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Autore: plateau_    10/05/2013    2 recensioni
Modern!Au, Parigi 2012/2013, liceo. JehanxBahorel, con leggeri accenni a EnjolrasxGrantaire, MariusxCosette, JolyxMusichetta, CombeferrexEponine.
Bahorel, tipico ragazzo che non ha niente da perdere: alcol, risse e ragazze sono il suo pane quotidiano. Jehan, tipico ragazzo che ha tutto e niente: non amici, ma dei fogli bianchi, una penna e un flauto traverso.
Un incontro nel cortile della scuola in una situazione burrascosa; cosa nasce di buono dall'unione di un cardo e un'orchidea?
La storia si sviluppa sulle note del primo cd dei Mumford and Sons, "Sigh no more": un capitolo per ogni canzone.
Spero la storia possa piacervi, malgrado il pairing non sia uno dei più considerati dal fandom... in ogni caso, buona lettura!
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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 “A white blank page and a swelling rage, rage
You did not think when you sent me to the brink, the brink.”
Mumford and Sons, White Blank Page.
Jehan.
 
Osservo la Senna scorrere placida, più in coma etilico che vivo: tanto per cambiare l’assemblea di fine mese è sfociata in un party abusivo con litri di alcol e roba strana; questa volta, e solo questa volta, non ho esitato ad ingurgitare incredibili quantità di tutto quello che mi è stato dato. Perché?
In realtà dovrei chiedermi perché no. Tanto sono maggiorenne da una settimana, posso fare quello che voglio.
In ogni caso, adesso mi trovo seduto su di un muretto, con le gambe a penzoloni nel vuoto e il rumore dell’acqua che scorre piano a riempirmi le orecchie. Non so neanche come ci sono arrivato qui, ma penso che molto probabilmente tornerò a casa strisciando, perché non mi sento neanche più le gambe; ammesso e concesso che mi ricordi come arrivare a casa, dal momento che riesco a stento a vedere le cose che mi circondano.
Non c’è neanche un cane in strada, tranne una coppietta intenta a pomiciare su una panchina a non più di qualche decina di metri da me: tanto peggio per loro, sento che sto per vomitare l’anima, non assisteranno a un bello spettacolo.
Improvvisamente due braccia mi afferrano all’altezza della vita, tirandomi di poco indietro.
«Prouvaire, così finisci di sotto. Ti ricordo che non sai nuotare.»
«C’è una prima volta per tutto. Ho visto genitori lanciare figli in acqua e lasciarli lì da soli fino a quando non hanno iniziato a muoversi e mantenersi a galla; è un qualcosa che funziona tipo trauma. O forse è semplicemente spirito di sopravvivenza?»
«Sì, ma i bambini non sono ubriachi fino all’osso come te.»
«Questo te lo concedo.»
Riconosco a stento la figura sfocata di Courfeyrac che si siede accanto a me, e mi guarda con un misto di divertimento e pietà.
«Ti ha ridotto proprio male, vero?»
“Sì, mi ha ridotto proprio male. Sto cadendo a pezzi. È così semplice da vedere?”
Sospiro, mentre lui si accende una sigaretta.
«Arianna.» Bisbiglio, con la lingua impastata.
«Arianna?»
«Teseo e Arianna, il mito del Minotauro, il filo di Arianna. Si amano, stanno insieme per un po’, poi lui l’abbandona su un’isola e se ne va. Mi sento Arianna.»
Ma Arianna trova Dioniso, si sposa, si dimentica di Teseo e vive felice e contenta.
Ed io? Io non ho nessuno; ma tolto questo, non posso dimenticare. E soprattutto, non voglio.
«Non voglio fare l’insensibile, Jehan, ma sono passati tre mesi. Forse… forse dovresti metterti l’anima in pace. Non sto dicendo che non tornerà – conosco Bahorel da abbastanza tempo per dire che, tempo due settimane, ed è di nuovo qua a prendersi a botte con sconosciuti in tutti i locali di Parigi – ma sto dicendo che dovresti metterci una pietra sopra. Questa cosa ti sta distruggendo, ed è abbastanza palese. Guardati, sembri un barbone.»
