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Autore: hummelssmythe    09/05/2013    9 recensioni
SHIPS: Muse!Kurt/Artist!Sebastian - accenni Blaine/Sam, Quinn/Rachel;
Quando Sebastian Smythe si trasferisce a New York per studiare arte ed architettura, è più che certo del fatto che sarà un’avventura entusiasmante.
Per un grande artista, vedere una nuova città, studiarla nel dettaglio, è il massimo che si possa chiedere.
Tuttavia, la Grande Mela non è come si aspetta.
Soprattutto, non aveva mai creduto che gli angeli potessero esistere; non prima di incontrarne uno almeno.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sebastian ne era certo: non aveva mai visto nulla del genere.
 
Nonostante la distanza tra loro, il suo sguardo riusciva a mettere a fuoco ogni singola cosa di quella meravigliosa creatura che passeggiava sul palazzo di fronte, lungo l’enorme terrazzo sfarzoso che neanche aveva notato il giorno prima, preso com’era da tutte quelle faccende da sbrigare.
 
Lo spettacolo che aveva davanti era indescrivibile, ma voleva comunque fare uno sforzo riassuntivo all’interno della propria testa, per poter dimostrare a se stesso di non essere stato sconfitto in pieno da un lampo di bellezza in un cielo cremisi di noia pomeridiana.
 
Il ragazzo in questione, che sembrava stesse chiacchierando al telefono, era una visione: la sua pelle era bianchissima, pallida, ma scintillante sotto i deboli raggi del sole. Sebastian immaginò immediatamente che fosse liscia e morbida come quella di un bambino, una di quelle pelli che si colorivano facilmente e che, purtroppo, si ferivano facilmente (come se l’improvvisa preoccupazione per le ferite di uno sconosciuto fosse una cosa normale).
 
Era abbastanza alto – certo, non quanto lui, poteva vederlo ad occhio nudo – ed aveva un corpo non troppo esile, ma neanche estremamente robusto. Come faceva a saperlo? Il ragazzo indossava un accappatoio blu con i contorni dei risvolti bianchi e delle iniziali cucite sul petto. Sebastian provò a sforzare la vista, ma non riuscì a metterle a fuoco perché i caratteri non erano troppo semplici.
 
Fece una smorfia e tornò a contemplare il soggetto piuttosto che quel vile contorno, quella decorazione che neanche rendeva giustizia al resto di quella che sembrava essere un’opera d’arte vivente, per il suo occhio esperto.
 
I suoi occhi evidentemente chiari, probabilmente azzurri, risplendevano per il riflesso della luce, ma Sebastian non poteva vederli bene perché non erano mai rivolti a lui. La punta del suo naso all’insù era uno spettacolo per i suoi di occhi e gli fece curvare istintivamente le labbra in un sorriso spontaneo: cosa diavolo gli stava accadendo?
 
Sentì il proprio corpo invaso da un’esplosione di sensazioni indefinite, un’eccitazione innocente, un entusiasmo crescente che non gli permetteva di stare fermo: le sue gambe presero a tremare, le sue braccia ancora peggio, nonostante fossero poggiate alla ringhiera, e, a quel punto, capì cosa stesse accadendo.
 
Era il genio all’opera.
 
Le sue dita cominciavano a formicolare, ansiose di mettersi all’opera, mentre la sua mente lo stava facendo, prima ancora di avvisarlo di quell’iniziativa improvvisa: voleva ritrarre quell’angelo, aveva bisogno di dimostrare a se stesso che lo aveva visto davvero e non lo aveva soltanto sognato, perché dubitare dell’esistenza di una creatura del genere sarebbe stato particolarmente facile, una volta sparita la meraviglia in questione, ne era certo.
 
Tuttavia, qualcosa lo bloccava.
 
Nel suo petto si stava rapidamente estendendo il senso di panico causato dall’eventualità di non rivederlo: e se fosse entrato a prendere le cose e, al suo ritorno, si sarebbe trovato senza nulla più da ritrarre? La bellezza che aveva davanti agli occhi era di un’oggettività allarmante e non era certo di poter ritrovare qualcosa di simile, se lo avesse perso.
 
Sapeva che si trattava di un pensiero stupido perché, se era lì, in accappatoio, completamente rilassato, probabilmente significava che viveva lì. Se anche fosse entrato all’interno delle mura dell’appartamento collegato all’attico, sarebbe comunque uscito di nuovo prima o poi. A meno che, non fosse ospite. Sebastian non poté neanche controllare il leggero senso di fastidio che provò nel considerare quell’ipotesi; lo mise un pizzico di cattivo umore – chiaramente si rendeva conto del fatto che anche quello era un pensiero stupido perché non aveva il diritto di indagare sulla vita di uno sconosciuto, angelo o meno che fosse – e lo costrinse a considerare l’idea di rientrare e fingere di non aver pensato a nulla (automaticamente il suo cervello aveva riprodotto scene in cui quel meraviglioso ragazzo si svegliava prima del suo amante per concedersi un po’ di relax sotto la timida luce del sole tramontante).
 
‘Smettila, Sebastian.’ Suggerì a se stesso, mentalmente, mentre abbassava lo sguardo verso la strada lontana e le persone che sembravano soltanto piccole formiche, tentando di resistere alla tentazione di guardarlo. Aveva una pessima esperienza con i ragazzi: diventava spesso ossessivo, prendeva delle cotte brusche che finivano spesso con lui che dondolava al centro del letto, Bridget che si prendeva gioco di lui e Christie che tentava inutilmente di tirarlo su.
 
