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Autore: Viola Plummer    15/05/2013    3 recensioni
Prima di allora non avevo mai tenuto un diario, solo libri di contabilità. Il resto non mi interessava, o per lo meno non mi sembrava importarte prendere nota dei dettagli per ricordarli a lungo termine. Ma al terzo giorno che, mentre ero seduta alla mia scrivania concentrata nel prepararmi per l'esame d'ammissione della Todai, la porta della mia stanza sbatteva e la finestra si apriva da sola sul mio naso, senza che soffiasse un alito di vento... beh, decisi che prendere nota di fatti ed orari era una buona misura cautelativa per salvaguardare la mia igiene mentale. Faceva caldo, era estate e l'anno scolastico volgeva al termine.
Genere: Demenziale, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Nabiki Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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fanfic-cap6
- Ah, sei qui...! - ma che strano, eh? Non l'avrei mai detto che fosse scappata in camera sua. La luce è spenta e lei è stesa sul suo letto, la faccia sprofondata nel cuscino. - Sai che non è stata un'idea proprio geniale quella di sparire in questo modo? -
Bofonchia qualcosa che non capisco.
- Perché l'hai fatto, eh? Avrai mica la coda di paglia...? -
Ancora suoni indecifrabili.
- Voglio dire, è probabile che Happosai avrebbe tirato in ballo te e Ranma, ma insomma, non sarebbe stato meglio negare ostinatamente l'evidenza come sempre? La fuga sembra proprio un'ammissione di colpevolezza... - Mi morsi la lingua. Forse avevo parlato troppo. Si sarebbe arrabbiata.
- Negare l'evidenza?! Che evidenza?? - come volevasi dimostrare. Maturità, questa sconosciuta.
- Ecco, era esattamente questo che intendevo. Non ti pare di essere un filino troppo infantile per la tua età? Perché sei scappata se non avevi nulla da nascondere? - Questo sì che è amore del rischio. Non ero affatto andata lì per provocarla, anzi. Volevo solo riportarla giù velocemente e chiudere questa storia il prima possibile. Volevo evitare che Happosai ci conducesse a una faida familiare per suo sollazzo personale. Invece la stavo facendo arrabbiare. Mai dire ad Akane quello che non vuole sentirsi dire se non si è pronti ad affrontarne le conseguenze. Ora si sarebbe messa a strillare e a dirmi su di tutto... e l'avrebbero sentita fino al piano di sotto e mi avrebbe odiata ancora di più per questo e... Ma no, niente. Non diceva mezza parola. Aveva riaffondato la faccia nel cuscino ed era rimasta in silenzio. Che stesse iniziando a crescere? Visto mai. Che fosse la mia occasione per cambiare argomento? Decisamente sì.
- Comunque, visto che non so in che momento esatto tu te la sia filata, volevo farti sapere che io non c'entro nulla. Non che questo debba interessarti particolarmente, ma siccome l'ho detto agli altri volevo farlo sapere anche a te. E alla fine Happosai ha confessato di aver cercato di mettermi in mezzo perché era divertente. -
- Ma si è capito se stesse parlando sul serio o no? Si stava prendendo gioco di noi? -
- Non lo so. Ad ogni modo la seconda cosa non escluderebbe la prima, sai com'è fatto. Torniamo giù per scoprirlo? -
- Direi di no. Mi vergogno troppo, soprattutto dopo essermene andata via così... -
- Ma se non si sono neanche accorti che tu te ne sia venuta via! -
- Nessuno? -
- La zia Nodoka sì. -
- Poco male... -
- E il vecchiaccio. Sicuramente lui ti ha vista. -
- Figuriamoci. Nessun altro? -
- Credo di no. Se vuoi faccio anche in modo che siano distratti adesso che rientriamo. Sono solo 3000 yen. -
- Solo? -
- Spiritosa. Non è mica una cosa da niente. Ma puoi pagare a rate se vuoi. Senza interessi che oggi mi sento generosa. -
- ... -
- Allora, torniamo giù? -
- Ma se quello ricomincia a dire... a dire quelle oscenità... io... -
- Su! Quali oscenità? Pensaci bene, non è che abbia detto granché... -
- Come no?! -
- Stai esagerando, sai? E poi, che ti importa? Dai, ti prometto che terrò la situazione sotto controllo. Ora che so cos'ha in mente, tenere a bada il Gran. Master Mascalzon. Figl. di Putt. di Croc. Visconte di Happosai sarà un gioco da ragazzi. - Schiocco di dita e occhiolino complice. 
- Uff... - non potevo fare a meno di domandarmi a cosa fosse dovuto quest'eccesso d'ansia. Forse semplicemente al fatto che Akane aveva passato buona parte della sua vita desiderando essere come Kasumi, collezionando fallimenti e frustrazioni. Andava fierissima di non essere come me: non mi interessano i ragazzi, non sono attaccata al denaro, non manipolo le persone... Ma di contro: faccio crescere i capelli come Kasumi, voglio cucinare come Kasumi, mi piacerebbe cucire come Kasumi, l'innocenza e la dolcezza di Kasumi... Il perbenismo di Kasumi. Eppure Akane non era meno diversa dalla nostra esemplare sorellona di quanto non lo fosse da a me. Se non hai il cuore di Kasumi, non puoi sperare di comportarti come lei. Figuriamoci quindi che senso potrebbe mai avere aspirare a sentire come il nostro angelo del focolare preferito. Che poi si tratterebbe fondamentalmente di un non sentire. Atarassia la chiamavano gli antichi greci. La totale assenza di passioni. Bella aspirazione da avere a diciassette anni! Non ti offendere, Minako. Tua madre è tanto cambiata da allora, come sono cambiata anch'io d'altronde, anche se questo non ha del tutto appianato le nostre divergenze. Però quello che va detto, va detto. Kasumi era la personificazione della noia bacchettona. E a quei tempi io ero all'acme della mia insofferenza nei suoi confronti. Ogni volta che sorrideva in quel suo suo modo angelicato io fremevo dalla voglia di farle una pernacchia. Akane invece soffriva d'ansia e si faceva delle paranoie del tutto ingiustificate. Adesso però non era il momento per l'introspezione. Toccava darsi una mossa.
- Senti, facciamo così. Ora noi ce ne torniamo giù da brave, anche perché li ho messi tutti a fare il gioco del silenzio col registratore come testimone e non so quanto ancora reggeranno. Passiamo dalla cucina, cerchiamo dei bicchieri integri e portiamo a tutti dell'acqua fresca che con questo caldo non si disdegna mai. Dopodiché vediamo di chiudere in fretta questa farsa e ce ne andiamo fuori. Solo io e te. Ci andiamo a fare una bella birra ghiacciata in qualche bar del centro. -
- A quest'ora? -
- Beh, probabilmente anche più tardi... Ma prima scendiamo, prima andiamo. Poi vedrai come dormi bene! Dai che offro io! Ovvero, scalo dai 3000 che mi devi.

