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Autore: boobearandhiscurly    11/05/2013    3 recensioni
"Harry aveva capito che c'era qualcosa di strano in quella casa all'età di 5 anni quando, dopo aver distrattamente lanciato il pallone da calcio con cui lui e sua sorella stavano giocando nel giardino di fronte, era corso allegramente a riprenderselo. Non ci sarebbe dovuto essere nessuno in casa Tomlinson, a quell'ora. Eppure, quando aveva raccolto la palla e aveva gettato uno sguardo furtivo verso l'ampia vetrata al piano terra della abitazione, giurava di aver visto un piccolo viso rotordo e due occhi color sangue nascosti tra le pieghe delle grandi tende nere.
I Tomlinson non avevano figli.
O almeno questo era quello che tutti credevano."
Genere: Fluff, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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                                                                                                                                     Chapter 1.
 
 
 
Un colpo.
Due colpi.
Tre colpi.
Poi silenzio.
 
Harry si era svegliato di soprassalto, il sudore a perlare la sua pelle leggermente abbronzata. Di nuovo.
Era la sesta volta, quella, in cui lo stesso sogno lo svegliava nel bel mezzo della notte per poi lasciarlo lì, stanco, a cercare di ricomporre i pezzi.
Un corridoio lungo,quasi infinito, pareti strette, nere come la pece. E una porta in lontananza di un vivido colore scarlatto. Prima un colpo, poi un altro. Poi l'ultimo e tutto cadeva in un silenzio stridente.
Ed Harry, a quel punto, si svegliava sempre.
 
Con estrema lentezza, la stessa che a parer di Liam, il suo migliore amico, caratterizzava il suo melenso modo di parlare, si stiracchiò sotto le coperte, facendosi strada tra esse con il braccio per recuperare la piccola sveglia digitare appoggiata scompostamente sul comodino.
Segnava le tre del mattino.
Stordito dalla luce intermittente che l'aggeggio gli aveva lanciato in faccia, si lasciò sprofondare pesantemente sul cuscino, sorridendo amaramente tra sé e sé nel constatare come, proprio allo stesso modo dei cinque giorni precedenti, l'ora sul display fosse esattamente la stessa.
Strinse forte gli occhi, come a voler scacciare il pensiero che qualcosa o qualcuno, da qualche parte, dovesse essergli profondamente avverso; non aveva mai avuto problemi d'insonnia, era sempre stato uno sfaticato incallito e forse dormire era una delle poche, pochissime cose che gli erano sempre riuscite bene.
Inspira, espira.
 
 
La pioggia stava battendo insistente sul vetro leggermente appannato della sua stanza quando la voce di sua madre irruppe all'interno, un'ombra di vago fastidio nel suo tono.
"Tesoro, sei in ritardo.." Sua madre, Anne, era un po' così: non si arrabbiava  per davvero quasi mai, ma aveva alcuni trucchetti per fare sentire lui e sua sorella, Gemma, in colpa. 'Tesoro', 'Piccolo', 'Scricciolo', all'apparenza nomignoli affettuosi, erano solo alcuni dei suoi stratagemmi, come se con questi volesse fargli notare come, a diciannove anni appena compiuti, fosse ancora totalmente alle sue dipendenze.
"Mmh" grugnì il riccio, ancora troppo assonnato per essere pronto ad alzarsi.
Quella notte, come le precedenti, l'aveva passata sveglio, non riuscendo a recuperare il sonno dopo quel bizzarro sogno. 
 
Cosa diavolo c'è dietro a quella porta?
 
