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Autore: ValeryJackson    12/05/2013    0 recensioni
Avete presente la saga "Percy Jackson"? Bene, scordatevela. Anzi no! Scordatela in parte, perchè questa è una storia (quasi) totalmente diversa. Il protagonista non è più solo il nostro amato Percy, bensì tre ragazze.
Tutti noi sappiamo che il Campo Mezzosangue ospita giovani semidei. Ma se non fosse solo questo? Se fosse un rifugio anche per altri componenti della magia? come maghi, o supereroi? In tal caso la storia sarebbe totalmente diversa.
Alex, Bella ed Emma sono ragazze apparentemente normali. Vestono come noi. Parlano come noi. Vivono come noi. Ma non sono affatto come noi. Loro, infatti, sono in grado di fare cose che noi non possiamo neanche sognare. Hanno poteri che noi non riusciamo neanche a immaginare. Bella riesce a diventare invisibile. Alex può prendere fuoco e può volare. Emma sa allungarsi in maniera smisurata. Insieme lottano per difendere il mondo dal male. Ma nessuno deve scoprire la loro vera identità. O saranno guai. Avete presente i supereroi dei fumetti e dei film? Una cosa del genere, ma loro sono reali.
Ovviamente, però, la mia storia fa riferimento anche alla fantastica saga quale è "Percy Jackson", presentandovi una rivisitazione della storia e riportando molti dei suoi personaggi, tra cui Percy!
Sperovipiacciaa!Commentatee! :*
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Percy continuò a guidare a manetta verso sud, ed erano già nel Maryland quando finalmente accostarono per una sosta.
- Grover, sei sicuro?- chiese Alex, scettica, addentando una ciambella.
- Beh … si, direi di si. Al novantanove per cento. Ok, diciamo all’ottantacinque.
- E puoi dirlo grazie a delle ghiande?- chiese Bianca, come se non riuscisse a crederci, mentre sorseggiava un cappuccino.
Grover fece un’espressione offesa. - È un incantesimo antichissimo e rispettabile, ottimo per rintracciare una pista. Sono sicuro che ha funzionato bene.
- Washington è a meno di cento chilometri- disse Bianca. – Io e Nico … - si accigliò. – Una volta abitavamo là. Che strano … l’avevo dimenticato.
- Questa storia non mi piace- intervenne Emma. – Dovremmo andare a ovest. La profezia lo dice chiaramente.
- Oh, vuol dire che tu saresti più brava a rintracciare una pista?- ringhiò Alex.
- Osi sfidare le mie abilità?
- Osi sfidare le mie abilità?- cinguettò Alex, scimmiottando la voce dell’amica.
Emma si accigliò, aprendo la bocca per rispondere, ma fu interrotta.
- Ehi, voi due- intervenne Grover, nervoso. – Dai, non ricominciate.
- Grover ha ragione- disse Bella. – Washington è la scelta migliore.
Emma non sembrava convinta, ma annuì con riluttanza. – E va bene. Andiamo.
Salirono tutti sul furgone e Percy mise in moto.
- Ci farai arrestare se continui a guidare tu- brontolò Alex.
- Forse- la fulminò Percy, guardandola dallo specchietto retrovisore. – Ma almeno non c’è il pericolo di far incendiare l’autostrada.
Alex gli fece una smorfia e lui partì, cercando di non farci caso. – Andiamo- borbottò, tornando a concentrarsi sulla strada.

Mentre Zane e Blackjack continuavano verso sud, seguendo il furgone, l’aria cominciava a farsi sempre più fredda, e il vento in faccia sempre più insopportabile.
Quando si avvinarono a Washington, il pegaso cominciò a rallentare, abbassandosi di quota. Era senza fiato.
- Tutto ok?- gli chiese Zane.
Il cavallo nitrì tre volte.
- Non mi sembra.- Si sentì in colpa, perché ormai lo cavalcava da mezza giornata, senza interruzioni, per tenere il passo del traffico autostradale. Anche per un cavallo volante non doveva essere facile.
Per fortuna, il furgone cominciò a rallentare. Attraversò il fiume Potomac ed entrò a Washington.
Zane cominciò a pensare alla contraerea, ai missili e a roba del genere. Non sapeva di preciso come funzionassero i sistemi di difesa e non sapeva nemmeno se i pegasi fossero rilevabili al radar, ma non voleva scoprirlo facendosi abbattere dall’esercito.
