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Autore: CurlyPuffa    14/05/2013    2 recensioni
Harry Potter non sa ancora di essere un mago, anche se sente la magia dentro di sé. In questa shot, Harry avrà un piacevole e inaspettato incontro con la magia più forte di tutte, quella che l'ha salvato: l'amore.
"[...]gli succedevano spesso cose strane e ormai aveva capito, leggendo la fiaba di Cenerentola, di avere anche lui una Fata Madrina."
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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Circondato da grossi e prepotenti bambini, Harry Potter pensò che zia Petunia lo avrebbe rimproverato per l’ennesima volta per gli occhiali rotti, i vestiti sporchi di terra e i lividi sul viso.

-La gente penserà male!- gli urlava.

Pensò anche che aveva quasi finito lo scotch per riparare la montatura e che doveva procurarsene dell’altro nell’ufficio della maestra. A Harry non piaceva rubare, ma sapeva che era necessario. Meglio una strigliata dalla maestra che le botte di Dudley! Chissà se tutti i cugini del mondo avevano la faccia da maiale sovrappeso che aveva suo cugino, magari con lo stesso ciuffetto biondo. Harry rise fra sé pensando a Dudley con una coda da maiale, rosa e riccioluta.

-Guardate, è felice di prendere botte, diamogliene ancora!

David Hurter non sapeva di aver commesso un errore: Harry vide quello spiraglio fra le gambe ciccione di Dudley e quelle anoressiche di Piers Polkiss che, troppo presi a ridere per ciò che aveva detto Hurter, nemmeno si accorsero del fatto che gli stesse passando in mezzo.

-Sta scappando!

Harry era un velocista nato, fortunatamente. O forse, era solo l’allenamento: scappare ogni giorno da branchi di bulli inferociti non era certo una passeggiata. Sapeva che fra quei grassoni i soli a potergli tenere testa erano gli atleti Mark Thompson e Steve Walker, entrambi nella squadra di football della scuola. Un breve sguardo alle spalle e li vide, a pochi passi da lui. Doveva correre, doveva volare anzi!

Harry fissò disperato l’orologio sul tetto della scuola, pregando che la campanella lo salvasse. La gamba gli faceva male, aveva il fuoco nei polmoni, sentiva che stava già rallentando, sentiva come se qualcuno gli stesse comprimendo i muscoli  e la testa gli girava dallo sforzo, tanto che tutto attorno a lui cominciò a girare e poi Harry cadde.

Ecco, ora mi finiranno, pensò Harry sconsolato. Attese, coi muscoli tesi per attuttire il colpo, sicuramente un calcio. Scommetteva su cosa avrebbero colpito per primo, forse lo stomaco o magari il sedere. Attese, attese gli insulti e le botte, le risate starnazzanti, il sangue giù dal naso e nel frattempo sperava proprio che non colpissero la bocca o gli avrebbero staccato quel dente che gli dondolava da una settimana. Doveva anche trovare una scusa, ora che ci pensava! Sì, erano finiti i tempi in cui sperava che qualche adulto lo avrebbe protetto. Harry sentì quel familiare morso allo stomaco, dovuto non a un calcio, ma alla mancanza di una vera famiglia, dei genitori.
Guardava sempre i suoi compagni all’uscita da scuola che correvano verso i genitori, magari abbracciandoli, e si chiese ancora una volta come potesse essere ricevere quel tipo di abbraccio. A dire la verità, nella sua testa aveva l’immagine di una donna che lo stringeva forte, con gli occhi lucidi, sussurrandogli che gli voleva bene, ma sapeva che era la sua immaginazione. Oh, ormai aveva immaginato così tante volte di avere una mamma che aveva perso il conto! A volte pensava che forse non aveva davvero avuto una mamma, forse era nato sotto un cavolo, fatto stava che desiderava una mamma, la desiderava ardentemente, soprattutto in momenti come quelli.

-Harry, cosa fai lì accucciato in quel modo?

Subito Harry alzò la testa. Non si aspettava quella voce, nemmeno la conosceva, ma era talmente gentile nei suoi confronti che a costo di predersi un calcio in faccia voleva vedere il viso di quella bambina.