Era a New York, nel caso in cui avesse preso una sbandata per quello sconosciuto – che forse neanche avrebbe più rivisto -, non ci sarebbe stato nessuno a preparargli una tazza fumante di cioccolata calda.
 
Considerò seriamente l’idea di rientrare. Anzi, magari sarebbe sceso per comprare una bottiglia di vino, l’avrebbe mandata giù d’un sorso e si sarebbe addormentato convinto di aver sognato quell’immagine di pura perfezione.
 
Poi, però, accadde qualcosa e non poté più evitarlo.
 
Quel meraviglioso ragazzo sollevò lo sguardo, non indirizzandolo comunque a lui, ma rivolgendolo al cielo in modo che Sebastian potesse studiare il suo viso da quella nuova prospettiva.
 
Perfino da così lontano, poteva notare le sue labbra rosee, incredibilmente colorite rispetto alla pelle, e decidere che no, non era assolutamente reale, era inutile illudersi del fatto che potesse esserlo.
 
Prese un respiro profondo e passò i secondi successivi a studiare i movimenti della sua bocca, mentre parlava a telefono, e ad interrogarsi su cosa fare esattamente: rischiare di non vederlo – che poteva anche significare non vederlo mai più – e prendere il materiale sufficiente anche ad un semplice schizzo, oppure restare semplicemente lì a contemplare la sua immagine. Del resto, sapeva che avrebbe occupato comunque bene il suo pomeriggio perché avrebbe potuto fissarlo per ore, senza stancarsi.
Il tempo sarebbe volato comunque.
 
Tuttavia, per quanto la tentazione di restare semplicemente lì a curiosare con sguardo indagatore fosse molto più che allettante, non poté fare a meno di sentire l’impulso d’artista prevalere su quello di curioso – ‘certo, fingiamo che sia solo curiosità, Sebastian’; scattò rapidamente all’interno, tentando di muoversi rapidamente per l’appartamento, agile come una gazzella, allo scopo di raggiungere qualcosa, qualsiasi cosa, il prima possibile senza inciampare – cadere gli avrebbe fatto perdere tempo - e, in un giorno, con il proprio disordine era già riuscito a piazzare un ottimo numero di trappole sul pavimento.
 
Afferrò un semplice block notes ed una matita, nulla di più di quello e si precipitò fuori sul balcone, cercando di non inciampare e volare oltre la ringhiera, perché non voleva finire spiaccicato al suolo.
 
Tristemente, quando si affacciò di nuovo in direzione di quell’attico, rimase profondamente deluso. Aveva fatto tutta quella corsa ad ostacoli per nulla: quella meravigliosa creatura senza nome – che avrebbe per comodità chiamato Angel da quel momento in poi – era sparita nel nulla e lui non aveva più il suo soggetto da disegnare. Peggio ancora, si era perso gli ultimi secondi di quella visione.
 
Aveva fatto decisamente la scelta sbagliata.
 
Sospirò a se stesso, stringendo tra le dita la matita come sfogo, e poi rientrò all’interno dell’appartamento deluso e rammaricato.
 
Non appena mise piede dentro, si rese conto del fatto che il suo cellulare, poggiato sul bancone della cucina, stava squillando ad alto volume. Non era dell’umore giusto per rispondere, ma, come al solito, non riuscì a resistere a quella tentazione.
 
“Pronto?” Mormorò, non appena ebbe allungato il braccio a sufficienza per prendere l’iPhone e portarlo all’orecchio.
 
State raggiungendo la segreteria di Sam Evans, lasciate un messaggio dopo il beep-beep!
 
“Sam?” Domandò immediatamente Sebastian, sollevando un sopracciglio. “Quanto tempo hai lavorato a questa imitazione da Looney Tuns? Perché seitu che stai chiamandome, non può attaccare la segreteria.”
 
Ci fu qualche secondo di silenzio e Sebastian poté sentire la voce di Blaine in lontananza mormorare qualcosa del tipo ‘ti ha fregato’, quindi sorrise beffardo a se stesso, soddisfatto per la propria prontezza.
 
“Uhm … ci tenevo tanto.” Borbottò Sam, probabilmente arricciando i suo labbroni enormi. “Ma facciamo finta che non sia accaduto niente.”
 
Sebastian ridacchiò e sentì Blaine fare lo stesso in lontananza. Il rumore successivo fu probabilmente un ceffone che Anderson stava ricevendo dietro la testa, quindi lo fece sorridere ancora più ampiamente.
 
“Vorremmo arrivare al punto o avete intenzione di farmi assistere a qualche vostra sessione via telefono?” Domandò ed il chiasso in sottofondo terminò per qualche istante.
 
Questo è molto invadente da parte tua.” Protestò Evans e Sebastian ridacchiò.
 
“Io sono sempre invadente.” Rispose e sentì Sam sbuffare attraverso il telefono. Stava proprio per chiedergli se volesse tornare al punto, quando il biondo sembrò prendere l’iniziativa. “Blaine non mi darà pace finché non ti unirai ad uno dei nostri party e siccome sono piuttosto stanco di sentirlo starnazzare …”
 
Poté sentire Blaine mormorare qualcosa del tipo ‘io non starnazzo!’ e rise di nuovo, immaginando la scena.
 
“Okay, dimmi quando e dove magari.” Rispose, scuotendo la testa divertito quasi come se potessero vederlo attraverso il telefono. “Potrei cadere in tentazione e presentarmi lì per combinazione.”
 
