Fiori
di ciliegio
"Mi
devi
odiare! Devi sopravvivere come un miserabile, continuare a scappare,
aggrapparti alla vita. E un giorno presentati davanti a me, con i miei
stessi
occhi."
Vendetta…
Veleno
e miele colano dalle sue labbra,
al sol pronunciare gli amari accenti di questo imperioso comando.
Fluiva
denso e caldo quel sangue [il mio]
tra le mie mani.
Restai
a fissarlo mentre la pioggia continuava a scendere da quel cielo
plumbeo,
pesante.
Scorreva
perlacea sulle mie spalle nude e piene di ferite.
Con
lo sguardo contratto osservavo il suo corpo inerte. Esanime.
Privo
della vita che gli avevo abilmente sottratto.
Le
mie mani forti ancora affondate nella sua ferita sanguinante, si
impregnavano
di quell’odore acre e liberatorio al tempo stesso.
Una
vita passata a inseguirlo.
A
bramare la sua morte più della mia stessa vita.
I
miei occhi, neri come la notte in cui giurai vendetta sul mio cuore, lo
guardavano rapiti.
Scrutavano
il suo volto sofferente, le sue ferite, la bocca dischiusa in
un’ultima
supplica.
Ma
non trovavano nulla.
Niente
che potesse salvarmi da quel baratro nel quale stavo lentamente
scivolando.
Sopra
il cui ciglio ero stato per troppo tempo, troppo preso dalla missione
che mi
ero prefisso.
Che
mi ero imposto di compiere ad ogni costo.
Cancellando
ogni cosa.
Cancellando
ogni persona.
Dalla
mia mente.
Dal
mio cuore.
Una
risata amara si liberò testarda dalla mia gola.
Salì
al cielo urlando ciò che la mia anima mi sussurrava da tempo.
Ma
che la mia mente non aveva mai accettato.
Ucciderti
è stato come cercare di afferrare il fumo a mani nude.
Non
perché fossi il più veloce.
Non
perché fossi un grande combattente.
Perché
dopo averti afferrato, dopo averti ucciso, nelle mani non mi
è rimasto
assolutamente nulla.
Continuavo
ad osservarti e capivo che alla fine eri stato tu a vincere.
Mi
hai costretto a diventare come te, a essere infelice.
Una
tremenda sensazione di vuoto si impossessò prepotentemente
di tutto me stesso.
I
miei occhi non più rossi, ma ridotti a specchi opachi,
inseguono immagini
lontane.
Lacrime
diafane sgorgano insistenti.
Le
mani che ti hanno ucciso anelano solo una cosa.
Sfiorare
ancora quei capelli lucenti che sempre mi ricordavano i delicati petali
dei
ciliegi in fiore.
Gli
occhi che ti hanno fissato con disprezzo, bramano solo rubare anche per
un
attimo un lampo di quelle iridi di giada splendente.
Ma
è troppo tardi.
Lei
non può essere più mia.
Tu
condannandomi quella notte a questa vita di vendetta me l’hai
portata via.
Per
sempre.
Baci,
Angela
Disclaimer:
le prime parole tra
virgolette sono quelle pronunciate da Itachi stesso, non sono quindi
frutto di
un dialogo da me inventato.