Facile fingere di avere la situazione sotto controllo quando la realtà si avvicina solo di striscio a una simile condizione, no? Certo, fino a che devi farlo a parole e metterci una toppa. Evitare il peggio, cioè altri casini. No, di altri casini non ne avevamo bisogno adesso. Akane doveva scendere di sotto con me. Avremmo portato dell'acqua fresca, avrei fatto due battute, Happosai sarebbe stato zitto. Happosai doveva scusarsi per essersi preso gioco di me in quel modo. Happosai doveva riuscire a convincermi di non star inventando storie, ma sarebbe stato meglio discutere la questione a quattrocchi. Davanti agli altri non gliel'avrei data vinta facilmente. Questa faccenda sembrava modellata ad immagine della sua mente perversa, quindi poteva benissimo essersela inventata, del tutto o magari solo in parte. In realtà avevo il sospetto che fosse fondamentalmente veritiera, ma per come si era comportato con me non avrei mai spezzato una lancia a suo favore. Nessuno doveva credermi sua complice, comprimario o anche solo farsi l'idea che i nostri modi di pensare potessero avere qualcosa in comune. Io per ora avrei detto che non gli credevo punto e basta. Che altro potevo fare? Doveva provare a tutti quanti, inconfutabilmente, che non ci stava prendendo in giro, altrimenti la sua ipotesi di lavoro non poteva essere presa sul serio. Immagina un po', pensavo, se fosse vero, se tutto questo disastro fosse dovuto solo a... Mi veniva da ridere. Mi venne da ridere. Mentre scendevamo le scale, guardando Akane, pensai al sorriso di Kasumi, alla faccia da pollo di Ranma, alla katana di sua madre. Non riuscii a trattenere una risata. C'è da essere un po' scemi, no?
- Perché ridi? - chiede lei un po' risentita.
- Ovviamente sono tutte sciocchezze, ma... non sarebbe divertente se Happosai avesse ragione? -
- Non sarebbe divertente affatto. -
- Oh, sì invece. Lo sarebbe eccome, cara mia. - Rido ancora. Che si arrabbi pure. A me viene da ridere e rido.

Siete ridicoli, voi piccoli imbranati cuccioli di umani. Siete buffi e insensati fino alle lacrime. E giacché le vostre piccole grandi pene segrete sono fasulle mentre i danni che create sono palesi e reali, lasciate almeno che io ci rida su.

Ma no dai, chi ci credeva alle scemenze dette dal vecchio maniaco? Siamo seri, per favore.
Oppure, l'altra versione ugualmente probabile. Spesso la verità è più grottesca di come siamo disposti a credere. È inutile nascondersi dietro a un dito. Siamo seri, per favore.
Indiscutibilmente, servivano prove. Prove definitive.
Per ora intanto avevamo acqua fresca e bicchieri di plastica che di quelli di vetro non se ne era salvato neanche uno. Mancava un vassoio. Trovato quello ci avviammo verso la stanza di Happosai.
- Abbiamo portato qualcosa per rinfrescarci e schiarirci tutti le idee. - Entrai nella stanza a grandi falcate, Akane mi trotterellava dietro col vassoio in mano, attenta a non far cadere l'acqua. Ad un mio cenno lo depositò al centro dell'ormai ristretto e deformato circolo di persone, accanto al registratore. Effettivamente stavano tutti zitti fermi e buoni come gli era stato ordinato. Papà fu il primo a ringraziarci. Ripresi posizione alla sinistra di Happosai, tirandomi dietro per un polso sorella ansia che non sembrava più dotata di volontà propria. Nodoka non fece una piega e si spostò  leggermente per permetterle di sedersi accanto a me. Il vecchio ridacchiava. Bevemmo. Ranma aveva un'espressione perplessa dipinta sul viso.

