Film > Sherlock Holmes
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Autore: Haibara Stark    10/05/2013    2 recensioni
"Se fosse stato un po’ più attento, come era sempre solito fare, probabilmente Sherlock Holmes avrebbe sentito il cuore del dottore incrinarsi. Segretamente sperava di cogliere questo leggero suono, lo stesso che aveva fatto il suo di cuore quando aveva capito che non sarebbe riuscito a convincere il vecchio amico a restare, a non sposarsi. Ma lui non sapeva niente di sentimenti, era risaputo, e non si accorse di come esso ebbe invece prodotto un suono forte e sordo. " || Holmes lascia il Paese per seguire un caso ed al suo ritorno porta con sé una (s)gradita sorpresa al dottor Watson. Misteri, bugie e segreti. I nostri protagonisti si trovano ad affrontare i loro fantasmi, mentre un nuovo antagonista cospira avvolto nell'ombra.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Movieverse | Avvertimenti: Triangolo
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NDA:  Mi scuso per il ritardo.
Questo capitolo è stato arduo da scrivere e mi ha portato a fare qualche cambiamento nella struttura del racconto.
Spero non sia per voi una delusione colossale.

Buona lettura ~
 
•••

Watson aveva già sperimentato la difficoltà di riuscire a parlare da solo con Holmes nei giorni precedenti, ma mai avrebbe pensato che, dopo la rivelazione di Hope, sarebbe diventata un’impresa pressoché impossibile: quando rientrava – se rientrava – lo faceva a tarda notte per ripartire all’alba. Più volte il dottore tentò di incontrarlo e fallì sempre miseramente. Scoprire la verità era stato un colpo basso ben assestato; non era la prima volta che il detective gli teneva nascosti i suoi piani a bella posta ai fini dell’indagine, ma sentiva che c’era qualcosa di diverso. Il sollievo provato per la notizia cedette presto il posto al dispetto e ad un tormento interiore che non lo faceva dormire la notte: Holmes lo aveva volutamente provocato con quella storia del matrimonio? O era semplicemente frutto della sua mente troppo fantasiosa e tendente ai romanzetti d’appendice?
“Io ascolto sempre ciò che dice.” “Oh, ma davvero? Allora mi dica, che cosa ho appena detto?” “Che è geloso.”

Holmes, d’altro canto, dopo il loro litigio stava volutamente cercando evitare il dottore. Hope aveva ragione: nonostante quel caso - e - lo intrigasse molto, il motivo principale per cui aveva accettato di mettere in scena quel matrimonio era per far soffrire lui, per portarlo a capire cosa aveva passato quando era stato lui a sposarsi. Era forse la cosa più meschina che avesse mai fatto in vita sua, ma non si era pentito neanche un secondo di quella scelta, fino a quando non li aveva visti insieme e il dubbio si era insinuato in lui. La gelosia aveva iniziato a correre col sangue nelle vene fino a raggiungere il cervello, spegnendo completamente ogni sua capacità di ragionare lucidamente. E ora, quando ripensava a quei momenti, si scopriva a porsi una domanda che gli portava un certo sconforto: geloso di chi?
Poi una sera entrò trionfante nella sala da pranzo, lasciando fuori dalla porta tutti quegli inutili problemi.
“Siamo a una svolta!” Esultò, facendo sussultare i coinquilini sui loro cuscini. “Dopo intense ricerche e molti travestimenti, sono riuscito a scoprire dove si trova il deposito di merci rubate di Carlton!”
“Amico mio,” Intervenne Watson, che si era messo seduto sull’attenti. “come ci siete riuscito?”
“Sono entrato in contatto con vari sottoposti e tutti paiono convinti di ciò che affermano.”
“Non ritiene che si tratti di una trappola?”
“C’è questa eventualità –”
“Di che luogo si tratta?” Domandò Hope, interrompendolo.
“Secondo quegli uomini, la merce viene conservata in un vecchio magazzino situato poco fuori Londra finché non riescono a trovare un compratore.”
“E’ tuo intento agire stasera stessa?”
Lui sorrise sornione. “Naturale. Quale altro momento migliore?”
“Bene.” Hope si alzò e annunciò: “Vado a prepararmi.” Intenzionata a indossare abiti maschili.
“Non essere sciocca! Voi due resterete qui.”
“Come sarebbe a dire voi resterete qui?” Intervenne Watson. “Non crederà sul serio che ce ne staremo qui con le mani in mano!”
“Non lo credo, lo so per certo. Perché non ho intenzione di portarvi con me.”
“Certamente questo spiega tutto.” Ironizzò la giovane.
“Ho preso la mia decisione.”
“Suvvia, Holmes. Sai perfettamente che non ti lasceremo andare da solo – soprattutto il dottore. Quindi perché non la finiamo qui e ci prendiamo un tè nell’attesa?”

