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Autore: cup of tea    12/05/2013    1 recensioni
[Endgame!Klaine]
Blaine Devon Anderson, promettente neolaureato in medicina, ha di fronte a sé una brillante carriera ma si è sempre sentito una persona particolarmente sola. Dopo aver incontrato quello che sente essere l’amore della sua vita, scopre che strane circostanze e inquietanti personaggi armati di agende e cappelli eleganti tramano per tenerlo lontano da Kurt e impedire il loro rapporto.
Cosa devi fare quando il destino ti è contro?
FF liberamente tratta dal film "I Guardiani del Destino" (The Adjustment Bureau) basato a sua volta su un racconto di Philip K. Dick, "Squadra riparazioni".
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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THIS TIME WE’LL SHOW THEM ALL HOW MUCH WE MEAN
Capitolo 5

 



 

“Tu devi essere la piccola Daisy, non è così?” Disse Blaine guardando la cartella clinica dell’esile bimba sdraiata sul letto davanti a lui.

La bimba annuì timidamente.

“Bene Daisy, come ti senti? Mi hanno detto che sei stata bravissima poco fa.” Daisy aveva solo sette anni, ma era riuscita a sopravvivere a un grave incidente d’auto avvenuto mesi prima. La data sulla cartella indicava il nove novembre, quindi il primo intervento a cui l’avevano sottoposta risaliva al periodo di prova di Blaine, e proprio perché all’epoca lui firmava solo le ricette per conto di Schuester, non l’aveva mai incontrata fino a quel momento. L’esplosione di cui era rimasta vittima le aveva causato pesanti ustioni lungo tutto il braccio sinistro, ora ancora fasciato nonostante fosse passato parecchio tempo dall’operazione. A quell’epoca il trapianto del tessuto cutaneo era avvenuto con successo, ma poi qualcosa era andato storto durante il periodo di convalescenza a casa e ora si trovava di nuovo in quel letto d’ospedale, reduce dalla sala operatoria per la seconda volta.

Ormai Blaine non era più nuovo al contatto con bambini che si trovavano – chi più, chi meno – nelle stesse condizioni di Daisy, ma non si era ancora abituato alla forza che tutti quei piccoli dimostravano nell’affrontare la vita.

Daisy aveva due grandi occhioni castani, in quel momento ancora lucidi per l’anestesia appena smaltita. Sembrava spaventata ma si rilassò quando Blaine le sorrise, intenerito dalla sua espressione confusa.

“Bene” rispose piano la bimba, e Blaine le sorrise nuovamente.

Sul comodino c’erano un paio di fogli colorati con i pastelli a cera. Daisy doveva avere disegnato fino a poco prima di essere preparata per l’operazione.

Si sedette su un lato del letto, accanto a lei, e le si avvicinò con fare cospiratorio.

“Sai cosa dicono i dottori?”

”Cosa?” chiese lei, curiosa.

“Shhh è un segreto, mi raccomando! Dicono che sei un’artista. Dicono i tuoi disegni sono i più belli che abbiano mai visto. E dicono anche che sei la bimba più forte che abbiano mai incontrato.”

Daisy era bellissima con le guance arrossite. Strinse il suo orsacchiotto con il braccio sano e sorrise orgogliosa e timida.

“Posso vederli?” Le chiese poi, indicando i fogli.

La bimba annuì e Blaine li prese con delicatezza.
Un disegno rappresentava una casa, su una spiaggia. L’altro ritraeva una famiglia, presumibilmente la sua. Una bambina dai capelli lisci e scuri con un orsacchiotto sulle spalle teneva per mano una donna con gli stessi suoi tratti e un uomo con qualcosa che assomigliava a una chitarra. A Blaine si strinse il cuore. Daisy aveva perso suo padre in quel maledetto incidente d’auto, perché per proteggerla dalle fiamme prima dell’arrivo dei soccorsi le aveva fatto da scudo. Lui era morto prima di arrivare in ospedale, ma lei era sopravvissuta cavandosela con “solo” qualche ustione sul braccio. Nel disegno, sopra alla figura del papà, si leggeva chiaramente la scritta “Il mio eroe” e, viste le note musicali stilizzate disegnate accanto a lui, sembrava cantare.

