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Autore: LyraB    16/05/2013    6 recensioni
In un lussuoso collegio viene ritrovata morta la più brillante, carina e popolare delle ragazze. Il suo corpo ondeggia nell'aria ferma dell'auditorium dove stava provando lo spettacolo di Natale e la direttrice dell'Accademia si rifiuta di credere ad un assassino tra le sue studentesse. Ma mentre le feste si avvicinano e la città si riempie di luci, colori e carole natalizie, i poliziotti del CBI dovranno mettere da parte cenoni e regali e scontrarsi contro un ambiente che è solo all'apparenza sereno e di gran classe.
-- Seguito di "Pastelli Rossi"
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del rosso dell'arcobaleno'
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Davanti al portone della Vince Academy stavano una direttrice molto irritata e una donnina bruna vestita di azzurro che si torceva le mani.
Teresa parcheggiò e Elizabeth compì il tragitto tra l'automobile e le braccia della donna in una frazione di secondo, neanche avesse avuto le ali. Teresa e Patrick si scambiarono uno sguardo eloquente: a volte fare quel lavoro era decisamente bello.
Teresa si avvicinò alla direttrice e alzò gli occhi verso di lei, fissandola con fervore nonostante dovesse guardarla dal basso verso l'alto.
- Abbiamo chiuso il caso, miss Vince. -
- Ho saputo. - Rispose freddamente la donna. - Non avrei mai immaginato un esito simile. -
- No, certo. Lei sperava che tutti cascassimo nel suo meschino tentativo di far cadere la colpa del delitto su una studentessa innocente. - Intervenne Patrick.
- Io non le permetto... - Disse la donna, alzando un indice in tono ammonitore.
- No, signorina Vince. Sono io che non le permetto di usare questo tono con il mio consulente. Sarà indagata per complicità in omicidio e intralcio alle indagini. - Disse Teresa.
- Speriamo che questo non vada a discapito del buon nome della scuola, naturalmente. - Completò Patrick, dando voce ai pensieri di Teresa con un sorriso sornione.
La signorina Vince, pallida e rigida, aveva le labbra strette in una espressione di disappunto e gli occhi che lanciavano lampi da dietro le lenti. Teresa sostenne il suo sguardo fino all'ultimo, quando la direttrice abbassò gli occhi, fulminò madre e figlia con il pensiero e rientrò nell'Accademia sbattendosi violentemente la porta alle spalle senza nemmeno salutare. Teresa sorrise tra sè, fiera di aver potuto ottenere giustizia, e fece per allontanarsi. In quel momento Virginia Nardi sciolse dall'abbraccio Elizabeth e si avvicinò all'agente, stringendole una mano tra le sue, minute e ruvide.
- Non ha idea di quanto le sia grata, agente. - Disse - La mia bambina è tutto quello che conta, per me. Non so cosa farei, senza di lei. -
Allungò un braccio e si strinse la figlia al cuore.
- Noi siamo una famiglia. Io e te, mamma. - Disse Elizabeth, ricambiando l'abbraccio. - E non mi importa cosa i Fontaine potranno offrirmi adesso che sono rimasti senza pupattole da viziare: io voglio rimanere con te. -
Madre e figlia si guardarono con gli occhi colmi di un tale affetto che a Teresa si strinse il cuore: c'era più amore in quell'unica occhiata che in tutti i pacchetti di Natale che avevano occupato la sua calza negli ultimi venti Natali.
- Grazie, grazie davvero. - Disse Virginia con trasposto.
- Abbiamo fatto solo il nostro mestiere. - Disse Teresa, a disagio. - Stia bene. -
- Anche lei, agente. -
Teresa e Patrick erano già arrivati alla macchina quando la voce di Elizabeth attirò la loro attenzione:
- Buon Natale! -
Con un groppo in gola, Teresa non ebbe il coraggio nemmeno di tentare un sorriso. Si voltò ed entrò in macchina il più velocemente possibile, chiudendosi bruscamente la portiera alle spalle. Patrick alzò un braccio in segno di saluto e poi si sedette in macchina.
- Potevi anche ricambiare gli auguri. -
- Quali auguri? -
- Non sei capace di mentire, te l'ho già detto. -
- Non me ne sono accorta, davvero. Ci hanno fatto gli auguri? -
- Certo. Potresti farmi scendere al prossimo semaforo? -
- Perchè? -
- Ho voglia di fare due passi. -
- Jane. -
- Davvero, è una così bella serata che è un peccato andare subito a casa. E ti devo ancora comprare un regalo per Natale. -
- Non voglio ricevere nessun regalo. Ne abbiamo già parlato. -
- Tu non lo vuoi ricevere, ma io te lo voglio fare. -
E, approfittando del semaforo rosso che aveva costretto Teresa a fermarsi, Patrick aprì la portiera e scese, sparendo tra la folla che si affrettava sul marciapiede prima che Teresa potesse dire o fare qualunque cosa.
