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Autore: irene862    10/05/2013    0 recensioni
INTERROTTA - IN FASE DI REVISIONE
Sookie (Sara) è adottata, ancora in fasce, dai vampiri Godric ed Eric. Questa è la storia dei suoi poteri, della sua crescita (da bambina neonata a giovane ragazza 27enne) e dell'evolversi del rapporto tra i tre con la creazione di legami molto profondi.
Dal 3° Capitolo:
"Le fate, come ben saprai sono creature leggendarie ormai diffuse in tutto il mondo ma ho trovato figure mitologiche affini nei racconti medievali dell’Europa dell’est. Vi sono moltissimi miti sull’ origine di queste creature. Alcuni racconti parlano di un piccolo popolo, di fate che hanno avuto contatti con la razza umana altri racconti si riferiscono a loro chiamandoli fairies, per loro il contatto con gli umani è proibito. La durata di vita di queste creature è incredibilmente lunga, sono dotate di doti particolari legate alla creatività o doti intellettive superiori. La loro indole è buona, certo questo non per tutti gli esemplari. Caratterialmente sono vanitose ed un poco egocentriche e fortemente permalose.”
“Ma questa è Sara!” esclamò Eric colpito “Lei è vanitosa, permalosa e adora che il mondo le giri intorno! Lei è buona e allegra!”
“E incredibilmente sveglia e intelligente” gli fece eco Godric con un sorriso sereno
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric Northman, Godric, Sookie Stackhouse
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4° Capitolo

4° Capitolo Una vita per una vita

 

https://www.youtube.com/watch?v=iMyo8I8AKmY

 

La sofferenza di quella donna le arrivò al cervello veloce ed improvvisa come un fulmine. Non se lo aspettava e inizialmente non seppe cosa fare, come reagire.

E forse furono la sua essenza e il suo potere ad agire per lei.

Sapeva solo di dover trovare la fonte di quel malessere e mettervi fine perché non poteva accettare che quella signora fosse scossa da un dolore così straziante.

In fretta si fiondò giù per le scale e arrivò davanti alla porta. Sapeva bene che sarebbe stata chiusa, così si sollevò sulle punte e si attaccò al solido e grosso pomello tentando di farlo scattare; se ci fosse riuscita la porta si sarebbe aperta.

Eravamo in salotto, Godric ed io, a discutere quando quel piccolo vulcano irruppe nella stanza cominciando a ciarlare velocemente.

Ricordo ancora le esatte parole…

 

“Dobbiamo raggiungerla perché sta male” cominciò a spiegare lei  “E’ qui vicino … la sento bene” continuò per poi ingarbugliandosi con le parole, come al solito  “Dovrebbero aiutarla perché penso che stia piangendo per qualcuno di piccolo!”

“Non si è capito un accidenti, Sara” la interruppi scocciato  “Spiegati meglio!”

“E’ molto triste papi … ti prego, aiutiamola” replicò lei rivolta verso Godric, che le stava di fronte, senza considerare minimamente le mie parole o la mia presenza

Godric continuava a fissarla insistentemente senza parlare poi, dopo un breve assenso del capo, le porse la mano

“Dove si trova?”

 

Sorrise raggiante e gli buttò le braccia la collo. Lui la prese in braccio e seguendo le sue dettagliate istruzioni raggiungemmo un piccolo cimitero, sul limitare della città. Da sempre ed ogni volta che cambiavamo città, sceglievamo un’abitazione ai margini del paesino, in modo da non dare nell’occhio.

Sara si fece rimettere a terra e seguendo le onde celebrali della donna, la raggiunse. Quella se ne stava inginocchiata, con in mano una piccola rosa bianca, di fronte ad una lapide collocata da poco; la terra era scossa e ancora soffice quindi il trapasso era recente.

 

“Odore di sangue” sussurrai annusando l’aria e, prendendo per mano Sara, l’avvicinai a me  “Restami vicino” le sussurrai all’orecchio

“Ho paura” mi rispose con lo stesso tono basso mentre mi si stringeva più addosso  “E’ tutto buio”

“Sara” richiamò la sua attenzione Godric  “E’ lei?” domandò volgendo lo sguardo attento verso la donna inginocchiata che ancora non aveva scorto la loro presenza

“Si. Vedo un bimbo piccolo” riferì lei sottovoce

 

Quelle immagini avrebbero continuato a vorticare per il cervello di Sara per molto tempo. Quella donna non faceva altro che rimanere aggrappata a ricordi ed immagini ben precise. E Sara, quasi fosse una radio sintonizzata sulla mente di quella donna, vedeva e sentiva ogni cosa. Volle avvicinarsi a lei così fui costretto a seguirla.