Scommetto che si sta chiedendo come abbia potuto non accorgersi che Akane fosse uscita.

Poi il maniaco aspirante mattatore della serata fece un piccolo colpo di tosse. Si stava schiarendo la voce. Si preparava a riprendere a parlare.
E di nuovo la sgradevole sensazione di stare in una scomoda competizione con quest'odiosa bertuccia.
- Dunque... - fa lui.
- Chiedi scusa. - ribatto io prima che dica mezza parola in più.
Ma ormai puoi tornare ad ascoltare la cassetta, è tutto registrato di nuovo da qui in avanti.

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H.: Scusa? E per cosa?
N.: Un po' per tutto. Ma soprattutto a me per aver cercato di farmi passare per tua complice in questa stupida buffonata.
H.: L'ho già detto. L'ho fatto solo perché era divertente. 
N.: Non ci siamo capiti, vecchio. Devi dire: scusami tanto, Nabiki-san. Non lo farò mai più.
H.: Scusami tanto, ragazza troppo permalosa. Era uno scherzetto innocente, ma se te la devi prendere in questo modo, non lo rifaccio più.
N.: Tu e l'innocenza siete agli antipodi. Sarà meglio per te se non ci riprovi.
H.: Ora posso finire di dire quello che avevo da dire?
N.: Ma non credo proprio.
H.: Come sarebbe a dire?
N.: Sarebbe a dire che sarebbe stato meglio se non avessi cominciato affatto. Sarebbe a dire che forse non sono l'unica a cui devi delle scuse. Sarebbe a dire che questo teatrino è stato già abbastanza sgradevole e si chiude qui. Ci hai dato la tua versione dei fatti, hai spiegato quale sia secondo te la causa degli strani fenomeni che abbiamo visto, ma non ci hai convinti. Prima di lanciarti in speculazioni non richieste sulle responsabilità individuali dovresti per lo meno farci persuasi della veridicità del quadro generale.
Panda: [cartello] Più che giusto! [cartello] L'ospite indesiderato non può accusare nessuno.
Soun: [al panda, sottovoce] ... da che pulpito...
H.: Abbassa quel dito, signorina. Non ho bisogno di convincere nessuno io, ci sono tutti questi testi a testimoniare la veridicità del quadro generale, come dici tu.
N.: Ma se appena ho provato a dare una sbirciatina me li hai tolti da sotto il naso!
H.: Non era il momento di distrarsi. Comunque io te li farei pure leggere, a te, Nabikuccia...
N.: E basta con queste moine, sei falso come l'undici di picche. Non attacca.
H.: Ma no, dico sul serio... è che non c'è tempo, ma per me puoi leggerli anche tutti. Non li darei ad altri perché non sono contenuti adatti ai minori e gli adulti di questa casa sono tutti mentalmente instabili e privi di senso comune.
N.: Sei sano tu invece! -
H.: Che vorresti insinuare? Guarda che io sono il più normale qua dentro. Non sono né scemo, né un potenziale omicida. Avrò i miei difetti, ma ti toccherà imparare a fidarti di me.
N.: Questo è fuori discussione.
H.: Insisto. Che poi sono convinto di non star dicendo nulla di nuovo, lo sai benissimo da sola. Dovremo collaborare. Ho bisogno della tua fiducia, non posso aspettare che tu abbia finito di leggere questa roba. Devi credermi. Dovete credermi. E dovete stare a sentire il resto delle cose che ho da dirvi.
N.: Non se ne parla. Non abbiamo nessun motivo di crederti sulla parola.
Nod.: Io gli credo e... [avvicinando una mano all'impugnatura della katana che porta a tracolla] ... mi piacerebbe sentire cos'altro ha da dirci il signor Happosai.
Panda: [cartello] Calma! [si riscuote, tossicchia] [cartello] Calma. [cartello] Non saltiamo a conclusioni non necessarie.
[Nodoka impugna la katana]
K.: Oh, kami!
N.: Buoni, state buoni. [Rivolgendosi al vecchio] Lo vedi che hai fatto? [Agli altri] Happosai inventa un sacco di storielle per seminare zizzania, l'ha sempre fatto. Si diverte così. Non c'è nessun motivo di credergli, chiaro?
[Nodoka molla la katana]
H. [ridacchiando]: Verissimo! Come quando Genma lavorava in un circo, vi ricordate?
[Il panda scuote violentemente la testa. Suda freddo.]
K.: Ah, sì! È vero! Ci aveva fatto credere che la direttrice del circo fosse la madre di Ranma...
S. [ride]: Sì sì sì. Ci aveva anche raccontato quella storia palesemente assurda di Genma che aveva portato via il piccolo Ranma alla madre per allenarlo e che lei da allora li stava cercando. [Ride di gusto. Solo lui. Tutt'intorno è il gelo. La mano di Nodoka torna a toccare l'impugnatura della katana.]
Panda: [cartello] ...
N.: Infatti quella donna non era la zia Nodoka. Né avrebbe potuto esserlo visto che la signora Saotome non ha mai diretto un circo, giusto? [Rivolgendomi a Nodoka direttamente. A me gli occhi, zietta.] Giusto? [giù la mano dalla katana]
Panda: [tre cartelli] Giusto! Giusto! Giusto!
[Quest'idiota diventa improvvisamente sveglio quando sente la punta della spada pizzicargli il sedere...]
S. [pensieroso, con gli occhi socchiusi]: Vero, vero. Ma la storia di per sé corrispondeva a verità.

