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Autore: Dazel    16/05/2013    10 recensioni
Tutte le storie d'amore hanno bisogno di prendersi il loro tempo, eppure, a volte nascono sentimenti anche lì dove di tempo non ce n'è.
Un viaggio di cinque giorni in una città straniera farà incontrare Jonghyun, membro di una rock band sul lastrico, e Kibum, un aspirante stilista trasferitosi in occidente per tentare la fortuna.
Basteranno cinque giorni per innamorarsi di qualcuno? E una volta giunti al termine, si sarà davvero pronti a dire addio alla persona che si è scoperto di amare?
JongKey | 2min (accenni).
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Jonghyun, Key
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cinque giorni. [2/5]

Il risveglio di Jonghyun fu più brusco di quanto non si sarebbe aspettato. Ancora una volta, il suo cellulare prese a squillare con insistenza, strappandolo con violenza dal suo sonno. Odiava quando la giornata iniziava in modo tanto traumatico. Mandò un paio di maledizioni silenziose a colui che aveva avuto la brillante idea di chiamarlo alle – ma che ore erano? - e poi afferrò il suo iPhone, premendo sulla cornetta senza nemmeno vedere chi lo stesse chiamando. «Che diavolo vuoi?» domandò bruscamente. Del resto, non erano poi molte le persone che potevano averlo chiamato.

 

«Hyung» disse la voce di Minho. «Dove ti sei cacciato? Avevamo appuntamento per le dieci nella piazza principale! Sono le undici e mezza! Ti sei perso?».

 

Jonghyun socchiuse gli occhi e si schiarì la gola ancora impasta dal sonno. Aveva bisogno di un bicchiere d'acqua, di una doccia e di un paio di sigarette. Dopo aver formulato quel pensiero, la sua testa si soffermò sulle parole che il dongsaeng gli aveva detto. Appuntamento? Quando si erano accordati per una cosa del genere? Lui non ne sapeva nulla. «In realtà sono ancora a letto.»

 

«Cosa?! Ma sei impazzito?! Noi è un'ora che ti aspettiamo e tu stai ancora dormendo?!»

 

Forse avrebbe dovuto sentirsi in colpa, ma in realtà non provò nulla. Si mise seduto e si scompigliò i capelli. «Ora mi alzo, mi faccio una doccia veloce e arrivo. Dove siete esattamente?»

 

Jonghyun poté sentire Minho brontolare, Jinki rispondere qualcosa e Minho brontolare di nuovo. «Va' al diavolo.» fu l'unica risposta che infine ricevette, prima che la chiamata si concludesse. Perplesso, Jonghyun sbatté un paio di volte le palpebre e poi sbadiglio, decidendo infine di alzarsi dal letto. Qualsiasi cosa avessero, che se la facessero passare. Come si aspettavano che si svegliasse da solo? Dal momento che era in un hotel differente, per di più dall'altra parte della città, avrebbero potuto chiamarlo prima e svegliarlo, anziché aspettare l'ultimo momento.

 

Camminando verso il bagno, si rese conto di quanto si sentisse stanco e assonnato. In un primo momento non capì perché si sentisse così poco riposato, ma poi ricordò l'episodio della sera precedente e tutto fu più chiaro. Non era stato difficile addormentarsi con quei due che si davano alla pazza gioia a una sola parete di distanza dal suo letto. Era stato come vivere in un incubo, ma la cosa peggiore era stata un'altra. Jonghyun sbuffò, poco propenso a ripensarci, perché si sentiva un po' imbarazzato all'idea di esseri quasi eccitato. Non era colpa sua se quel piccolo stronzetto biondo era davvero, davvero molto sexy. Sentirlo gemere così selvaggiamente era stato un duro colpo ai suoi ormoni assopiti da troppo tempo. Uno come faceva a mantenere la calma in una situazione del genere? Era impossibile.