Harry pensò che quella dovesse essere una nuova alunna nella scuola. Prima di tutto non l’aveva mai vista prima, ma poi chi altri avrebbe mai parlato con Harry “lo Sfigato” Potter? La osservò attentamente: capelli rossi, lunghi e leggermente mossi incorniciavano un bel visino nel quale stavano incastonate due meravigliose perle verdi. Quegli occhi, pensò Harry, somigliavano davvero tanto ai suoi e subito quella ragazzina gli piacque per questo. Harry si scompigliò istintivamente i capelli e di fronte a quel gesto la bambina fece una risatina, poi si guardò attorno, così lo fece anche Harry.

Si trovavano sul tetto della scuola. Harry sapeva perfettamente cosa fosse successo: gli succedevano spesso cose strane e ormai aveva capito, leggendo la fiaba di Cenerentola, di avere anche lui una Fata Madrina. Non ne aveva mai fatto parola con nessuno ovviamente, mica voleva tirarsi addosso l’ennesimo nomignolo! “Cenerentola” sarebbe stato davvero troppo da sopportare. Subito pensò alla reazione degli zii ogni volta che gli capitavano queste cose strane e pregò che non lo venissero a sapere, ma sapeva che era inutile, perché Dudley avrebbe spifferato tutto, arricchendo di bugie il suo racconto. Si rassegnò alla cosa, ma diede un’occhiata di sotto, sperando i vedere le grosse e stupide facce di quei bulli dopo la sua sparizione, ma si ritrovò a guardare quegli stessi bulli che se le davano per stabilire di chi fosse la colpa del fatto che Harry fosse fuggito: evidentemente non avevano creduto alla storia che fosse sparito nel nulla!

Annoiato, tornò a posare lo sguardo su quella bambina. Aveva un viso dolce e se ne stava seduta sul pavimento del terrazzino, guardando il cielo ed Harry immaginò che fosse il suo primo giorno di scuola e che non avesse nessun amichetto. Forse poteva diventare sua amica! O forse no. Tutte le volte che aveva provato a farsi degli amici, questi erano fuggiti, intimoriti dai bulli. Harry non se la prendeva troppo per questo, anche a lui sarebbe piaciuto evitare le botte, le angherie, gli insulti, gli scherzi, ma non poteva farci nulla, tanto valeva che se la sbrigasse da solo senza coinvolgere poveri bambini che non c’entravano nulla.

-Come ti chiami?

La bambina dai capelli rossi si voltò verso di lui e gli fece un gran sorriso che fece battere il cuore a Harry.

-Non importa come mi chiamo.

Che strana bambina, pensò Harry, poi riflettè sul fatto che magari aveva un nome brutto e non voleva essere presa in giro per questo, e dal momento che lui capiva perfettamente come ci si sentisse non indagò oltre.

-Primo giorno di scuola?

-Non proprio.

Sì, è proprio una bambina strana. Mi piace.

-Quei bambini...- cominciò –ti danno fastidio sempre?

-Sempre, ma ci sono abituato.

-Perché lo fanno?

Harry fece un gran sorriso: di solito era palese a tutti il motivo, fra gli abiti due taglie più grandi, gli occhiali rotti, i capelli sempre in disordine e il fatto che non avesse genitori.

-Non lo so.- rispose fermamente. Senza preavviso, la bimba coi capelli rossi si avvicinò a Harry, prendendogli le mani e ponendo il nasino a punta a un centimetro dal suo: gli occhi dei due si riflettevano gli uni negli altri come specchi e Harry sentì che quella bambina gli piaceva sempre di più.

-Ascolta bene, Harry Potter.- disse con voce dolce –Tu non sei solo, non lo sei mai. Sei un bambino molto speciale, lo capirai col tempo e farai grandi cose. Credi sempre in te stesso, nei tuoi poteri, nei tuoi amici. Me lo prometti, Harry?

Harry annuì, gli occhi spalancati, ma mai quanto il suo cuore che si era aperto del tutto a quelle parole. Scostò bruscamente il viso, mentre gli occhi si riempivano di lacrime: non voleva che lei vedesse che faceva la femminuccia.

Sentì le mani di lei lasciare le sue, il suo profumo di fiori farsi tenue, fino a sparire.

-Grazie- sussurrò Harry –Grazie- ripeté più forte, perché potesse udire.

Alzò nuovamente lo sguardo e si trovò solo sul tetto. Restava solo un bel giglio solitario a terra, dove prima stava seduta quella bambina: e finalmente Harry capì.

-Grazie, Fata Madrina.
  
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