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Autore: xsheneedsjonas    14/05/2013    2 recensioni
"Ma lei voleva andarci, con tutta se stessa...
Si dice che niente e come sembra, e probabilmente era vero, o almeno così sperava.
Se lo fosse stato?!
C'era qualcosa in quegli occhi castani, qualcosa di nuovo, mai visto prima in nessuno...
Qualcosa che Carly moriva dalla voglia di scoprire."

Charlotte Bowl ha smesso di credere nell'amore da molto tempo, forse troppo.
Solo LUI può guarirla.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Chapter seven - UNTIL YOU LEARN TO LOVE YOURSELF.

 

-ma Cristo, Jane, possibile che non ne faccio una giusta?-.
Era più o meno un'ora che quella manfrina andava avanti senza sosta, e la maggiore delle due sorella credeva che di lì a circa cinque secondi le sarebbe esplosa la testa.
La storia era semplicissima, bastava dire "ho trattato male Nicholas e ho anche discusso pesantemente con Joseph", peccato che Carly aveva l'odiosa tendenza di ripetere più o meno all'infinito concetti semplicissimi e in quel momento era ancora ferma su quello iniziale, ovvero "sono io quella stronza, poverino".
Il che, per carità, non era nemmeno poi così sbagliato, ma come dirglielo?
Il problema stava nel farle chiudere momentaneamente la bocca, il tempo necessario per poterci infilare giusto due paroline facili facili:"HO CAPITO.".
Finalmente ci riuscì, impresa non da poco:-Ma scusa, stavolta te la sei cercata, Carly!-.
La mora si fermò dal suo attento esame delle piastrelle del pavimento del corridoio, che aveva già percorso una decina di volte, poi guardò la sorella, che se ne stava seduta sul divano in attesa della sua reazione:-LO SO, CAZZO!- esclamò, portandosi le mani ai capelli con aria esasperata.
-è colpa mia, cazzo! Ho reagito un po’ male...-.
-credi?- ironizzò Jane.
Carly la fulminò:-chiedi scusa, no?- suggerì poi.
-non se ne parla.-.
-e allora lascia le cose così! Carly, le soluzioni sono due: o chiedi scusa e ti liberi anche dal senso di colpa, oppure continui su questa via, poi però non venirti a lamentare! Hai reagito male, anzi malissimo, di fronte a qualcuno che per una volta si era preoccupato per te, e adesso devi accettarne le conseguenze.-.
La minore delle due sbuffo: Jane aveva sempre ragione, non c'era santo che tenesse.
-per questa volta ancora te la do vinta, ma prima o poi arriverà il giorno in cui sarò io ad avere la meglio!- scherzò Carly, poi andò a chiudersi in camera.
Scusarsi era assolutamente fuori discussione, ora il problema stava nell'affrontare le successive visite, cosa che era sicura sarebbe successo: Nicholas non sembrava affatto uno che lascia perdere subito, e nemmeno Joseph, a pensarci bene.
Affrontarli di nuovo non sembrava un'ottima idea, anche perchè il senso di colpa non giocava a suo favore: alla prima frecciatina sarebbe crollata, e su questo non c'era il benché minimo dubbio.
Si sentiva stringere lo stomaco al pensiero, sapendo che Nicholas aveva già visto quanto lei fosse fragile in realtà, e non aveva voglia di rincarare la dose.
-Carly, lascia perdere, tanto lo sappiamo tutti come va a finire: continuerai così e ti innamorerai di lui, al che ci rimarrai malissimo, come se fino ad adesso fosse stata una passeggiata, e la storia ricomincerà tutta da capo.- si disse, guardando l'immagine che rifletteva lo specchio: era una ragazza distrutta da tutto ciò che aveva intorno, segnata da un passato che non riusciva a dimenticare e con gli occhi che brillavano al pensiero di un futuro radioso, che però era convinta di non meritarsi.
 
