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Autore: Dazel    01/05/2013    10 recensioni
Tutte le storie d'amore hanno bisogno di prendersi il loro tempo, eppure, a volte nascono sentimenti anche lì dove di tempo non ce n'è.
Un viaggio di cinque giorni in una città straniera farà incontrare Jonghyun, membro di una rock band sul lastrico, e Kibum, un aspirante stilista trasferitosi in occidente per tentare la fortuna.
Basteranno cinque giorni per innamorarsi di qualcuno? E una volta giunti al termine, si sarà davvero pronti a dire addio alla persona che si è scoperto di amare?
JongKey | 2min (accenni).
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Jonghyun, Key
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cinque giorni. [1/5]

Quella di fare un viaggio all'estero, era stata un'idea di Jinki. A suo dire avevano tutti bisogno di cambiare aria, di vedere cose nuove e sperimentare nuove esperienze. Solo così – diceva il leader – sarebbero riusciti a trovare l'ispirazione che serviva loro per sfondare nel mondo della musica.

Jonghyun si accese una sigaretta osservando Taemin chiudere a fatica la propria valigia, stra colma di abiti che in cinque giorni non sarebbe mai riuscito a sfruttare pienamente. Taemin era così, era un ragazzo a cui piaceva esagerare. Per lui non c'era limitazione a niente, era incredibile quante cose contenesse la sua testolina, era impossibile sapere cosa frullasse là dentro, e Jonghyun non era sicuro di volerlo sapere. Aveva un corpo esile e il viso da “bravo ragazzo”, niente a che vedere con la belva che si scatenava sul palco, quando le luci si spegnevano e i riflettori gli venivano puntati addosso. Le sue braccia e gambe magre non sembravano essere le più adatte a reggere una chitarra di quasi dieci chili, ma Taemin era davvero bravo a suonarla, decisamente il migliore tra quelli che aveva sentito durante i provini nel garage di casa sua.

Una band rock. Ricordava bene il giorno in cui lui e Jinki avevano deciso di fondarne una, scambiandosi idee con le guance appoggiate contro le pagine lucide del libro di matematica che stavano cercando – con scarsi risultati – di studiare. In quel momento non avevano mai pensato che la loro idea si sarebbe concretizzata, che sarebbe diventata qualcosa di più di un sogno, che ci si sarebbero impegnati. A tre anni da quel giorno, avevano trovato due membri e pubblicato un primo cd, che anche se non aveva ottenuto successo, li aveva fatti sentire pienamente realizzati.

Ora si trattava solo di incanalare il loro talento e la loro passione in qualcosa che li facesse esplodere. Perché una bomba, senza una miccia, non è nient'altro che una palla di ferro molto pesante.

E a quanto diceva Jinki, non c'era niente di più infiammante che un viaggio all'insegna dell'avventura. Jonghyun non sapeva se avrebbe davvero funzionato, solo che non era deliziato all'idea di partire, non si sentiva per niente eccitato. Avrebbe voluto restarsene a casa, ma non ci teneva a far capire agli altri che stava facendo tutto contro voglia. Così stette zitto, si sedette sul materasso del suo letto e guardò Taemin armeggiare con la cerniera, tirandola con tutta la forza che aveva in corpo verso la fine della zip.

«Hyung, mi daresti una mano?»

«Siediti sopra il bagaglio, cerco di chiuderla.»

Taemin obbedì e Jonghyun riuscì, con un gesto secco, a far incontrare i due gancetti della cerniera. «Mettici il lucchetto, hyung!» fece Taemin, passandogli l'oggetto.

«Rosa? Davvero?» Jonghyun non si trattenne dal ghignare, chiudendolo attorno ai ganci.

«Era l'unico che vendevano al negozio di ferramenta! Sembra che ormai vengano usati solo per scriverci iniziali e attaccarli ai ponti...»

«Stupidi ragazzini.» Jonghyun scrollò la cenere dalla sigaretta, il cilindro grigio si infranse contro il pavimento. Minho odiava quando Jonghyun lo faceva, ma in quel momento non era lì, quindi, non poteva di certo lamentarsene. Minho del gruppo era quello sportivo, quello che amava correre, praticare sport e guardare le partite di calcio bevendo bibite energetiche. Era il secondo chitarrista, e anche se non brillava nel suo ruolo, aveva un viso sufficientemente bello per attirare ragazzine e far guadagnar loro qualche fan. Certo, non era una mossa corretta, ma se Jonghyun e Jinki avevano preso una decisione del genere, era solo perché Minho era un loro caro amico e non volevano tenerlo fuori dal progetto.

