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Autore: harrysaudition    12/05/2013    4 recensioni
Una come me quando si immerge, in un paio d’occhi, non ne esce più. Una tipa come me, ci annega, in quegli occhi.
Genere: Demenziale, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ci sono quasi sette miliardi di persone al mondo, sette con nove zeri.

Perché io non sono una di loro invece di essere me? Non sopporto essere me.

Voglio smettere di essere me. Smettere e basta.

Voglio non essere, voglio essere niente.

Guardo l’immagine riflessa nello specchioe sento una fitta allo stomaco “forse è per questo che non piaccio alle persone” mi dico.
Dentro di me sono a pezzi, eppure quella che si riflette nello specchio è la mia immagine di sempre.

I miei slip cadono larghi sui fianchi, stessa cosa vale per le spalline del reggiseno che se ne scendono lentamente. Ho le ossa del bacino che sporgono terribilmente e ho due enormi buchi, contornati dalla mia pelle bianca, appena sotto il collo. La pancia troppo piatta bucata da un piercing sull’ombelico e le gambe troppo magre. Troppo alta rispetto alle ragazze della mia età e troppo chiaro il colore della mia pelle che assomiglia più ad un bianco che a un rosa normale.
Il viso troppo cadaverico e le guance troppo bianche. Gli occhi troppo rotondi, troppo grandi, troppo blu e troppo ingannevoli, le labbra troppo sottili e sempre di un colore simile al lilla, mai rosse o rosa confetto. Le orecchie troppo minuscole e, forse, troppo piene di orecchini e piercing neri.
Le tette troppo piccole per me, per tutti i ragazzi e il sedere anch’esso troppo piccolo, che si nasconde dietro ad un paio di jeans stretti.
Le mani troppo strane dalle dita troppo lunghe e rovinate, le braccia troppo magre marchiate da molte cicatrici, alcune vecchie e chiuse, altre ancora aperte e rosse. I piedi troppo piccoli e le caviglie troppo sottili. Sono magra da far schifo.

“Non è il fisico che conta” – dicono – “piaci soprattutto per quello che hai dentro”. Sono queste le più grandi stronzate, perché certe persone davanti ad un cervello e a un paio di tette, sceglieranno sempre le seconde.

Fuori mi trovo orribilmente brutta ma dentro le cose non migliorano.

Sono sempre stata una di quelle persone che consola gli altri, che dice agli altri di non essere tristi, perché non serve a nulla. Sono una di quelle che ti dice “resisti, ce la puoi fare” e poi alla fine sono proprio io la prima che manda tutto a puttane e a chiudersi in camera a piangere, come se quello che dicessi agli altri non vale per me.
Sono una di quelle persone “difficili”.
Una di quelle che chiede sempre il permesso prima di fare qualsiasi cosa. Ho paura di dare fastidio, di essere noiosa, poco originale, non simpatica agli altri. E questo perché ho sofferto, amato, pianto, sperato, sognato sempre troppo. Sono una di quelle ragazze che pensa tanto, e so che questo mi porterà a nascondermi in bagno per non farmi vedere in lacrime, eppure non riesco a far stare il mio cervello muto quanto intorno a me c’è troppo silenzio.
Non penso di essere mai abbastanza, anche se forse lo sono molto di più del dovuto, ma questo non lo capirò mai.
Una di quelle che ha tanto amore dentro, da dare, da far uscire fuori, ma da non mostrare a chiunque.
Quelle distanti dal mondo, quelle un po’ distratte, distrutte, interrotte.
Una di quelle che passa per la ragazza acida, forse snob, antipatica, che non le importa di niente e di nessuno.
Le persone si fermano lì, a quello che io decido di mostrare.
Difficile, per gli altri, capire che aspetto soltanto di essere “letta dentro”.
Lo si legge nei miei occhi che non aspetto altro di trovar qualcuno che mi spogli da tutte le mie paure.
Ma dalle persone difficili come me, vanno via tutti.
Questo è quello che provo e vorrei cambiare corpo, vita, città, tutto.
Scappare, non sentirmi più me stessa ed uscire dalla mia testa. Perché i pensieri mi mangiano, mi uccidono eppure sono sempre stata qua a pianger e a sentirmi male, chiusa nella mia camera.
Vorrei parlare della primavera, dei fiori, di quanto è bella la vita, di cose felici. Vorrei non essere un peso per nessuno, soprattutto per me stessa.
Eppure, è l’unica cosa che riesco ad essere.
E per una volta vorrei che le persone mi parlassero invece di dirmi “non capisco”.
Penso che anche questo sia un dei problemi, nessuno mi capisce mai… Forse chiedo troppo, una volta sola però vorrei essere compresa invece che compatita.
Invece di sentirmi dire “sei strana, non ti capisco” vorrei che ci fosse qualcuno che mi dicesse che capisce cosa vuol dire essere qualcuno che non vuoi essere.
Il punto è che mi odio di un odio così profondo, ma così tanto, che non riesco a volermi bene. Mi sento sempre come se non fossi abbastanza, e magari sbaglio e possono dirmi “ma no, non è vero” ma non cambia nulla.

Io mi sento così ormai da tanto e lo nascondo anche a me stessa, ma vedermi allo specchio, ogni giorno, mi fa pensare cose orribili.