Sarei tentato se fossi in te. E’ un party sull’attico, sarà fantastico. Ti mando tutte le informazioni per sms e …
 
Sam stava continuando quello sproloquio, ma la verità era che Sebastian si era fermato a metà, quando la parola attico aveva tuonato all’interno della sua mente, facendolo tornare a poco prima. Continuava a pensare all’occasione persa, a quello che era accaduto e neanche riusciva a capacitarsene. Forse, quell’angelo era un frequentatore di attici.
 
Sebastian?” Domandò il ragazzo dall’altro capo del telefono. “Mi ascolti, ti ho chiesto se verrai? Speravo che la musica e l’alcol ti avessero convinto.” Si lamentò e Sebastian tentò di non pensare a quel viso meraviglioso e di concentrarsi sulla telefonata.
 
“Non sono più quel tipo di ragazzo, ma valuterò comunque l’offerta.”
 
Che noia!” Lo prese in giro Sam.
 
Sebastian staccò semplicemente la telefonata, pensieroso: forse un party gli avrebbe fatto bene, forse lo avrebbe aiutato a dimenticare tutto, a rimuovere quella visione e fingere che fosse semplicemente stata frutto della sua immaginazione.
 
***
 
La musica era alta, e forse anche Sebastian era un po’ alticcio.
 
Camminava per l’enorme stanza a luci soffuse con Blaine sotto braccio, visto che Sam glielo aveva affidato quando non era in giro: a detta del biondo, quando era sotto l’effetto dell’alcol, Blaine tendeva ad accontentare ogni pretendente gli ballasse intorno, quindi Smythe aveva il compito di sorvegliarlo. La serata però, non stava funzionando come avrebbe dovuto: nonostante l’alcol, la musica, e i bei ragazzi, Sebastian continuava ad avere solo ed unicamente un viso impresso nella sua mente ed era piuttosto frustrante.
 
Finché non divenne realtà.
 
Non ne era proprio sicuro perché Blaine continuava a farlo oscillare a destra e sinistra e Sebastian stava cominciando a sbandare troppo per sorreggerlo. Quindi, quando un viso vagamente familiare a quella visione gli passò davanti, tra la folla, giurò di non aver mai detestato così tanto il suo amico.
 
Tentò di trascinarlo con sé, di muoversi tra una coppia e l’altra, tra gruppi di persone che ridevano e scherzavano, improvvisando coreografie imbarazzanti, ma Blaine era piuttosto restio, tanto che sollevò la testa, guardandolo dal basso con uno sguardo un po’ perso.
 
“Bastian?” Chiese, battendo le palpebre come se stesse tentando di convincerlo a non muoverlo troppo. “Possiamo fermarci? Mi gira la testa …”
 
Sbuffò sonoramente, facendo ruotare gli occhi, con quel breve guizzo che stava già assumendo nella sua testa le sembianze di una fantasia piuttosto che di un’immagine causata dalla sua mente.
 
Tuttavia, non protestò, si limitò a trascinarlo verso il bancone, accompagnandolo verso uno sgabello finché Blaine non si fu seduto.
 
“Dove diavolo è Sam quando serve?” Domandò, un po’ al moro, un po’ a se stesso, mentre infilava una mano in tasca per tirare fuori una sigaretta.
 
Era tentato: da un lato avrebbe voluto mollare Blaine lì e tornare alla ricerca perché sapeva che, nel caso in cui non si fosse trattato di una visione, era un’occasione da cogliere al volo perché forse non si sarebbe ripresentata; chiaramente, dall’altro non se la sentiva di lasciare l’amico lì, barcollante e poco lucido, soprattutto perché sapeva che poteva essere pericoloso per se stesso in quello stato.
 
Sbuffò sonoramente poggiando le mani ai fianchi e si arrese: tutto quello che poteva fare era semplicemente lasciarsi sfuggire l’ennesima occasione, forse l’ultima. Si poggiò con le braccia al bancone, di spalle, e si limitò a guardarsi in giro, sperando di essere fortunato a sufficienza da vedere ciò che voleva, soprattutto perché finché Sam non sarebbe tornato, sarebbe stato impossibilitato a muoversi da quella postazione.
 
“Hey!” Blaine attirò la sua attenzione e Sebastian si voltò con le braccia già aperte per prenderlo nel caso in cui stesse cadendo; ma non stava cadendo, anzi, era anche lui poggiato al bancone e gli stava indicando un punto nella folla. “Chi è quello? Ha un’aria … interessante.”
 
Il suo istinto fu quello di far ruotare gli occhi, augurandosi che non si ripetesse lo scenario dell’ultima volta, quando aveva dovuto placcarlo di forza perché stava quasi per molestare un ragazzo, etero per giunta. Tuttavia, Blaine non stava scattando, non si stava muovendo troppo dalla posizione, puntando semplicemente l’indice.
 
Constatata la mancanza di pericoli, Sebastian seguì quell’indicazione attraverso la folla finché il suo sguardo non si concentrò su di un personaggio effettivamente curioso. Non avrebbe detto che era male fisicamente, perché sarebbe stata una bugia enorme, ma il modo in cui stava ridendo tra la folla, forse un po' alla ricerca di attenzioni – che però sembrava ottenere – fece fare una smorfia a Smythe.
 