“Stai bene, signora?” le domandò abbassandosi e avvicinandosi a lei

Vidi la doona sorriderle ed annuire in risposta poi la sua mano si sollevò e si avvicinò alla soffice guancia della mia Sara.

“Non toccarla” ringhiai bloccandole con forza il suo braccio

La donna sgranò gli occhi, che presto andarono a riempirsi di lacrime, ma annuì.

 

Sara allungò incautamente una manina verso le vesti della donna e si accorse che perdeva sangue. Si era sparata allo stomaco ed ora non faceva altro che aspettar di morire.

“Ti sei fatta male?” domandò ancora toccandole, questa volta, le mani piene di graffi “Perché ti esce sangue?”

 

Gloria entrò nella nostra vita da quella sera. Naturalmente non come umana, era davvero troppo tardi per riuscire a fare qualcosa per lei. Fu salvata da Godric perché fu la prima umana che riuscì a toccare Sara senza farle male.

Fu la prima e rimase l’unica per molto tempo forse proprio perché stava ormai morendo…

Il fenomeno, legato al contatto tra Sara ed un umano, quindi la sofferenza e ustione della pelle, era qualcosa che mi aveva sempre affascinato. Né io né Godric riuscimmo mai a capire cosa lo provocasse anche perché la madre biologica di Sara, nonostante le sue origini e le sue conoscenze occulte, era sempre stata umana.

Con il progredire dell’evoluzione di Sara, però, quel particolare fenomeno diminuì e scomparve del tutto intorno al suo diciannovesimo anno di età. Questo però lo seppi solo molto tempo dopo perchè fu lei stessa a riferircelo.

 

 

 

 

Dall’età di dieci anni, la crescita di Sara si velocizzò.

Sino a quel momento ogni circa nove o dieci anni Sara ne compiva uno mentre ora ne passavano appena quattro o cinque. Il legame tra lei e Gloria era maturato di giorno in giorno; l’una felice per l’arrivo di una figura femminile che potesse fungerle da mamma mentre l’altra, prima la malattia poi la prematura morte del figlio l’avevano spinta sull’orlo della depressione e poi del suicidio, quindi fare la mamma era un sogno che si realizzava.

E forse fu proprio questo che spinse me e Godric ad allontanarci.

Affidammo Sara, ormai quattordicenne, a Gloria mentre io e Godric iniziammo a viaggiare. Allontanarci da lei, dalla nostra bambina, era stato penoso e non vederla per più di vent’anni fu molto duro.

Gloria decise di non lasciare mai la Francia ma cambiavano molto spesso cittadina, spostandosi per tutto il paese. Ci teneva costantemente informati su tutto: sui loro spostamenti, sulla vita e i cambiamenti che avvenivano in Sara, sui suoi doni. Per quanto mi riguarda domandavo più di lei e del suo quotidiano che dei suoi poteri.

Passavamo molte ore al telefono, io e Sara. Le chiedevo spesso di raccontarmi le sue giornate, di come andasse con la lingua francese, della sua golosa ossessione per le fragole. Lei, invece, mi faceva un mucchio di domande sui miei viaggi, sulle città che visitavo o in cui sostavo.

Era sempre stata curiosa.

I poteri di Sara crescevano e spesso lei ne era spaventata; da questo punto di vista Gloria l’aiutava moltissimo. Conosceva la sua natura ed esattamente come me e Godric, sapeva di cosa fosse capace. Quindi a fasi alterne la consolava o la incitava, la vezzeggiava e l’adulava, l’amava e la coccolava … nel modo giusto e al momento giusto. Proprio come avrebbe fatto una madre. La istruiva ed le insegnava a sfruttare al meglio e correttamente le sue doti facendola diventare, come spesso mi diceva al telefono, ogni giorno più speciale.