- Posami laggiù- ordinò a Blackjack. – Siamo abbastanza vicini.
Blackjack era così stanco che non si lamentò nemmeno. Puntò verso il monumento di George Washington e lo fece scendere sull’erba.
Zane si guardò intorno. Il furgone era poco lontano. Percy aveva parcheggiato vicino al marciapiede.
Guardò Blackjack. – Voglio che torni al campo. Riposati. Mangia. Io starò bene. ringrazia Quintus.
Lui sembrò piegare la testa scettico, come per chiedere “Sicuro?”. Zane annuì. – Hai già fatto abbastanza. Starò bene. E grazie mille.
Lui si avvicinò e strofinò il muso contro la sua faccia, al ché Zane rise. Stava per andarsene, quando il cavallo nitrì. Una volta soltanto. Zane si tastò le tasche. Non aveva niente, se non una piccola caramella alla mente. Decise di dargli quella e, mentre lui la mangiava dal suo palmo, gli accarezzò il muso. – Te la sei meritata.
Il cavallo nitrì tre volte, contento. Poi decollò, compì un doppio cerchio attorno all’obelisco e scomparve fra le nuvole.
Zane guardò verso il furgone. Stavano scendendo tutti. Grover indicò uno dei grandi edifici che costeggiavano il parco del Mall. Emma annuì, e si allontanarono insieme nel vento gelido.
Era il momento di seguirli.

- Non sono sicura … - disse Emma, storcendo il naso.
- Fidati di me!- insistette Grover. – Le ghiande non sbagliano mai.
La ragazza lo guardò, scettica. Poteva affidare la sua sorte a delle ghiande? – Forse è meglio che faciamo un giro di circospezione prima. Così, tanto per essere sicuri.
- Ci penso io!- esclamò Bella, alzando la mano.
- Sicura?
- Certo!- annuì con veemenza. – Voi avviatevi, io vi raggiungo dopo.
Emma sembrava ancora poco convinta, ma ormai aveva finito le scuse, e tutti la guardavano spazientiti. Alzò gli occhi al cielo, sbuffando. – Ok! Andiamo.
Grover esultò e, mentre loro seguivano il satiro, Bella andò dall’altra parte, scrutando l’ambiente circostante. Si guardò un po’ intorno, ma non c’era niente di insolito. Faceva freddo, fuori, e la gente non aveva voglia di uscire. Meglio così, pensò.
Si voltò di nuovo e fece per seguirli, ma poi si bloccò.
Poco lontano, lo sportello di una berlina si aprì. Un uomo con i capelli grigi molto corti, da militare, scese dall’auto. Indossava un paio di occhiali da sole scuri e un cappotto nero. Ora, uno forse a Washington deve aspettarsi di incontrare tizi del genere. Ma Bella si accorse di aver già visto quella macchina un paio di volte in autostrada, e le era sembrato che li seguisse.
Il tizio tirò fuori il cellulare e disse qualcosa. Poi si guardò attorno, come per assicurarsi che non ci fosse nessuno, e si incamminò lungo il Mall nella stessa direzione dei ragazzi.
La cosa peggiore, però, fu che quando si voltò verso Bella, lei riconobbe subito la sua faccia. Era il dottor Thorn, la manticora dell’Hollywood Big Hotel.
Senza pensare, si rese invisibile e lo seguì a distanza. Il cuore le martellava nel petto. Se lui era lì, significa che era tornato, e che, evidentemente, voleva vendetta. I suoi amici erano i grosso pericolo.
Thorn camminava a debita distanza dai suoi amici, attento a non farsi vedere.
Alla fine, Grover si fermò davanti a un grande edificio con su scritto:MUSEO AEREOSPAZIALE NAZIONALE.
Bella lo riconobbe. Lo Smithsonian.
Alex controllò l’ingresso. Era aperto, ma non c’erano molti visitatori. Faceva troppo freddo e le scuole erano chiuse per via delle vacanze di Natale. Si infilarono dentro.
Il dottor Thorn esitò. Bella si aspettava che fosse entrato nel museo, ma invece non lo fece. Si voltò e continuò a camminare lungò il Mall. In una frazione di secondo, decise di seguirlo. Non sapeva perché. Sarebbe dovuta correre dai suoi amici, avvertirli del pericolo, dirgli di scappare. Ma il suo istinto le diceva che c’era qualcosa che non andava. Qualcosa di più grosso della vendetta.