Mentre viaggiava da sola nell'automobile silenziosa, Teresa si ritrovò a combattere contro i suoi stessi pensieri. La mente la riportava di continuo alla famiglia di Scarlet e Susan, che aveva tutto ma aveva perso entrambe le figlie nel giro di una settimana, per di più l'una per colpa dell'altra. E poi pensava a Elizabeth e sua madre, alle difficoltà che le avevano legate e a quella frase di Elizabeth.
"Noi siamo una famiglia. Io e te, mamma."
Riportare quella ragazza a sua madre era stato uno dei regali più belli che avesse mai fatto, pensò Teresa con un vago sorriso. Chissà quante bambine vivevano in quella scuola e non avevano occasione di vedere mai i loro genitori.
Dieci minuti più tardi stava parcheggiando al CBI, dove l'attendevano i fascicoli degli ultimi dieci casi del mese, ancora da vistare e archiviare. Mentre spegneva l'auto, la sua attenzione fu attirata da un angolino bianco che spuntava dal cassetto del cruscotto.
- Ma che... - Mormorò tra sè, senza capire cosa potesse essere.
Si allungò e aprì la ribaltina, afferrando il foglio piegato in quattro prima di vederlo atterrare sul tappetino.
Lo aprì e la luce dorata dei lampioni appena accesi inondò il disegno, facendo scintillare d'oro la strada gialla, l'abito rosa della fata e i ricci biondi del mago vestito di verde. Gli occhi le si riempirono di lacrime e dovette posare una mano sulla bocca per impedire alle labbra di tremare: cosa ci faceva il disegno di Dorothy nel cruscotto? L'aveva lasciato sulla sua scrivania al CBI, ne era certa: era ben nascosto sotto altre carte, per impedire agli occhi di chiunque - e ai propri - di vederlo.
Forse la giornata faticosa appena trascorsa, forse il commovente incontro tra Elizabeth e sua madre, forse il sentimentale mix tra la luce d'oro dei lampioni e la filodiffusione di carole di Natale che si spandeva nell'aria tiepida... ma in quel momento Teresa decise di non combattere contro i suoi sentimenti.
Posò il disegno sul sedile del passeggero e rimise in moto l'automobile, diretta alla casa famiglia.
Mezz'ora più tardi Teresa aspettava davanti alla porta, impedendosi di dare retta alla insistente voce che nella sua mente le gridava di tornare indietro e non cedere alla voglia irrefrenabile di riabbracciare quella bambina.
Quando la porta si aprì la luce chiara del corridoio disegnò un rettangolo d'oro sull'asfalto e Claire Andrews, in scamiciato scozzese e golfino rosso, le sorrise luminosa.
- Miss Lisbon, buonasera! - Esclamò allegramente.
- Buonasera. Senta, so di non aver telefonato per avvertire ma... -
- Non si preoccupi, non si preoccupi. Venga, venga pure. - Le disse allegramente l'assistente sociale, facendole cenno di entrare. - Quando il suo collega mi ha telefonato non mi aveva specificato quando sarebbe passata, ma immaginavo che l'avrebbe fatto a breve, così mi sono affrettata a preparare tutto! A Dorothy non ho ancora detto nulla, volevo essere certa, sa... -
Teresa seguiva il fiume di parole della ragazza capendone solo metà, più confusa che mai.
- Il mio collega? - Domandò.
- Ma sì, il suo affascinante collega biondo, quell'uomo sempre elegante. È passato più o meno due settimane fa per chiedermi di prepararle tutti i documenti per l'affido, dato che lei non aveva tempo nemmeno per respirare. -
Teresa si fermò in mezzo al corridoio: la sensazione che provava era molto simile a quella che aveva provato quando le avevano sparato, ma stavolta a bruciarle non era la spalla, ma un posto molto più vicino a dove doveva esserci il cuore.
- I documenti... -
- Sì, esatto... Si sente bene, Teresa? - Disse Claire, vagamente preoccupata, avvicinandosi all'agente con gli occhi di chi temeva di vederla svenire da un momento all'altro.
Teresa scosse il capo, cercando di snebbiare i pensieri e asciugare gli occhi, dominando meglio che poteva il battito furioso del suo cuore, che le impediva di sentire la voce dell'assistente sociale ma anche di ragionare lucidamente.
- Sto... sto bene. - Disse, fingendo un sorriso.
- La accompagno da Dorothy, alla burocrazia possiamo pensarci più tardi. -
Teresa fu guidata per un lungo corridoio su cui si aprivano molte porte che davano su locali colorati e in disordine, pieni di ragazzini che coloravano, correvano e giocavano sorvegliati da ragazzi e ragazze spesso poco più grandi di loro.