-esco, ci vediamo più tardi.-.
Non era mai un buon segno quando Carly pronunciava quella frase: principalmente, era un modo gentile per dire "dovete lasciarmi tutti stare, mi state tutti quanti sul cazzo".
La ragazza infatti quando era nervosa usciva di casa per una lunga passeggiata per il parco del quartiere, in cerca di riposte, o per lo meno di un po' di tranquillità, per poter pensare con più calma, anche se spesso di risposte ai suoi problemi non ne trovava nemmeno una piccola piccola.
Scese le scale del grattacielo in cui viveva, attraversando poi distrattamente la strada: noncurante dei numerosi clacson che i conducenti scocciati le suonarono dietro, recuperò il pacchetto di Lucky Strike dalle tasche e se ne accese una.
Prese una boccata profonda, assaporando quel bruciore alla gola: era la sensazione più rilassante del mondo.
Solo lei e la sua sigaretta: quella sì che era vita.
O almeno, sembrava riuscire a vedere le cose con un po' più di chiarezza, cercando di mettere a posto quell'enorme casino che aveva in testa e nel cuore.
Si guardò intorno, mentre una nuvoletta di fumo grigio usciva dalla sua bocca e si diradava nell’aria fredda di New York: un gruppo di bambini giocava sullo scivolo e le rispettive madri se ne stavano sedute su una panchina a chiacchierare spensierate.
Di tanto in tanto una di loro alzava lo sguardo e gridava qualcosa verso i figli, riportandoli immediatamente all'ordine.
Carly sorrise teneramente a quella scena, poi voltò lo sguardo verso la figura di un vecchietto che camminava a testa bassa con un enorme alano al guinzaglio: sembrava triste, mentre osservava attentamente ogni pietruzza del terreno, quasi le stesse contando, e anche il cane sembrava capirlo, mentre annusava il sentiero e lanciava di tanto in tanto qualche guaito.
Prese un altro tiro, continuando per la sua strada.
Verso le sei del pomeriggio aveva ormai percorso l'intero perimetro del parco una decina di volte e fumato almeno quattro sigarette: i minuti non sembravano scorrere mai, quando era lì.
Carly si sentiva in una bolla di sapone, libera come l'aria, in una dimensione senza spaziò né tempo.
Si rese conto di aver camminato per parecchio, così decise di sedersi sulla prima panchina libera, proprio quella dove qualche ora prima si era fermato quel gruppo di mamme elegantemente vestite insieme ai propri bambini.
-l'ultima, giuro.- si disse, tirando fuori l'ultima sigaretta rimasta nel pacchetto: la accese, chiudendo un momento gli occhi.
Non era arrivata a nessuna conclusione: sentiva ancora il rimorso tormentarle lo stomaco e l'orgoglio che si rifiutava di farle ammettere l'errore fino in fondo.
Perchè le importava così tanto?
In fondo era già stata acida con qualcuno prima di quel momento, e un paio di commenti e frecciatine sarcastiche non avrebbero sicuramente significato niente.
O forse no.
No, perchè se fosse stato così, ora il suo stomaco non starebbe gridando pietà: era tutto il giorno che le faceva male, e Carly rischiava seriamente di impazzire.
-sapevo che ti avrei trovata qui.-.
La ragazza sobbalzò: si voltò di scatto, spaventata com'era.
-cazzo Nicholas, stavo per morire!- esclamò, riconoscendo la figura del riccio in piedi, con le mani nelle tasche dei pantaloni color kaki e il cappuccio della felpa tirato in testa.
-scusa.- rispose lui, ridacchiando.
-posso rubarti un tiro?- chiese poi, notando la sigaretta tra le dita della mora.
-se proprio devi...- rispose questa, porgendogliela: osservò attentamente quelle labbra mentre aspiravano e buttavano fuori il fumo.
L'aveva già visto fumare, ma si stupì di quanto sembrasse bello e ammaliante in quel momento.
-grazie.- disse Nicholas, ridandole il maltolto.
Carly accennò un sorriso di risposta, prendendo l'ultima boccata e spegnendo la sigaretta per terra.
-posso sedermi?-.
-tutte ste domande: certo che puoi, coglione.- avrebbe voluto dire, ma si guardò bene dal farlo: già la situazione era pessima, meglio evitare di aggravare il tutto.
-vieni.- rispose invece, facendogli posto sulla panchina.
-quante ne hai fumate in tutto?-.
Carly ridacchiò nervosamente:-tipo cinque, credo.-.
-lo sai che fa male.-.
-sì mamma!- lo canzonò lei, tornando poi a sorridere.
Nicholas divenne serio:-credo di doverti delle scuse.-.
-ma che cazzo?!- si disse: LUI che chiedeva scusa a LEI?
Cos'era? Un universo parallelo in cui tutti facevano il contrario di tutto?
-mi stai davvero chiedendo scusa?- chiese Carly, più confusa di quanto era arrivata al parco.
-bhè… Sì. -.
-potrei sapere perchè?-.
-ho sbagliato a venire in caffetteria: avrei dovuto capire che era meglio se te ne stavi un po' per conto tuo. Non avevo immaginato quanto fosse stato difficile per te...-.