•••

Il sole calava pigramente sulle loro teste, allungando le ombre, mentre la carrozza avanzava verso la campagna lasciandosi alle spalle Londra. Quando raggiunse la sua meta, la sera aveva ormai imbrunito ogni cosa, e i tre compagni d’avventura continuarono a piedi, percorrendo i campi accompagnati dal primo canto dei grilli. Mano a mano che avanzavano tra l’erba ormai umida, davanti a loro l’immensa figura dell’edificio cominciava a prendere forma, crescendo incombente ad ogni passo: era un edificio massiccio dalle pareti scrostate e del colore del fumo, su cui l’edera correva fino a raggiungere il tetto. D’intorno ad esso vi era un ampio spiazzo desolato, che i tre avventurieri attraversarono con discrezione, fino a raggiungere una finestra laterale semi aperta. Hope, essendo la più minuta, si issò sul davanzale ed entrò, lasciando gli altri in attesa. Intorno a lei tutto era buio, eccezion fatta per gli spazi vicino alle finestre, illuminati dai flebili raggi della luna ormai sorta. La ladra guardò intorno con circospezione e con le orecchie tese prima di aprire maggiormente la finestra e far entrare i suoi compagni. Il silenzio era così pesante da mettere in soggezione Hope, nonostante fosse avvezza a questo genere di cose. Probabilmente era dovuto al fatto che non era spavalda e sicura di sé come al solito e che sentiva il pericolo incombere su di lei come un avvoltoio che volteggia sulla preda. Quando anche l’ultimo piede di Watson ebbe raggiunto il pavimento, iniziarono ad avanzare con lentezza fino a che la loro ricerca li portò davanti ad una distesa di casse di legno. Hope vide l’ombra di un sorriso balenare sul volto di Holmes, mentre egli si avvicinava ancora di più con l’intento di esaminarle. La giovane donna si guardava intorno nervosa, tesa come la corda di un violino, totalmente incapace di togliersi di dosso quella sensazione di minaccia.
“E’ quasi troppo semplice.” Sentì sussurrare a Holmes, con tono in colore.
Fu in quel momento che la vide: era una cassa leggermente più piccola delle altre, due o tre passi distante da loro, con il coperchio singolarmente marchiato di nero. Lanciò uno sguardo agli altri prima di avvicinarsi con cautela e, quando fu abbastanza vicina da riconoscere il simbolo, trasalì: il disegno del gioiello che aveva rubato a Carlton risaltava con pennellate decise sulla superfice ruvida e legnosa. Non poteva trattarsi di una coincidenza. Si rese conto di star ansimando e scosse la testa, cercando di riprendere il controllo di sé. Con decisione scoperchiò la cassa, che scoprì non essere fissata con i chiodi, e vi guardò all’interno. Adagiato sulla paglia di imballaggio vi era un biglietto, scritto con una calligrafia sghemba: You should find an alternative.
[5]
Hope trattenne il respiro, le labbra socchiuse e gli occhi sgranati. Si voltò di scatto verso Watson e Holmes.
“E’ una trappola!”
Ed accadde. L’aria esplose incandescente al suono delle deflagrazioni, sbalzandoli nel vuoto, mentre una dopo l’altra le casse detonavano andando in mille pezzi.