[Papà invece è insalvabile. Gli arriva una cartellata sulla nuca e si accascia a faccia avanti. Per fortuna.]

N.: Insomma, è chiaro che Happosai mischia sempre elementi reali e immaginari a suo piacimento. Per creare scompiglio, per divertirsi. Non che ci sia nulla di male, ma questa volta stiamo parlando di una questione piuttosto seria e sarebbe bene vederci chiaro.
[Il panda annuisce vigorosamente, Kasumi muove la testa in timidi cenni di assenso. Papà è ancora svenuto. Gli altri mi fissano con delle espressioni stralunate, eppure tutte diverse tra loro.]
H.: E va bene. Allora consultatevi con qualcuno che pensiate possa capirne, raccontategli cosa avete visto e vediamo che vi risponde.
R.: Possiamo telefonare al Nekohanten, a quest'ora sarà ancora aperto. [Per la serie: almeno una frase fatemela dire che se Soun è steso chi altri può fare sparate fuori luogo?]
H.: [spaventato] Ma no! Ku-Lun no!

[La circospezione con cui ha trattato la vecchia Obaba ieri sera e l'apprensione che dimostra adesso sono gli elementi che più mi fanno propendere a credergli...]

R.: E perché? [ma sarai scemo, figliuolo?]
H.: Come perché? Lo scopo della consulta è quello di verificare che io non vi stia prendendo in giro o quello di trovarsi in mezzo a un mare di guai ancora più grande, tante volte avessi ragione? Le cinesi devono restarne fuori.
R.: Che mare di guai? [Non ci credo.]
N.: Sta un po' zitto tu. D'accordo, Happosai. Tolta la vecchia Obaba, ci resta solo il dottor Tofu.
H.: Mi pare una buona idea. 
N.: Ma lo chiameremo domattina che non mi sembra il caso di disturbarlo a quest'ora. Prima di andare a scuola gli telefoneremo e vedremo cosa avrà da dirci. Così la facciamo finita una volta per tutte.
H.: Adesso posso finire di dir...
N.: No. Ma sei duro d'orecchi tu?
H.: Ma chi ti credi di essere?
N.: La tua Nabikuccia, no? Il referente principale a cui si promettono anteprime salvo poi rimangiarsi la parola all'ultimo minuto per delle stupide ripicche da vecchio pervertito quale sei.
H.: Ehi! Piano con gli insulti! Ad ogni modo, la decisione credo spetti al capo famiglia.
N.: Stasera sono io.
S.: [rinvenendo a fatica] Ma Nabiki cara...
N.: Papà, ti avverto. Contraddirmi sarebbe davvero una pessima, pessima idea.
S.: [tornando ad accasciarsi] Come vuoi... tesoro di papà...
N.: Esattamente. Come voglio. E adesso voglio che andiamo tutti a dormire che è stata una giornata lunga.
S.: [senza sollevare la testa] Sì, pare una cosa saggia. Andiamo a dormire.

[Uno ad uno, si alzano e si avviano verso la porta. Escono tutti. Restiamo per ultimi io ed Happosai.]

H.: Piccola peste, mi hai rovinato la parte migliore. Mi sarei divertito da matti.
N.: Ricorda una cosa, Happosai. A nessuno è permesso giocare più pesante di Nabiki Tendo. Il mio limite è il limite. [Mi avvio anch'io]
H.: Ma sei stata brava. È così che ti voglio. Rapida e dirigista. Ho fatto proprio bene a puntare tutto su di te.

[Prendo il registratore, premo STOP. Esco]
[Imbecille. Lui e le sue lusinghe da quattro soldi. Che accidenti vorrà dire che ha puntato tutto su di me?]
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Sulla porta, come c'era da aspettarsi, trovai Akane ad attendermi. Oddio, il segugio fedele. La guardo leggermente di sbieco, un punta di fastidio visibile dalla piega delle mie labbra.

Ora stai attaccata alla mia gonna, eh? Perché invece non corri da Kasumuccia tua? Su, su, Nabiki, non ricordi più? Sei stata tu ad invitarla ad uscire a bere una birra insieme a te.

Il fatto è che mi sentivo un po' messa in mezzo. Da una parte c'era Happosai, i cui fini rimanevano ancora piuttosto oscuri, che mi stava maldestramente usando. Dall'altra Akane, verso la quale percepivo di avere una responsabilità de facto con la quale mi trovavo a mio agio come fossi seduta su un cuscino ripieno di puntine.

Non è il mio ruolo quello di prendermi cura del prossimo. Non ci sono tagliata e mi rovinerebbe la reputazione. Io sono avida, egoista e tagliente. Io sono una donna d'affari, i sentimenti non mi riguardano. Io sono uno squalo. Se mi interesso a te è perché ho intenzione di sbranarti.