Il ragazzo aveva i capelli scuri, un fisico molto scolpito e occhi che a Sebastian sembrano chiari. Era allegro e scherzoso, o forse era colpa dell’alcol, e non aveva idea di cosa Blaine volesse intendere indicandoglielo. Per qualche secondo aveva pensato che volesse proporlo a Sebastian come flirt, ma capì chiaramente che le cose non stavano proprio così quando Anderson, ancora vagamente rilassato contro il bancone, fece un occhiolino nella direzione di quell’affascinante intrattenitore di folle.
 
Sebastian fece ruotare gli occhi mentre vedeva il suddetto avvicinarsi.
 
“Hey, carinooo …” Flirtò Blaine e Sebastian per qualche istante considerò l’ipotesi di fingere di non conoscerlo. Il che era impossibile perché Blaine lo stava già indicando, mostrandolo fieramente. “Lui non è il mio ragazzo, Sebastian. Cioè, è il mio non-ragazzo, capisci? Non è una cosa fighissima? Non posso presentarti il mioquasi-forse-ragazzo perché non è qui e … dovevo pur presentarti qualcuno...”
 
Il ragazzo doveva essere sufficientemente sano di mente e anche relativamente sobrio perché spalancò le palpebre, rivolgendo divertito il proprio sguardo a Sebastian che forse gli era sembrato subito in condizioni di lucidità molto più rassicuranti.
 
“Uhm … sono Brody, Brody Weston!” Commentò semplicemente, allungando una mano verso di lui. Sebastian si stava quasi allungando per raggiungerlo, ma Blaine si intromise, prendendo la sua mano nella propria.
 
“Blaine Anderson, ma tu puoi chiamarmi BDA. Anzi, tu puoi chiamarmi come vuoi finché-”
 
Sebastian lo scosse, bloccandogli la frase e Blaine lo guardò confuso ed infastidito dall’interruzione. Brody stava ridacchiando, stringendo la sua mano ed accontentandolo in maniera premurosa.
 
“Ciao BDA!” Lo prese in giro, ma Blaine sembrò piuttosto felice del fatto che avesse utilizzato quel nomignolo. “E’ un piacere. Anche conoscere il tuo non-ragazzo Sebastian.”
 
“Smythe.” Aggiunse Sebastian, porgendogli la mano per davvero. Brody lasciò andare quella del moro e strinse per un istante la sua prima di lasciarla e portarsi le proprie in tasca.
 
“E’ ridotto male, sai?” Domandò, facendo un cenno con la testa verso Anderson.
 
“Già. Purtroppo non riusciamo mai a controllarlo quando si tratta di alcol. Posso assicurarti che quando è sobrio, a tratti e quando c’è il sole in cielo, sa essere anche simpatico.”
 
Brody ridacchiò, subito, “Simpatico.” Commentò e Blaine fece una smorfia.
 
“Io sono molto più che simpatico, molto!” Corresse, battendo le ciglia verso il ragazzo. “Sono un vero spasso e, se vuoi, posso dimostrartelo sulla pista da ballo, non è un problema per me. Mi dispiace soltanto lasciare Sebastian qui solo con se stesso e-”
 
“No, no. Per me va benissimo.” Lo corresse Sebastian, “Sono certo del fatto che vi divertirete un mondo a ballare. Io mi limiterò a guardarvi e giudicarvi senza alcuna pietà per i vostri ridicoli passi fuori tempo ed il modo assurdo in cui agiterete le mani.”
 
“Oh, qualcuno sta facendo lo scontroso perché non è stato invitato?” Domandò Brody, ridacchiando.
 
Improvvisamente, in un secondo, Sebastian realizzò di detestarlo a pelle: non lo aveva conosciuto neanche da cinque minuti eppure stava avendo l’impressione di conversare con un tipo arrogante, maledettamente fastidioso e che credeva di essere un Dio sceso in terra. Sebastian conosceva perfettamente la sensazione perché era stato quel tipo di persona durante gli anni del liceo; ma non aveva un’età adulta, perché ciò rendeva decisamente meno giustificabile quel comportamento infantile.
 
“Decisamente.” Lo accontentò con un tono ironico, e vide Brody sollevare le sopracciglia. A quanto pare il messaggio di scarsa simpatia era arrivato chiaro e diretto.
 
“Su, ragazzi, non comportatevi male!” Intervenne Blaine, saltando giù dallo sgabello, decisamente poco interessato ai loro battibecchi, ed evidentemente più attratto da altro, “Non so se te l’ho chiesto, sai, sono un po’ brilluccio, ma … sei gay?”
 
Sebastian fece ruotare gli occhi in maniera esasperata stavolta, neanche più preoccupandosi di cosa avrebbe potuto pensare Sam di quella scenetta: la prossima volta avrebbe imparato a tenere a bada il suo quasi-ragazzo.
 
La risposta di Brody alla domanda di Blaine, comunque, fu un risata, quindi non seppe di certo come doveva interpretarla in quel momento.
 
I suoi dubbi furono svelati molto presto, e non solo quelli sulla sessualità, ma anche su quanto Sebastian lo odiasse. In verità, ciò che accadde dopo, gli fece capire che lo odiava ancora più di quanto non credesse possibile.
 
Brody!” Una  voce meravigliosamente incantevole chiamò dalla folla e tutti e tre si girarono verso quel punto – Blaine compreso, con la faccia seccata per l’interruzione – “Vieni a ballare? Abbiamo poco tempo, poi dobbiamo tornare a casa!”
 