«Victim sbrigati, devi andare all’università.» Anche il mio nome dice tutto. Vittima dei miei ricordi, delle mie domande, delle persone, di me stessa.
«Sto scendendo Mrs Lewis.» Alzo la voce per farmi sentire e intanto asciugo le lacrime che bruciano sul mio viso.
Indosso un paio di calze nere aderenti e copro i miei tagli con una lunga maglia grigia con al centro un disegno nero che si abbina alle calze; ai piedi calzo le mie converse nere.
Mi rifugio in bagno e cerco al meglio di dominare i miei capelli lunghi, neri e lisci decidendo così di rinchiuderli in un’alta coda. Mi trucco leggermente riavviando la mia faccia cadaverica e i miei occhi blu ancora lucidi.
Prendo la borsa con i libri necessari e, fingendo un sorriso, scendo in cucina.
Ad aspettarmi, come sempre, c’è la mia domestica, Mrs Lewis che mi fa trovare la colazione già pronta.
«Cosa preferisci a pranzo, Mrs Steele?» La guardo facendo spallucce.
«Cucina quello che vuoi, sai che adoro tutto quelli che mi prepari» sorrido. «Adesso devo andare altrimenti arrivo in ritardo. A dopo Mrs Lewis.» Rimango gran parte della colazione nel piatto e scappo fuori casa ispirando aria nuova.

“Quando vedi quegli occhi verdi rimani te stessa.”

Facile dirlo per il mio subconscio. Quegli occhi verdi come gli smeraldi che brillano alla luce del sole, verdi come un prato bagnato dalla pioggia, verdi come un germoglio primaverile.
Una come me quando si immerge, in un paio d’occhi, non ne esce più. Una tipa come me, ci annega, in quegli occhi. E ci sono sguardi che mi restano stampati dentro anche quando chiudo gli occhi. Il suo, sicuramente, è uno di questi.

Tutto di lui è perfetto: i capelli ricci che gli ricadono soffici sulla fronte, le labbra rosse carnose che formano un cuore alla loro unione, i suoi occhi verdi e luminosi, le sue fossette che quando sorride spuntano sulle guance, il suo fisico asciutto e robusto, le sue gambe lunghe e magre, le sue mani calde e soffici. Anche il suo nome è perfetto: Harry come il principino dell’Inghilterra.
Voglio averlo vicino, voglio averlo tutto per me, voglio riempirlo di baci, voglio abbracciarlo e dirgli che va tutto bene quando lui è con come, voglio essere io il suo amore, voglio essere la ragione del suo sorriso, voglio amarlo più di quanto posso permettermi. Ma svegliarmi in un letto vuoto, impregnato di assenza e sulle labbra l’illusione di un bacio fa male.
L’ho amato fino ad odiare me stessa.
Pensavo, prima di vederlo, che l’amore fosse una cosa semplice. Ma in realtà l’amore è amore, non è uno scherzo se mi ha ridotto in questo stato.
Cerco di non pensarlo, combatto, ma la sua assenza si sente sempre. Lo sento nelle ossa come la febbre del primo inverno. Lo sento nel silenzio che mi creo nella mente. In mezzo a un traffico impazzito sulla tangenziale. Lo sento come un’ombra, un fantasma, una profezia, una maledizione. Lo sento solo io, solo e sempre io. Mentre tutto quanto intorno mi dice che lui non c’è.

Decido di cambiare rotta, di non andare a scuola e di dirigermi al grattacielo dove trascorro la maggior parte del mio tempo libero. Questa volta però quel palazzo mi salverà da tutti i ricordi, dal troppo amore, dalle persone cattive.
Affretto il passo e, grazie anche all’ascensore, arrivo nel mio mondo dove nessuno giudica e nessuno soffre.
Con le guance rigate dalle lacrime calde, salgo sulla parte più alta che divide il cemento dal vuoto. Guardo un punto fisso davanti a me e faccio un respiro profondo.
Intorno a me sento solo il caos delle auto che suonano il clacson a tutta forza, qualche cane che abbaia e la sua voce roca.

Chiudo gli occhi e mi lascio andare.
Sembra di volare. In quell’attimo rivivo tutto come un flash – back.
Rivivo i momenti passati con mia madre e mio padre, rivivo il primo compleanno, rivivo i miei regali più belli, rivivo le mie gite, rivivo la prima volta che l’ho visto, rivivo tutta la mia vita.

Quanto coraggio ci vuole ad amare una persona che ama qualcun’ altro e questo coraggio io l’ho terminato. Sorrido al pensiero che tutta la sofferenza sta per finire.
Ad un tratto, la mia caduta si arresta e diventa tutto buio.
Quando riapro gli occhi vedo il mio corpo sull’asfalto caldo e sporco, senza vita.

La tentazione di tornare indietro è forte ma, non ci penso, e vado verso la luce bianca e fioca che ho davanti.

Sono in Paradiso. 







Eccomi con la terza os. 
Sincermanete volevo fare una fan fiction con questa idea solo che poi ho capito che non mi prende veramente e così ho deciso di trasformarla in una os. 
Visto che siete arrivate fin qui, che ne dite di lasciare una recensione? Per favore, vorrei sapere che cosa ne pensate. Per me conta molto.
Spero di scrivere quanto prima una storia. :)
  
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