Ma niente da fare. Quella se ne stava immobile in mezzo al corridoio, del tutto indifferente al mio disagio venato di disprezzo. Mi fissava con i suoi grandi, profondi, cigliuti, imploranti occhi nocciola conditi da un pizzico di panico. Chissà che le passava per la testa... se le avessi fatto mandar giù una buona pinta sicuramente l'avrei scoperto, e con fin troppa dovizia di particolari, ci avrei scommesso. Ma adesso non potevo allontanarmi. Dovevo fare in modo che se ne andassero tutti a letto, mettendo da parte rotoli, katane e cartelli almeno fino al mattino seguente, invece di starsene lì a starnazzare come oche impazzite.  Mamma, che manicomio.
Nel devastato soggiorno, infatti, avevano montato un bel parlamento. Volavano opinioni in libertà. Troppa libertà. Chi crede al vecchio e chi no. Chi crede che la colpa sia di Happosai, chi di tutti, chi di nessuno. Chi vuole leggere gli antichi codici, chi vuole bruciarli. Ranma che insiste che prima di tirare conclusioni dovremmo consultare... Obaba. Sì, proprio lei. Suo padre che gli lancia addosso cartelli pieni di insulti. Sua madre sempre più perplessa, tiene il braccio piegato all'indietro pronta a sfoderare l'arma bianca. Papà supplica Kasumi di spiegargli che sta succedendo e vaneggia sulle nefaste conseguenze del matrimonio mancato tra Ranma e Akane. Argomento al quanto inopportuno. Kasumi dal canto suo sa solo dire che no, no, no, non è colpa tua papà. Non c'entra nulla! Oh, sì, c'entra, c'entra eccome. Ma no! Non è possibile! Ma sì! Ma no! Ma sì! Te lo dico io! Ma è assurdo...! Me tapino...! Sono tutte sciocchezze... e comunque è stata Nabiki a invitare tutti quegli scalmanati che hanno distrutto il dojo. Eh sì! Eh, sì, sì.

Eh no. Ma guarda un po' tu se deve finire che è colpa mia. Certo, ovvio, far sposare dei sedicenni immaturi, da che mondo è mondo, è sempre stata la soluzione di tutti i mali. Su Kasumio forse!

Ero seriamente tentata di irrompere in soggiorno e prenderli a parolacce.
Non lo feci, non ne ebbi il tempo. Per una strana congiunzione astrale era improvvisamente calato il silenzio. Le parole di Kasumi echeggiavano sinistre nella stanza spoglia - o meglio, devastata: "... hanno distrutto il dojo... hanno distrutto il dojo...". I termini "distrutto" e "dojo" erano come un codice, erano il segnale. Tutti sapevano di cosa si stava parlando.  
Quello del matrimonio mancato era per nostro padre un chiodo fisso. Qualsiasi problema si presentasse, non poteva fare a meno di vedere in quell'evento l'origine di tutti i mali. La cosmogonia secondo Soun Tendo: al principio fu il fallimento del matrimonio di Ranma e Akane... Una religione privata, non c'era nulla da fare. A quei tempi poi la sua ossessione si stava drammaticamente acutizzando giacché era trascorso un anno dallo sfortunato giorno e ancora non si era riusciti a porre rimedio alla questione. Papà si era convinto che se avesse avuto la pazienza di attendere qualche mese sarebbero stati loro stessi ad andare da lui annunciandogli la loro intenzione di unirsi in matrimonio. Invece di mesi ne erano passati ben quattordici e... niente. Ovviamente. E il suo tormento aveva iniziato a roderlo dentro, facendogli rasentare la pazzia. Però questa volta l'aveva cacciato nel contesto sbagliato e la baruffa poteva prendere una piega - uhm, come dire? - incresciosa. Tutti lo sapevano. Persino Ranma, che aveva improvvisamente assunto l'assetto di un animale braccato, sembrava essersene reso conto. Il foulard di seta in cui era avvolta la katana di Nodoka era scivolato a terra. La sua mano stringeva saldamente l'impugnatura, alcuni centimetri di lama erano ora esposti alla vista di tutti. Mi voltai a guardare Akane. Riesci ad immaginare l'urlo di Münch dopo una lobotomia? Ci voleva un diversivo. In fretta.
- Ehi, voi due! Papà! Kasumi! - Non mi era venuto in mente nulla di intelligente, così non mi restava che ripetere il trucco di buttarla sul personale - Scusate, ma che sarebbe questo? Un processo in contumacia? Non sapete che non sta bene parlare alle spalle? Potevate anche venirmi a chiamare se proprio volevate accusarmi di qualcosa. Siete dei grandi maleducati, tutti e due. - Almeno l'effetto détournement l'avevo ottenuto. Erano spiazzati ed avevo richiamato la loro attenzione su di me. Il panda sorride, come può sorridere un orso. Ma c'è un grazie e un complimento gentile in quella sua piccola smorfia animalesca. Per fortuna evita di sfoggiare un nuovo cartello. Ed ora l'affondo finale, che è proprio ora di darci un taglio.
- E comunque adesso basta, fatela un po' finita tutti quanti. Vi rendete conto che non ha senso stare qui  litigare per le frescacce dette dal vecchio maniaco? È anche diseducativo fargli vedere che può farci azzuffare in questo modo così a buon mercato. Non se l'è sudata poi tanto questa bolgia. Vediamo di non dargli tutta questa importanza, eh? Per ora quello che avete ascoltato questa sera non esiste, questa riunione non ha mai avuto luogo. Scordatevela. Dimenticate. Reset. Domani chiamerò il dottor Tofu, alle otto in punto giuro che gli telefono a costo di fargli rimporre la colazione. Poi, vedremo che fare. Se lo riterrete opportuno, vi prometto che procurerò cassette di frutta marcia a volontà - gratis. Potremo passare tutto il tempo che volete a tirarci pere e mele fradice, insultandoci a vicenda, fino allo sfinimento. Adesso però andate a letto, da bravi.  Tu, panda, dacci un taglio con quei cartelli. E tu metti via quella maledetta scimitarra, zietta. Tu, Ranma, raccatta gli ultimi quattro neuroni che ti rimangono e, hop! hop!, in marcia verso il piano di sopra. Anche tu, Akanuccia, a nanna, da brava. La birra ce la berremo domani. Kasumi, se hai qualcosa da dirmi, la prossima volta, vedi di dirmelo in faccia. Tu invece papà, ti sei svegliato tutto a un tratto per uscirtene con una simile assurdità? Solo gente abituata a costruire le case cominciando dal tetto può vedere un collegamento del genere. Ma guarda un po' tu che tocca sentire. - Stranamente, sembravano disposti ad obbedire. È ovvio che quest'ultima uscita con papà me la sarei potuta risparmiare. Sapevo che Akane non aveva apprezzato. Era un po' come andare a riaprire il vaso di Pandora che ero appena riuscita a chiudere, ma volevo capire. Era stata una sparata casuale delle sue o davvero ci aveva visto un nesso? Aveva capito qualcosa di quello che ci aveva detto Happosai? Buttare lì una frase, ora che la bomba era disinnescata e il resto della compagnia si stava lentamente avviando verso le proprie stanze, era un rischio che si poteva anche correre. Dalla faccia che avesse fatto il mio buon vecchio sarebbe stato chiaro quale delle due ipotesi fosse quella veritiera. Faccia da bietolone "Perché mi parli in turco, piccola di papà?" uguale: "Non ero assolutamente consapevole di ciò che stavo dicendo e delle sue implicazioni". Faccia risentita/contrariata/indignata o simili: interpretabile come "Questo lo dici tu, altro che fare le case dal tetto. Un matrimonio celebrato è un matrimonio consumato". Ma, inutile dirlo, l'espressione di mio padre tradiva solamente un elettroencefalogramma piatto. Meglio così. Di contro, la faccia di Kasumi che faceva capolino dietro di lui non prometteva nulla di buono. Vi si leggeva disapprovazione. Tanta dura disapprovazione. La mia battuta sui tetti e la costruzione delle case non doveva essere stata di suo gradimento. Eh, no.