“Ma papà! Non è giusto! Perché non posso andarci anch’io come i miei compagni?! Studierò appena torno a casa!”
“Non usare quel tono petulante con me, signorino! Hai un test lunedì, non devi perdere tempo, quindi non andrai a cantare in quella casa di riposo con quegli scansafatiche dei tuoi compagni. Punto e basta.”
“Ma papà…”
“Niente ma, Blaine.”
“Io ti odio…”

Impedì a una lacrima di scendere sulla guancia guardando verso il soffitto cercando di non far trasparire il suo stato d’animo. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva parlato con i suoi? Per quanto fossero opprimenti gli volevano bene e lui li stava palesemente evitando. Che figlio degenere era? Se aveva la possibilità di aiutare Daisy lo doveva anche a loro. Si promise di chiamarli presto: doveva farlo in segno di rispetto per Daisy, che non avrebbe avuto più possibilità di parlare con suo padre, doveva farlo in segno di rispetto per i suoi genitori che avevano solo e sempre voluto il meglio per lui – nonostante i modi fossero sbagliati, ma soprattutto doveva farlo per sé stesso: per tutto quel tempo si era nascosto, mostrando al mondo un Blaine che non esisteva. Stava imparando ad alzare la testa e lo avrebbe fatto anche con loro. Avrebbe raccontato del lavoro, delle sue vere passioni… e avrebbe raccontato di Kurt. 

“Signor Anderson?” Si sentì chiamare dalla madre di Daisy e ciò bastò a farlo tornare in sé.

“Sono davvero bellissimi, Daisy. Salve, signora Fairclough, se vuole seguirmi fuori…”

Blaine raccontò brevemente alla madre di Daisy come il chirurgo aveva trapiantato nuovamente del tessuto dove quello della prima operazione si era danneggiato e le disse che tutto era andato bene. Le diede poi disposizioni per le medicazioni e il cambio delle bende e la rassicurò – se tutto andava per il verso giusto, Daisy sarebbe stata dimessa entro una settimana. Preferivano tenerla in osservazione ancora, solo per evitare che ci fossero altre complicazioni. Se ne sarebbe assunto lui ogni responsabilità. Lei lo ringraziò, con le lacrime agli occhi. Era così giovane e aveva già subito una così grave perdita! Blaine sperò che la donna avesse la stessa forza interiore di sua figlia, perché non riusciva a immaginare quanta gliene sarebbe servita per crescere una bambina da sola. Le sorrise e lei fece lo stesso, rimandando indietro le lacrime. Sì, era forte. Insieme lei e Daisy ce l’avrebbero fatta, almeno di quello era sicuro.

Dopo che si furono stretti la mano, Blaine rientrò nella stanza per salutare anche Daisy. Erano già le cinque del pomeriggio e per quel giorno il suo turno era finito.

“Allora, Daisy. Se è tutto ok, io ti saluterei, per oggi. Sarai anche stufa di vedere dottori che ti girano intorno, non è così?” Lei rise debolmente. “Goditi la tua mamma, che sicuramente muore dalla voglia di coccolarti.” Sorrise in segno di saluto alla signora Fairclough che lo aveva seguito dentro la stanza, e fece per uscire.

“Dottore?” lo chiamò la bambina.

“Chiamami Blaine. Lo lascio fare solo alle grandi artiste.”

“Uhm. Blaine?” Chiese allora lei, titubante.

“Sì?”

“Vorrei un lecca-lecca.”

Quella bambina avrebbe superato qualsiasi cosa, ne era certo.

 

***

Uscito dall’ospedale, Blaine lasciò che il pensiero su come scoprire il luogo delle prove di Kurt si infiltrasse nel suo cervello.