Quando gli occhi di Sebastian incontrarono quella figura, rischiò quasi di avere un infarto: le sue palpebre si spalancarono e si concentrò per mettere a fuoco il ragazzo che stava gesticolando.
 
Era lui.
 
Era quella meravigliosa creatura che aveva visto dal proprio balcone. Un’assurda coincidenza per una città enorme come New York, ma soprattutto, un angelo troppo grazioso per un inferno lascivo come quel posto. Poteva vederlo facilmente: stava gesticolando verso Brody, scherzoso, totalmente sobrio, non una goccia di alcol scorreva forse nelle sue vene, e stava saltellando come un bambino.
 
No, non era decisamente il tipo da far finire i party in un certo modo, a Sebastian sembrava soltanto una creatura in un habitat che non le apparteneva. 
 
Non ne era certo perché le luci erano leggermente soffuse, ma avrebbe potuto giurare che da vicino fosse ancora più spettacolare. I suoi occhi tracciarono rapidamente i lineamenti di quel volto non molto illuminati, ma comunque perfettamente percepibili per la loro particolarità, per la loro rara bellezza, indescrivibile.
 
Quando batté le palpebre, qualche istante dopo, realizzò che aveva perso un’altra occasione.
 
Il destino era stato così gentile da preoccuparsi di offrirgliene una seconda e lui era rimasto lì immobile ad attendere che Brody si spostasse verso ilsuo angelo (quando era diventato suo, poi? Non importava, ma il pensiero che fosse in compagnia di qualcun altro lo infastidiva). Il moro si voltò verso lui e Blaine, facendo un cenno di saluto con la mano, e si allontanò sparendo nella folla.
 
Sebastian non ne era sicuro, ma aveva avuto l’impressione di vedere le loro mani che si congiungevano nel movimento. Un’improvvisa vampata invase il suo corpo e si ritrovò rapidamente ad identificarla come gelosia; il che, lo sapeva, era assurdo: come poteva essere geloso di un misterioso ragazzo che non conosceva, che aveva spiato un’unica volta dal proprio balcone?
 
Eppure, seppur così semplice da comprendere dal punto di vista della ragione, Sebastian non poteva sopprimere l’istinto.
 
“Tutto bene?” Qualcuno domandò, e ricevette una pacca sulla spalla. “Mi sembri sconvolto. Chi era quel tipo?”
 
Si voltò verso Sam per metà, ma il suo sguardo era ancora rivolto al punto in cui li aveva visti sparire nella folla.
 
“Un idiota.”
 
Avrebbe voluto controllarsi dal fare un commento del genere, ma in fondo sapeva che Sam l’avrebbe pensata esattamente come lui semplicemente per il fatto che lo aveva visto troppo vicino a Blaine. E poi, doveva sfogare un minimo di quella frustrazione che stava provando all’idea che quel tipo, Brody, si stesse dirigendo chissà dove con il suo meraviglioso angelo.
 
“Già, decisamente un idiota.” Accordò Sam ridacchiando ed avvolgendo un braccio saldo attorno alle spalle di Blaine. Il moro si allungò sulle punte fino a raggiungere il collo pallido di Evans. Lo baciò dolcemente, sfiorandolo con le labbra dischiuse. “Mi è bastato uno sguardo per capirlo.”
 
Sebastian annuì, voltandosi per guardare nuovamente in quel punto in cui, però, la folla si era ricongiunta, impedendogli di curiosare.
 
Blaine baciò con più decisione il collo di Sam, staccandosi un istante dopo per sussurrargli: “Qualcuno vuole fare il gelosone.”
 
“Mmmh …” Mormorò Sam con le labbra curvate in un sorriso, “Tu dovresti fare più il prezioso però.”
 
Sebastian fece ruotare gli occhi prima di voltarsi nuovamente verso di loro con una smorfia in volto.
 
“Ragazzi, per favore.” Borbottò, stringendosi nelle braccia. “Potreste smettere di offrirci uno spettacolo così indesiderato? Nessuno ha chiesto una cosa del genere e cominciate a farmi venire il voltastomaco.”
 
Blaine ridacchiò contro il collo del biondo, per nulla intenzionato ad interrompere. Sam si limitò a sorridere e poggiò le mani sui suoi fianchi per tenerlo fermo e a bada.
 
“Lo sai, è incontrollabile.”
 
Sebastian annuì, ancora serio.
 
“Se non fossi stato qui, probabilmente avrebbe fatto quello che sta facendo a te, ma con il simpaticone palestrato, mr. Simpatia.” Si lamentò, portandosi le mani alle tasche. Improvvisamente, a causa del suo pessimo umore, la musica e le luci erano diventate fastidiose.
 
“Era un figo!” Protestò Blaine mentre Sam avvolgeva le braccia attorno al suo bacino per tenerlo calmo accanto a sé. Era leggermente poggiato contro il suo collo, e sapevano entrambi che, dopo la fase eccitata, Blaine ubriaco passava rapidamente a quella di dolce cucciolo assopito.
 
“Sì, lo so, Blainers.” Ridacchiò Sam, sollevando una mano per accarezzare dolcemente il suo viso, mentre tornava a rivolgersi a Smythe. “Non ti piaceva il tipo, vero? Eppure avrei giurato che, ai tempi del liceo … non ci avresti pensato due secondi. Anzi, avevo creduto che fosse figo a sufficienza da farti tornare un po’ a quei tempi.”
 