Questa guerra non s'ha da fare. Non risponderò alle tue provocazioni sorella, che qua se perdo le staffe io questa baracca ci crolla addosso. Letteralmente.

Se ne erano andati tutti, finalmente. Buonanotte. Buonanotte a voi. E sogni d'oro. Dormite bene. C'era rimasto solo il Signor Panda che si era infilato in cucina e stava armeggiando col bollitore feroce.
- Sei stata brava, sai? - Oh, chi si rivede.
- Insisti? Lo so anche da me, Happosai. -
- Soprattutto sul finale. La battuta sul tetto e le case buttata lì con noncuranza...  un vero tocco di classe. -
- Una necessità. A Kasumi non è piaciuta. -
- Lo credo bene. -
- Invece scatenare questo vespaio? Era una necessità? Lo trovi divertente? -
- Entrambe le cose. È arrivato il momento che questa allegra comitiva si confronti con i suoi fantasmi. -
- Ma il momento in cui tu inizi a farti gli affaracci tuoi non arriverà mai? - Ciò detto, potevo anche andarmene a dormire. Arrivata al piano di sopra, stavo per svoltare l'angolo, quando - toh! - una pacca sulla spalla. Né forte né piano. Una pacca fraterna, maschia direi. Mi volto di scatto e alzo lo sguardo. Genma mi sta sorridendo. Un sorriso pieno di fiducia il suo.
- Buonanotte, ragazza. Riguardati. -
- Buonanotte, Genma "Panda" Saotome. -
Quanto mi sentivo messa in mezzo, ma proprio tanto... che fastidio che fastidio che fastidio. Quella sera ci misi un po' più del solito a prendere sonno. Ormai mi riusciva difficile persuadermi che Happosai si fosse inventato tutto di sana pianta. Una volta parlato con il dottor Tofu avremmo dovuto guardare in faccia alla realtà, in un modo o nell'altro. Le probabilità che scoppiasse una rissa di proporzioni cosmiche, tra scimitarre volanti, Shi shi Hokodan e altre amenità di simile spaventosa violenza erano davvero tante. Per non parlare della partecipazione non richiesta di elettrodomestici, stoviglie e suppellettili. E io dovevo prepararmi per l'esame di ammissione... In che razza di gabbia di matti mi toccava vivere, povera me! Meglio fare un piccolo sforzo adesso e cercare di dormirci su.