 

Aprì la porta del bagno e si spogliò, facendo cadere i boxer e la canottiera, che aveva promosso a pigiama provvisorio, a terra. Scrutò tra le essenze che l'albergo metteva a disposizione e ne scelse due dai nomi esotici, prima di cominciare a riempire la vasca continuando a leggere la composizione e gli effetti positivi che quei bagnoschiuma donavano alla pelle. Non era il tipo di persona ossessionato dalla cura del proprio corpo – gli piaceva essere pulito e stare bene con sé stesso, ma non aveva mai passato il pomeriggio a ricoprirsi di creme idratanti o oli naturali – ma dal momento che aveva a disposizione tutte quelle lozioni gratuitamente, usarle gli sembrava l'idea migliore.

 

Quando la vasca fu piena, versò una porzione abbondante di “Burro di Chiuri” nell'acqua calda e la osservò colorarsi di un leggero rosa e fare una abbondante schiuma. Ci si immerse dentro e azionò l'idromassaggio, che iniziò a solleticargli e massaggiargli la pelle. Questa sì che era vita, decisamente.

 

Se la prese con calma e massaggiò la sua pelle con cura, prima di alzarsi e avvolgersi nell'accappatoio. Lo specchio appannato gli impediva di darsi un'occhiata, ma da una parte era una cosa positiva, dal momento che il suo viso dopo un bagno caldo era sempre arrossato e sconvolto. Finì di prepararsi e andò in camera a vestirsi, prima di uscire dalla camera dell'albergo e scendere nella hall. Jonghyun non aveva idea di come si arrivasse alla Piazza Principale, né di quale essa fosse o dove si trovasse. L'unica possibilità che aveva era chiedere alla receptionist di spiegargli le strade che doveva prendere, il problema, era che non sapeva come fare.

 

Si avvicinò al bancone di legno lucido e sorrise gentilmente alla donna, che ricambiò, dicendogli qualcosa in inglese che Jonghyun assolutamente non capì. «I... go... place» se era la Piazza Principale, allora doveva essere grande. «Big... Very big place!»

 

«Place?» domandò la donna perplessa. Jonghyun non aveva idea di cosa avesse chiesto, né di come farsi capire. Iniziò a disegnare un cerchio immaginario con le dita. «Place! Church! God!» più cercava di dire parole che arricchissero la sua saggia spiegazione, più il volto della donna si contraeva in una espressione confusa.

 

Era arrivato al punto di mandare tutto al diavolo e lasciar perdere, quando una risatina si accese alle sue spalle e si sentì dire, in coreano perfetto e con un accento del sud: «Hai bisogno di una mano?» Jonghyun non ebbe bisogno di girarsi per capire a chi appartenesse quella voce.

 

Se da una parte avrebbe voluto offenderlo per il modo in cui gli aveva fatto passare la nottata, dall'altro era consapevole del fatto che il biondo era l'unico mezzo che aveva per comunicare con quella donna e capire dove incontrare i suoi amici. Mise da parte l'orgoglio e disse, con un tono leggermente freddo e distaccato. «Devo andare alla Piazza Principale, ma non riesco a farglielo capire. Io e l'inglese non andiamo molto d'accordo.»

 

«Ho notato.» fece il ragazzo, prima di scuotere piano la testa e alzare gli occhi al cielo. «Cosa ci sei venuto a fare, all'estero, se non spiccichi una sola parola di una lingua diversa dal coreano?» domandò poi, senza aspettarsi una vera risposta. Il ragazzo iniziò a parlare con la receptionist che si dimostrò parecchio felice di riuscir a capirci qualcosa di quella faccenda, mentre Jonghyun fissava i due dialogare in inglese e cercava di carpire una qualsiasi informazione con pessimi risultati. «Thank you very much!» ringraziò infine in biondo con un breve inchino.

 

«Allora?» Jonghyun aggrottò la fronte. «Dove devo andare?»

 

Il ragazzo biondo finse di rifletterci su, prima di sorridere malignamente. «Potresti almeno offrirmi un caffè, dal momento che ti ho appena fatto un favore... Come puoi essere così sgarbato?»

 

«Non ho tempo da perdere, sono in ritardo e-»

 

«Scommetto che non hai nemmeno fatto colazione! E dai, che ti costa? Non sarai mica così taccagno, vero?» e il biondo fece una cosa che Jonghyun non si sarebbe mai aspettato: lo prese sotto braccio, quasi in maniera civettuola, e sbatté un paio di volta le palpebre.