- Eccoci. - Disse Claire, avvicinandosi a una porta. - Laggiù. -
Teresa fece un passo nella stanza, dove un paio di bambine giocavano con una vecchia casa di bambole e un gruppetto di maschi giocava su un lenzuolo colorato.
In fondo alla stanza, seduta a un tavolino bianco coperto di fogli e pastelli a cera colorati, stava una bambina bruna. Le dava le spalle, ma Teresa l'avrebbe riconosciuta anche se fosse stata bendata. Anche se fosse stata cieca.
Fece un passo verso di lei, senza farsi sentire, e si rese conto che non era necessario stare attenta a non fare rumore: Dorothy era talmente intenta a togliere un nastro verde da una scatola decorata da vivaci decorazioni natalizie che non l'avrebbe sentita in nessun caso.
Si fermò alle sue spalle, decidendo di aspettare il momento migliore per attirare la sua attenzione, e la vide aprire con impazienza il coperchio. Un istante di ricerca tra la carta velina e poi tra le mani di Dorothy apparve un bellissimo paio di ballerine di vernice rossa. La bambina scostò bruscamente la sedia, facendola cadere all'indietro, e posò le ballerine per terra, togliendosi le scarpe da ginnastica con un calcio e infilando in fretta le scarpine nuove. Teresa la vide alzarsi in punta di piedi, stringere forte le mani a pugno e battere tre volte i tacchi delle scarpette.
- Dorothy... - La voce di Claire ruppe la magia del momento e Dorothy si voltò.
La prima cosa che i suoi occhi neri videro fu Teresa, ancora un po' confusa dalla scenetta a cui aveva appena assistito. Appena riconobbe il volto della donna, l'espressione della bambina cambiò improvvisamente e Dorothy si precipitò verso di lei abbracciandola con una tale foga da farle quasi perdere l'equilibrio.
- Lo sapevo! Lo sapevo che avrebbe funzionato! Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo! - Gridò. Poi si allontanò quel tanto che bastava per guardarla in faccia. - L'ho capito quando ho visto le scarpe! Sapevo che saresti arrivata tu per portarmi a casa! - Esclamò, con il viso acceso da una tale gioia da impedire a Teresa di fare qualunque commento.
Claire posò una mano sulla spalla di Teresa e l'altra sui capelli di Dorothy:
- Vai a raccogliere le tue cose. - Disse - Io e Teresa dobbiamo firmare qualche noiosa scartoffia, poi potrete finalmente andare a casa. -




L'albero di Natale brillava di lucine e palline rosse e oro nel salotto, splendendo nella stanza buia come una piccola stella. L'odore dell'arrosto che sfrigolava nel forno permeava la casa e, nonostante Teresa si fosse opposta alla musica natalizia nello stereo, il clima era il più festoso che quell'appartamento avesse mai visto.
Era la vigilia di Natale e per l'occasione Teresa aveva deciso di lasciar perdere take-away e cibi surgelati per tentare qualcosa di più audace: con l'aiuto di quella esuberante bambina che le riempiva le giornate aveva fatto la spesa e seguito i consigli di uno chef televisivo per cucinare il suo primo arrosto di Natale.
Mentre lei finiva di riporre le stoviglie Dorothy si era seduta per terra - incurante di rischiare di sporcare il bellissimo vestito di velluto rosso che le aveva regalato Grace - e osservava l'arrosto cuocere con il naso vicinissimo al vetro.
- Cuoce anche se non lo guardi, Dorothy. - Disse Teresa con un sorriso.
- Lo so. - dopo un istante di silenzio, la bambina alzò gli occhi verso di lei - Sono contenta che tu abbia deciso di venirmi a prendere. Claire dice sempre che nessuno dovrebbe essere da solo, a Natale. -
Teresa rimase per un istante immobile, colpita dalla intensa verità di quelle parole. All'improvviso si voltò verso Dorothy:
- Va' a prendere una busta. La più grande che trovi. -

Lo svogliato agente alla guardiola del CBI era troppo scocciato dal pensiero di dover trascorrere la notte di Natale di guardia per notare la strana coppia che aveva appena messo piede nel quartier generale. Se avesse guardato il portone d'ingresso e non lo schermo del suo cellulare avrebbe visto una donna dagli occhi verdi con indosso una camicetta rosa e un cappotto nero e con una grossa busta tra le braccia, e accanto a lei una bambina vestita di velluto con ai piedi un paio di ballerine di vernice.
Teresa prese Dorothy per mano quando arrivarono al grande atrio, sentendo i propri passi echeggiare nei corridoi vuoti e silenziosi, innaturalmente quieti, e guidandola verso i grandi ascensori.
- Siamo arrivate? - Domandò Dorothy quando arrivarono al sottotetto.
Invee di rispondere, Teresa posò la busta per terra ed alzò la mano per bussare. Prima di farlo, però, ebbe un istante di esitazione. Forse non era una buona idea.
