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Autore: Neko no Yume    09/05/2013    5 recensioni
Fronte occidentale, la Marna a pochi chilometri e il frastuono degli eserciti che rimbomba ovunque.
Un respiro appena accennato e tremolante sotto una divisa tedesca, nemica.
Probabilmente i militari che presidiavano il suo ospedale l'avrebbero finito seduta stante, ma Sharon non era arrivata fin lì per mietere vite.

Poi, la mattina.
(wwi storical au; il titolo potrebbe o no essere una semi-citazione letteraria)
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Sharon Ransworth, Xerxes Break
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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"Sono perfettamente in grado di tornare a combattere, non ho bisogno di stupidi bendaggi!"
Quella era probabilmente la centesima volta in due giorni che Sharon sentiva la testa trapana dalla stessa frase e, nonostante tutta la pazienza di cui disponeva, sentiva di essere vicina a un limite che non avrebbe voluto varcare.
E tutto perché un certo soldatino di poco più grande di Oz e con due occhioni azzurri perennemente corrucciati smaniava dalla voglia di farsi ammazzare.
"Elliot, hai perso molto sangue da quel braccio," sentì spiegare per l'ennesima volta da qualche sua povera collega. "Non puoi ancora tornare in servizio."
Il ragazzo digrignò i denti in un moto di frustrazione e serrò i pugni ostinato, nonostante il pallore improvviso del suo volto rivelasse la fatica che gli stava costando anche una semplice protesta.
"Marmocchio, non potresti abbassare il volume?"
Una voce pacata, ma dall'inconfondibile accento tedesco che ormai aveva imparato a riconoscere alle prime sillabe, risuonò nell'aria improvvisamente silenziosa, mentre tutte le crocerossine presenti si voltavano con occhi atterriti verso i due infermi, sperando di non dover sedare una rissa.
Il più giovane scrutò Break con un misto di sorpresa, irritazione e ancora sorpresa, poi lo additò con il braccio bendato, gesto che gli provocò una fitta di dolore ben visibile nelle iridi chiare.
"... Un soldato tedesco!" esclamò ugualmente, osservando come in trance la sua divisa.
Non aggiunse altro, si limitò a fissarlo.
Ma senza ostilità, come se fino a pochi istanti prima non avesse smaniato di tornare a falciare i compagni di reggimento dell'uomo che lo aveva appena chiamato "marmocchio".
La guerra era strana, ma l'empatia lo era di più.
Un medico lì vicino notò la sua improvvisa calma e si affrettò a prendergli il braccio sano, passare sull'incavo del gomito un batuffolo di lana imbevuto di disinfettante e iniettargli nelle vene quello che, a giudicare da come il soldato crollò quasi immediatamente sul letto, doveva essere un tranquillante piuttosto forte.
Il tutto in un unico, fluido e semplice gesto.
"Dottor Lunettes..." fu il flebile e grato saluto che ricevette dalle infermiere radunate attorno a loro, saluto che si affrettò a ricambiare con un sorriso tiepido.
"Ah, i giovani d'oggi," ridacchiò, per poi abbassare lo sguardo velato da un paio di occhiali su Xerxes. "Sempre pronti ad agitarsi, nonostante abbiano bisogno di riposo."
Lo straniero si concesse un ghigno noncurante, accompagnato da un'alzata di spalle.
"Che ci vuol fare, doktor1, sono fatti così," rispose, fingendo di non cogliere l'allusione a se stesso.
Sharon si concesse un sorriso appena più ampio del solito, lusso che nei pochi giorni in cui aveva iniziato a prendersi cura di Break si era permessa forse un po' troppo spesso.
Il soldato lo notò, come notava ogni singola variazione nel suo viso, e il ghigno che gli increspava le labbra si ampliò.
"Fräulein Sharon, è d'accordo con me?" celiò, strascicando di proposito le erre (si era accorto che il suo accento le piaceva, il maledetto teutonico).
"Ti ho già detto di darmi del tu, Xerx," ribatté lei, che nel frattempo si era accorta di quanto a lui piacesse come lei storpiava il suo nome.
"E io le ho già detto che non lo farò."
Si scambiarono un'occhiata fintamente esasperata, poi la crocerossina si rimboccò le maniche e il paziente capì che era giunto il momento del cambio delle bende.
Adagiò la testa sul cuscino, i capelli quasi bianchi che si confondevano con la federa e le garze, e attese tranquillo il tocco delle dita della piccola fräulein Rainsworth, che non tardò ad arrivare.
Le abili mani della ragazza lo liberarono dall'oppressione del bendaggio sporco e gli detersero la fronte e la ferita con una delicatezza tanto leggera e spontanea in mezzo al clangore del fronte che Break doveva lottare per restare impassibile ogni volta.
Nell'arco di tempo che gli ci volle per riacquistare la calma, lei aveva già finito di analizzare le sue condizioni e provveduto a bendarlo di nuovo.
Tornarono a osservarsi in silenzio e Sharon incrociò le braccia al petto.
"Mi sembra che sia tutto a posto," proclamò alla fine. "Per quanto possa essere a posto una ferita del genere, ecco."
Xerxes agitò una mano nella sua direzione, come per farle cenno di non preoccuparsi, ma l'espressione improvvisamente esausta che trapelava dall'occhio destro fece ugualmente agitare qualcosa nel petto dell'infermiera.
È normale che sia stanco, si rimproverò mentalmente, i muscoli facciali tesi per mantenere un'aria padrona di sé.
"Fräulein."
La voce dell'altro la riscosse.
"Non è che... Quando mi sveglio mi taglierebbe i capelli?"
La domanda impastata di sonno si perse nella sua gola, mentre il sonno gli piombava addosso come piombo.
Sharon serrò le labbra, già aperte per formulare una risposta affermativa, e si portò entrambe le mani alle tempie, lasciando finalmente trapelare la stanchezza.
"Dovresti andare a riposare anche tu, hai fatto il turno di notte," la rimbrottò Reim in un tono che avrebbe dovuto essere carico di autorevolezza, ma sembrava solo rassegnato.
Lei si limitò a mugugnare un assenso, per poi avviarsi a passi lenti verso l'uscita della tenda principale, diretta al suo piccolo cantuccio personale.
Si buttò sulla branda senza neppure cambiarsi, stremata.
E sognò erre strascicate, spari e un grande, avvolgente biancore.