 

 


POV Sara

I sogni diventarono sempre più frequenti ma impiegai lo stesso molto tempo prima di riuscire a capire cosa quella donna dicesse o cosa volesse comunicarmi. Mi disse di chiamarsi Saphira e di essere mia madre. Quella rivelazione ebbe il potere di colpirmi profondamente e fu per questo che non lo raccontai subito a Gloria.

So, con assoluta certezza, che mi avrebbe aiutato e sostenuto al meglio, lasciandomi libera di pensare e agire come meglio credevo eppure volli tenerlo, almeno all’inizio, per me sola.

Con il tempo, e l’aiuto di un buon dizionario, compresi quale fosse la lingua che parlava mia madre: la lingua romena. Una lingua romanza balcanica di difficile comprensione, appartenente al gruppo indoeuropeo, adottata in Romania, Moldavia, Serbia, Bulgaria, Russia, Ucraina e Ungheria.

Saphira, nei miei sogni, appariva sempre come una bellissima e giovane donna con incredibili occhi azzurro cielo, anche se di una tonalità più chiara dei miei. Mi raccontò molto di lei e della sua famiglia, dei miei nonni quindi. Mi raccontò di come e quando aveva conosciuto mio padre e di come se n’era innamorata.

Nei miei sogni, eravamo sempre circondate da un lussureggiante e rigoglioso giardino floreale. L’erba verde mi accarezzava i piedi e solleticava le mie caviglie mentre il delicato profumo dei fiori lambiva dolcemente il mio olfatto.

I nostri incontri mi erano così graditi che ben presto mi abituai ad incontrarla nei miei sogni. Mi sentivo speciale e fortunata come poche perché pur non avendola conosciuta in vita avevo la possibilità di viverla. Ogni volta, mi raccontava aneddoti e storie diverse; mi intratteneva parlandomi della mia natura, di cosa ero e di quali doni avevo e avrei sviluppato, in futuro. Ed io mi sentivo bene, sentivo finalmente di appartenere a qualcuno, di far parte di qualcosa di reale e tangibile.

Dopo qualche mese, però, gli incontri si fecero più diradati ed in uno degli ultimi conobbi anche mio padre. Era di una bellezza davvero sfolgorante ed io gli assomigliavo davvero moltissimo. Il colore dei miei amatissimi capelli era uguale al suo, di un biondo luminoso, così come il colore degli occhi ed alcuni tratti del viso. Gli assomigliavo in maniera incredibile.

Mi confidarono che il mio primo nome era Sookie e che si trattava di un nome molto diffuso e di una certa importanza tra le fate. Nell’ultimo incontro, parlammo davvero molto ed io raccontai loro tutto di me, di dove vivevo o di come trascorrevo le mie giornate. I loro sguardi e il tono della loro voce mi trasmisero sensazioni così dolci e amorevoli da farmi lacrimare il cuore.

Sentivo che quello sarebbe stato il nostro ultimo randez-vous.

Mi dissero di non amare molto la razza dei vampiri tuttavia si dimostrarono soddisfatti quando raccontai di Godric, Eric e Gloria e di cosa e quanto loro avessero fatto per me. Gli spiegai di come, questi tre vampiri, mi avessero protetta ed accudita per tutti questi anni, di quanti sacrifici e pericoli avessero corso a causa mia. Io provavo dell’affetto incondizionato per loro e questo anche se ne conoscevo la natura cruenta e sanguinaria. A questo proposito mio padre mi pregò di stare attenta e di prestare molta attenzione, di non fidarmi troppo delle creature di quella specie perché, mi spiegò, si trattava di esseri oscure molto pericolosi per gli esseri fatati. La causa era imputabile all’aroma del sangue di quest’ultimi che sembrava essere irresistibile per i vampiri. Molte fate, infatti, erano state “succhiate a morte” dai vampiri.

Mi salutarono, baciandomi dolcemente la guancia e quella fu l’ultima volta che li vidi.

Raccontai tutto, a Gloria, ma solo molto tempo dopo.

Lei, con il tempo, era diventata una figura essenziale; per la mia crescita, per il mio sviluppo intellettivo ed emotivo. Grazie a lei conobbi la compassione, la generosità e l’altruismo; concetti che fino ad allora, con Godric ed Eric, non avevo compreso appieno. Riuscì a capire e a percepire al meglio emozioni quali il dolore della perdita, la paura, l’ansia o il panico. Riuscì a scindere concetti quali sentimenti, emozioni e passioni differenziandoli all’interno delle menti degli esseri umani, con il quale entravo in contatto.