La mattina dopo regnava una strana calma. La colazione era stata apparecchiata su due assi di legno sostenute da quattro piccole pile di lattine di birra. Il pavimento era sgombro e pulito, ma l'intero ambiente appariva squallidamente disadorno. Quasi irriconoscibile. La battaglia del giorno prima non aveva però lasciato segni solo nell'arredo domestico. Genma aveva mantenuto la sua forma umana. Nodoka si era seduta a tavola con la katana a tracolla, come non faceva più da tempo. Akane non fiatava. Ranma neppure, non doveva sembrargli vero di poter mangiare indisturbato per una volta. Kasumi sorrideva a tutti tranne che a me.
Terminata la mia colazione, senza dire una parola che non era il caso, mi alzai e mi avviai al telefono. Alzai la cornetta, ma prima di iniziare a comporre il numero mi venne in mente la tipica scena che si vede sempre nei film americani quando due si sposano e il prete dice "se c'è qualcuno tra voi che si oppone a questo matrimonio parli ora oppure taccia per sempre", più o meno. Allora decisi di chiederlo: - Qualcuno ha qualcosa in contrario a che io telefoni adesso al dottor Tofu? Ditelo ora perché tra dieci secondi sarà troppo tardi. -
Ranma e Kasumi si erano avvicinati. Akane era uscita in giardino. Gli adulti di casa si facevano gli affari loro, o almeno questo volevano dare a vedere. Happosai era comparso all'improvviso e si era andato a sedere accanto al telefono: - Su, chiama, dai. -
- Non interferire tu. - Attesi qualche istante. Magari Akane sarebbe rientrata, per assistere o per dire qualcosa. - Allora chiamo, ok? - Niente. Tutto tace. Happosai annuisce. Ebbene, si direbbe proprio che il destino debba compiersi stamattina. Avevamo da poco cambiato il vecchio telefono con la ruota dei numeri - che tu probabilmente neanche sai cosa sia... - per uno nuovo con i tasti. Aprii la rubrica appoggiata accanto all'apparecchio alla prima pagina: numeri d'emergenza. Dottor Tofu. Digitai velocemente le nove cifre del numero dell'ambulatorio chiropratico, moxibustione e altre stranezze molto orientali. Squilla. Attendo. Squilla di nuovo. Poi qualcuno dall'altra parte finalmente risponde:
- Ni hao! -
Che mi venga un colpo! Quasi lancio la cornetta per aria prima di riattaccare rapidissimamente. Ni hao??  Mi sono spaventata, accidenti. L'avete sentita anche voi, eh? Eh sì che l'avevano sentita, la voce era bella squillante. Caspita. Ranma iniziò a grattarsi la nuca, Kasumi si era portata una mano alla bocca scioccata di fronte a cotanto presagio di sventura.  Happosai, per parte sua, si contorceva dalle risate.

Fa ridere? Effettivamente sì, fa ridere. Perché? Boh. Forse perché si va delineando un quadretto niente male. Sarà l'apocalisse ma almeno sarà un apocalisse comico. Tremendamente comico, a cominciare dalle facce stupite e perplesse di questi due.