«Dicono che se fai così, allora il tuo amore durerà per sempre» sussurrò Taemin, restando seduto sulla valigia.

Jonghyun restò in silenzio, indeciso se dire qualcosa o stare zitto. Tra lui e Taemin, un tempo, c'era stato qualcosa. In realtà per Jonghyun non erano state altro che un paio di scopate per riempire i pomeriggi, ma non aveva mai preso in considerazione l'idea che per Taemin non potesse essere lo stesso. Ci era rimasto sotto, per così dire, e quando Jonghyun si era accorto della cosa aveva deciso di troncare il rapporto. Non ne parlavano quasi mai, ma a volte capitava che Taemin dicesse qualcosa, come in quel momento, che portasse quel periodo nel presente. A Jonghyun non piaceva. Lo faceva sentire stronzo e senza cuore, e lui non era così. Era solo giovane, e tutti possono sbagliare, ma non aveva intenzione di ripeterlo. Come gli aveva già detto, Taemin era stanco di sentirsi definire un errore.

«Forse avresti dovuto farlo anche tu, allora.»

«Pensi che avrebbe funzionato?»

«No, credo di no. Non è un lucchetto a cambiare le cose.»

Taemin si morse un labbro e poi si alzò, aggiustandosi una ciocca rossiccia dietro l'orecchio e avvicinandosi al suo Eastpak. «Forse faresti meglio a prepararti anche tu. Non ti ridurrai sempre all'ultimo come al solito, vero, hyung? La partenza è per sta sera.»

«Sono solo cinque giorni, non mi devo portare tutto l'armadio come hai fatto tu.» Jonghyun spense quel che restava della sua sigaretta contro una mattonella, e poi si avvicinò alla porta della camera da letto. «Questa camera fa schifo.»

«Se non la trattassi come la tua ciminiera personale, sarebbe un po' meglio.»

«Resta comunque una stanza deprimente in un appartamento fatiscente. Senza contare che lo divido con quattro ragazzi. Che palle.»

Taemin scosse la testa; quando Jonghyun era turbato, si lamentava. Stare lì a cercare di ragionare con lui in certi momenti era inutile, molto meglio non dargli corda e lasciarlo nel suo brodo. Era stato difficile, ma con il tempo era riuscito a conviverci e a capirlo. Kim Jonghyun era un orso. Un po' bruto, ma in fondo buono. Forse, se addomesticato, un giorno sarebbe migliorato.

▪▫▪▫▪

Il gate 7 dell'aeroporto di Incheon era affollato di gente che aspettava ansiosa che l'aereo partisse. Era stato rimandato prima di trentacinque minuti, poi di un'ora, e Jonghyun aveva cominciato a spazientirsi. Non poteva fumare, il cellulare era quasi scarico e la signora affianco a lui puzzava di sudore. Quel viaggio – che già, ricordiamolo, non voleva fare – aveva un prologo tutto fuorché “emozionante”. Avrebbe voluto strozzare Jinki, seduto qualche metro davanti a lui, affianco a un Taemin mezzo addormentato e Minho, che stava leggendo una rivista con scarso interesse. Jinki stava scrivendo qualcosa su un quadernino, forse il testo di una nuova canzone. Jonghyun non voleva che si offendesse, per questo motivo non lo aveva mai detto al leader, ma credeva che i suoi testi fossero noiosi. Non era quello che la gente voleva, a suo dire. Si reputava più bravo a scrivere i testi, e se ne avesse scritto qualcuno lui, nello scorso album, forse le vendite sarebbe state migliori. Però non lo aveva fatto. Non aveva mai portato alla conclusione nemmeno uno dei suoi mille testi, per cui, con quale diritto poteva giudicare il lavoro di Jinki? Forse avevano ragione quelli che gli dicevano che era solo un antipatico frustrato. Ma non era colpa sua, se ultimamente non riusciva a sentirsi sereno. Era come se nel suo stomaco si fosse formato un groviglio nero.

Chiuse gli occhi e iniziò a picchiettare i piedi contro il pavimento, canticchiando sotto voce una vecchia canzone dei Pink Floyd. Rimpianse di aver chiuso l'iPod in valigia, la musica avrebbe migliorato quell'estenuante attesa, ma ormai era fatta. Poteva solo sperare che non durasse ancora a lungo.