 

«Se pensi che così riuscirai ad ottenere quel che vuoi, allora-»

 

«No, non così!» il biondo scosse la testa. «Otterrò quello che voglio semplicemente perché io so come farti arrivare dove vuoi andare, mentre tu non ne hai idea, e se vorrai scoprirlo, allora comincia con l'accettare la mia proposta e fare colazione con me, intesi?»

 

Jonghyun sbuffò. Ma cosa voleva quel tipo da lui, ora? «Non so nemmeno come ti chiami, sei completamente pazzo.» disse infine, cominciando ad accettare l'idea che, sì, non aveva altra alternativa se non accettare la bizzarra proposta di quel tizio.

 

«Kim Kibum~ e tu invece? Come ti chiami?»

 

«Che te ne frega. Lascia perdere.» grugnì di nuovo Jonghyun, imbronciandosi ancora di più. Non che fosse tirchio, ma... No, okay. Era tirchio e l'idea di offrire la colazione a questo “Kibum” non gli piaceva. Era strano pensare che lo stesse infastidendo tanto la prospettiva di passare del tempo con lui, considerando che solo la sera prima si era ritrovato a desiderare ardentemente di finire in mezzo alle sue gambe. O forse, non lo era poi così tanto. Il sesso non lasciava spazio alle conversazioni e a cose di questo tipo, il sesso era solo sesso. Morsi, baci, graffi. Niente a che vedere con quello che gli stava capitando ora.

 

«Sei sempre così simpatico, signor “Che te ne frega”?» domandò Kibum, aumentando la stretta attorno al suo braccio. «Non mangio mica, sai?» Jonghyun non rispose nulla, prendendo a camminare verso l'ingresso dell'hotel. «Non sarai mica offeso per ieri sera, vero? Dai~! Scommetto che anche tu sei rumoroso, quando lo fai, quindi-»

 

«Dacci un taglio! Per colpa della tua vocetta urlante, adesso mi trovo in questa situazione. I miei amici sono infuriati con me, non so dove andare per incontrarli e sono rimasto incastrato in qualcosa che non voglio. L'ultima cosa di cui ho bisogno, è ricordare chi ha causato la mia insonnia la scorsa notte.»

 

«Come sei antipatico.» Kibum si imbronciò, e le sue labbra rosa, contratte in quel modo, gli donavano un'espressione che Jonghyun trovò adorabile. Non sapeva perché, ma gran parte della sua rabbia in quel momento sparì, e pensieri un po' più tranquilli abitarono la sua mente. Infondo si trattava solo di prendere qualcosa di caldo assieme, farsi dire le informazioni e cominciare la sua mattinata, non sarebbe andata tanto male, no? Non aveva granché di cui temere. «Mi chiamo Jonghyun. Kim Jonghyun.»

 

«Quindi ti chiami così! Pensavo non lo volessi dire perché avevi un nome imbarazzante. Bene, Jonghyun~ Cosa ci fai qui, lontano da casa e per di più tutto solo?»

 

«Ti ho già detto che non sono da solo, sono con degli amici.» a giudicare dalla faccia che fece, Kibum non sembrava averci creduto. «Dico davvero! Nell'altro hotel le stanze erano tutte piene, così mi hanno trasferito qui. Purtroppo, aggiungerei.»

 

«Yah! Come sei permaloso! Lo sai che c'è chi pagherebbe, per avere un privilegio come lo hai avuto tu? Sono piuttosto popolare.» Jonghyun non sospettava fosse la verità, considerando quanto bello e attraente fosse l'altro ragazzo. Si trattenne dal dirgli, però, che piuttosto di avere un ruolo di spettatore, avrebbe preferito poter partecipare attivamente la cosa. Non gli sembrava una frase da dire a un tizio appena conosciuto, in ogni caso. Così reprimette quel pensiero. «Conosci qualche bar in cui andare?»