Non era il caso di passare per la segreteria della Nyada, perché i Guardiani sicuramente sapevano già che l’avrebbe fatto, perciò decise di ottenere l’informazione partendo un po’ più da lontano.

Prese il cellulare e compose il numero del centralino.

“Zona?” Rispose una voce metallica dall’altra parte della cornetta.

“Manhattan, New York Academy of Dramatic Arts.” Rispose meccanicamente, mentre aumentava il passo camminando lungo Il marciapiede e si guardava intorno per essere sicuro che non sbucasse nessun BruciaCervelli.

“La collego.” Blaine rimase in attesa per un tempo che gli parve infinito. E in effetti fu proprio così, perché la linea si interruppe improvvisamente, chiudendo la chiamata. Blaine controllò sul display del cellulare se ci fosse campo, ma probabilmente si trovava in una zona della città in cui la linea era disturbata, perché l’indicatore segnava assenza di rete.

Strano. Si trovava nel pieno centro di New York, diamine, non in una caverna isolata in mezzo al nulla più assoluto!

Si fece venire al volo un’altra idea, e corse verso una cabina telefonica, per poi scoprire che era guasta.

Cominciò ad insospettirsi ed ebbe la conferma delle sue paure quando vide spuntare da dietro un angolo la Beiste e uno dei suoi scagnozzi. Merda.

“Ci sono tanti pesci nel mare, Anderson. Credevo fosse chiaro che quello è off limits.” Si sentì dire, ma quello che percepì fu solo una voce lontana, perché stava già pensando a come scappare e allo stesso tempo a come trovare Kurt.

“E’ passato tanto tempo, devo essermi scordato.” Disse fingendosi sbadato. Continuava a guardarsi in giro, in cerca di una via di fuga. “Ci avete fatto incontrare tre volte, pensavo che ormai andasse tutto bene…” Proseguì nella farsa, passandosi una mano dietro la nuca.

“Non siamo stati noi, ma il Caso.” Rispose tranquillamente la Beiste.

A quel punto, Blaine prestò più attenzione. Smise di guardarsi ossessivamente intorno e fissò negli occhi quel donnone col cappello. “Perché ci volete separare?”

“Perché lo dice il Piano.” Gli rispose il suo scagnozzo.

“Allora il Piano è sbagliato, o lo state interpretando male.” Ribatté secco.

“Porta un po’ di rispetto, Anderson. Lo sai chi l’ha scritto?”

Blaine si fece piccolo piccolo, intimorito dal tono con cui gli stavano parlando. D’altra parte, chi erano loro per impedirgli di essere felice? Non ne poteva più, soprattutto perché nessuno voleva spiegargli il motivo per cui doveva lasciare perdere Kurt e sentì la sua frustrazione aumentare di minuto in minuto al punto che credeva che prima o poi sarebbe scoppiato. “Se non dobbiamo stare insieme, allora perché io mi sento così?” Chiese debolmente, abbassando lo sguardo.

“Non importa quello che senti, testina ingellata. Purtroppo, importa solo quello che è scritto nero su bianco.”

Cos’era quel tremolio nella voce della Beiste? Lei si stava…. Intenerendo? In fondo, magari, dietro quell’aria da dura era una donna dolce e sensibile.

Eppure, di nuovo, non gli stava dando una motivazione valida. Cosa c’era di male nel sapere la verità? Cosa non volevano che sapesse? Spiegare come andavano le cose era la scelta migliore, sapendo la verità lui si sarebbe messo l’anima in pace – possibile che non ci arrivassero? Che senso aveva dirgli “No” e basta?

“Perché no, Blaine. Non ci andrai. Punto e basta.”

 Rialzò di scatto la testa. Doveva sfruttare quel momento di debolezza, doveva farsi valere.

“Lei non lo sa il perché.” Disse trionfante. “Per questo non me lo può dire. Non lo sa.”

Godendosi lo sguardo basito dei due Guardiani, alzò i tacchi dei suoi mocassini e corse verso il bar all’angolo del marciapiede.