A malincuore si scostò le coperte di dosso, abbandonando almeno per quella mattina la bolla di calore e confort che avrebbe dovuto cullare i suoi sogni. Strisciò fino al bagno, specchiandosi nel tragitto nel grande specchio che rivestiva l'anta scorrevole del guardaroba.
Non era esattamente un bello spettacolo, pensò. I capelli arruffati ad appiattiti dal sudore della notte appena trascorsa, gli occhi rossi e contornati da due aloni violacei nella parte inferiore, la maglietta stropicciata che oramai aderiva ai muscoli appena accennati del suo petto.  Mormorando a se stesso un flebile ed assonnato 'come ti sei ridotto, Styles?' raggiunse finalmente il bagno, regalandosi una lunga doccia ristoratrice che, appena fu lavato e vestito, si pentì di aver fatto. Era in ritardo persino per essere in ritardo. E fuori pioveva, e la macchina era dal meccanico -maledetto me e quella volta in cui ho permesso a Zayn di provarla.
Di corsa si lanciò sulle scale, arrivando dopo pochi scalini -ne aveva saltati la metà- al piano terra, e si precipitò frettolosamente in cucina, dove una Anne intenta a leggere il giornale era pronta a regalargli il suo miglior sorriso. Harry avrebbe davvero voluto risponderle allo stesso modo, dedicandole un sorriso completo di denti di fuori e fossette sulle guancie, ma l'unica cosa che gli uscì fu un lungo e profondo sbadiglio.
Con una mossa veloce si fiondò sulla sua colazione, bevendo un po’ di spremuta d'arancia e ficcandosi un toast imburrato in bocca. Deglutendo a fatica si avviò verso la porta, prese il suo giubbotto da dove l'aveva lasciato la sera precedente ed era sul punto di aprire il portone quando la voce di sua madre, la cui figura ora si era spostata sulla soglia della porta della cucina, lo richiamò.
"Non ci stiamo dimenticando qualcosa, signorino?" ' Quando diavolo la smetterà di essere così......materna?'  pensò, alzando gli occhi al cielo e girandosi. A passo svelto la raggiunse e, prima che questa potesse sfoderare il suo sorrisetto vittorioso, si abbassò in sua direzione e le schioccò un sonoro bacio sulla guancia.
"Così va meglio, davvero davvero meglio. E...Harry, prima di uscire allacciati la scarpa. Non vorrei che il mio piccolino si faccia male." lo apostrofò divertita lei, solleticandogli il mento con l'indice.
Roteando gli occhi per la seconda volta in quella mattinata, il riccio le voltò le spalle e corse fuori di casa.
Si sedette sul dondolo sotto al porticato e, scimmiottando di tanto in tanto la madre con frasi come 'Non vorrei che il mio piccolino si faccia male', 'Piccolo di qua, piccolo di là', si allacciò la scarpa destra. Nel sollevare il viso, inevitabilmente, il suo sguardo ricadde sull'abitazione di fronte, la pioggia scrosciante a renderne ancora più inquietante il profilo.
 
Un brivido si propagò per tutta la sua schiena.
 
Non che avesse qualcosa contro i Tomlinson, s'intenda. Solo erano un po'...strani? Esatto, forse 'strani' era la parola adatta per descrivere quei due. Marito e moglie, Logan e Johanna, in 13 anni dal loro trasferimento non avevano mai stretto nessun rapporto di vicinato che andasse oltre al rispettare i confini del giardino senza invadere quello dei Medison e al tenere in ordine il loro vialetto.
Un sacco di volte sua madre li aveva invitati per un the, o semplicemente per due chiacchiere, ed altrettante volte loro -con un sorriso che gli era sempre sembrato abbastanza inquietante- avevano declinato l'offerta accennando a chissà quali impegni fuori città. 
Ma c'era da aspettarselo, i Tomlinson non erano quasi mai a casa. Li vedeva rare volte, a pensarci bene. Rientravano davvero tardi la sera.
Che poi, pensò, nemmeno lui sarebbe tornato di corsa a casa se la sua fosse stata come quella dei suoi vicini. Era bella, questo era innegabile, ma metteva letteralmente i brividi. Dallo stile elegante e raffinato, il bianco di cui era pitturata incuteva una certa e non trascurabile inquietudine. Per non parlare, poi, del grande portone nero. Tetro.
 
Cercò di distogliere lo sguardo ma si accorse presto di come questa attraesse i suoi occhi come fosse una calamita. Senza nemmeno accorgersene si alzò e con sguardo vacuo, ancora incastrato tra gli infissi dell'edificio di fronte, scese gli scalini del portico, la pioggia fitta a bagnargli i capelli.
Fu un attimo, prima che una sensazione sgradevole gli esplodesse all'altezza dello stomaco, infiammandogli la pelle.
Si sentiva osservato.
 
'Ma una casa non ha occhi propri, come può farti sentire osservato se dentro non c'è nessuno?' si ripeté, avviandosi a passo spedito sul marciapiede verso scuola e stando attento a non finire dentro a qualche pozza.
Una macchina nera, grande, gli si accostò proprio girato l'angolo e, quando se ne accorse, Harry ebbe un tuffo al cuore. Un terrore inspiegabile gli rese molli le gambe, mentre la testa cominciava a vorticargli pericolosamente. Si sentì cadere, ma il rumore del suo corpo che toccava bruscamente l'asfalto non arrivò mai alle sue orecchie. Due braccia forti lo sostenevano ed un odore che conosceva gli invase le narici.
Liam?
 
 
 
Harry non poteva saperlo ma, in quel preciso istante, nelle viscere della casa di fronte alla sua, qualcosa cominciò a sbattere con forza contro alla porta dello scantinato.
Un colpo.
Due colpi.
Tre colpi.
Poi, silenzio.
 



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ECCHIME!
Premetto dicendo che questa è la mia prima, reale, seria, impegnativa long dopo una serie infinita di OS. 
Dunque dunque dunque, spero che come first chapter sia abbastanza "intrippante" e vi abbia messo voglia di aspettare il prossimo aggiornamento (che sarà tra una settimana super precisa, dato che in teoria -come in pratica- il secondo è già pronto e non aspetta altro che essere pubblicato).
Fatemi sapere che ne pensate, perchè ho grandi progetti per questa long (?)
Have a nice day dolls :)
  
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