 

«Ce n'è uno carino che fa delle brioche buonissime~»

 

Uscirono dalla hall dell'hotel poco dopo, camminando fianco a fianco come amici di vecchia data. Nessuno avrebbe mai detto, guardandoli, che in realtà fossero meno che conoscenti, perché tra loro c'era una sorta di alchimia impossibile da definire in modo diverso: era un po' come se l'empatia che generavano li unisse irrimediabilmente. Jonghyun si sentiva rapito e sconvolto da quello che stava pensando, ma non riusciva a mettere un blocco ai propri pensieri. Qualsiasi cosa gli stesse facendo quel “Kibum”, doveva essere davvero potente. «Parlami un po' di te» fece d'improvviso il biondo, quando si fermarono ad un semaforo rosso. «Cosa ci fai quaggiù?».

 

Jonghyun affondò le mani nelle tasche della sua giacca e sospirò leggermente. «Il leader della mia band pensa che abbiamo bisogno di cambiare aria e di trovare nuove idee, l'ispirazione, insomma, per riuscire a sfondare nel mondo della musica. Così, eccoci qui.» Era un discorso molto sintetico il suo, ma non aveva molto da dire a riguardo.

 

«Una band? Suoni qualcosa?» Kibum sembrava stupito dalla cosa, ma anche piacevolmente eccitato. «Che tipo di musica fate? Siete famosi, in Corea?»

 

«Dimmi un po', da quanto tempo non metti piede a casa, tu?» domandò Jonghyun. «Se vivessi in Corea, allora lo sapresti!»

 

Gli occhi di Kibum si sgranarono appena. «Se dici così, significa che siete veramente famosi! Wow! Ricordami di farmi un autografo su un tovagliolino di carta, dopo!» Kibum ridacchiò divertito. «In ogni caso, mi sono trasferito in una città a qualche ora da qui quasi dieci anni fa. Se mi trovo nella capitale, ora, è per lavoro.»

 

«Quindi quello di ieri sera chi era? Un tuo collega?»

 

«Qualcosa del genere, sì» il verde scattò e i due attraversarono in fretta la strada. «E' sposato e non è nemmeno bravo a letto quanto voglia far credere, ma non bisogna fare gli schizzinosi. Dopo tutto, è raro trovare coreani sexy, quaggiù.»

 

«Raro, ma non impossibile» Jonghyun fece l'occhiolino, indicandosi, e Kibum non poté trattenersi dallo scoppiare in una risata cristallina. «Come darti torto? Una star della musica, per di più sexy, bussa alla porta della mia stanza! Deve essere senza dubbio il destino!»

 

Anche Jonghyun si unì nella risata, senza staccare lo sguardo dal ragazzo. Kibum era davvero, davvero, davvero molto bello. Era un pensiero che non si stancava mai di balenargli il testa e che era assolutamente impossibile da scacciare. Il modo in cui le sue labbra rosa di tiravano, i suoi zigomi si alzavano e la sua voce usciva fuori quando rideva, ecco, per Jonghyun tutto questo era adorabile. Non avrebbe mai pensato di ritrovarsi ridotto così male per un ragazzo appena conosciuto, ma stava accadendo. Era così assorto in quelle riflessioni, che non si accorse che si erano fermati.

 

«E' questo il posto.» disse Kibum, indicando una alta vetrina dalla quale si potevano vedere diversi tavolini. Era il classico bar europeo, né troppo spartano né troppo elegante, uno di quelli dove i baristi indossano una t-shirt bianca e grembiuli verde smeraldo. «Entriamo?»

 

«Non siamo venuti fino a qui sono per stare a guardare!»

 

Presero un tavolino quasi appartato, posto in un angolo del locale dove era stato posto un divanetto in pelle. Jonghyun si sedette lì, mentre Kibum preferì mettersi comodo sulla sedia. Si era tolto la giacca grigia, rimanendo con un pullover dal collo largo, che dava bella mostra delle sue clavicole strette. I segni della sera prima erano stati evidentemente coperti con del fondo tinta, e Jonghyun si ritrovò ad apprezzare di non dover fare colazione con la vivida immagine stampata nella mente di quei due che facevano sesso. Il fatto di starci ancora pensando, però, era l'evidente segno che evitare una cosa del genere era un tantino impossibile.

