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Autore: dissonance    10/05/2013    1 recensioni
«Un pezzo di vetro lo ferì ad una guancia. Scorpius aprì gli occhi che non si era accorto di aver serrato e si guardò attorno. I vetri dei lampadari, delle finestre, degli specchi, erano tutti a terra. Non sapeva che cosa fosse successo, ma fu la prima volta che vide un lampo di paura negli occhi grigi e stanchi del padre.»
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Scorpius Malfoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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«Era Draco Malfoy con moglie e figlio, un cappotto scuro abbottonato fino alla gola. Stava cominciando a stempiarsi, il che enfatizzava il mento appuntito. Il ragazzino gli assomigliava quanto Albus assomigliava ad Harry.»

 

Quello era stato solo l’inizio di una storia che non sarebbe potuta essere prevista nemmeno dal migliore dei profeti, Scorpius Hyperion Malfoy non si sarebbe fatto giocare dalla fama che suo padre aveva lasciato dietro di lui ad Hogwarts, sarebbe stato degno del suo cognome, a differenza della mollezza d’animo del padre. Lo stesso padre che era finito per sposare una donna che nemmeno gli piaceva solamente perché lei era già stata “assegnata” ancor prima che lui entrasse in gioco. Scorpius non aveva la minima intenzione di fare la stessa fine, lui sarebbe stato migliore, era quella la sorte che gli era stata destinata ancora prima della nascita. Draco, infatti, era convinto ancora prima di ingravidare la povera Astoria – inconsapevole del fatto di essere solo ed unicamente un rimpiazzo – che il figlio che avrebbe avuto sarebbe stato la sua copia migliore. Ed era anche convinto che avrebbe dovuto avere un figlio maschio, altrimenti avrebbe seguito le orme di Enrico VIII cambiando moglie con la stessa velocità di come cambiava le mutande, solo per raggiungere il suo scopo di possedere un degno erede. Fortunatamente per Astoria tutto ciò non dovette succedere e il primo ed unico figlio che diede alla luce fu un biondissimo maschietto. Il suo primo nome fu scelto dal nonno, lo stesso nonno che evidentemente seguiva una logica tutta sua nell’assegnare i nomi in base alla creatura più pericolosa che gli passasse per la mente in quel momento. Dopo Draco, ci fu Scorpius. Effettivamente uno scorpione aveva armi più sottili e letali di quelle di un drago: gli sarebbe bastata una piccolissima puntura per poter insinuare lentamente il suo veleno nel sangue di una qualsiasi persona, facendole scivolare la vita via dalle mani, in modo totalmente discreto ma allo stesso tempo doloroso. Le sue vittime si sarebbero ritrovate agonizzanti, pregando di ricevere il colpo di grazia una volta per tutte, quel colpo che sarebbe arrivato solo quando i perseguitati, ormai alla fine della loro misera vita, avrebbero smesso di pregare, arrendendosi alla sorte che gli era capitata di dover sopportare una sofferenza tale. La vita di Scorpius era stata programmata sin dal suo inizio. Appena nato fu prelevato con poca gentilezza dalle braccia della madre, per finire tra quelle di un padre affatto preoccupato dell’affaticamento di quella donna che era riuscito a dargli la sua nuova vita con cui riscattare la propria fama. Ancora non sapeva che il biondissimo figlio non sarebbe stato disposto a rimediare agli errori del padre, ma solo ad instaurare una sorta di culto per la sua figura ad Hogwarts, lasciandosi proprio alle spalle il nome paterno e rendendo il proprio nome la nuova icona da cui prendere esempio. Fino all’età di cinque anni il piccolo Malfoy visse nel maniero di famiglia, circondato da insegnanti privati che cercavano di far scaturire prematuramente in lui quella scintilla che avrebbe decretato la sua appartenenza alla casta dei Maghi. Ma non si poteva forzare il tempo e Scorpius sembrava voler rispettare quella tabella di marcia che qualcuno di più potente di suo padre sembrava aver stabilito per tutti i maghi da diversi secoli ormai. Ed inoltre non riusciva a capire a che cosa gli potesse servire studiare quelle materie che avrebbe poi dovuto affrontare ad Hogwarts e di cui non poteva aver un riscontro pratico dato che non era ancora un mago a tutti gli effetti. Al suo cervello era ancora incomprensibile l’accanimento del padre nel volere che lui conoscesse tutto alla perfezione. Per quanto riguardava sua madre, il rapporto con lei praticamente non esisteva, era semplicemente una sottomessa al volere del marito, che man mano che Scorpius si faceva più potente, diventava sempre più fiacco e debole, quasi come se la forza di uno fosse la debolezza dell’altro. E poi un giorno si arrivò all’esasperazione di entrambi. Immaginatevi un ragazzino viziato, costretto a dover ripetere come una filastrocca tutto ciò che degli insegnanti privati gli avevano insegnato quel giorno al padre. Ed immaginatevi quello stesso resoconto come l’unico contatto umano che i due biondi di famiglia avevano.
 