Così mi ritrovai accucciata per terra, una mano ancora sul telefono, con l'altra mi reggevo lo stomaco. Stavo ridendo, sfacciatamente.
- Non dovresti ridere in questo modo, Nabiki. Non sta bene... - disse qualcuno, ma serve davvero che dica chi?
- Mi credi adesso?! - chiese il vecchio piccato, ma divertito.
Akane, probabilmente richiamata dalle nostre risate, rientrava in quell'istante dal giardino. - Cos'è successo? Che ha detto Tofu? -
- Ni hao, ha detto Tofu. - le risposi ancora ridendo - Niente male, vero? Pare che siamo sotto assedio. Joketsuzoku ha intenzioni belligeranti. - Oddio che ridere.
- Comunque, per quanto sia divertente tutto ciò, c'è ben poco da stare allegri. - Happosai che fa la predica no, dai, per favore... 
- Qui le cose si sono già messe male. Con le amazzoni non si scherza. E mentre tu ti diverti a fare la finta tonta, -  Chi, io? Ma quando mai! - loro guadagnano terreno. Non so perché Xian-Pu si sia messa a ficcanasare da Tofu, certo non perché ha bisogno di un lavoro. Vorrà mettere le mani sulla sua biblioteca, magari anche Ku-Lun non possiede tutti i testi. O forse vuole solo controllare che il dottore non ci aiuti, marcandolo a vista. Sta di fatto che stiamo in guerra. -
- Frena, frena, frena. Corri sempre troppo tu. Fino a che non sarò riuscita a parlare col dottore né io né nessun altro qui crederà a una parola di quello che ci hai raccontato. Punto. -
- Ma tu guarda che testona! È solo una presa di posizione arbitraria la tua, lo fai per farmi dispetto, vero Nabikuccia? E allora, se non è vero niente, che ci fa Xian-Pu là? -
- Shampoo per me può fare quello che vuole, non sono fatti nostri. -
- Eccome se lo sono! -
- Riproverò a chiamare il dottore da scuola. La gatta morta se ne dovrà andare prima o poi. -
- Andarsene? E perché mai? Sicuro che si è fatta riassumere come assistente. -
- Ma se un lavoro già ce l'ha. -
- Ma allora tu non vuoi proprio sentirci da quest'orecchio? -
- Può darsi. E se anche fosse? E comunque tu non sei da meno. -
- Quella lì non schioderà dall'ambulatorio di Tofu fino alla chiusura, puoi star sicura. -
- Cos'è? Con la vecchiaia si diventa pure veggenti? -
- Nabiki-chan, perché ti diverti a prenderti gioco di me? Mi pare evidente come stiano le cose, non credi? - eccolo che diventa smielato e piagnucoloso. Kami, quando non lo reggo...!
- No, non lo credo, non credo un accidente. Non ti credo perché non posso crederti, non ti pare evidente? Cosa pretendi da me, vecchio scemo, eh? Se tu provi le tue teorie allora ti prenderò sul serio. Fin ad allora tutto quello che dici e che hai detto è niente, parole al vento, fuffa pura. Bla, bla, bla, con tanti ghirigori intorno. -
- Peggio per te. Tu intanto prega che non gli rubi nessun codice. -
- Pregherò. Ma adesso è ora di darsi una mossa o faremo tardi. -
- Andate tutte e tre insieme e cercate di stare uniti. È possibile che Xian-Pu venga a cercarvi. Dopotutto Akane ieri l'ha sconfitta, non ti ha ancora dato il bacio della morte, vero Akane-chan? - Attimo di gelo. Già, il bacio della morte! Ce ne eravamo tutti bellamente dimenticati di questa simpatica usanza delle amazzoni. Shampoo ieri era scappata via senza preoccuparsi di baciare Akane. Strano. Strano assai. Un bacio della morte fa paura, ma un non-bacio ne fa molta ma molta di più.
- Infatti non è normale... - Ehi, Ranma, lo sai che stamani sei particolarmente acuto?
- E secondo voi... - Happosai ha messo su una di quelle sue faccine che vogliono dire "ormai vi ho nel sacco, sberbi" - ... perché mai oggi Shampoo invece di venire qui a dare la sua promessa di morte ad Akane, se ne è andata tanto di buon ora allo studio di Tofu Ono? Tanto per fare? Si sarà dimenticata di essere stata sconfitta? -
- Magari... - Dai, Ranma! Sparala grossa! - magari... è andata semplicemente a farsi medicare le ferite e più tardi verrà a cercare Akane. - Buuuuu, senti quanto forte te lo diciamo? Buuuuuuuu. Potevi fare di meglio.
- No, mio caro Ranma. Perché Shampoo ha sua nonna, a che le servirebbe il dottor Tofu? - Elementare, Watson.
- Magari aveva bisogno di qualche medicina speciale... -
- Per cosa? Per medicarsi un paio di lividi? - Non ci siamo.
- O forse vuole farsi insegnare da Tofu qualche tecnica speciale per vendicarsi di Akane... - Ve bene, stendiamo un velo pietoso.
- Ma figuriamoci! Tofu che la sa più lunga di Obaba in tema di tecniche letali? Ma per piacere! - D'accordo, vecchio. Hai vinto.
- L'unica spiegazione plausibile è la mia. Dovete credermi. -
- Ma se non ci hai nemmeno detto qual è questa spiegazione, vecchio idiota! - Ma, guarda, forse forse trai due il più idiota non è lui, sai?
- Ah, ma se volete io ve la dico subito! Se Nabiki si decide a lasciarmi parlare. -
Akane, stava stringendo i pugni con forza, molta forza, e digrignava i denti. Si poteva sentirli stridere dietro le labbra bianche serrate a formare una sottile fessura. Erano mesi che non si assisteva ad una scena del genere, ma si sarebbe detto che stesse sul punto di saltare al collo di Ranma e strangolarlo.
- Io non credo - dissi lentamente, con calma e tanta fermezza - che Ranma voglia davvero ascoltare la tua spiegazione, Happosai. - E Nabiki, sicuramente, non vuole lasciarti parlare.
- Ma Happosai ha tanta voglia di dare la sua spiegazione, per favore, Nabikuccia! Lasciami parlare! Non ce la faccio proprio più a trattenermi! -
- Happosai, vuoi che ti regali un reggiseno, eh? - Che tocca fa' pe' campa'... regalare! Dare via gratis?! Io?! Com'ero potuta cadere così in basso nel giro di due soli giorni...?
- No, no! Io di quelli ne rubo quanti me ne pare. Adesso voglio parlare! Dai dai dai! Fammelo dire!!! - Ma tu guarda che razza di  vecchio ingrato! Inizia davvero a farmi perdere la pazienza...
- Forse dovremmo starlo a sentire... - Sì, Saotome, avanti così. Perle di saggezza che neanche nei cioccolatini. - Dopotutto potrebbe essere utile conoscere la sua versione, no? - Se la metti così... che diritto posso mai avere io di salvarti da te stesso? Cosa potrei mai dire?
- Non adesso però, è tardi. Dobbiamo andare. - Questo posso dirlo. Legittimo, inappuntabile. - Andiamo che ci aspettano un bacio della morte e una chiacchierata con Tofu. Sarà una giornata interessante. - Misi la cartella in spalla e me li trascinai via entrambi prendendoli sotto braccio, l'uno a destra, l'altra a sinistra, sotto lo sguardo attonito di Kasumi.
- Razza di strega! Sei proprio decisa a togliermi tutto il divertimento, eh? - bercia Happosai alle nostre spalle - Non potrete sfuggirmi per sempre! - ma siamo già abbastanza lontani da sentirci liberi di ignorarlo.
Infiliamo il cancello e ci lanciamo in strada. In un attimo la situazione si è invertita: non sono più io che trascino quei due, ma sono loro che mi fanno fare vola-vola come a una bambina piccola, solo senza dondolare. Semplicemente non riesco a toccare terra. Accipicchia se son veloci. Il panda ci insegue con un fagotto e un cartello con su scritto "Il pranzo!!!". Per un breve istante, a meno della mia strana condizione di donna-aquilone, sembra un giorno come tanti altri. Poi appare un altro cartello: "E i gettoni per il telefonooo!". Non, non è affatto un giorno come tanti altri.
   
 
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