Un brusio proveniente dalle sue spalle gli fece capire che qualcosa cominciava a smuoversi. Le hostess di terra si erano avvicinate alla macchinetta del controllo dei biglietti aerei e alcune persone avevano cominciato ad alzarsi, avvicinandosi al cancelletto. Con un cenno, Jinki gli fece capire che dovevano alzarsi, poi assestò una piccola gomitata a Taemin per svegliarlo dal suo dormi veglia e picchiettò il braccio di Minho, che distolse finalmente la sua attenzione dal giornale. Jonghyun sbuffò e si alzò dal sedile e non appena si allontanò di qualche passo da dove era stato fino a quel momento, si rese conto di come l'aria risultasse più gradevole lontano da quella grassona allergica al deodorante.

«Tutto okay?» gli domandò Jinki, «Hai una faccia...»

«Non mi piace volare.» mentì Jonghyun.

«Andrà bene. Non ci sono molti incidenti aerei, sai? Statisticamente parlando.»

«Statisticamente parlando, un uomo con la testa nel forno e il culo nel freezer è okay.»

Jinki ridacchiò, scuotendo la testa. «Questa l'hai rubata da Facebook!»

«Un vecchio libro, in realtà, ma fa lo stesso. Non mi fido di una cosa che si alza da terra e resta in aria non si sa come.»

Minho si intromise nel discorso «Credo che qualcuno sappia come si mantiene in cielo, hyung.»

«Beh, io no. E per quello che conta, non mi fido. E poi chi è il pilota? Sarà davvero qualificato?»

«Hyung, sei una lagna. Fidati e basta!» Rise Minho, dandogli un colpetto. «Andrà bene, come quella volta che siamo andati a Tokyo. Lì non avevi paura.»

«Ora ce l'ho. Non è esattamente un volo da un paio di orette, questo.»

«Sarà emozionante, invece! Non vedo l'ora di essere a bordo e vederci tra le nuvole» disse esaltato Taemin. «E di mangiare il cibo sull'aereo! Tutto sembra più buono, a nove mila metri da terra!»

«Il cibo sull'aereo fa schifo, e di solito è misero.» Jinki se ne intendeva di cibo, dato che oltre a dormire, mangiare era la sua principale passione. Lui era la seconda voce del gruppo, non che batterista e compositore. Le sue basi erano davvero belle, i suoi testi, a detta di Jonghyun, un po' meno. Era fissato con la cucina ed era raro trovare qualcosa che non gli piacesse, se ben cucinato. Poteva mangiare qualsiasi cosa in grande quantità – se si manteneva in forma, era solo per via delle due ore di nuoto mattutine. Jonghyun non sapeva se ce l'avrebbe mai fatta a impegnarsi costantemente alzandosi ogni giorno all'alba. Preferiva evitare di mangiare cibi grassi o di mangiare troppo. In palestra andava giusto un paio di volte a settimana.

L'hostess di terra aprì il cancelletto e iniziò a controllare i primi passeggeri, dandogli il buon viaggio e facendoli passare uno dopo l'altro. Jonghyun aspettò il suo turno, allacciando il suo chiodo di pelle e cercando di non pensare a nulla, anche se non era facile. Non era stata del tutto una bugia la sua, in realtà. Aveva sempre paura, quando saliva su quei cosi traballanti.

«Coraggio~» gli sorrise Taemin, intrecciando le loro dita. Jonghyun lo guardò un po' seccato. Gli sarebbe mai passata, quell'assurda cotta?

L'amore per Taemin era come la possibilità di Jonghyun di tornarsene a casa ora e mandare al diavolo tutto, piazzarsi davanti alla Play Station e aprirsi una lattina di birra: impossibile.

▪▫▪▫▪

Almeno a bordo, non fu Jonghyun a capitare tra due sconosciuti, ma questa sorte toccò a Jinki. Fortunatamente la signora puzzolente era ben lontana da entrambi, piazzata nelle prime file, quelle riservate a chi aveva pagato di più per una zona “comfort”. Jonghyun immaginava bene quanto si sentissero “agiati” gli altri passeggeri che avevano pagato quel supplemento, ad avercela vicina. Lui si trovava seduto tra un Taemin iper eccitato («Hyung, guarda quella nuvola!», «Si vede una montagna, hyung!», «Il mare, hyung, il mare, guarda che bello!») che continuava a scattare fotografie, e Minho, che gli raccontava della sua ultima avventura con una ragazza che aveva conosciuto ai corsi serali di chitarra.

