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Autore: Londongirl1996    09/05/2013    1 recensioni
Nell’appartamento regnava la pace, avrebbe rattristato chiunque vederlo così spoglio pieno di scatoloni imballati, ma di certo non impietosiva me, io avevo odiato quell’appartamento fin da subito. E’ si c’era proprio aria di trasloco in quell’abitazione nel centro di Londra. I traslochi era terribili per me, ricordo ancora il primo, avevo solo sette anni, ma mi segnò per sempre. Mi aveva strappato tutto ciò che di più caro avevo, i miei amici, la mia casa, il mio cane, la mia piccola città di campagna, tutto. Aveva portato via ogni cosa come se nulla fosse, offrendomi in cambio una caotica vita nella capitale, dove tutti erano scontrosi, menefreghisti ed egoisti. Mi aveva tolto il mio bel cielo limpido e azzurro, sostituendolo con quella specie di nebbia mista a smog che mi arruffava sempre i capelli. Questa volta però sarebbe stato diverso, questa volta mi avrebbe riportato tutto, ogni cosa anche quella più stupida, sarebbe tornato tutto come prima, o quasi…
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Casa dolce casa
 

Ero stesa sul letto a fissare il soffitto con occhi sbarrati e le mani strette a quella collana che indossavo sempre da anni, cercavo di non pensare troppo a cosa sarebbe accaduto quella mattina, evidentemente senza alcun risultato. Più cercavo di svuotare la mente più timori e speranze l’assediavano, così decisi di alzarmi e andare a prepararmi stroncando definitivamente quell’indesiderata situazione.                                                                                                          
Quando andai in cucina i miei ancora dormivano, quindi feci colazione in silenzio. Nell’appartamento regnava la pace, avrebbe rattristato chiunque vederlo così spoglio pieno di scatoloni imballati, ma di certo non impietosiva me, io avevo odiato quell’appartamento fin da subito. E’ si c’era proprio aria di trasloco in quell’abitazione nel centro di Londra. I traslochi era terribili per me, ricordo ancora il primo, avevo solo sette anni, ma mi segnò per sempre. Mi aveva strappato tutto ciò che di più caro avevo, i miei amici, la mia casa, il mio cane, la mia piccola città di campagna, tutto. Aveva portato via ogni cosa come se nulla fosse, offrendomi in cambio una caotica vita nella capitale, dove tutti erano scontrosi, menefreghisti ed egoisti. Mi aveva tolto il mio bel cielo limpido e azzurro, sostituendolo con quella specie di nebbia mista a smog che mi arruffava sempre i capelli.                                                                                                                                          Questa volta però sarebbe stato diverso, questa volta mi avrebbe riportato tutto, ogni cosa anche quella più stupida, sarebbe tornato tutto come prima, o quasi…                                                                
Scacciai via i miei pensieri e mi sbrigai a finire di bere il latte per poi correre a prepararmi.                                
Circa mezzora dopo avevo finito e stavo aiutando i miei a caricare gli scatoloni in macchina, quando la casa fu completamente vuota ci guardammo attorno e poi uscimmo.                                            

Il tragitto era lungo, tre ore circa, non potevo aspettare così a lungo, ma in fondo avevo atteso questo momento da nove anni, qualche ora non mi avrebbe ucciso.                                                                     
Mezza addormentata sul sedile posteriore dell’auto schizzai in aria quando sentii vibrare qualcosa in tasca, ere il mio telefono, che idiota! C’era un messaggio da Eve –avvisaci appena arrivi!! Xxx – Subito mi spuntò in faccia un sorriso a 18473759 denti. – Certo!! Xx - .                                                        