 

«Dal momento che mi hai-» Jonghyun tentò di trovare delle parole per descrivere quello che era stato il loro approccio, ma non ci riuscì. «invitato, credo, a fare colazione fuori, devo presumere che io ti-»

 

«Piaccia?» Kibum lo disse senza nemmeno guardarlo, concentrato a giocare con l'angolo del menù. Lo aprì e finse – evidentemente – di guardarlo, alzando piano le spalle. «Un po'. Forse. Immagino che sia stato- ecco, sai, qua non ci sono molti coreani. Non dico che tu sia il primo, ma in genere sono...»

 

«Brutti?» Jonghyun ghignò. Era ben consapevole di essere un bel ragazzo.

 

«Avrei detto poco interessante, per essere politicamente corretto, ma ecco, sì.»

 

«Quindi, dato che hai visto un coreano decisamente sexy, che tra le altre cose alloggia nel tuo stesso hotel, nella camera affianco alla tua, hai pensato: “Cogliamo l'occasione al volo”?»

 

«Qualcosa del genere, sì.»

 

«Quindi speri cosa, esattamente?» Jonghyun non riusciva a cancellarsi quel sorrisetto divertito dalle labbra. Quando Kibum si rese conto di essere stato incastrato, arrossì impercettibilmente e arricciò le labbra, imbronciandosi. «Che modi! Per il momento, fare colazione. Pensavo in un cappuccio con-»

 

«Per il momento fare colazione, sì. E poi, Kibum?» Jonghyun appoggiò il mento ad una mano «Hai intenzione di ripetere lo spettacolino di ieri sera, o cosa?»

 

«Con una brioche, sì. Cappuccino con brioche. Dov'è il cameriere?»

 

Davanti a una così palese fuga dal discorso, Jonghyun non poté fare a meno di ridere. «Okay, okay, ho capito. Non ti incalzo più.»

 

Passarono quasi mezz'ora a chiacchierare e a sbocconcellare le loro colazioni, ridendo e facendosi battute a vicenda su praticamente qualsiasi cosa. Jonghyun si sentiva attimo dopo attimo sempre più a suo agio con Kibum, ed era sicuro che il ragazzo biondo stesse provando le stesse sensazioni. Aveva iniziato a sfiorarlo, in modo del tutto casuale, certo, ma delizioso. Le mani di Kibum si posavano sulle sue per un istante, sentiva i suoi polpastrelli accarezzargli palle, per poi allontanarsi con la stessa velocità e leggerezza con cui lo avevano sfiorato. Lo stavano facendo impazzire.

 

Cercava, però, di mostrarsi controllato. Era certo che il piano di Kibum fosse proprio quello di vederlo cedere; ormai era chiaro che il biondo nutriva interesse verso di lui, ma allo stesso tempo, che non voleva esporsi e fare lui la prima mossa, quella che li avrebbe portati – con ogni possibilità – nudi, in un letto. Jonghyun era indeciso su se cogliere l'opportunità e fregarsene, o vedere fin quanto Kibum volesse provare a stuzzicarlo. Chissà, magari tutto quello stava accadendo solo nella sua testa, forse i suoi tocchi erano casuali e non aveva nessun interesse verso di lui, ma Jonghyun era abbastanza certo di averci preso, con la sua intuizione.

 

Sorseggiò il suo mocaccino, ascoltando Kibum raccontargli del suo lavoro. Faceva lo stilista per una piccola boutique francese, anche se in realtà era solo il braccio destro della proprietaria e non aveva grande voce in capitolo, quando si trattava di creare nuove collezioni. Diceva di essere soddisfatto del suo lavoro, ma di voler raggiungere il successo, non incrementare quello del suo capo restando nell'ombra. Aveva un paio di book pieni di vestiti perfetti per un sacco di collezioni, ma non aveva mai avuto la possibilità di farli vedere a nessuno. Le sfilate, diceva, erano molto suscettibili e restie a sponsorizzare chiunque.