Jonghyun, a differenza di Minho, era da tempo che non usciva con una persona e non si faceva una scopata. Forse era anche per quel motivo che stava diventando così acido e intrattabile. Aveva un sacco di persone disposte ad aprire le gambe per lui, ma nessuna di esse lo interessava davvero. Spingere e venire era triste, a lungo andare, e non poi così tanto soddisfacente. Aveva usato quel metodo per un certo periodo, ma alla fine si era ritrovato ad odiarlo. Fottere, fottere e fottere ancora. Non aveva senso, se poi finiva con l'addormentarsi la sera da solo, sbloccare il telefono e non trovarci nessun messaggio carino, non avere nessuno da portare fuori a cena nei giorni speciali. Era stupido e da femminuccia, ma Jonghyun era fondamentalmente un tipo romantico e a lui quelle cose importavano. Voleva un fidanzato o una fidanzata, ecco cosa. Non una persona qualunque, però, altrimenti si sarebbe accontentato di Taemin. Non sapeva esattamente cosa cercasse, ma probabilmente lo avrebbe capito solo trovandolo. L'aereo sobbalzò e Minho si guardò intorno, inquietato, ma nessuno sembrò farci caso.

«E' solo un po' di turbolenza, tranquillo.» Lo rassicurò Jonghyun.

«Non era tu quello terrorizzato, hyung?»

Jonghyun fece per parlare, ma Taemin richiamò la loro attenzione «Iniziano ad accendersi le stelle nel cielo! E' davvero... Wow! Dovete guardare!»

Il resto del viaggio proseguì tranquillamente.

▪▫▪▫▪

«Quando arrivano i bagagli?» fece Jinki, spazientito. Erano circa quindici minuti che se ne stavano in piedi a fissare il nastro trasportatore starsene immobile davanti ai loro occhi. I posti a sedere erano già stati occupati, perciò non gli restava altro da fare se non starsene lì, in piedi, ad aspettare che le loro valige arrivassero.

«Ci mettono un po' a scaricarli dalla stiva» disse Minho, inclinandosi un po' per scorgere verso la fine del nastro, speranzoso di vedere il primo bagaglio arrivare, ma non accadde nulla.

«Spero proprio che non abbiano perso nessuna delle nostre valige» mugugnò Taemin, mordicchiandosi di nuovo il labbro. Era un gesto automatico, il suo, che smascherava benissimo il suo nervosismo. «Come potrebbero perdere la tua, con quel lucchettone rosa scarlatto?!» commentò Jonghyun, ricevendo dal più piccolo un'occhiata di rimprovero.

«Ti ho già detto che-»

«Okay, okay. Non ti arrabbiare! Guardate, stanno arrivando i bagagli! Minho, inizia a chiamare il taxi.»

Minho annuì e Jonghyun iniziò a pensare a come sarebbe stato confortante buttarsi su un materasso e dormire per dodici ore consecutive.

▪▫▪▫▪

Anche se non erano sicuri di cosa la receptionist stesse cercando di dir loro, erano abbastanza certi che ci fosse qualche problema con le loro camere. La donna continuava a cercare di spiegare con parole elementari e ben scandite quale fosse l'inghippo, ma nessuno di loro quattro sembrava conoscere l'inglese abbastanza bene da afferrare il concetto. Jonghyun cominciava a innervosirsi e gli altri tre non erano da meno. La donna continuava a gesticolare e più Jonghyun vedeva le sue mani muoversi da una parta all'altra a mezz'aria, più pensava a quanto fosse irritante non parlare l'inglese. Ma perché erano dovuto andare in un paese all'estero?! Che razza di idea. L'unica cosa che stava accendendo, quella avventura, era la sua rabbia.

Le cose divenne immediatamente più chiara quando la donna mise solo tre chiavi sul bancone, anziché quattro. «No room! No. Room.»

«Rhum? Ci sta dando degli alcolizzati? Non ce l'abbiamo il dannato Rhum! We don't rhum! Come si dice? Yah! Che cazzo, perché non il Giappone? Potevamo andare in Giappone a cercare questa dannata ispirazione!»