L’uomo attraversò la strada e salì le scale del Museo di Storia Naturale. C’era un grande cartello con su scritto: CHIUSO PER EVENTO PRIVATO, ma lui entrò lo stesso. Bella lo seguì e attraversò una sala enorme, piena di mastodonti e scheletri di dinosauri. Delle voci provenivano da una grande porta chiusa davanti a loro. Fuori stazionavano due sentinelle. Aprirono la porta per il dottor Thorn e Bella ebbe lo slancio giusto per entrare prima che la richiudessero.
Dentro, la scena era così terribile, che per poco non le sfuggì un’esclamazione, rischiando così di essere, molto probabilmente, ammazzata.
Si trovava in un’enorme stanza rotonda, con una balconata che girava intorno al secodno piano. Sopra c’erano almeno una decina di guardie mortali e due mostri, donne rettile con due tronchi di serpente al posto delle gambe.
Ma quella non era la parte peggiore. Quando lo vide, a Bella venne un tuffo al cuore, perché, proprio in piedi in mezzo alle due donne-serpente, c’era il suo vecchio amico Luke … e avrebbe giurato che la stesse guardando. Aveva un aspetto terrificante. Era pallidissimo e i suoi capelli biondi sembravano quasi grigi, come se fosse invecchiato di dieci anni. Aveva ancora la stessa luce di rabbia negli occhi, così come la cicatrice sulla guancia, ricordo di un incontro con un drago. Ma ora la cicatrice era orribilmente rossa, come se fosse stata riaperta di recente.
Accanto a lui, seduto nell’ombra, stava un altro uomo. Si vedevano solo le nocche delle mani, posate sui braccioli di una sedia, simile a un trono.
- Ebbene?- chiese l’uomo sulla sedia. La sua voce era profonda e forte, e a Bella si gelò il sangue nelle vene, mentre si accorgeva di aver cominciato a trattenere il fiato. Riempì la stanza nonostante non stesse gridando.
Il dottor Thorn si tolse gli occhiali scuri. I suoi occhi bicolore, marrone e azzurro, scintillarono d’eccitazione. Fece un rigido inchino, quindi parlò. – Sono qui, Generale.
- Questo lo so, sciocco!- tuonò l’uomo. – Ma dove?
- Nel museo dei missili.
- Il Museo Aereospaziale- lo corresse Luke con irritazione. La sua voce sembrava più roca, ma più imponente.
Il dottor Thorn lo fulminò con lo sguardo. – Come dice lei, signore.- Da come pronunciò l’ultima parola, sembrava che avrebbe preferito infilzare Luke con una delle sue spine, piuttosto che chiamarlo “Signore”.
- Quanti sono?- chiese il ragazzo.
Thorn fece finta di non sentire.
- Quanti sono?- domandò il Generale.
- Sette, Generale- rispose l’uomo. – Il satiro, Grover Underwood. Il figlio di Poseidone, Percy Jackson. E poi ci sono quelle tre ragazze, una mora e le altre due biondine, una un biondo più color miele, l’altra più un biondo platino …
- Alex … Bella … ed Emma- tradusse Luke, pronunciando i loro nomi con gran fatica, l’ultimo anche con una punta di rammarico e tristezza.
- E altre due ragazze. C’è né una bionda, con i capelli corti e colorati di verde e altri colori. E poi l’altra, quella dell’Hotel. Non ne sono sicuro, ma credo che sia la figlia di Apollo. Il suo odore è diventato più forte, ora.
- Interessante …- mormorò l’uomo, con la voce tipica di chi sta facendo un ghigno divertito.
- Lasci che li prenda io- propose Luke al Generale. – Abbiamo più che …
- Pazienza- replicò l’uomo. – Avranno già il loro da fare. Gli ho mandato un piccolo compagno di giochi per tenerli occupati.
- Ma …
- Non possiamo rischiare te, ragazzo mio.
- Si, ragazzo- concordò il dottor Thorn con un sorriso crudele. – Sei troppo fragile. Permetta che sia io a finirli, signore.
- No!- Il Generale si alzò dalla sua sedia e Bella ebbe modo di guardarlo per la prima volta.