«La tua gentilezza e sensibilità non hanno pari, Courf.» Dico, sorridendo.
Qualcosa mi è rimasto, forse. L’unico punto fermo nel mondo sono i ragazzi dell’ABC.
«Lo so, grazie.» Mi risponde, liberando una nuvoletta di fumo nell’aria. La guardo assorto deformarsi e salire, fino a quando non sparisce. «Se volessi parlare… Certo, non sono il massimo visto le mie precedenti e disastrate relazioni, ma… boh, sono qui.»
«Si è portato via tutto, Courf.» Ammetto infine, dopo qualche minuto di silenzio. «E non lo intendo nel modo romantico tipico di una ragazza di quindici anni dopo che la sua cotta da quindici giorni è finita. Lo intendo nel modo… non riesco più a scrivere, a suonare. L’altro giorno ho passato un’ora ad osservare un foglio bianco e… ho tratto una sola conclusione. Non riesco più a scrivere, e sono arrabbiato.
Dove ho sbagliato, Courf? Averlo amato con tutto me stesso è stato forse un errore? Tutti amano, e tutti sono felici: e poi arrivo io; amo, e sono amato. Ma non dura mai.
L’amore dovrebbe essere quella bellissima cosa che ti fa stare bene, e invece guardami: mi sta uccidendo.»
Lui resta in silenzio. Posso capirlo: ammetto che a parti invertite anche io non avrei saputo cosa rispondere. Ma oramai ho preso il volo, e non riesco a smettere di parlare. Sono tre mesi di sentimenti repressi, dopotutto.
«Probabilmente adesso si starà divertendo con qualche sciaquetta inglese da quattro soldi che non lo vuole neanche. Ma io, Courf, l’avrei seguito in capo al mondo, l’avrei seguito in Paradiso e l’avrei seguito all’Inferno. E questo senza fare domande, senza pensare, senza controbattere: perché mi ha fatto sentire una persona nuova, e non mi capita spesso.
Perché è partito, perché se n’è andato? E perché non mi ha detto niente? Avrei potuto capire, avrei… non so cosa fa, dov’è, se sta bene e se è vivo. Per quanto ne so ora, potrebbe essersi beccato una bottiglia nel cranio ed essere da qualche parte in un ospedale. Potrebbe star finendo sotto un tram in questo preciso istante mentre noi siamo qui a parlare, ed io non lo saprei–» Con mia grande sorpresa, mi s’incrina la voce.
Ed ecco il corpo che mostra le sue debolezze. Non sono mai stato bravo a reprimere le mie emozioni.
«Stai piangendo?» La voce di Courfeyrac mi trapassa da lato a lato, provocandomi una fitta dolorosissima alla testa: domani avrò il peggiore post-sbornia di sempre.
Mi tocco con la punta delle dita la guancia, e noto che è bagnata. Sto piangendo davvero, e sono così fatto che neanche me ne accorgo.
Qualche secondo dopo sto singhiozzando incontrollabilmente, con la testa sulla spalla del moro che, colto di sopresa, non può far altro che stringermi goffamente a sé.
«È okay crollare ogni tanto, Jehan.» Mi dice, mentre scuoto piano la testa fra un singhiozzo e l’altro. «È okay piangere. Ma ti prometto che appena lo rivedo, non importa quale siano le motivazioni della sua fuga e chi proverà a fermarmi, gli spacco il naso a suon di pugni. Affare fatto?»
Mi lascio scappare un sorriso, mentre tutto inizia ad essere distante e ovattato. «Va bene Courf. Meno male che ci sei tu.»
Dopodiché, il buio. Non ricordo più nulla di quella sera.
  
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