Fu un tocco gentile a svegliarla, sensazione che le fece salire un immotivato groppo in gola.
Si stropicciò gli occhi per mascherarlo e cercò di focalizzare lo sguardo ancora assonnato sul volto della persona che le stava davanti, incontrando due occhi limpidi e laconici.
"Sarebbe iniziato il tuo turno..." le comunicò Echo, una delle altre infermiere sottoposte al dottor Nightray e che lo detestava quanto lei, se non di più.
"Ho dormito troppo!" esplose lei, per poi alzarsi troppo velocemente e barcollare verso l'uscita della stanzetta.
La collega rimase in silenzio, seguendola a poca distanza verso la tenda.
"Non ti starai sforzando eccessivamente?" commentò a mezza voce, ma Sharon si era già dileguata tra le file di barelle.
Si fermava presso i suoi pazienti, controllando temperature, auscultando battiti cardiaci, somministrando medicinali, raccogliendo bendaggi che avevano bisogno di una pulita e riponendoli in una sacca di tela grezza che teneva sempre appesa in un angolo dell'ospedale.
La maggior parte delle volte era lei ad attingervi per andare a lavare i panni macchiati, ma appena le altre infermiere avevano un attimo di tempo le davano una mano, come faceva lei con loro.
Finito il solito giro di controlli giornalieri, si ricordò improvvisamente della promessa che aveva fatto a Break.
E avvampò fino alla punta delle orecchie.
Le dita corsero alle tasche e vi frugarono con un moto di nervosismo alla ricerca di un paio di forbici, mentre i piedi si avviavano con passo meccanico, quasi impacciato, verso la solita branda che ospitava il tedesco.
Lui sembrava al confine tra la veglia e il sonno, ma nel sentire i suoi passi che si avvicinavano parve riscuotersi del tutto, le labbra atteggiate al solito sorrisetto di benvenuto che amava riservarle.
"Allora, vogliamo cominciare?" lo salutò lei, mostrando le forbici con fierezza. "Anche se devo avvertirti, non garantisco un risultato guardabile."
"Mi basta essere liberato da questa matassa fastidiosa, fräulein," la rassicurò il soldato, per poi issarsi a sedere con l'aiuto della crocerossina.
"Bene, iniziamo," decretò Sharon, più rivolta a se stessa che a Xerxes.
I suoi capelli erano stati lavati al momento del suo ricovero, pochi giorni prima, quindi erano ancora abbastanza puliti, ma pieni di nodi.
Preferì risciacquarli con un catino d'acqua tiepida, conscia che non li avrebbe fatti sparire magicamente, ma almeno ammorbiditi.
Cercò di districarli con quanta più delicatezza possibile, servendosi di un pettine dai denti larghi e continuando a ripetere all'altro di interromperla se gli faceva troppo male.
Quando ebbe finito, si concesse di sbirciare il viso di Break per un istante.
Aveva dovuto rimuovere il bendaggio per avere più libertà di movimento, ma era stata attenta a non lasciar bagnare la ferita, ancora coperta da una garza pericolante, e per questo gli aveva tirato indietro tutti i ciuffi disordinati che gli ricadevano perennemente sulla fronte, lasciando il suo viso del tutto scoperto.
Un'espressione del tutto priva del solito sarcasmo, serena, gli aleggiava in volto; sembrava un'altra persona.
L'infermiera si affrettò a tornare al suo lavoro, le forbici in una mano e una ciocca di capelli nell'altra, gli occhi lontani da lui.
Strinse le labbra e assottigliò lo sguardo, iniziando a tagliare con gesti decisi.
Era abbastanza sicura che a Xerxes non sarebbe importato se il taglio fosse venuto irregolare, ma non voleva comunque combinare disastri.
Il rumore ritmico e soffuso delle lame all'opera la rilassò un poco, riportandole alla mente le volte che sua madre la portava dal parrucchiere da piccola e passava ore a vantarsi con le altre signore di quanto fosse brava la sua bambina, e il tremito delle sue dita si attenuò.