Non avendo chiuso occhio la sera prima ero sprofondata nel mondo dei sogni, nel vero senso della parola, tanto che mia madre per svegliarmi mi scaraventò fuori dalla macchina, dopo infiniti tentativi falliti miseramente. Quando capii che eravamo arrivati mi fiondai ad abbracciare i miei nonni che si stavano sbracciando sull’uscio di casa, e poi dicono che gli inglesi sono freddi!                    
- Ash ci sei mancata tantissimo! Sei cresciuta tantissimo scricciolo! – disse mio nonno scompigliandomi i capelli.                                                                                                                              
– Oh Arthur che ti aspettavi è una donna ormai! – lo canzonò la nonna.                                                        
– Sarà, ma è passato solo un anno dall’ultima volta che ci siamo visti e poi per me rimarrai sempre il mio scricciolo! – ribattè il nonno.                                                                                                              
Subito li abbracciai nuovamente stringendoli più forte a me – Non sapete quanto mi siete mancati! – ammisi sorridendo.                                                                                                                                    
Mi ricordai di non aver ancora avvisato la mia migliore amica così lo feci e poi aiutai a portare valige e scatoloni in casa. Appena rimisi piede dentro quella casa milioni di bei ricordi tornarono a galla, sentii gli occhi inumidirsi ma li sbattei più volte per cacciare indietro le lacrime. Mio padre arrivando da dietro strinse me e mia madre e guardandosi intorno disse – Ah, casa dolce casa! – io e mamma scoppiammo a ridere non era un tipo sentimentale, ma era molto legato a quel posto, come tutti noi del resto.                                                                                                                               Feci giusto in tempo a sistemare le ultime cose quando fui travolta da una psicopatica che si avventò a me come come una sanguisuga. Urlammo all’unisono appena riuscii a guardare in faccia la ragazza.                                                                                                                                                   – Cavolo Ashley finalmente, non posso crederci!! – urlò Eve.                                                                    
– Già, nemmeno io. Sono davvero scossa, bhè forse anche per colpa di una certa tizia che mi si è gettata addosso facendomi perdere dieci anni di vita!! – scherzai, lei prontamente mi mostrò la lingua. Ah Eveline, non era cambiata di una virgola!                                                                             
- Vorrei restare a chiacchierare con te per ore, anzi giorni, ma dobbiamo andare, anche voi signori Smith ho il compito di portarvi a casa mia ora e non sono ammessi ritardi! – la guardammo tutti stupiti, ma forse i suoi genitori erano impazienti di rivederli.                                                                        
Dopo qualche minuto di camminata a passo veloce in cui venni bombardata di domande dalla ragazza al mio fianco, come se quando stavo a Londra non ci chiamavamo ogni giorno per raccontarci ogni cosa, dicevo dopo un po’ arrivammo davanti casa di Eve e appena aprimmo la porta ci accorgemmo che la casa era leggermente piena e tutti gridarono all’unisono – Ben tornati!! – Sembrava un po’ come quel programma americano Extreme Makeover Home Ediction dove tutti danno il bentornato alla famiglia a fine puntata. Passò un nanosecondo quando venni sommersa da quella che sembrava tanto una mandria di bufali imbizzarriti, ma che in realtà erano sei cretini a cui volevo un bene dell’anima. Staccata dall’abbraccio avevo un sorriso che mi arrivava alle tempie gli occhi, traditori, si riempirono di lacrime che non riuscii a trattenere, passammo dall’eccitazione alla commozione in un batter d’occhio, da far invidia alle donne incinte al nono mese!!                                                         
Il primo che prese coraggio e iniziò a parlare fu Luis – finalmente tutti insieme come ai vecchi tempi! -                                                                                                                                                              - Cazzo chi l’avrebbe mai detto! Ci sono voluti quasi dieci anni ma ora siamo tutti! – fece Harry.                     
– Più o meno… - asserì Liam con occhi tristi, gli altri, eccetto me, lo guardarono male – E’ un dato di fatto comunque non importa l’unica cosa che conta è che ora tu sei tornata! – aggiunse abbracciandomi.
Capivo come si sentiva nemmeno lui l’aveva dimenticato, erano come fratelli e io… Noi avevamo un legame speciale scherzavamo, ci prendevamo in giro, ci volevamo un bene dell’anima, i nostri genitori credevano che da grandi saremmo stati una coppia perfetta e noi gli ridevamo in faccia, a sette anni non pensavamo proprio all’amore.                                                        
– Ei ora è il mio turno!! – si lamentò il biondino.                                                                                              
– Niall! Vieni qui! – gli ordinai e non se lo fece ripetere due volte, che tenero!                                                
- Allora londinese hai intenzione di snobbarci ancora per molto – chiesero serie due ragazze.                               
– Non lo so, dai sceme ciao!! – mi avventai su Christal e Rebeccah.                                                           
Dopo le effusioni con la banda di pazzi che avevo come amici salutai tutti i presenti. Era incredibile che fosse venuta tutta quella gente a salutarci, ma d’altronde ci si conosceva tutti in quella città e ci si voleva un gran bene. Mancava solo una famiglia da salutare, mi avvicinai ad una signora con capelli scuri e occhi chiari e suo marito, pelle olivastra e occhi scuri.                                                             
- Salve signori Malik! - li salutai sorridendo.                                                                                                
– Ciao Ashley! Come sei cresciuta! – mi salutò Trisha abbracciandomi.                                                        
– Ciao! Quasi non ti riconoscevo! Allora sei contenta di essere tornata? – questa volta fu il marito Yaser a parlare.                                                                                                                                                                – Si molto – ammisi.                                                                                                                                    
– Nostro figlio si non è potuto venire purtroppo – si scusò Trisha dispiaciuta.                                            
– Oh non importa capisco – mi sforzai di sorridere ma uscì più che altro una smorfia.                                      
Fortunatamente apparve Rebeccah che mi urlò di raggiungerla in giardino.                                              
– Scusate devo andare, arrivederci! –questa volta il sorriso riuscì meglio.                                                      
– A presto! – fecero all’unisono, non per cattiveria, erano fantastici, ma speravo proprio di no, facevano riemergere ricordi troppo dolorosi.
Uscita in giardino trovai la comitiva spaparanzata sul dondolo e sui divanetti, mi unii a loro e iniziò un lungo discorso tra ricordi, speranze e delusioni. Il tempo non ci aveva diviso eravamo proprio come una volta, finalmente dopo anni e anni per la prima volta mi sentivo di nuovo a casa.
 
ANGOLO AUTRICE
Ciao! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate baci!! :)
  
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