Stava scherzando, sicuramente.
Carly stava per sotterrarsi:-Nicholas... Se qui c'è qualcuno che deve chiedere scusa per qualcosa sono proprio io.-.
-tu hai fatto solo quello che sentivi: non ti biasimo.-.
-invece dovresti: mi hai ascoltata, mi hai consolata, e tutto quello che riesco a dirti il giorno dopo è "vattene via"?! Dopo che sei venuto per vedere come stavo?! Sono io ad aver sbagliato, sono stata un’enorme egoista: scusami tu.-.
Il senso di colpa era peggiorato: possibile che quel ragazzo avesse deciso di impegnarsi a non ferirla in alcun modo?
Non era più semplice dire "sì, stronza, adesso pretendo delle scuse sincere", invece che andare lì, tutto carino e adorabile come al solito, ed essere il primo a cercare di chiarire?
Nicholas stava in silenzio, guardando per terra.
-senti, io so che posso sembrare un po' acida, e anche troppo forse, ma... Non posso farci niente, sono impulsiva da morire e mi sento malissimo per averti risposto così male. Non te lo meritavi, non dopo tutto quello che hai fatto per me ieri.-.
-l'ho fatto perchè era giusto: avevi uno sguardo che faceva paura anche a me. E' come se avessi vissuto per un momento quello che tu hai passato in ventun anni: Dio, mi vengono ancora i brividi a pensarci.- si scosse, tirando su la testa e tornando a guardare Carly negli occhi.
Lei sorrise, consapevole dell'effetto che il suo racconto aveva sulle persone:-capisco che ti abbia turbato... Ecco perchè ti chiedo scusa: dopo una storia del genere avresti dovuto come minimo scappare a gambe levate e non mettere mai più piede a New York, e invece sei rimasto, mi hai abbracciata e lasciata sfogare... Non l'aveva mai fatto nessuno. Nessuno mi aveva mai ascoltato davvero.-.
-mi ha fatto piacere, insomma... Morivo dalla voglia di capire perchè mi attraevi come una calamita.-.
La mora si sorprese, guardandolo storto:-cioè?-.
-che ho capito per quale motivo non riesco a starti lontano per più di tre ore: la prima volta che sono entrato in caffetteria avevi il fuoco negli occhi. Era un fuoco enorme, che spaventava chiunque, tranne me: sembravi così arrabbiata con il mondo, con me, con Josh e volevo assolutamente sapere perchè.-.
Nicholas si fermò un attimo, riprendendo fiato, e notò come Carly era rimasta pietrificata.
-quando mi hai raccontato tutta la tua storia ho visto invece tanta paura: la paura che quell'animale potesse ricomparirti alle spalle da un momento all'altro, o che il tempo decidesse ti riavvolgersi, riportandoti a quell'incubo. E' lì che ho capito cos'era quella calamita: ho visto i tuoi occhi passare dalla rabbia alla paura... Adesso voglio esserci per vedere cosa gli succederà ancora, e voglio che cambino per causa mia.-.
Carly era immobile, non poteva credere alle parole che erano appena uscite dalla bocca di Nicholas: voleva esserci?
E perchè?
Lei non valeva la pena di provare, o di rimanere, non valeva la pena di nulla.
Si sentiva le lacrime, pur non sapendone il vero motivo, e lottava disperatamente con se stessa nel tentativo di bloccarle: basta debolezze, ai suoi occhi non doveva più sembrare debole.
-tu non hai idea del guaio in cui ti stai cacciando, sul serio.- disse, sentendo la voce spezzarsi a metà frase.
-no Carly, dai.- si disse, prendendo un respiro profondo.
-non mi interessa, Carly: ormai ci sono dentro fino al collo.-.
La ragazza sorrise, mentre lasciava che la prima di molte lacrime le rigasse la guancia: Nicholas la raccolse con la punta dell'indice:-puoi ancora uscirne.- disse lei.
-non voglio uscirne, non posso più: quello che voglio fare adesso è proteggerti.-.
Non resistette più, e un pianto disperato scoppiò nel cuore della mora: buttò la testa contro il petto del ragazzo, mentre il suo respiro si affannava sempre di più, interrotto costantemente dai singhiozzi.
Nicholas le accarezzò i capelli, stringendola forte a sé:-ci sono io adesso, non vedi?-.
-non dovresti: io non dovrei aver bisogno di nessuno!- protestò la ragazza, asciugandosi il viso con la manica del giubbotto che indossava.
-ehi, guardami, dai.- disse il ragazzo, poggiandole un dito sotto il mento:-tutti abbiamo bisogno di qualcuno, sempre. Non puoi fare tutto da sola Carly, nessuno ci riesce.-.
-ma io ho sempre fatto tutto da sola.-.
-lo so, e credimi che ne ho viste davvero poche di ragazze con un cuore forte come il tuo: ma bisogna anche avere un momento di tregua, sai? Non sei una macchina, non sei indistruttibile: anche tu devi rallentare, qualche volta. Anche tu hai il diritto di avere una spalla su cui piangere.-.
Carly si sentì crollare definitivamente: l'avrebbe protetta.
Non avrebbe più dovuto stringere i denti fino a farsi male.
Non sarebbe più dovuta essere sola in tutto.

