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Autore: LenK    08/05/2013    3 recensioni
[Questa fan fiction si è classificata prima nel Contest “Everyone Has A Heart” indetto da Moustache sul forum di EFP]
Petunia Evans avrebbe tanto desiderato essere uno scherzo della natura come sua sorella.
Era curioso che fosse proprio la normalità di Vernon a farla sentire speciale.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Petunia Dursley, Vernon Dursley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Autore: LenK (su EFP e sul forum)
Titolo: Proprio come lei.
Personaggi: Petunia Evans, Vernon Dursley, Dudley Dursley.
Eventuali pairing: sottinteso VernonXPetunia
Rating: Verde
Genere: Slice of life, Introspettivo
Note/Avvertimenti: Missing Moments
Prompt: Magia – Invidia

Note dell’autore: Due mini-storie per Petunia Dursley. La prima è ambientata durante l’estate del 1971, un paio di mesi prima che Lily inizi il suo primo anno a Hogwarts; la seconda nella settimana precedente il Natale del 1980 (nei libri Petunia ha effettivamente regalato a Lily un vaso per il Natale del 1980, e nella sua lettera a Sirius Lily racconta che Harry lo ha distrutto svolazzando in giro sulla sua scopa giocattolo).
 
 

Proprio come lei

 
 

1 – Parte del tuo mondo

 
Non era completamente vero che odiava il figlio dei Piton di Spinner’s End perché vestiva abiti smessi e aveva un’aria malaticcia.
Gran parte dell’astio che le faceva ribollire il sangue quando lo vedeva giocare, rotolarsi tra l’erba e chiacchierare in riva al lago con Lily, era appunto dovuto al fatto che lui passava del tempo con Lily – e con ogni probabilità avrebbe continuato a farlo regolarmente nei mesi e negli anni a venire, in quella scuola lontana e magica.
La piccola Lily si beveva come oro colato tutte le favole che quel malsano ragazzino le raccontava su quanto essere una strega potesse essere meraviglioso, e Petunia si sentiva ogni giorno di più una perfetta estranea nel mondo della sorella, esclusa dalla compartecipazione che le aveva sempre accomunate.
Quando quei due – lei adorabile e rossa, lui goffo e sgraziato come un corvo malnutrito – si fermavano a giocare nel vialetto, li spiava dalla finestra della sua camera, con il cuore gonfio d’invidia e il viso seminascosto tra le tendine all’uncinetto, attenta a non rovesciare il vasetto del piccolo cactus che giaceva sul davanzale interno.
In un periodo in cui il suo istinto materno aveva raggiunto picchi sorprendenti, la signora Evans aveva comprato a Petunia e Lily una piccola pianta a testa di cui occuparsi, al fine di responsabilizzarle alla cura di un essere vivente, requisito indispensabile per una signorina a modo.
A Petunia era toccata quella pianta grassa.
Sebbene all’inizio si fosse un po’ offesa per il fatto che la madre avesse giudicato che le si addicesse un vegetale bruttino ricoperto di peluria spinosa, si era poi affezionata a quel bulbo deforme, ed era con grande dolore che, nemmeno una settimana prima, aveva assistito alla sua morte per eccessiva esposizione al sole rovente di un luglio particolarmente secco.
Solitamente non era così sbadata, ed era anche piuttosto sicura che Lily non avesse ancora fatto appassire il proprio bonsai; ma la verità era che Petunia aveva ben altro a cui pensare in quei giorni.
Stava attendendo la risposta alla lettera che aveva spedito al professor Albus Percival Wulfric Brian Silente, della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, e aveva tutte le ragioni per sperare che a breve sarebbe stata anche lei ammessa alla scuola di magia, insieme a sua sorella Lily.
Non le era mai piaciuto chiedere le cose per piacere, ma ci si era impegnata tanto, aveva inserito nei punti giusti del testo tutte le formule di cortesia imparate al corso di scrittura creativa a scuola, ed era stata così gentile che sarebbe stato davvero maleducato da parte del professor Silente non permetterle di iscriversi.
E forse chissà, anche la sua magia si stava risvegliando, da qualche parte dentro di lei.
Sentendosi un po’ sciocca, provò a imporre le mani sulla piantina in un gesto solenne.
Rivivi, pensò con tutte le sue forze strizzando gli occhi. Rivivi!
Quando le parve che dalle punte delle sue dita fosse fluita abbastanza magia per resuscitare una pianta contenuta in un vasetto di dieci centimetri di diametro, schiuse le palpebre.
Il cactus era tristemente giallognolo e secco come prima.
La ragazzina emise un versetto deluso.
Dopo averci pensato un po’ su, alzò le spalle e abbozzò un tentativo di sorriso incoraggiante in direzione del suo riflesso nel vetro. Non importava se non le riusciva un incantesimo in quel momento; una scuola esiste apposta per insegnare, e poi Lily non diceva sempre che c’era un po’ di magia in ogni persona?
Petunia uscì dalla sua stanza e si precipitò giù per le scale, diretta in cortile.
Forse avrebbe chiesto alla sorella di farle rivedere come riusciva a far sbocciare le margheritine accarezzandone i petali, e magari sì, anche quell’inquietante ragazzo sarebbe potuto rimanere a giocare con loro, se ci teneva tanto.
 