Sebastian si morse la lingua per non rispondere: lo aveva adocchiato tra la folla, ma non era riuscito a provare neanche il minimo interesse. Non riusciva a motivarne la ragione, ma chiaramente ogni speranza di considerarlo anche lontanamente si era spenta nel momento in cui aveva assistito a quella scenetta curiosa. Tuttavia, non poteva di certo mettersi a spiegare a Sam che provava quell’istintivo senso di antipatia per quel tipo semplicemente perché lo aveva visto in compagnia di uno sconosciuto che aveva adocchiato dal balcone.
 
Lo avrebbe preso per pazzo.
 
“Non sono più quel tipo di ragazzo.” Obbiettò semplicemente, scuotendo la testa e tentando di mostrare un sorriso. Fallendo miseramente perché l’umore era pessimo.
 
“Non per farmi i fatti tuoi, ma … da quanto non …?”
 
Sebastian fece ruotare gli occhi, tentando di non pensarci. Qualche tempo prima avrebbe probabilmente trovato inutile un’esistenza senza sesso, ma aveva imparato a non considerarla la cosa più importante. Non ne sentiva la necessità, certo, non gli dispiaceva, ma aveva imparato ad avere fini superiori.
 
“Non è un dettaglio importante.” Fu la rapida sintesi di quel discorso.
 
“Se ne sei convinto …” Si lagnò Sam, decisamente poco convinto, ma fin troppo distratto da Blaine  - che ormai stava quasi dormendo in piedi – per protestare.
 
Il resto della serata fu praticamente uno strazio: il suo umore era rovinato, non riusciva a godersi un drink, un flirt, un ballo. Si trascinava praticamente da un lato all’altro della sala mentre Sam e Blaine – non molto presente in realtà – gli presentavano uno per volta tutti i loro compagni di corso o le varie persone che avevano incontrato e conosciuto a diversi party.
 
Per mezzanotte passata, Sebastian aveva già conosciuto un numero di ragazzi e ragazze impressionante. Non che gli interessasse comunque, quindi si limitava a sorridere forzato di tanto in tanto o a rispondere a qualche battuta per rendersi almeno un pizzico simpatico.
 
***
 
“Grazie per il passaggio. Quindi … ci vediamo domani? Ci incontriamo per un caffè ad un orario accettabile tra un corso e l’altro magari.” Gli fece Sam, attraverso il finestrino, sorreggendo ancora Blaine che, ormai, era decisamente più addormentato che sveglio. “Abbi un vita sociale, Sebastian.” Lo prese in giro, ma Smythe si limitò ad una smorfia, ancora incapace di far sparire quella spiacevole sensazione alla base dello stomaco.
 
“Ti faccio sapere.” Rispose, perfino un po’ scorbutico, ma vide che Sam stava già annuendo, per nulla infastidito. Grazie al cielo aveva come amico qualcuno che lo comprendeva bene a sufficienza da non offendersi quando il suo umore era pessimo e trattava tutti da schifo.
 
Non appena li vide varcare la soglia dell’edificio, Sebastian ripartì, sfrecciando lungo la strada, forse violando appena i limiti urbani di velocità. Si allungò per accendere la radio, picchiettando con le dita sul volante quando Bruno Mars cominciò a risuonare. Tentò di rilassarsi, ma aveva ancora quelle immagini all’interno della propria testa ed avrebbe davvero voluto essere capace di decifrarle: era ovvio che non potesse fare nulla, come poteva perfino pretendere di avere il controllo sulla vita di una persona che neanche conosceva?
 
Eppure, a Sebastian sembrava di conoscerlo da sempre, gli sembrava di poter immaginare la sua espressione in ogni piccolo gesto quotidiano o meno, di poter immaginare che tipo fosse. Era una sensazione assurdamente strana, come se sentisse che il destino lo stava mettendo alla prova: proprio quando aveva pensato che non l’avrebbe visto mai più, voilà, un angelo servito su di un piatto d’argento, ad un party che non sembrava neanche essere il suo genere di evento, quindi decisamente si trovava lì per volontà del fato.
 
E se avesse mancato entrambe le sue occasioni?
 
Partendo dal presupposto che non sapeva neanche se fosse gay – beh … se non ne fosse stato così incantato, probabilmente avrebbe definito la sua una faccia da checca in effetti -, in quel caso, comunque, Brody poteva essere il suo ragazzo. Di certo non poteva passare tra la folla per raggiungerli e dirgli qualcosa del tipo ‘hey scusa, ho visto il tuo tipo in accappatoio dal mio balcone, è stupendo, voglio ritrarlo e baciarlo e dirgli quanto mi ricorda un angelo’ e via dicendo (sarebbe potuto andare avanti per ore).
 
No, decisamente.
 
Erano pensieri assurdi e tutto quello che Sebastian poteva fare piuttosto, mentre guidava verso il proprio appartamento, era realizzare che non avrebbe mai avuto occasione di approfondire una cosa del genere con quel ragazzo. Non aveva senso continuare ad essere cotti perché, per quanto potesse ammirarne l’indescrivibile bellezza, erano dei nessuno l’uno per l’altro e doveva essere razionale e lucido.
 
Certo.
 
Neanche Bruno Mars in sottofondo sembrava essere sufficiente a convincerlo di una cosa del genere perché Sebastian continuava a pensare a quella voce, quegli occhi, quella pelle candida, in maniera un po’ ossessiva ma comunque innocua. Come avrebbe potuto togliersi una creatura del genere dalla testa?
 
Lasciò l’auto all’inizio del viale e fece gli ultimi metri a piedi, trovando stranamente – non a sufficienza però - confortante la carezza del vento.
 