Era vero?
O era uno di quegli stupidi scherzi che le faceva la sua testa, di tanto in tanto?
Stava dormendo, nella sua camera, con ancora il pensiero della discussione con Nicholas in testa?
Lui era davvero davanti a lei, e la stava stringendo come mai nessuno prima?
Aveva ancora gli occhi chiusi, quando le labbra di Nicholas si appoggiarono sulle sue: erano bollenti e morbide, dolci.
Le portò le mani al viso, prendendolo e spingendolo verso il suo in quel bacio disperato: si volevano, si desideravano, avevano BISOGNO l'uno dell'altra.
-lasciati proteggere, lasciati amare, Carly.- sussurrò Nicholas, prima di tornare a premere sulla bocca di lei.
No, non l'avrebbe solo aiutata e amata...
L'avrebbe salvata.
 

Much as you blame yourself, you can’t be blamed for the way you feel
Had no example of a love, that was even remotely real
How can you understand something that you never had
Oh baby if you let me, I can help you out with all of that
Girl let me love you and I will love you until you learn to love yourself
Girl let me love you and all your trouble, don’t be afraid, girl let me help
Girl let me love you a heart of numbness, gets brought to life: I’ll take you there
I can see the pain behind your eyes
It’s been there for quite a while
I just wanna be the one to remind what it is to smile
I would like to show you what true love can really do
Girl let me love you and I will love you until you learn to love yourself
Girl let me love you and all your trouble, don’t be afraid, girl let me help
Girl let me love you a heart of numbness, gets brought to life: I’ll take you there
Let Me Love You - NeYo

 




Non so cosa dire su questo capitolo, è un colpo al cuore.
Lo amo da morire, davvero: amo il modo in cui Nicholas mette tutto se stesso in questa sua "missione", e amo vedere come Carly passì dall'essere di ferro a mostrarsi vulnerabile come in realtà.
Carly sono io, la differenza è che però non è ancora arrivato Nicholas a salvarmi.
Calry siamo un po' tutte noi, che crediamo nell'amore e continuiamo a sperarci, nonostante le migliaia di cuori infranti.
Siamo coraggiose, ecco cosa siamo.
E sono fiera di noi, di tutte noi.
Questo capitolo quindi l'ho scritto un po' per me stessa, e un po' per voi, perchè riusciate a trovare in Nicholas ciò che cercate, anche solo per i pochi minuti che impiegherete a leggerlo tutto.
E vi ringrazio per il tempo che gli avrete dedicato, ci tengo davvero moltissimo.
Detto questo passo e chiudo. xxx
-Ronnie

  
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