 

«Tu sei famoso, no? Perché non indossi, tipo, una mia giacca? Se piace, potresti dire che-»

 

«Non sono poi così famoso. Anzi,» Jonghyun alzò le spalle. «Non lo sono affatto, in realtà. Il nostro album è stato un mezzo fallimento e i nostri fan saranno una ventina in tutta la nazione.»

 

«Cosa c'è che non va nella vostra musica? Fate così schifo?» ghignò Kibum. Il suo tatto – notò Jonghyun – era davvero dei peggiori.

 

«Il problema sono i nostri testi, credo, perché la musica è davvero molto buona. Il fatto è che se ne occupa il nostro leader... Non dico che facciano schifo, è solo che... Noi siamo una band rock, i suoi testi sono praticamente delle ballate. Le ballate rock non funzionano, capisci? Ci vorrebbe qualcosa di diverso.»

 

«Se hai le idee così chiare, perché non ci provi?» Kibum finì la suo brioche.

 

«E' proprio questo il problema, io so di poter scrivere bei testi, ma non ho l'ispirazione. E dubito che questo posto mi darà quello di cui ho bisogno.»

 

«Come puoi aspettarti che grattacieli e cemento ti diano l'ispirazione per qualcosa di personale come la musica?» Kibum scosse la testa «Io non ne capisco niente di canzoni e testi, ma se so una cosa è che l'arte viene dai sentimenti e i sentimenti sono generati dalle persone, dalle cose vive. Quando voglio disegnare qualcosa di bello, non mi ispiro a un ponte, tanto per dirne una.»

 

Jonghyun ridacchiò, non aveva mai visto la cosa sotto questa prospettiva. Gli piaceva il modo di ragionare del ragazzo. «Potrei ispirarmi a te, allora. Sai che bella canzone uscirebbe? Qualcosa tipo: Non riuscivo a dormire / per colpa di quel cretino / che non voleva venire.»

 

«Sei così volgare!» Disse Kibum, ridendo forte. «Una canzone del genere non venderebbe mai! Sei terribile! Io parlavo seriamente!» si pulì le labbra con un tovagliolino. «Non importa, sei un idiota. Non sfonderai mai nel mondo della musica, mi dispiace.»

 

«Peccato, se fossimo diventati famosi, forse qualche tua giacca l'avrei indossata.»

 

Kibum gli fece una linguaccia, prima di sorridergli. Il suo sorriso – pensò Jonghyun, di nuovo, per la milionesima volta nel giro di un paio di ore – era davvero bellissimo.

 

▪▫▪▫▪

«Dove diavolo si è cacciato Jonghyun?!» sbottò Minho, vicino al limite. Non sopportava più di dover aspettare, gli sembrava di starlo facendo da tutta la vita. Stavano seduti sotto alla banchina di un autobus da così tanto tempo da non saperlo nemmeno quantificare, con il vento che soffiava dritto sui loro volti. Jonghyun lo avevano sentito un secolo prima e gli aveva detto di aspettarli, che stava arrivando, ma di lui non c'era stata traccia. Sicuramente s'era perso, avevano pensato, da un tipo come Kim Jonghyun c'era da aspettarsi questo ed altro, ma allora perché non rispondeva al cellulare? In genere, quando ci si perde, la prima cosa che si fa è cercare aiuto per ritrovare i propri compagni, ma in quel caso non era stato così. Jonghyun era sparito, era impossibile contattarlo. Per quanto ne sapevano, poteva essere benissimo morto. Investito, magari, da uno dei mille e trecento autobus che avevano visto passare davanti ai loro nasi durante quell'estenuante attesa.

 

«Spero solo che abbia una scusa convincente.» continuò Minho. «Tipo... No, a meno che non sia morto, lo ammazzerò io.»

 

«Hyung, magari ha solo avuto qualche contrattempo con l'hotel» provò Taemin «Da come gli è iniziata questa vacanza non me ne stupirei... Poi immagina, se ha avuto qualche problema con loro, come se la cava? Non dice mezza parola in inglese, e se tentasse di farlo, direbbe una parola al posto dell'altra e confonderebbe solo di più le idee a chi cerca di ascoltarlo!»