Proseguì in silenzio per un po', poi iniziò a canticchiare senza accorgersene una vecchia canzonetta inglese.
Improvvisamente le spalle di Break parvero irrigidirsi e Sharon si rese conto che stava trattenendo il respiro, completamente assorto.
"... Fräulein?", lo sentì chiamarla quando si accorse che si era bruscamente zittita. "Non canta più?"
Ora si era voltato verso di lei e si teneva la garza in equilibrio con una mano, mentre l'altro occhio la scrutava con un misto di perplessità, apprensione e dispiacere.
"Si sente poco bene?"
La crocerossina deglutì sotto il peso di quello sguardo, per poi scuotere la testa con decisione nella speranza di riprendersi e cacciar via il rossore che le infiammava le guance.
"Non è niente!" si affrettò a rassicurarlo. "Ora girati di nuovo, ho quasi finito."
Il soldato si concesse qualche altro istante per osservarla, ma alla fine ubbidì.
"Ha una bella voce," lo sentì mormorare di spalle.
Si limitò a lasciar scorrere distrattamente le dita sul suo capo in risposta e si concesse un sorriso tirato, poi riprese a tagliare.
Quando si sentì soddisfatta del suo lavoro, spazzolò via le ciocche recise dalle spalle dello straniero e gli porse uno specchietto, uno dei pochi oggetti che si era portata da casa.
Break lo tenne davanti al viso per un attimo e le regalò uno dei suoi soliti ghigni come ringraziamento.
"Finalmente!" ridacchiò, restituendole lo specchio.
All'infermiera sfuggì un sospiro di sollievo nel vederlo così soddisfatto, poi la sua professionalità prevalse e si affrettò a prendere le prime bende a portata di mano per bendarlo di nuovo, timorosa che la ferita esposta potesse infettarsi.
Lui non protestò e la lasciò fare come sempre, senza però lasciarla ritrarsi quando ebbe finito.
Le prese il polso e la attirò verso di sé con una fermezza in cui riusciva quasi ad avvertire il terrore che non lo abbandonava mai, oltre a una dolcezza di cui non l'aveva mai creduto capace, sino a sfiorarle un orecchio con le labbra.
"Danke, mein schön fräulein2," bisbigliò, solleticandole il collo con le ciglia.
Sharon si ritrasse d'istinto, pronta a farfugliare qualcosa e scappare per evitare che l'altro notasse quanto l'aveva fatta arrossire, ma Xerxes si era già assopito di nuovo.
Solo in quel momento si accorse che le tremavano le gambe e aveva le nocche delle mani bianche per quanto stava stringendo i pugni.
Si affrettò verso la sacca del bendaggio sporco e prese quanta più stoffa possibile, dirigendosi poi al fiume senza paura di incontrare nessun nemico, la testa ancora altrove e il volto ancora in fiamme.
Riuscì a calmarsi solo dopo aver lavato una decina di garze, quando ormai non riusciva più a sentirsi le dita livide per il freddo e corrose dal sapone di scarsa qualità.
Fu in quel momento che scoppiarono le raffiche.









Note:
1 -
"Dottore" in tedesco (U DON'T SAY)
2 - "Grazie, mia bella signorina" in tedesco

Yu's corner.
Buondì, carissimi!
Questa è tipo la prima volta che termino un capitolo con una tale suspance, mi sento così troll che potrei abitare i sotterranei di Hogwarts.
Ahem, jokes aside.
Spero che nessuno stia preparando linciaggi ai danni nella sottoscritta, prometto che non vi lascerò friggere di preoccupazione per molto.
E devo dire una cosa che mi ero scordata di specificare nel primo capitolo! Io adoro tantissimo Vincent e mi fa male il cuore a renderlo così... poco collaborativo (?), ma è ai fini della trama purtroppo. Dunque, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che mi facciate dono delle vostre preziose opinioni!
Bye bye,
Yu.
  
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