Era alto e muscoloso, con la carnagione mulatta e i capelli scuri tirati indietro. Indossava un costoso completo marrone, come quei tizi di Wall Street, ma nessuno lo avrebbe mai preso per un broker. Aveva una faccia brutale, le spalle grosse e le mani capaci di spezzare in due l’asta di una bandiera. Gli occhi sembravano di pietra. Sembrava quasi di guardare una statua vivente. Era incredibile che riuscisse a muoversi.
- Mi hai già deluso una volta, Thorn- aggiunse.
- Ma, Generale …
- Niente scuse!
L’altro sussultò. Di fronte al Generale, Thorn sembrava quasi un pivellino che giocava a fare il militare. Non incuteva più lo stesso terrore dell’Hotel. Il Generale era roba seria. Un comandante nato. Non gli serviva l’uniforme.
- Dovrei gettarti negli abissi del Tartaro per la tua incompetenza- continuò il Generale. – Ti avevo mandato a prendere un figlio dei Tre Pezzi Grossi, e tu ti fai sconfiggere da dei ragazzini?
Bella sussultò. Che significava? Quindi non era andato lì per prendere Bianca e Nico? Erano lì … per Percy?
- Ma … - balbettò Thorn. – Lei mi aveva promesso vendetta! Un ruolo di comando tutto mio!
- Sono io il primo comandante di Crono- tuonò il Generale. – E scelgo i luogotenenti che mi portano dei risultati! È solo grazie a Luke se abbiamo salvato il nostro piano. Ora sparisci dalla mia vista, Thorn, finché non trovo qualche altro compito insulso da affidarti!
Il voltò di Thorn divenne viola di rabbia. Bella lo osservò, pensando che si fosse messo a sbavare dalla bocca e a scagliare aculei, ma si limitò ad inginocchiarsi goffamente e ad uscire dalla stanza.
Ma di che piano stavano parlando? Che avevano combinato?
- Ora, ragazzo mio- Il Generale si voltò verso Luke. – Ti dimostrerò come annienteremo quei ragazzini.
Luke deglutì, poi annuì. Il Generale puntò il dito su una guardia giù di sotto. – Hai i denti?
Il tizio si fece avanti, esitante, con un vaso di ceramica in mano. – Si, Generale.
- Piantali- ordinò.
Al centro della stanza c’era un grande cerchio di terra, probabilmente pensato per l’esposizione di un dinosauro fossile. Nervosa, Bella osservò la guardia che estraeva dei denti candidi e affilati dal vaso e li conficcava nel terreno.
L’uomo si allontanò dalla terra e si strofinò le mani. – Fatto, Generale.
- Ottimo! Innaffiali, e gli faremo annusare la preda.
La guardia raccolse un piccolo annaffiatoio di latta con delle margherite dipinte sopra e versò sul terriccio il contenuto, e cioè un denso liquido rosso, tipo punch hawaiano.
Il terreno cominciò a ribollire.
- Presto, Luke- disse il Generale – ti mostrerò dei soldati che faranno sembrare insignificante l’esercito della tua barchetta.
Luke strinse i pugni. – Ho passato un anno ad addestrare le mie truppe! Quando la Principessa Andromeda arriverà sul monte, saranno le migliori …
- Ah!- esclamò il Generale. – Non nego che le tue truppe saranno un’ottima guardia per il nostro sovrano, Crono. E tu, naturalmente, avrai la tua parte … - Luke sembrò diventare ancora più pallido a quelle parole. - … ma sotto il mio comando, le forze di Crono aumenteranno di cento volte. Saremo inarrestabile. Invincibili. Ammira le mie straordinarie macchine assassine!
Il terreno eruppe e Bella si scostò, innervosita.
In ogni singolo punto in cui era stato piantato un dente, c’era una creatura che cercava di sbucare dalla terra.
La prima disse qualcosa come: - Miao?
Era un gattino. Un cucciolo arancione, tigrato. Poi ne comparve un altro, finché non furono una decina, che si rotolavano e giocavano a terra.
Tutti li fissarono, increduli. Luke sorrise. Il Generale tuonò: - Cos’è questo? Dei teneri gattini? Dove hai trovato quei denti?
La guardia che li aveva portati si fece piccola piccola dalla paura. – Alla mostra, signore. Come aveva detto lei. La tigre dai denti a sciabola …
- No, idiota! Avevo detto il tirannosauro! Raccogli queste … infernali palle di pelo e portale fuori. E non farmi più vedere la tua faccia.
