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Autore: RT69 Aoryu    12/05/2013    1 recensioni
Questa FF è una rivisitazione, una miglioria, di "Non sono solo" una delle mie prime fic, ai miei inizi come scrittore. Quindi, tempo fa la ripresi e la riscrissi e oggi la pubblico di nuovo. In questa, viviamo i pensieri di un Death Mask neo investito a Gold Saint e di un Saga reo di aver appena rinchiuso il fratello a Capo Sounion, spero vi piaccia.
Aoryu
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cancer DeathMask, Gemini Saga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole stava tramontando ad Atene, quando Death Mask, di ritorno dall’arena, arrivò in prossimità del suo tempio. Si fermò all’entrata della sua casa, voltandosi per osservare il territorio a lui sconosciuto. Era arrivato da poco ad Atene, abituato ad un clima simile, ma con un ambiente diverso. Era passato dai terreni brulli della Sicilia, a questi ben più rocciosi della Grecia. A tratti, si trovava spaesato.

Un raggio di sole lo investì e si rifletté sulla sua splendida armatura. Eh già, l’armatura d’oro del cancro, per il cavaliere d’oro del cancro. Lui, Death Mask.

La osservò compiaciuto, orgoglioso di essere uno dei più forti uomini sulla Terra. Proprio per essa, egli era arrivato ad Atene dopo un lungo addestramento impartitogli dal suo maestro.

"Chissà come sta ora quel vecchiaccio"

Si ritrovò a pensare, stupendosi di egli stesso. Non era una tipo nostalgico, legato ai ricordi, tutt’altro, però non riusciva a fare a meno di pensare ogni tanto al suo passato.

"Il mio merdosissimo passato"

Era nato in Sicilia, in una casetta di contadini ai piedi dell’Etna. Sua madre gli diceva sempre che quando lei lo partorì, l’ Etna aveva sbuffato del fumo come per dare il benvenuto al pargoletto appena nato, il piccolo Angelo, certo, Angelo, non potevano mica chiamarlo Death Mask, non è il suo vero nome.

La famigliola, anche se aveva qualche problema economico, viveva tranquilla e il piccolo Angelo, crescendo, aiutava il padre con gli animali e il resto. I due genitori era molto orgogliosi del figlio.

Un giorno, però Angelo che era uscito a prendere della legna, trovò a casa i suoi genitori morti, uccisi da alcuni uomini che volevano dei soldi. Quando l’ormai dodicenne si trovò davanti gli assassini di sua madre e suo padre, inconsciamente usò il suo cosmo sopito e spedì loro nella bocca dell’Ade.

E poi pianse. Pianse lacrime amare perché era solo e abbandonato, senza avere nessuno. Si giurò poi, di non piangere mai più e da quel momento assunse il nome di Death Mask, rifiutando ogni collegamento al suo passato.

Per molti mesi visse per strada, rubando soldi e cibo per vivere, diventando crudele e pensando solo a se stesso, abbandonando ogni perbenismo. Poi, incontrò una persona.

Era un giorno caldo e afoso, stava appoggiato al muro di un vicolo, cercando un po’ di riparo dal sole cocente della Sicilia. L’uomo si avvicinò a lui, era avvolto da una mantello che copriva anche il suo volto.

- Chi sei tu?! Cosa vuoi da me?! -

- Vieni con me, tu hai un destino più grande di quello che credi -

La risposta enigmatica stupì non poco il ragazzo che, attratto dal desiderio di una vita migliore, seguì l’uomo. Arrivati, nella campagna, l’uomo si fermò e si tolse il mantello. Aveva più o meno una quarantina d’anni, barba incolta, castana come i suoi corti capelli. Aveva un viso un po’ segnato dal tempo, ma il suo fisico era ben delineato e i suoi muscoli ancora forti.

"E diavolo se erano forti"

Death Mask, se ne accorse a sue spese durante gli allenamenti. Il suo maestro gli spiegò l’uso del cosmo e come controllarlo, fortificò il suo fisico e lo rese un vere guerriero.

Qualche mese fa, un emissario da Atene, annunciò loro che era giunto il momento dell’investitura e così, l’allievo, congedandosi dal maestro con un semplice cenno del capo, partì alla volta della Grecia.