Anzi, pensandoci meglio non era affatto una buona idea.
Ritrasse la mano, facendo un passo indietro e voltandosi verso Dorothy per darle una vaga spiegazione del suo repentino cambiamento di idea, quando la porta di alluminio si aprì sferragliando e un Patrick dall'espressione molto stanca comparve sull'uscio.
- Lisbon? - domandò incredulo.
Teresa aprì la bocca, con gli occhi pieni di sgomento per quella situazione sfuggita al suo controllo, ma Dorothy fu più rapida.
- Patrick! - Esclamò Dorothy allegramente, abbracciandogli le ginocchia di slancio.
- Cosa ci fate qui? -
- Ti abbiamo portato un regalo! - Trillò Dorothy, indicando la busta. - Arrosto e budino di Natale! -
Patrick guardò Dorothy, poi alzò lo sguardo su Teresa, guardandola negli occhi senza dire niente. L'aria sul pianerottolo sembrava densa, piena di parole non pronunciate e pensieri inespressi: nessuno dei due sembrava voler spezzare quel momento di silenzio, finchè Dorothy non incrociò le braccia sul petto ed esclamò:
- La cena si raffredda! -
Teresa sbattè le ciglia, distogliendo lo sguardo e chinandosi per prendere la busta da terra. Superando un Patrick ancora troppo stupito per reagire, entrò nella soffitta e posò la borsa sulla scrivania, liberandola dai fogli per poter appoggiare l'arrosto e i piatti e i bicchieri portati da casa. Dorothy si era arrampicata sul davanzale e guardava fuori con le mani e il naso premuti contro i vetri impolverati.
- Mettiamo anche noi sul balcone le lucine come quelle che ha messo Patrick sul suo? - Domandò all'improvviso.
Teresa alzò gli occhi per rispondere, ma fu Patrick a intervenire.
- Quelle non sono lucine di Natale. Sono le luci dei tetti della città. -
- Sono ancora più belle delle lucine di Natale! E le puoi vedere tutto l'anno! - Esclamò allegramente la bambina, con gli occhi neri che luccicavano di entusiasmo.
Patrick non rispose, limitandosi ad avvicinarsi al tavolo e scostare una sedia, invitando Dorothy a sedersi. Poi prese uno sgabello per Teresa e uno per sè, avvicinandosi al tavolo senza dire nient'altro. I suoi occhi incontrarono quelli di Teresa per un solo istante, e l'espressione commossa e malinconica dipinta nelle sue iridi azzurre era così intensa che Teresa gli sorrise prima ancora di rendersene conto.
Dorothy sembrò accorgersi di quello che stava provando Patrick, perchè si inginocchiò sulla sedia e posò la mano su quella dell'uomo.
- Non sei triste che siamo venuti, vero? Claire dice che nessuno dovrebbe essere da solo, a Natale. -
Patrick scosse la testa.
- No, Dorothy, non sono triste. - Disse, accennando un sorriso alla bambina e poi alzando gli occhi sulla sua collega.
Teresa sapeva di avere gli occhi azzurri di Patrick posati su di sè e sapeva anche che il suo era uno di quegli sguardi con cui amava dirle tante cose... ma aveva la netta sensazione che non sarebbe riuscita a sostenere una delle loro conversazioni silenziose, in quel momento. Si alzò e affondò il coltello nella carne per iniziare a metterlo nei piatti senza ricambiare lo sguardo.
E mentre mangiava arrosto tiepido in una soffitta disadorna e piena di polvere e cartacce, alla sola la luce di una lampadina e delle luminarie perenni dei balconi di Sacramento, con come unico sottofondo musicale quello delle chiacchiere di due adulti e una bambina, Teresa pensava che non aveva mai ricevuto in dono un Natale migliore.














E la nostra storia giunge al termine.
Anche se il caso era stato risolto nel capitolo precedente
ci tenevo a pubblicare anche questo finale:
molto spesso nel telefilm l'ultima scena è particolarmente dolce (o triste)
e ho pensato che, dopo un caso fatto di famiglia e discorsi su regali e Natale,
ci stava bene un finale speranzoso. Dopotutto è Natale, no?
Spero di non essere uscita troppo dai personaggi, in questo finale
e che l'amarezza dovuta alla fine della storia scorsa
sia stata ripagata da questo finale decisamente positivo.

Grazie per aver seguito la storia, pur nella sua difficoltà e lentezza,
e spero vi sia piaciuto leggerla quanto a me scriverla.
Attenderò la sesta stagione di The Mentalist e i suoi sviluppi,
ma magari, nell'attesa, tornerò a scrivere ancora in questo fandom...

Grazie ancora a tutti, davvero, di cuore
Flora
   
 
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