«Jonghyun, datti una calmata. Irritarsi non servirà a nulla!» fece Jinki, «Penso stia cercando di dirci qualcos'altro. Room è stanze, no? E le chiavi sono tre, di conseguenza...»

«... Non dirlo.»

«Another hotel!» cercò di spiegarsi la donna, in maniera elementare. «One of you. Do you understand?»

«Credo voglia dirci che uno di noi dovrà andare in un altro hotel...» fece Taemin.

«... Vedetevela voi, io non ne voglio sapere niente! Ve lo scordate che mi infili in un taxi e vada a piazzarmi in un altro hotel, da solo, senza capire una parola di quello che la gente dice attorno a me! Sarebbe un incubo!» sbottò Jonghyun. Gli altri tre si guardarono negli occhi, e poi, di scatto, afferrarono una chiave ciascuno.

«... No. Davvero. Scordatevelo. Non accadrà mai.»

Dieci minuti dopo, Jonghyun stava seduto sui sedili posteriori di un taxi giallo limone, con una delle più grandi incazzature di sempre.

▪▫▪▫▪

L'hotel in cui mandarono Jonghyun era più carino del primo, e per scusarsi del disturbo, gli avevano anche riservato una stanza di classe superiore. Alla fine non gli era andata poi così male, pensò nello sdraiarsi contro uno dei materassi più comodi che avesse mai provato. La stanza era sobria, ma elegante. C'erano delle tende arancioni e rosse, un armadio dall'aria antica e un grosso bagno con vasca idromassaggio. Lì dentro – pensò – ci avrebbe passato davvero un sacco di tempo.

Stava per farsi rapire dal sonno, quando il suo telefono squillò. Lo prese tra le mani e lesse il messaggio di Minho, che gli diceva di incontrarsi tutti assieme per cenare fuori. Lui si sentiva stanco, ma dire di no era fuori questione. Del resto, starsene da solo chiuso in una camera d'albergo non era il prototipo di serata ideale. Si alzò pigramente e si scompigliò i capelli, prima di prendere dal proprio bagaglio qualche vestito pulito e prepararsi per il primo bagno lussuoso.

Immerso fino al mento nell'acqua calda, sentì lo stress accumulato durante quella dura giornata scivolargli via dal corpo. Mosse le dita dei piedi e inclinò la testa all'indietro, respirando a pieni polmoni. L'odore del bagno doccia al miele era inebriante, e aleggiava per tutta la stanza. Alla fine non era male, come cosa. Anche se era da solo e in un altro hotel rispetto ai suoi amici, erano in una camera d'hotel cento volte più bella della sua stanza a casa. Sulla moquette morbida non avrebbe potuto spegnere nessuna cicca di sigaretta, e probabilmente nemmeno fumare in stanza, ma era un piccolo pegno da pagare in cambio del relax che lo aspettava. Avrebbe approfittato di quei cinque giorni per rilassarsi e nient'altro.

Sarebbe stata una pacchia.

▪▫▪▫▪

Avevano optato per un ristorante di piccole dimensioni, praticamente un pub, in cui consumare un pasto veloce e bere qualcosa. Niente di troppo elaborato o costoso, tutti avevano intenzione di mantenersi bassi coi prezzi ed andare al risparmio. Non parlando nemmeno una parola di inglese, né della lingua che parlavano in loco, avevano ordinato i piatti in preda a pura ispirazione mistica, andando, dunque, completamente a caso.

Il più fortunato di tutti era stato Jinki, a cui avevano portato una decisamente poco promettente poltiglia arancione con dei pezzi di carne dentro, ma di cui il sapore si era rivelato ottimo. A Minho avevano portato del riso con qualcosa di giallino che sapeva di menta, Taemin aveva ordinato un raviolo con dentro del pesce e Jonghyun si era ritrovato a mangiare una specie di passato di chissà quasi verdure e animali. «Non fate gli schizzinosi, dai. Questa è la nostra cena!» fece Jinki, ma era facile parlare con qualcosa di buono da mettere sotto i denti. Jonghyun si fece forza e soffiò sul proprio cucchiaio, ingurgitando quella roba a fatica. Il sapore non gli piaceva per niente, ma aveva troppa fame per digiunare.

«Com'è il tuo hotel, hyung? Ti senti solo?» domandò Taemin, abbandonando la forchetta nel piatto e guardandolo con preoccupazione.