La guardia, terrorizzata, lasciò cadere l’innaffiatoio, raccolse i gattini e corse via dalla stanza.
- Tu!- il Generale indicò un’altra guardia. – Portami i denti giusti. ORA!
Quella corse subito fuori per eseguire gli ordini.
- Imbecilli- mormorò il Generale.
Luke sorrise, compiaciuto dal fallimento della sua presentazione.
Un minuto dopo, la guardia si precipitò dentro con le mani piene di grandi denti aguzzi.
- Ottimo- approvò il Generale. Scavalcò la ringhiera della balconata e saltò giù, un volo di sei metri.
Nel punto in cui atterrò, il pavimento di marmo si incrinò sotto le sue scarpe di cuoio. Si alzò con una smorfia di dolore e si strofinò le spalle. – Maledetto torcicollo.- Si rassettò il completo di seta, quindi gli tolse i denti dalle mani. – Faccio io.
Ne sollevò uno e sorrise. – Denti di dinosauro … - mormorò, soddisfattò.
Li piantò a terra, dodici in tutto. Poi raccolse l’annaffiatoio. Cosparse il terreno di liquido rosso, gettò via il contenitore e spalancò le braccia. – Sorgete!
La terra tremò. Una mano scheletrica spuntò dal terreno, ghermendo l’aria. Il Generale si sfilò un impacco dalla tasca, lo aprì e vi estrasse qualcosa. Una ciocca bionda. – Quando i miei guerrieri avranno colto l’odore di questa ciocca di capelli, non daranno tregua a colei a cui appartiene- disse il Generale. – Niente può fermarli. Nessuna arma nota ai mezzosangue. Ridurranno quei poppanti a brandelli!
Bella si accorse che Luke guardava quella ciocca bionda con degli occhi pieni di rimpianto. L’aveva riconosciuta. Era una ciocca di Emma. Ma come avevano fatto loro ad averla? Glie l’aveva forse data lui?
In quello stesso istante, gli scheletri eruppero dal terreno. Erano dodici in tutto, uno per ogni dente piantato dal Generale. Non somigliavano per niente a quelli che si vedevano ad Halloween o nei film dell’orrore. Sotto i loro stessi occhi, misero su carne e si trasformarono in uomini, e non uomini come tutti gli altri: erano vestiti con abiti moderni, ma avevano la pelle grigia e opaca e gli occhi gialli. Se non li guardavi troppo attentamente, potevi quasi credere che fossero umani, ma in realtà la carne era trasparente e si vedevano le ossa scintillare, come ai raggi X.
Bella ebbe l’impressione che uno di loro la guardò, soppesandola con freddezza, e capì che neanche la sua invisibilità l’avrebbe ingannato.
Il Generale salì su una scalinata, osservando le sue creature dall’alto. Poi lasciò cadere la ciocca di capelli, che fluttuò giù, verso quei cosi. Una volta arrivata a destinazione, i guerrieri avrebbero dato la caccia ad Emma, e di conseguenza a tutti loro. Fino alla morte.
Agì senza pensare. Corse e saltò con tutte le sue forze, tuffandosi in mezzo ai guerrieri e afferrando la ciocca a mezz’aria.
- Che succede?- tuonò il Generale.
Atterrò ai piedi di un guerriero-scheletro, che sibilò.
- Un intruso!- ringhiò l’uomo. – Avvolto nelle tenebre. Sbarrate le porte!
- È Bella Hartley! La ragazza invisibile!- gridò Luke. – Deve essere lei.
Bella si slanciò verso l’uscita, ma udì il rumore di qualcosa che si strappava, e si rese conto che un guerriero scheletro si era preso un pezzo della sua manica. Quando si voltò, vide che si portava la stoffa al naso e annusava l’odore, per poi passarlo ai suoi compari.
Avrebbe voluto gridare, ma non poteva. Poteva solo correre. Fece appena in tempo a infilarsi dentro la porta, che le guardie la sbatterono alle sue spalle.
Poi scappò

Angolo scrittrice
Ciaoo!
Ho deciso di divedere il capitolo precedente in due parti, perchè mi sembrava troppo lungo!
Mi raccomando, se vi è piaciuto, commentate! ;D
Un bacio!
ValeryJackosn
  
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