Prese l’ascensore fino all’appartamento, raggiungendolo a passo svelto una volta che ebbe raggiunto il pianerottolo. Infilò le chiavi, sospirando. Per quanto potesse trovare assurdo sentirsi in quel modo per uno sconosciuto, non riusciva a smettere di farlo.
 
Entrò, chiudendosi la porta alle spalle e raggiungendo la propria scrivania, dopo aver acceso la luce principale.
 
Osservò la matita e quei semplici fogli, accese anche la lampada che li illuminava, e si sedette.
 
Prese un respiro profondo, perfettamente conscio del fatto che quello che stava facendo era un po’ masochista. Le sue dita corsero rapidamente verso una matita, la sollevò con leggerezza, con l’eleganza che lo contraddistingueva, e cominciò a tracciare uno schizzo, semplici linee curve o almeno all’apparenza.
 
Si ritrovò molto sorpreso quando si rese conto del fatto che, senza averlo visto più di quelle due volte che forse a stento contavano – la prima a distanza di sicurezza e la seconda quasi al buio -, Sebastian era perfettamente capace di disegnarlo. I suoi tratti stavano venendo fuori esattamente come li aveva impressi nella mente e lo scosse quasi che potesse essere possibile riuscire così bene al primo tentativo.
 
La seconda figura, quello che teoricamente avrebbe dovuto essere Brody, ma che era semplicemente una forma umana ben scolpita, la tracciò con una certa superficialità. Tornò rapidamente a concentrarsi su di lui, tracciando le ombre, perfezionando un paio di punti, tutta l’attenzione su quella meravigliosa creatura. Cominciò a sentire i nervi contrarsi mentre quei due corpi (non troppo definiti perché non aveva avuto occasione di studiarli per bene) cominciavano a prendere forma, vicini ma non avvinghiati, in un bacio passionale.
 
Quando sentì che le sue dita si stavano stringendo eccessivamente intorno al legno della matita, Sebastian la poggiò sul foglio, buttandosi indietro, contro lo schienale della sedia e lo sguardo rivolto al soffitto.
 
Le mani scesero rapidamente verso le tasche, tirò fuori accendino e sigarette. Lanciò il pacchetto sulla scrivania dopo averne presa una e, dopo qualche secondo di esitazione, si rimproverò: se avesse creato un’aria irrespirabile e pesante all’interno del proprio appartamento, soprattutto nella zona di lavoro, avrebbe avuto parecchi problemi a concentrarsi sullo studio o le eventuali consegne.
 
Si alzò dalla scrivania sbuffando, accendino alla mano e sigaretta spenta tra le labbra, finché non ebbe raggiunto la porta che conduceva al piccolo balcone. Si fermò qualche secondo a guardare le stelle, il cielo, tentando di darsi una calmata, poi sollevò l’accendino ed accese la sigaretta prima di aprire la porta ed uscire.
 
Il vento lo colpì in pieno e capì che aveva fatto bene ed aver acceso la sigaretta all’interno perché sarebbe stato difficilissimo farlo lì fuori. Si poggiò pigramente alla ringhiera, guardando verso il basso.
 
Pessimo inizio a New York, uno schifo ed aveva già un ottimo motivo per essere depresso.
 
Avrebbe potuto essere la giornata peggiore da anni se non avesse provato l’istinto di sollevare lo sguardo: i suoi occhi si ritrovarono a puntarsi nuovamente su quella terrazza, molto più inconsciamente di quanto non avrebbe creduto conoscendo se stesso, e lo osservò mentre parlava nuovamente al cellulare, analogamente poggiato alla ringhiera.
 
Avrebbe voluto anche fare a meno di provare quella sensazione, ma non appena lo riconobbe, le sue labbra si piegarono in un sorriso spontaneo: era lui, esattamente lui, perfettamente lui e no, neanche il suo disegno impeccabile poteva rendere giustizia a quella meraviglia. Aspirò il fumo, esalandolo lentamente e ridacchiando tra sé e sé perché, al momento, era sollevato dal fatto che probabilmente viveva lì (allontanò immediatamente il pensiero suggerito dalla sua mente sadica per cui magari lì ci abitava Brody e Kurt passava le notti dal suo … ragazzo? O qualcosa del genere), perché significava che non aveva perso tutte le sue occasioni di vederlo.
 
Improvvisamente, il fato gli sembrava molto più benevolo e disposto a collaborare di quanto non avesse creduto fino a qualche minuto prima, mentre disegnava quella scenetta che avrebbe anche potuto risparmiarsi.
 
Pensò che forse aveva interpretato male i segni, che anche se lo aveva visto in compagnia, lo aveva pur sempre incontrato in un locale dell’enorme Grande Mela, dove la possibilità era meno di uno su di un milione.
 
Eppure era lì, meravigliosamente sublime, a chiacchierare al telefono, con la sua risata fragorosa che, di tanto in tanto, risuonava nello spazio tra loro, non troppo lontano né troppo vicino.
 
Sebastian sentì un brivido accarezzargli la schiena e seppe che il vento che tirava forte non aveva nulla a che vedere con quella sensazione: era il fato, poteva scommetterci. Era destinato ad osservare quella magnifica opera d’arte, a contemplarne la bellezza, anche se da lontano.
 
Quando giunse a quella conclusione, Sebastian Smythe non aveva idea però di quanto il fato fosse dalla sua.
 
***
 
Il mattino successivo fu semplicemente l’inizio di tutto.
 