«E' molto bello e ci si sta benissimo!» rispose Jonghyun immediatamente. Non voleva rischiare che il più piccolo si offrisse di passare la serata con lui, perché sarebbe stata davvero la ciliegina sulla torta per completare quella assurda giornata.

«Meno male! Anche il nostro hotel non è male-»

«Se non si considera il rumore che fanno i materassi quando ti ci sdrai sopra. Gneek, gneek!» si lamentò Minho. «Sarà un inferno dormire così. Ho il sonno leggero, continuerò a svegliarmi.»

«Non possiamo lamentarci, abbiamo pagato pochissimo del resto» Jinki alzò le spalle. «A quel prezzo, come alternativa avevano l'ostello della gioventù.»

«Forse sarebbe stato meglio.» commentò di nuovo Minho.

Taemin si illuminò e iniziò a raccontare «Una volta un mio amico andò in un ostello della gioventù, e siccome aveva paura che gli rubassero i soldi, li nascondeva nelle mutande! Negli ostelli dormono tutti assieme nella stessa stanza, anche se non si conoscono!»

«...Che esperienza eccitante.» commentò sarcastico Jonghyun. «Il mio hotel è una favola, mi spiace per voi. Per scusarsi di avermi fatto trasferire, mi han dato una camera con l'idromassaggio.»

«...Cosa!? Non è giuro!»

«Inizi a pentirti, hyung?» ghignò Jonghyun nei confronti di Jinki.

«Non lo so» rispose il leader «Almeno se mi succede qualcosa, io ho qualcuno che parla coreano a cui rivolgermi, tu come farai?»

«Il massimo di cui avrò bisogno sarà una saponetta alla rosa indiana in più~ Non ti preoccupare, me la caverò alla grande.»

▪▫▪▫▪

Se aveva sperato di passare la notte a riposarsi, dormendo e liberandosi della stanchezza del viaggio sul suo letto morbido e confortante, allora si sbagliava. A circa un quarto dalla mezzanotte, dalla stanza affianco avevano cominciato ad alzarsi alti gemiti che rimbombavano dritti nelle sue orecchie. Era la cosa più irritante gli fosse capitata nella sua vita. Continuava a rivoltarsi nel letto nella speranza di prender sonno, e ogni volta che i gemiti si interrompevano e lui riusciva finalmente ad assopirsi, quelli nella camera affianco ricominciavano a darci dentro. Ma che diavolo avevano nelle mutande?! Jonghyun iniziava a perdere la pazienza, sperava che il tizio finisse presto i colpi in canna e lo lasciasse dormire, perché non era possibile che passasse una notte in bianco per colpa di una scopata, specialmente perché non era manco lui a starsela facendo!

Non sapeva quanto avesse resistito, ma ad un certo punto capì che era stato decisamente troppo. Anche se non conosceva la lingua e non sapeva se avrebbe risolto o no qualcosa, si alzò tutto irato dal letto e uscì fuori dalla stanza, sbattendo la porta, prima di aggredire quella della stanza affianco e bussare con forza. «YAH! Che diavolo, smettetela! Stop it! Stop it!»

I gemiti si interruppero e Jonghyun sentì un leggero brusio, prima del silenzio e di passi leggeri. Quando la porta si aprì, restò sorpreso. Il ragazzo che aveva aperto era asiatico e aveva una folta chioma bionda, gli zigomi alti e un paio di labbra color fragola. Era già bello di suo – Jonghyun dovette ammettere – ma con quella espressione mezza sconvolta da un orgasmo era ancora più attraente. Jonghyun deglutì a vuoto, sentendo una pulsione al basso ventre. «I... I want to-»

«Mi hai appena imprecato addosso in coreano. Beh, sono coreano anche io, vengo da Daegu. Che diavolo vuoi, si può sapere?!»

Coreano. Un coreano sexy che scopava nella stanza affianco alla sua. Non facendolo dormire. Non sapeva se essere felice, disgustato, arrabbiato o chissà cos'altro. Irrazionalmente, pensò a quanto sarebbe stato fantastico essere al posto della persona con cui stava passando la notte il biondino. «Dormire. Sono molto stanco e i tuoi gemiti-»

«Questa è la MIA stanza d'albergo e quella è la TUA. Quello che faccio nella MIA stanza sono affari miei, quindi, cerca di non rompere le palle, razza di nano-»

«Yah! I tuoi fottuti gemiti da cagnetta mi impediscono di-»

«Sono solo problemi tuoi!» fece di nuovo il biondo, quando una voce detta in chissà quale lingua (Jonghyun non riusciva nemmeno a riconoscere l'inglese) giunse dalle sue spalle. Il biondo rispose qualcosa nella stessa lingua, prima di posare di nuovo lo sguardo su di lui. «Io sarei un po' impegnato, perciò-»

«Potreste almeno abbassare la voce?!»