La telepatia, capacità di cui ero dotata, si era dimostrata in molti casi un dono prezioso. Più volte ero riuscita ad agevolare la mia famiglia e persino me stessa, grazie ad essa. Ma non era affatto facile da gestire. Questa mia intrusione mentale mi provocava spesso fastidiosi mal di testa ed interferiva, pesantemente, nella rete sociale di conoscenze ed amicizie. Eppure, con l’aiuto di Gloria ero riuscita, con il tempo, a creare degli scudi mentali che mi impedissero di star male o di risultare strana o sgradita agli altri.

La normalità era un lusso per me. La desideravo con intensità pari al desiderio d’acqua di un assetato nel deserto.

Forse fu proprio a causa di tutte queste precauzioni che non riuscì a decifrare interamente i pensieri mentali di Luis, un umano innamorato di Gloria e di cui lei si innamorò a sua volta.

Fu a causa sua, a causa di Luis, che Gloria morì. Si svolse tutto così velocemente ai miei occhi che non riuscì a comprendere subito cosa fosse accaduto. Quando lo vidi ferire a morte, Gloria, e poi scappare … beh, solo allora compresi.

Le immagini di quella notte sono ancora confuse e deboli eppure…

 

Era notte e stavamo percorrendo, a ritroso, la strada che sempre imboccavamo quando uscivamo. Non percepì emozioni o sensazioni particolari, ero tranquilla e rilassata ed un momento dopo gridavo cercando aiuto, preda di forti singhiozzi. Subito dopo l’attacco, quella notte, non riuscì a fare altro se non ascoltare attentamente ed ubbidire ciecamente alle istruzioni che Gloria, con voce pacata ma affaticata, mi dettava.

Non la lasciai andare e quando si accasciò a terra la seguì, reggendole il capo sulle gambe. Ero immobilizzata dalla paura e dallo sgomento perché prima di allora non avevo mai conosciuto la paura della perdita e il dolore dell’abbandono. Nessuno mi aveva preparata a questo ed io mi sentivo andare in pezzi. Nessun collante mi teneva unita mentre, immersa in una pozza di sangue, suo e del suo Luis, Gloria mi prese la mano iniziando a parlare

“Sookie, devi trovare Godric” le parole venivano fuori a fatica “Parti subito, non indugiare”

“Oh, Gloria … come faccio… non posso lasciarti qui …” sussurrai in risposta con gli occhi pieni di lacrime

“Devi tesoro. Non … non c’è altra soluzione” cominciò a sputare sangue dalla bocca ed io mugolai come se la ferita fossi io

“Trova Godric. Con lui sarai al sicuro. Vai … ora”

“Sei ferita … non voglio lasciarti…” singhiozzai ancora, abbassandomi ad abbracciarla stretta

Lei ricambiò l’abbraccio baciandomi con dolcezza materna una guancia

“Ora fai come ti ho detto, Sookie. Devi andare via di qui perché … è pericoloso. Trova Godric e raccontagli tutto questo. Lui saprà cosa fare.”

Scossi la testa, continuando a piangere a dirotto. Avevo il cuore spezzato e non riuscivo a fare altro se non rimanere immobile ed aspettare che parlasse di nuovo

“Morirai… se non ti aiuto morirai… io non voglio Gloria… ti prego non morire”

“Ti voglio tanto bene, bambina mia. Ti ho amato moltissimo e sono così orgogliosa di te e di quello che sei. Non aver paura … ti ho insegnato ad essere forte!”

Annuì tirando su con il naso e scacciando le lacrime con le mani sporche del suo sangue

“Ora vai. Non c’è più tempo. Parti subito … corri”

E così feci. Mi alzai, le diedi un’ultima carezza e cominciai a correre. Mi voltai un’unica volta indietro e, da lontano, la vidi guardarmi un’ultima volta. Poi il sangue la soffocò del tutto … e per sempre.

Con la morte nel cuore e il dolore negli occhi, mi fiondai a casa. Una doccia veloce, un bagaglio leggero, soldi, telefono e scappai da quella casa per sempre.

 

Purtroppo non riuscì a rintracciare Godric ma fu capace di scovare Eric. Presi tutto e mi affrettai all’aeroporto.

  
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