Entrò e, senza pensarci due volte, chiese ad alta voce se qualcuno sapesse dove si sarebbe tenuto lo showcase primaverile della Nyada – se era fortunato e a rigor di logica, era lì che avrebbero fatto le prove generali - e la ragazza dai tratti ispanici vestita di rosso dietro il bancone fortunatamente seppe rispondergli. “I miei due coinquilini frequentano entrambi quell’accademia; so che dovevano fare le prove all’interno dell’istituto, ma hanno cambiato all’ultimo momento. Credo siano in quel piccolo teatro nei pressi del Callbacks. Sai dov’è?”

“Sì, oh sì. Grazie! Grazie mille!” Le rispose entusiasta correndo fuori già pronto a chiamare un taxi. Sulla porta percepì qualche commento sul suo abuso di gel da parte della ragazza, ma non ci fece troppo caso.

Di tre taxi che gli passarono sotto il naso neanche uno si fermò, non importa quanto si fosse sbracciato e quanto sembrasse voler tentare il suicidio buttandosi in mezzo alla strada. Lo sguardo fisso della Beiste e dell’altro BruciaCervelli lo stava praticamente scottando.

“Per quanto continuerete a dirottarli?! Cavolo, l’Effetto Onda sarà infinito!” Li prese in giro furiosamente, quando l’ennesimo taxi lo superò senza fermarsi. “Qualunque cosa facciate, non mi ferm-” Si voltò verso quello che sembrava il boato dell’impatto di due auto che si scontravano senza riuscire a finire la frase.

Un tassista aveva appena perso il controllo del mezzo e si era scontrato rovinosamente contro una macchina parcheggiata.

In breve tempo, il panico scatenato tra i passanti e gli astanti dilagò fin dentro ai negozi, facendo rovesciare in strada clienti e commercianti.

“Voi siete davvero dei fuori di testa!” Sbraitò Blaine contro la Beiste. E corse verso il taxi fumante.

“Sono un dottore! Fatemi passare!” raggiunse il finestrino del mezzo. Fortunatamente il conducente era cosciente, ma aveva una brutta ferita sulla fronte. “Non si preoccupi – qualcuno chiami il 911! L’ambulanza sarà qui a minuti.” Controllò il polso dell’uomo e continuò a tempestarlo di domande per tenerlo cosciente.

Quando finalmente l’ambulanza fu sul posto, Blaine spiegò brevemente l’accaduto al personale medico – ovviamente tralasciando il fatto che l’incidente non era poi stato tanto un incidente. Aspettò che l’uomo venisse caricato sulla lettiga e poi sparì tra la folla, sperando di avere seminato i BruciaCervelli.

Raggiungere il teatro dal punto in cui si trovava non era difficile. Saltò su un autobus pressoché vuoto e tirò il fiato per un momento. Quante cose potevano accadere in un solo giorno?

Fuori dal finestrino vide il donnone e il suo tirapiedi corrergli dietro. In preda al panico si rivolse al conducente: “Le do cento dollari se salta tutte e cinque le fermate fino al Callbacks e infrange le regole della strada!” Disse dopo aver contato le banconote nel suo portafogli. Il conducente accettò senza tanti scrupoli. “Scusate! Scusatemi!” Disse Blaine ai pochi passeggeri presenti. “Sto per ricongiungermi con l’amore della mia vita, e sono davvero in ritardo! Se manco all’appuntamento potrei non rivederlo mai più.” Il misto tra la sua audacia e lo sguardo da cucciolo che si era formato sul suo volto intenerì un’anziana signora seduta nel posto degli invalidi. “Lei sarà sicuramente una ragazza molto fortunata.” Gli disse, annuendo con la saggezza dell’età. Blaine le sorrise timidamente. Non era esattamente una ragazza l’amore della sua vita, e non sapeva nemmeno se ritenere Kurt fortunato, ma contava il pensiero, giusto? E quella signora gli aveva rivolto uno dei pensieri più dolci e incoraggianti come non ne riceveva praticamente mai.