 

2 – Lo stretto indispensabile

 
Mancava quasi una settimana al Natale.
Petunia Evans, ora Dursley, era intenta a incartare una pentola a pressione, un piccolo presente per gli Wilson che abitavano all’angolo, sebbene non fosse sicura che quell’anno gli Wilson si meritassero un regalo per Natale, dopo che quel delinquente del figlio dodicenne aveva passato tutto l’autunno a rovesciare mucchi di foglie secche sul tettuccio dell’auto nuova di Vernon.
Memore di ciò che aveva visto qualche giorno prima, quando l’aveva addirittura beccato a prendere a calci le altalene del piccolo parco di Magnolia Crescent, Petunia pensò che non avrebbe permesso che il suo piccolo angelo biondo diventasse un mascalzone come il giovane Brian Wilson.
Dudley era seduto nel seggiolone, grassoccio e roseo come un maialino da latte. La donna si chinò sul bambino per carezzargli dolcemente la testolina soffice, ma lui non reagì, troppo occupato a spiaccicare beatamente tra i piccoli pugni la generosa fetta di torta che la madre gli aveva servito per colazione.
Più di una volta, da quando Diddy era nato, Petunia era scoperta a osservare sospettosa il figlioletto svolgere le sue abituali attività quotidiane: i pasti, il bagnetto, il gioco, il sonno.
Dudley aveva poco più di un anno; era sano come un pesce, adorabile e di certo perfettamente normale.
Si convinse che doveva essere stato sollievo, quella stretta al cuore nel concludere che il figlio non aveva ereditato alcun gene bizzarro dalla sua parte della famiglia. Per un attimo aveva pensato che potesse essere delusione, magari anche invidia - il figlio di Lily era più piccolo di Dudley di qualche settimana, ma Petunia era piuttosto sicura che Harry, a dispetto del suo nome così ordinario, dovesse avere già manifestato qualche segno della sua anormalità – ma d’altro canto, perché invidiare qualcuno che non avrebbe mai potuto condurre una vita comune?
A Privet Drive Petunia Dursley aveva tutto ciò che desiderava: una bella casa, un figlio già promettente, un marito per il quale, finalmente, nessun’altra donna veniva prima di lei.
Petunia lanciò un’occhiata amorevole a Vernon che, come ogni mattina, si stava sistemando la cravatta davanti allo specchio nell’ingresso, appena prima di andare al lavoro.
Era curioso che fosse proprio la normalità di Vernon a farla sentire speciale.
Prima di uscire, l’uomo si affacciò alla porta della cucina per lasciar scorrere lo sguardo sulla distesa di doni, pacchi, pacchetti, carta da regalo e nastri luccicanti che campeggiava sul tavolo, evidente segno del benessere economico della famiglia, mentre si pettinava i baffi con le dita, compiaciuto.
«L’agenda per il Colonnello Fubster, la trapunta ricamata per Marge… Non dimenticarti di impacchettare il frullatore per i Phillips, Petunia cara!» si premurò di rammentarle, e la moglie piegò energicamente il capo in un gesto affermativo.
«Non hai preparato niente per la tua stramba sorella e quel bislacco disoccupato di suo marito, quest’anno?» volle indagare Vernon.
Petunia si strinse nelle spalle. «Oh, sai. Appena lo stretto necessario» rispose, facendo un gesto elusivo con la mano.
Il marito parve soddisfatto da quella risposta.
