Veleno
Un
bacio al
veleno potrebbe ucciderlo e Kagami ne è perfettamente conscio, mentre
assaggia
quelle labbra appena salate per il sudore.
Per un istante, osa un paragone azzardato e si vede simile a Giuda
Iscariota:
condannare un uomo sfiorandone la bocca è malvagio, perverso, diabolico.
Ma lo desidera.
E forse questo è l'imperativo di ogni sua azione: agognare quel
contatto,
combattere non solo per averlo, ma anche per prenderne le redini e
trattenerlo
a sé.
Godere di un calore che si estingue in un respiro, in un tentennamento
che dura
un istante di troppo.
Gli occhi di Aomine sono fissi sui suoi e Taiga potrebbe paragonarli a
trappole
oscure: improvvisamente, è lui la bestia che si agita e ringhia e lecca
via il
sangue dalle ferite sulle zampe incatenate.
Ora basterebbe un collare per tenerlo buono, uno di quelli che possono
essere
stretti fino alla perdita di coscienza, uno di quelli che tolgono il
respiro e
rendono mansueti anche i cani più testardi.
Daiki ride.
La creaturina di fronte a lui cerca
le sue labbra schiuse -per morderle e magari strapparle-, ma deve
accontentarsi
del suo pene, che lecca ed accoglie in bocca con la voracità di chi ha
fame -però
le zampe grandi e forti palpano le natiche di Aomine, vi si aggrappano
e ne
percorrono il solco alla ricerca dell'orifizio.
Sono azioni cieche, dettate da un istinto primordiale che nessuno dei
due
giovani riuscirebbe a definire: semplicemente, Kagami vuole tutto da
Aomine.
Ogni singolo lembo di pelle, ogni singolo odore e sapore che si posa
sul suo
corpo -e succhia, succhia compiaciuto, mentre l'orgasmo del compagno si
perde
nella sua bocca.
D'altra parte, per Aomine non esiste nulla di più meraviglioso di
quelle mani
che tastano ed apprezzano la sua
essenza.
Il suo ego ne viene nutrito e di certo tutte quelle attenzioni non
rappresentano
una buona cura alla sua galoppante megalomania; ma, oh,
quanto lo eccitano.
È tutto ciò che gli serve per apprezzare ed aspettare ed addirittura
tollerare
quel dannato bastardo di Kagami.
Taiga che gli grida contro -che grida
sotto di lui-, che si infuria -che
lo
blocca ad una parete per un bacio che sembra più un pugno ed un meschino tradimento.
Ma alla fine non è altro che un gioco.
Un rincorrersi crudele, un continuo uccidersi
tocco dopo tocco -occhi gonfi, occhi neri, nocche che fanno male,
eppure su quelle
labbra si possono leggere la perdizione e la bramosia di uno sfiorarsi
mefitico.
È un malato compiacimento bestiale, e sarebbe estrememante
stupido rispondere ad un istinto che sa di sesso -ma è
un circolo vizioso e c'è solo la voglia di sparire, di perdersi in un
altrui
corpo che sappia stringerti, sappia assorbirti e darti l'illusione
d'esser
venuto al mondo alla giusta maniera:
"Ne
ho abbastanza..."
"Allora non negarmi un'ultima cena sulle tue labbra."
*Owari*
Ispirazione
del momento
-cosa da cogliere al volo!-, l'AoKaga Day che volge al termine, un
pizzico di
PWP ed ecco questa piccola fic nonsense messa giù per il solo piacere
di
scrivere! ^^
Grazie
in anticipo per le eventuali recensioni e letture!
Un
bacio!
Iria.