Ryder correva dietro alla Beiste, che controllava allo stesso tempo sia la strada sia la Mappa delle Decisioni. “Ci sono Punti di Flessione!” Sbraitò. “Se Anderson lo sente cantare avrà raggiunto il mio limite di controllo dell’Effetto Onda!” Perse il cappello, che cadde sul marciapiede. Il cappello era fondamentale nelle missioni, serviva.  Si fermò a raccoglierlo mentre ordinava a Ryder di bloccare la porta di ingresso del teatro, ma lui l’avvertì che era troppo tardi, perché Anderson era già sceso dall’autobus ed era già entrato.

“Merda! Anderson!”  


***

Blaine entrò nell’atrio del modesto teatro.

Una ragazza piccolina con i capelli scuri e un naso importante stava bevendo direttamente da una bottiglietta d’acqua appena ritirata dal distributore automatico. Indossava una canottiera lunga a spalline sottili bordeaux e un paio di leggins neri, e aveva un asciugamano intorno al collo. Blaine decise che poteva essere una studentessa della Nyada in pausa dalle prove, così le si avvicinò.

“Scusami?” le chiese.

“Sì, sono Rachel Berry. Vuoi un autografo? Non dovresti essere qui, sai? Queste sono prove private… ma apprezzo il fatto che ti sia imbucato per vedermi, quindi chiuderò un occhio.”
Al di là del suo ego esorbitante, Blaine la trovò simpatica. “Io, ehm, no, perdonami… io speravo che potessi dirmi dove trovare Kurt… Kurt Hummel.”

“Oh Barbra santa. Tu sei Blaine! Come ho fatto a non averlo capito subito? Sei uguale a come ti ha descritto! ! E’ talmente ovvio! Sei il Blaine di Kurt!”

“Il Blaine di Kurt?” Ok, sì, suonava decisamente bene.

Blaine non poteva crederci. Kurt aveva parlato di lui a un’amica! Proprio come lui aveva fatto con Sam! Se lo immaginò seduto a gambe incrociate sul divano con in mano una tazza di latte caldo in compagnia di quella Rachel, intenti a scambiarsi quattro chiacchiere tra amiche. Era una visione deliziosa.

“Kurt in questo momento sta provando il suo numero sul palcoscenico, ma se non ti fai vedere dalla Tibideaux puoi sbirciarlo da dietro le quinte. Sono sicura che a lui farà piacere!” Gli disse Rachel e poi lo abbracciò forte. Quindi gli indicò come raggiungere il backstage prima di tornare lei stessa sul palcoscenico.

Complice il buio e la quantità esorbitante di costumi di scena, Blaine riuscì a infiltrarsi dietro il palco senza essere visto. Spostò con delicatezza una tenda di velluto rosso che nascondeva la quinta e lo vide.

Come la più bella delle colombe, cantava con magnifica precisione e grandezza un intenso pezzo dal musical Sweeney Todd, “Not while I'm around”.

Nella versione originale era il piccolo Toby a cantarla in un duetto con Mrs Lovett, ma Kurt donava all’intera canzone un giusto grado di maturità, pur mantenendo la voce dolce e delicata come quella del ragazzino. Era perfetto, ancora di più di quanto l’avesse immaginato. Sentì una lacrima correre inesorabile giù per una guancia.

“Spero tu sia contento.” La voce della Beiste interruppe l’idillio, ma Blaine si rifiutò di staccare gli occhi da Kurt. “Adesso il tuo caso passerà ai piani alti. Non hai idea di chi ti sia messo contro.”

 



La tavola di cup of tea
Buona domenica, miei piccoli cupcakes!
Ho aggiornato oggi perché domani non avrò nemmeno il tempo per respirare… maledetta università e orari improponibili!
Spero che la storia vi stia piacendo… fatemi sapere cosa ne pensate!
Intanto vi passo un quintale di biscotti al burro.
A presto! cup of tea
   
 
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