Sebastian pensava che sarebbe diventata una piacevole abitudine quella di ritrarre il suo surreale vicino, ma la verità era che non aveva previsto che potesse essere una frustrante e compulsiva ossessione.
 
Quando si svegliò il giorno successivo a quella realizzazione, Sebastian non controllò neanche orologi, non fece prima di tutto colazione, nulla del genere; la prima cosa che fece fu correre fuori al balcone per verificare che Kurt fosse ancora lì, quasi come se avesse paura di perderlo. In quel momento stesso, probabilmente Sebastian avrebbe già dovuto capire che c’era qualcosa che non andava. Avrebbe dovuto capire che era malsano che si svegliasse con il pensiero di controllare la sua presenza.
 
Tuttavia, ebbe fiuto, perché Hummel si trovava esattamente dove aveva immaginato: steso sulla sdraio a prendere il tiepido sole mattutino perché, probabilmente, la sua pelle chiara e sicuramente morbida, era troppo sensibile durante le ore del giorno più calde. Anche perché, se ci pensava, la prima volta che lo aveva visto lì era tardo pomeriggio.
 
Prese una sigaretta – maledetto angelo che lo spingeva a fumare per il tremolio che gli causava nelle gambe con il suo bellissimo viso – e l’accese, poggiandosi come sempre alla ringhiera per studiare ogni suo singolo movimento.
 
Era il suo ultimo giorno di libertà.
 
Ultimo giorno e poi avrebbe dovuto svegliarsi ed andare a seguire i corsi ogni mattino, quindi voleva godersi il relax della giornata. Chiaramente, voleva godersi lui, ma sapeva di non poterlo ancora fare come avrebbe desiderato.
 
Durò un bel po’ di minuti e questa volta Sebastian non lo disegnò: si limitò ad osservarlo finché Kurt non ne ebbe abbastanza di quel timido sole che tardava a sorgere per bene e decise di rientrare all’interno del proprio appartamento.
 
Soltanto allora, dopo quei minuti di contemplazione assoluta, Sebastian Smythe decise che era pronto: aveva analizzato ogni singolo lineamento e tratto del suo viso a sufficienza da trovare un modo per passare quella giornata.
 
Rientrato anche lui all’interno dell’appartamento, si preoccupò prima di tutto di staccare il cellulare, di mettere il silenzioso per evitare di essere disturbato da Sam o Blaine ubriaco, o peggio, da quella pettegola di sua sorella (non aveva risposto a Christie il giorno prima, il che significava che avrebbe dovuto subire un interrogatorio riguardo la giornata precedente), e poi si sedette nuovamente alla scrivania, questa volta addirittura più motivato di quanto non lo fosse stato la sera prima.
 
Cominciò a ritrarlo, a raffigurarlo in pose diverse, situazioni diverse, e veniva sempre meravigliosamente bene. Quando ebbe fatto un numero di tentativi sufficienti da renderlo sicuro sulla sua anatomia – nonostante dedurla attraverso l’accappatoio non fosse il massimo -, Sebastian prese un respiro profondo e si dedicò a qualcosa di serio e costruttivo.
 
Ogni cognizione di tempo, luogo, impegni e qualsiasi altra cosa sparì dinanzi a quel meraviglioso passatempo. Non riusciva neanche ad avvertire la noia o i muscoli troppo rilassati dalla stessa postura tenuta per ore, nulla: tutto quello che riusciva a fare era restare concentrato su quel disegno che prendeva sempre più forma.
 
Un paio di ore dopo, sospirò, finalmente soddisfatto dopo l’ennesima correzione.
 
Osservò attentamente ciò che aveva davanti, mentre il suo sorriso diventava sempre più stupidamente spontaneo: il suo busto nudo, una mano timidamente sollevata, con le dita eleganti protese verso l’alto e lo sguardo di quegli occhi glaciali ma vivi puntati verso l’alto, verso un sole immaginario, quello che rischiava di ferirlo semplicemente perché era delicatissimo, come ogni cosa preziosa.
 
Passò diversi minuti ad immaginarlo dipinto. Forse avrebbe dovuto farlo. Era così tentato ed era un bel po’ che non dipingeva. Era il suo giorno libero quindi magari avrebbe potuto approfittarne. Immaginava già quanto sarebbe sembrato divino e mistico, la sua pelle candida luccicante per i colori caldi del sole, i suoi occhi freddi resi ancora più meravigliosi a quel contrasto.
 
Prese un respiro profondo mentre valutava quell’idea, ma per il momento si limitò a far scorrere la matita sul foglio, nuovamente, questa volta per fermarsi nel punto in cui il busto terminava.
 
La poggiò lì per non perdere la bizzarra abitudine di lasciare la propria firma anche su quei disegni privati e destinati ad essere tali.
 
Ci pensò per qualche secondo.
 
Poggiò nuovamente la matita sul foglio ed aggiunse un titolo.
 
The Angel On Fire.
 

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A/N: Bonjour à tout le monde! Prima di andare a fare la guida, vi lascio questo capitolo! Come promesso di giovedì ^^ Ho finito la settimana di scrivere il capitolo 5 e sto contando di finire il 6 entro i prossimi 7 giorni. Quando questa fan fiction sarà completa potrò aggiornare due volte a settimana :3 Grazie per aver cominciato a seguire e commentare questa storia :3 Speriamo di vederci presto anche con le altre nuove long :3 - A presto, xoxo RenoLover <3

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