Il biondo posò le mani sui fianchi del proprio corpo, squadrandolo dalla testa ai piedi. Jonghyun si sentì sotto esame, come se l'altro, al posto delle pupille, avesse una macchina a raggi X. «Se ti senti frustrato perché non scopi da un po', non prendertela con chi è più fortunato di te. Ora, mi dispiace, ma io avrei qualcosa da continuare.»

«... Chi ti dice che non-»

«Se avessi da scopare, scoperesti, e non romperesti il cazzo a chi lo fa.» ribatté semplicemente l'altro, alzando le spalle. Indossava una maglia molto più larga (probabilmente rubata al partner) e sulle clavicole e il collo erano ben visibili succhiotti rossi e morsi. Jonghyun si ritrovò a desiderare di assaggiare quella pelle. Quel ragazzo lo attraeva, anche se era un piccolo stronzo. Decisamente, un giro con lui se lo sarebbe fatto.

«Perché non ti offri tu, allora?»

Il biondo restò in silenzio, prima di ridacchiare. «Ti prego. Stai cercando di rimorchiare uno a cui hai appena interrotto una scopata? Che ne sai se quello là dentro è il mio ragazzo?»

«I coreani tendono a-» cercò di inventarsi una qualsiasi scusa. La realtà è che non stava pensando affatto. Aveva smesso nel momento in cui il biondo aveva aperto la porta. «Impegnarsi con altri coreani, suppongo.»

«Mi sono stufato ed ho qualcosa da finire, per cui, come ti chiami, sparisci. Chiaro? Tenteremo di fare meno rumore» disse, facendogli l'occhiolino.

Jonghyun annuì, rapito. Non si era mai sentito così idiota in tutta la sua vita.

Solo quando la porta sbatté a pochi palmi dal suo naso, l'incantesimo si ruppe e capì di essere stato raggirato. Se ne tornò in camera, ancora mezzo sconvolto, e cercò di togliersi dalla mente l'idea assurda che gli era venuta. Provarci con uno già evidentemente impegnato, non si era mai abbassato così tanto. Doveva essere l'astinenza ad aver parlato per lui, non c'erano alternative. Si infilò sotto le coperte e chiuse gli occhi, gustandosi il silenzio.

Ma durò poco.

Molto poco.

Dei gemiti ancora più alti dei precedenti cominciarono a riempire la sua stanza.

A/N
Buona notte a tutti,
l'ultima volta che ci siamo sentiti mi pare fosse per comunicare un trasferimento sull'archivio; da allora mi sono presa una pausa (dalle fanfiction, dalla scrittura) che è durata circa un mese. Sono una persona che cambia idea molto facilmente, che è guidata dai sentimenti (qualsiasi essi siano) e che va un po' dove la spinge il vento. Oggi il vento mi ha spinta qui, per questo ho deciso di riprovarci, nonostante tutto, e mettere in pausa (momentanea o meno) il progetto dell'archivio.

Spero che questa fanfiction vi possa piacere; l'ho pensata mentre ero in viaggio a Praga, ma non ho voluto dare una vera identità alla città protagonista di questa storia. Potete immaginare qualsiasi posto voi vogliate: Londra, New York, Hong Kong, la vostra stessa città. Ho deciso di lasciare questa libertà al lettore perché mi sembrava la scelta più giusta.

Questa storia (come credo si sia già intuito) conterà un totale di cinque capitoli. L'ho già pubblicata da più di un mese nel profilo privato (friends only) di AsianFanfiction e ho ricevuto un riscontro positivo, quindi spero possa lasciare le stesse impressioni anche a voi; ovviamente mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, quindi, se vi va di lasciare un commento fatelo pure!

Volevo dedicare questa storia alle mie amiche, che anche se non la leggeranno per diversi motivi, mi son state vicine durante la stesura in modo inconsapevole.

Nella speranza che possa lasciarvi viaggiare almeno un po'.

   
 
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