Ed ora, eccolo qui, cavaliere d’oro del cancro, a servizio di Atena e del Grande Sacerdote, suo intercessore, a protezione della quarta casa dello zodiaco.

"Tsk, speriamo solo di menar le mani un po’, mi sto annoiando a morte…"

Stava per rientrare, quando vide Saga salire per le scale.

- Ehilà Saga! –

Lo salutò ghignando, non ricevendo risposta alcuno dal parigrado.

- Giornata storta, eh? Cos’è successo? Scheletri nell’armadio?-

Continuò , benchè il suo interlocutore non gli rivolse nemmeno uno sguardo.

- Ma tu guarda… e poi vorrebbero insegnarci il rispetto…-

Sbuffò rientrando, per farsi una doccia e riposare.

La notte era scesa sul Santuario di Atene. Una notte oscura, senza stelle e con solo nubi nere nel cielo. Tutto ciò era molto strano, considerando il grande caldo, che c’era stato durante il resto della giornata. Era un segno, un segno che ormai l’estate stava volgendo al termine, per lasciar posto a un inverno più freddo e cupo che mai.

Tutti i cavalieri d’oro presidiavano le loro case, chi riposava tranquillo, chi invece non riusciva a dormire, attanagliato da dubbi e dilemmi, da nubi più oscure di quelle in cielo, nubi che sembravano in procinto di abbattersi sulla calma e sulla quiete di Atene e del Grande Tempio.

Saga dei gemelli, osservava assorto quelle nubi dalla terza casa, dalla sua casa, quella dei gemelli. Volgeva lo sguardo dalle nubi all’ambiente roccioso a lui tanto caro.
Le colline circostanti al Santuario erano come casa sua, lo conosceva a menadito. Nato ad Atene ed addestratosi qui, nulla sfuggiva al suo sguardo attento e indagatore, rapito osservava i luoghi della sua vita, luoghi appartenenti al suo passato, al presente e di sicuro al futuro.

Per adesso, una vita non molto lunga. Era giovane, molto giovane, però era già stato investito dell’armatura d’oro dei gemelli. Pensando ciò, si voltò verso di essa che stava nella sua posizione di totem accanto a lui.

La osservò, minuziosamente. Guardava con sguardo fisso e concentrato tutte le sue forme, le sue particolarità, i suoi fregi. I bracciali, gli schinieri, l’elmo a due facce, particolare nel suo genere. Ogni volta che vi posava il suo sguardo, ne rimaneva completamente rapito e assorto, attratto da ogni cosa di quella armatura.

"Quando sudore e fatica avrò versato per ottenerla?Di sicuro non poco"

Ripensò al suo addestramento, al suo maestro, alle colonne e alle pietre infrante a furia di esserci finito sopra, sovrastato dalla potenza di colui che considera la sua guida.

Un uomo colto e saggio, un uomo che ha visto e conosciuto molto e molti. Bastava guardare il suo viso segnato dalle rughe e i suoi occhi che parevano sempre guardare al di là di dove lo sguardo poteva portare la sua vista. Lungimiranti, ecco come erano i suoi occhi, indagatori anche, sembravano scavarti fino in fondo all’anima, nelle più recondite profondità della tua essenza, che talvolta, anche tu non conoscevi.

Gli ripeteva sempre e costantemente una frase che Saga non dimenticherà mai:

- Saga! Ricordati sempre, tu sei un grande cavaliere, non farti abbattere e scoraggiare dalle insidie della vita, sii più forte di loro. Ti scongiuro mio allievo, ricordati che spesso il nostro peggior nemico siamo noi stessi. Però siamo sempre noi stessi il nostro migliore amico. C’è sempre in ognuno di noi del male e del bene, non è tutto scritto nel libro del destino se siamo cattivi o buoni, sta a noi scegliere da che parte stare. Il diritto di scegliere, è il diritto più grande che possiedono gli uomini! -

"Maestro, vi ringrazio dal profondo del mio cuore, spero che la vostra saggezza mi guidi sempre come luce nel baratro dell’oscurità"

Doveva molto a quell’uomo, gli sarebbe stato riconoscente per sempre, fino alla fine dei suoi giorni.

