sentire, ma una più calda e dall'accento inconfondibile.
«Klaus» sussurrai flebilmente mentre il mio cuore perdeva un battito.
«sono in uno dei luoghi che preferisco al mondo» continuò «circondato da cibo, musica, arte, cultura» in sottofondo si poteva distinguere un brusio di voci accompagnate da un paio di sax «e tutto ciò a cui riesco a pensare è quanto vorrei poterti mostrare tutto.» fece una breve pausa «Magari un giorno me lo permetterai». Il messaggio terminò.
Partì la voce registrata della segreteria prima che la mia mente potesse sprofondare in miriadi di pensieri e congetture.
“Se si desidera riascoltare il messaggio, premere 2” istintivamente premetti quel tasto e riascoltai il messaggio. Ero ormai arrivata in camera quando la sua voce si spense di nuovo. Non resistetti e premetti nuovamente il tasto 2.
«Caroline» il mio nome pronunciato da lui sembrava quasi avere un altro significato.
«e tutto ciò a cui riesco a pensare è quanto vorrei poterti mostrare tutto. Magari un giorno me lo permetterai» mi aveva già rivolto quelle ultime parole mesi addietro ma in quell'occasione mi erano sembrate arroganti, non come queste ultime, calde, sincere e speranzose.
La segreteria interruppe nuovamente il mio flusso di pensieri.
“Se si desidera salvare il messaggio, premere 3” il mio pollice si mosse automaticamente sul tasto 3.
Mi lasciai cadere sul letto con lo sguardo rivolto al soffitto, che quella stessa mattina mi ero ritrovata a fissare. Nella mano destra stringevo il telefono, in quella sinistra il piumone.
Non sapevo cosa pensare, come rispondermi o come dare una spiegazione alle parole appena ascoltate, non sapevo come interpretarle.
Il tono della sua voce era soddisfatto e felice, aveva trovato a New Orleans quello che cercava? Speravo per lui di si ma questo avrebbe anche significato che non sarebbe più tornato.
Cercai di immaginare questa città che tanto amava; musica, cultura, arte. Iniziai a fantasticare e desiderare di poterla vedere con i miei stessi occhi e non attraverso un filtro com'ero abituata a vedere tutto. Non ero mai stata da nessuna parte, come anche avevo confessato a lui, e in quello stesso episodio lui si era già offerto di mostrarmi il mondo.
Potevo permettergli di farlo? Il mio spirito avventuriero e curioso, come il suo, mi dicevano di si, ma la mia razionalità era restia. Si trattava pur sempre di Klaus, aveva dimostrato che di lui mi potevo fidare ma non per questo ero propensa a farlo, non così facilmente.
Avvicinai nuovamente il telefono e riascoltai una quarta volta il messaggio vocale con un sorriso che non riuscivo a cancellare.
Se n'era andato ma non per questo aveva lasciato tutto, non per questo tutto quello che aveva qui per lui non aveva alcun significato.
Mugolii portandomi la mano libera sul viso. Quel messaggio non aveva che portato altra confusione, altre domande a cui non ero in grado di trovare risposta.
L'unica cosa che sapevo era che quella voce mi era mancata. L'unica cosa di cui ero certa, che quella notte non avrei dormito nuovamente per colpa di Klaus.

«Maledetto» sussurrai felice facendo sprofondare poi il mio viso nel cuscino. 




Spazio autore:

Bene, non tanto. Non vado molto pazza per questo capitolo perchè, di mio, odio i capitoli di passaggio e questo lo è in gran parte. Ma nella parte finale si può vedere come Caroline inizi a pensare a quella possibilità che non ha mai dato a Klaus ma che ovviamente non è acora pronta a dare. L'importante però è che ci stia pensando. 
Come ho già detto nello scorso capitolo, seguirò la fine degli ultimi episodi della serie perchè mi è impossibile non farlo. Chiedo scusa per il ritardo con cui ho postato questo secondo capitolo, inizialmente ero rimasta, come dire, SCIOCCATA, dal Pilot di 'The Originals' e non sapevo come prendere la cosa, ora l'ho capito. Prometto che non appena la stagione sarà conclusa sarò più puntuale con le pubblicazioni. 
Spero che il capitolo non vi abbia deluso :)

Infine voglio ringraziare per quelle meravigliose recensioni che ho ricevuto nello scorso capitolo e mi sento in dovere di citarvi tutti perchè grazie a voi ho continuato la storia.


Mery1992 
poppococco
Greta_Mrg
AliL
Paura del Vuoto
VioletBlu
86vale86
Craccola
Monillo
pillyA
Tess 36
LoveCenaPunk
Tv_dipendente
Miss love94

In particolar modo buffy46 che mi è stata di grande aiuto, ma anche tutte le persone che hanno aggiunto la storia alle preferite, seguite, ricordate ed ovviamente anche ai lettori 'silenziosi'.
Siete tutti meravigliosi :)
Peace and love, and never stop believing in KLAROLINE! 

Un bacio,
ELLEcrz.

  
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