«Ripetimi ciò che sai sull’Expelliarmus.» Draco ancora si ricordava come quell’incantesimo che poteva sembrare persino banale aveva segnato la fine del Signore Oscuro e la sopravvivenza di Potter. Non avrebbe permesso che suo figlio sottovalutasse quell’incantesimo. 
«No.» Scorpius d’altro canto non voleva continuare a fare quella noiosissima vita, aveva bisogno di uscire da quella casa dai muri di marmo nero, non era un bambino come gli altri, ma aveva gli stessi bisogni che le persone della sua età avevano sempre avuto: uscire, scoprire il mondo, poter toccare con mano quelle stesse piante che aveva studiato, vedere in azione quegli incantesimi tanto nominati nei libri. L’espressione scioccata del padre non gli fece rimangiare quella sillaba, gli era stato insegnato che ritrattare era un’azione da sciocchi, da deboli e lui non voleva assolutamente essere debole. Forse era perfino troppo forte e determinato, Draco non si sarebbe mai aspettato un’opposizione così determinata dal figlio in età così tenera.
«Cosa hai detto?» Scorpius alzò e riabbassò le spalle per un sospiro più marcato degli altri.
«Ho detto che non voglio!» La bacchetta paterna sbucò fuori dal nulla in un lampo, lui pronunciò due semplici sillabe che scatenarono nel bambino un dolore atroce che sembrava non voler terminare, gli si rivoltavano le viscere, gli sembrava quasi come se un gigante gli si fosse seduto sulla testa e stesse cercando di frantumargli il cranio.
«BASTA!»Urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Il dolore finì, ma fu subito seguito da una strana sensazione. Un pezzo di vetro lo ferì ad una guancia. Scorpius aprì gli occhi che non si era accorto di aver serrato e si guardò attorno. I vetri dei lampadari, delle finestre, degli specchi, erano tutti a terra. Non sapeva che cosa fosse successo, ma fu la prima volta che vide un lampo di paura negli occhi grigi e stanchi del padre.
 
 
Nessuno gli parlò o gli spiegò che cosa era successo per diversi giorni dopo l’avvenimento. Erano tutti così restii ad avvicinarlo che dimenticarono persino il suo settimo compleanno, lasciandolo a festeggiare in compagnia solo dei suoi sogni che si facevano sempre più vividi quando rimaneva da solo. Il ribrezzo che provava per il padre si era intensificato in quei giorni, mentre Scorpius desiderava solo fare una vita normale per poi mostrare a tutti quanto valesse solo una volta attraversata la soglia di Hogwarts, il volere del padre era diverso e ciò lo disorientava in un certo senso. Non capiva perché lui volesse che il figlio primeggiasse ancora prima di sapere in quale casata sarebbe stato smistato. La prima a farsi strada nella stanza del figlio fu una timida madre in cerca di un legame che non era ancora andato perduto del tutto. Gli aveva spiegato tutto quello che non gli era stato concesso sapere sino ad allora, come le speranze del padre fossero tutte concentrate su di lui, come lui fosse predestinato per avere una più rosea di quella di Draco, come l’attesa della prima magia involontaria di Scorpius avesse quasi fatto impazzire il padre e di come fosse stato quasi felice quando aveva visto quanto era stata potente la sua prima magia. Sarebbe toccato a lui scegliere se continuare con le lezioni oppure smettere finchè non avesse dovuto frequentare Hogwarts. Scelse di smettere. Per i restanti quattro anni si dilettò nella dolce arte del far niente, dopo tutti quegli anni di conflitti interni si era meritato un po’ di riposo dovuto ad un ragazzino della sua età. Nessuno gli disse più come comportarsi per un po’, tanto che furono quelli gli anni in cui si formò il suo carattere fuori dagli schemi, ribelle solo quel tanto che bastava per opporsi al regime familiare, ma non così tanto da poter essere scambiato per una testa calda come un Grifondoro. Gli era stato sempre inculcato nella mente che la sua casata sarebbe dovuta essere Serpeverde, tanto che ormai provava una sorta di ribrezzo automatico per la casata avversaria. Al compimento del suo undicesimo anno, puntuale come un orologio, arrivò la lettera tanto sospirata che lo invitava a prendere parte a quella grandiosa scuola che era Hogwarts. Era giunto il momento di scoprire se il lavoro e la fatica che erano stati investiti in lui fossero stati sufficienti per ricavarne un figlio degno del suo nome. Se non altro Draco era convinto che il cappello sarebbe stato in parte condizionato dal cognome del giovane ragazzino. Astoria, dal canto suo, mugugnava su quanto antiquato rimaneva quel metodo di consegnare le lettere, dato che ora il salone era disseminato di diverse piume del gufo che aveva fatto da postino. Dopo nemmeno un mese sarebbe cominciata la scuola, così i genitori accompagnarono Scorpius nelle solite compere di rito. Draco sembrava cercare qualcuno con lo sguardo, eppure non c’era nessuno da cercare. Il primo Settembre si diressero tutti e tre come una famiglia unita alla stazione di King’s Cross. Il giovane trattenne appena il sospiro quando il suo carrello attraversò la barriera che l’avrebbe fatto accedere al binario 9 e ¾ ma non successe niente di eclatante. Il suo corpo scivolò agevolmente attraverso il muro e sbucò in una stazione da lui mai vista prima. Ad un certo punto intercettò un brusco saluto del padre in direzione di alcune figure già viste nei libri di storia della magia.
«Ma quello è…»
«Sì, è lui.» Tagliò corto Draco, e Scorpius non proferì più parola finchè non fu il momento di salire sul treno.
«Mi raccomando, devi essere Serpeverde e devi far vedere a quei Mezzosangue quanto vali.» Il ragazzino annuì e dopo un abbraccio di circa mezzo secondo con il padre e con la madre filò sul treno senza voltarsi più indietro.

  
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