•••

Tick. Tick.  Hope si mosse leggermente sotto le coperte. Tick. Tick. Quel suono fastidioso le riempì la mente fino a condurla fuori dal sogno; aprì gli occhi. Tick. Tick. Si mise seduta di scatto, allarmata. Tese le orecchie e capì che qualcosa stava colpendo la finestra della stanza a intervalli regolari. Si alzò con circospezione, cercando di passare il più lontano possibile da essa, fino a raggiungerne il lato destro in modo tale da poter sbirciare da dietro le tende. Vi erano due uomini giù in strada, uno grosso e robusto ed uno alto e dinoccolato, e poco dietro di loro una carrozza ad attenderli. Il cuore cominciò a batterle forte contro la cassa toracica e si allontanò velocemente dalla finestra, andando a sedersi sul letto. Tick. Un altro sassolino contro il vetro. Il panico iniziò a soffocarla. Sapeva che sarebbe giunto quel momento, era così ovvio. Erano passati quasi più di due mesi da quando era entrata in quella casa e non aveva portato nulla a conclusione. Chiuse gli occhi e prese un bel respiro, perché non poteva mostrarsi debole ai loro occhi, doveva apparire ferma e sicura di sé come sempre. Si cambiò d’abito lentamente, col ticchettio dei sassi che accompagnava i suoi gesti, e poi tirò le tende, dando segno della sua imminente discesa. Aprì la porta con discrezione e guardò fuori. Né Holmes né il dottor Watson si trovavano nella sala da pranzo e lei sperò con tutto il cuore che il detective non si fosse in realtà nascosto e che l’avrebbe poi seguita. O lo voleva? Probabilmente il lasciare gli appartamenti dopo l’ammonizione ricevuta la sera avanti era già un’ammissione di colpa. Uscì in strada e i due uomini la scortarono fino alla carrozza. Il viaggio fu breve, ma il silenzio nel cocchio lo rese di una lunghezza estenuante. Quando si fermarono, Hope dovette trattenersi dal lasciar trapelare dalle labbra un sospiro di sollievo, anche se in realtà stava andando dalla padella nella brace. L’uomo dalla corporatura massiccia, il più anziano dei due, la aiutò a scendere e l’affiancò, mentre il più giovane gli faceva strada. Davanti a loro si ergeva una villa sfarzosa, a cui era possibile arrivare attraverso un ciottolato costeggiato da cespugli di rose. Mentre saliva le scale esterne che portavano alla porta di ingresso, Hope prese la decisione che, se  fosse uscita viva da lì, avrebbe rivelato in qualche modo  a Watson la verità – o quasi – anche se fosse stata costretta ad andare contro il volere di Holmes. La situazione stava precipitando e non poteva permettere che il dottore rimanesse all’oscuro di tutto. Salirono su, per un’immensa scalinata, ed attraversarono lunghi corridoi che la giovane donna ricordava bene. Ad un tratto si fermarono e l’uomo più anziano ordinò all’altro: “Tu aspetta qui con lei.” E sparì in una stanza poco lontano da loro. Il giovane le si avvicinò e la scrutò con i suoi occhi del colore del cielo d’inverno. Rimase in silenzio per un po’, per poi affermare: “Dovrebbe trovare un’alternativa.” [6]
“Avete intenzione di darmela voi?” Rispose lei, alzando lo sguardo su di lui per la prima volta. L’uomo sogghignò e in quell’istante la porta si riaprì.
“Nicholas!” Esclamò l’altro. “Non perder tempo! Portala subito qui!”
Hope si domandò se non avesse dovuto recitare una preghiera mentre attraversava quell’ultima parte del corridoio. Ma quello avrebbe significato accettare la sconfitta. E lei non si dava ancora per vinta.




[5] Dovresti trovare un’alternativa” - Non c’è un vero perché per il fatto che sia in inglese. Ma dato che ho mantenuto i titoli (Miss, Mr, Mrs) e the Man, che viene lasciato per scritto, in inglese, ho pensato fosse giusto farlo anche per questa frase (che tra l’altro mi è venuta subito in mente così ancor prima di decidere xD).
[6] Ebbene sì, è la stessa frase che era scritta nel biglietto nella cassa. La cosa buffa è che per vari motivi ho scritto prima questa scena e non era in programma questo rimando misterioso a un “passato” che non vi avevo ancora mostrato; ma quando mi sono trovata a dover decidere che messaggio farle trovare nel magazzino quello mi è sembrato appropriato.

•••


  
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