A un tratto le sue piccole pupille adocchiarono un oggetto inaspettato e un po’ triste che stonava decisamente con il resto dei doni costosi sparpagliati sulla tavola.
«Cos’è quello, Petunia cara?»
Petunia parve raggelarsi. Il dito di Vernon puntava contro un grossolano vaso di terracotta con decorazioni laccate in verde.
«Niente» sorrise la moglie nervosa.
«Non è un lavoro che hai fatto tu a quel corso di terracotta? Ti era saltato il grillo di fare tutte quelle cose con le mani, tesoro, ti ricordi?» rammentò Vernon in tono bonario. «Una vera sciocchezza!» aggiunse, con una risata sguaiata.
Sua moglie arrossì.
In realtà, lavorare a mano oggetti in terracotta era la nuova moda londinese. Anche quell’attrice famosa, quella che aveva vinto l’Oscar per quel film sulla bambina orfana, aveva raccontato alla televisione che si divertiva a modellare posaceneri di terracotta per suo marito nel tempo libero. Petunia non l’avrebbe certo definita una sciocchezza; tuttavia finse una risatina e approvò condiscendente «Infatti. Volevo giusto gettarlo via.».
«Ottimo» approvò. «Io vado, torno stasera alle sei in punto. Ciao, Diddy!».
Il padre si avvicinò a Dudley per assestargli un rumoroso bacio sula guancia paffuta, a cui il pargolo rispose con un sonoro ruttino.
«Proprio come il suo papà!» udì Vernon rimarcare orgogliosamente mentre si chiudeva la porta alle spalle.
Rimasta sola in casa, la donna si avvicinò al tavolo della cucina, dove era posato quel vaso che lei stessa aveva modellato.
Passò delicatamente un dito sulla terracotta, sospirando. Bisognava ammettere che i difetti si notavano, benché lei l’avesse sagomato con tanta attenzione e cura: era un po’ asimmetrico sui manici e c’erano due o tre rientranze nella superficie.
Pazienza.
Lo ripose meticolosamente nella scatola imbottita che aveva preparato in gran segreto, sentendosi colpevole come una ladra.
Prima di applicarla sul pacco, strinse tra le dita qualche secondo più del necessario l’etichetta postale che recava l’indirizzo Potters’ Cottage, Godric’s Hollow, West Country, England.
Non avrebbe mai rivelato a Lily che quel vaso era stato fatto a mano da lei stessa.
Magari la sorella l’avrebbe scoperto con una di quelle sue diavolerie magiche, oppure l’avrebbe intuito – era sempre stata una ragazza sveglia.
Oppure non avrebbe mai saputo niente e l’avrebbe semplicemente apprezzato, anche se non era perfetto; proprio come aveva fatto con Petunia.
 

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La mia scelta del personaggio di Petunia da usare nel contest deriva semplicemente dal fatto che penso di poterla capire.
Ha fatto passare a Harry un'infanzia terribile, è vero, ma non credo che mi sarei comportata molto meglio se la mia sorellina, da sempre preferita dai genitori, fosse oltretutto una cavolo di strega ç.ç
Posso associarmi a una Petunia molto più che a un Vernon, per esempio.
Ho quindi deciso di raccontare questi due momenti che penso sia verosimile possano essere accaduti nella vita della piccola Petunia e della giovane Petunia.
Spero che la lettura vi abbia fatto sentire almeno un po' dispiaciuti per questo personaggio che riceve sempre un sacco di hating, secondo me parzialmente ingiustificato!
Alla prossima, 

Len.
 

 
 
 
 
 
 
 
  
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