Si alzò un leggero venticello che gli scompigliò i capelli. Chiuse gli occhi e , appoggiandosi, ad una colonna, si lasciò alleviare da esso.
I sibili che il vento produceva soffiando tra le colonne, a tratti lugubri, sembravano delle voci lontano, degli echi portati dal vento alle sue orecchie che erano tese e in ascolte come se aspettassero di sentire delle voce nel soffiare del vento, voci lontane e forse perdute per sempre.

Gli tornarono in mente le parole che gli rivolse Death Mask nel pomeriggio

- Giornata storta, eh? Cos’è successo? Scheletri nell’armadio?-

“Scheletri nell’armadio, eh già…”

Gli riaffiorò lo scheletro più grande e inquietante, quello di Kanon. Kanon, il suo fratello gemello che egli stesso aveva rinchiuso nella prigione sottomarina di Capo Sounion perché voleva la morte di Atena e conquistare tutto. Ancora Saga se lo chiedeva:

"Avrò fatto bene? Avrò fatto la scelta sbagliata? Ho condannato mio fratello ad una sorte orribile per un errore di giudizio? E
se anche fosse corrotto nell’animo, merita codesta terribile punizione? Che fare…"


Attanagliato da questo dilemma, Saga decise di liberarsi di ogni preoccupazione

"No, non questa sera. Domani, al mattino, con la mente più lucida e fresca, rifletterò. Non ora che la stanchezza potrebbe ottenebrare il mio giudizio. Con calma, non posso prendere una decisione così su due piedi…"

Si accorse, invero però, di essersi contraddetto da solo perché sapeva che in parte aveva preso la decisione di rinchiudere il fratello, accecato dall’ira e dalla rabbia provata verso i desideri di conquista di Kanon. Le lacrime gli rigarono il viso.

"Fratello mio, cosa ti ho fatto? Io, tuo fratello non dovevo condannarti, ma riportarti sulla giusta via. Forse ho sbagliato. Domani deciderò meglio sul da fare"

 

Decise di rientrare per cercare un po’ di ristoro nel suo giaciglio, quando una violenta fitta alla testa lo bloccò e lo fece cadere in ginocchio.


Sapeva a cosa era dovuto tutto ciò, lo sapeva molto, troppo bene per poter ignorare una tale minaccia che non gravava solo su di lui, ma anche sull’intero Santuario.

"Lo sento dentro di me, lo sento, non sono solo. Cresce a dismisura, non riesco più a trattenerlo, si fa sempre più forte, è inarrestabile…
Provo a resistergli, ci riesco, ma, con difficoltà enormi. Lui lo sa, lo sa che sto per cedere, sa che sono più debole, sa come io so che lui diventa più forte e prende il sopravvento…
Non sono solo, lo sento dentro di me… l’eco di una risata sadica, malvagia che brama potere e distruzione… Mi sta uccidendo dall’interno, sto marcendo dentro. Non riesco a fermarlo, la sua avanzata è incontenibile e la sua forza trabocca da ogni dove…"


Il cavaliere sembrò crollare, quando un pensiero lo ridestò dandogli nuova forza e nuovo vigore per fermare l’ombra di se stesso.

"No! Non posso cedere! Tu! Saga! Ricordati! Ricordati dei tuoi doveri, delle tue promesse, delle speranze che hanno le persone a te care! Non devo cedere, per Atena! Per gli altri cavalieri che vedono in me e Aiolos un punto di riferimento! Un modello da seguire! No! Non cederò! Per il mio maestro che tanto per me ha fatto e tanto mi ha insegnato! Lui sapeva di ciò, la sua vista era grande, ma mi ha dato fiducia e io la ricambierò!"

Saga riuscì a rialzarsi con il fiatone, pieno di sudore e con difficoltà. Era spossato da questa lotta interiore, da questo conflitto interno.

"Il mio potere si esaurisce e il suo incrementa… Non ce la faccio più, mi sento come se avessi una bomba a orologeria nel mio corpo che è pronta a esplodere in ogni momento…
E lui ride… ride, ride compiaciuto per la profonda disperazione che mi attanaglia…
Ma, non l’avrà vinta, non sia mai che riesca a superare le mie difese.

Io Saga dei Gemelli protettore della terza casa a difesa della dea Atena, giuro di fermare questo pericolo fino a quando tutte le mie forze non si esauriranno e non cadrò a terra inerme e senza vita, per coloro a me cari e in me fiduciosi!"

  
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