 

«E' una cosa che fa pure con la sua lingua madre, che c'è da stupirsene?! Dico solo, avvisaci, accidenti! Non possiamo assiderarci qui per ore solo per colpa del tuo stupido culo pigro.» Minho affondò il viso nella sua sciarpa celeste, cercando di scaldarsi il naso con il suo stesso respiro. La cosa, dopo pochi istanti, sembrò funzionare. Bene, almeno non avrebbe perso un arto utile per colpa di quel deficiente.

 

Jinki alzò lo sguardo dal suo iPod e assottigliò lo sguardo per mettere a fuoco qualcosa in lontananza. Quando ci riuscì, allungò una mano verso Minho e lo colpì piano sulla spalla. «Ma è Jonghyun? Sta arrivando!»

 

In fondo alla strada, Jonghyun camminava nella loro direzione con il più idiota dei sorrisi sulla faccia. Quando Minho lo vide si domandò se avrebbe continuato a sorridere anche se gli avesse tirato qualcosa in testa. Aspettò che fosse abbastanza vicino, per dirgli: «Ce ne hai messo di tempo. Dimmi la tua scusa convincente o preparati a morire, hyung.»

 

Jonghyun spostò il peso del corpo da una parte all'altra, indeciso se svuotare il sacco o meno. Infine, con un sospiro arrendevole, disse: «Ho conosciuto un ragazzo. Davvero, davvero carino. E sono andato a farci colazione. Ma non avevo scelto, mi ha praticamente costretto!»

 

«... Cosa?» domandò Minho, e non era quel tipo di 'cosa' che precede un ' non ho capito, potresti gentilmente ripetere?', ma quel genere di 'cosa' che si sussurra increduli, quasi per dare una seconda possibilità di cambiare ciò che la persona appena detto in qualcosa che non comporti la morte immediata. «Ci hai fatto aspettare qui al gelo per due, tre fottute ore, perché eri a fare il coglione con un ragazzo?! Hyung, giuro che-»

 

«Minho diventa suscettibile, con il freddo.» disse Jinki semplicemente. «Però ha ragione. Avresti dovuto avvisarci.»

 

«Mi dispiace» si scusò Jonghyun. Dal momento che sia Jinki che Minho avevano espresso il loro parere, voltò il viso verso Taemin aspettandosi lo stesso, ma scoprì che il più piccolo stava fissando ostinatamente a terra. Inizialmente non capì, ma poi collegò le cose. Oh. Era sicuro che a Taemin non piacesse l'idea che avesse passato l'intera mattina ad una specie di appuntamento con un ragazzo che, evidentemente, non era lui.

 

«Beh...» disse, un po' impacciato. «Allora, cosa vogliamo fare, andiamo?» tirò le labbra in un sorriso nervoso, sperando di fare un po' di tenerezza almeno agli altri due. Minho sbuffò stressato e si alzò dalla banchina. «Il mio culo è ghiacciato e dolorante. Penso di odiarti, hyung.»

 

Beh, dai. Come vacanza, stava andando alla grande.

 

▪▫▪▫▪

La sua mente, in quel momento, era – per dirla con un elegante francesismo – un fottuto casino. Non riusciva a pensare e non aveva voglia di farlo, aveva bevuto troppo (e lui in genere evitava di farlo, perché riusciva a sbronzarsi davvero con poco) ed era, per così dire, un tantino impegnato. Ci avrebbe pensato la mattina dopo a come gli eventi lo avessero portato a quel momento, a come era potuto succedere che un innocente “ci beviamo un bicchiere di vino assieme, Jonghyun?” si fosse trasformato in Kibum contro una porta, le mani sotto la sua maglietta e le loro labbra incollate. Avrebbe pensato all'indomani anche a come i loro vestiti fossero finiti sul pavimento, alla maniera deliziosa in cui Kibum aveva morso la sua spalla, alla sua risata leggera ed ebbra. Avrebbe rimandato tutto a dopo, perché adesso non poteva, proprio no, concentrarsi su qualcosa che non fosse il corpo del biondo sotto il suo. Attorno al suo. Ovunque, contro la sua pelle.

 

Qualsiasi altra cosa poteva aspettare

   
 
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