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Autore: Il giardino dei misteri    16/05/2013    4 recensioni
Arianna è una ragazza di sedici anni che frequenta il Liceo Scientifico, insieme al fratello Federico, di due anni più grande. Lei e il fratello sono come due universi inconciliabili. Lei sfigata e secchiona, lui bello e con la nomea di "dongiovanni". In mezzo c'è Alex, l'amico di Federico, e Marco, un ragazzo nuovo, che, dopo un'iniziale ostilità, conquista il cuore della piccola Arianna. Lei sarà così divisa tra Alex e Marco. Mentre sarà indecisa su chi scegliere, vivrà nuove avventure che la porteranno a crescere e maturare.
Spero che vi piaccia ^.^
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Odio il lunedì. Si, io faccio parte del 99, 9 % di persone che odia il lunedì. E quella mattina poi, non fui da meno. Come si fa a non odiare il lunedì quando ti alzi per andare, non in una scuola, ma in una gabbia di matti? E quando hai dei compagni deficienti che adorano insultarti? O quando hai un fratello che preferisce portare a scuola la sgualdrina di turno, piuttosto che sua sorella? E anche quando hai tre interrogazioni su cinque da sostenere? Si, io odio il lunedì. Io odio profondamente il lunedì.  Quella mattina, poi, sentivo che lo avrei odiato profondamente.

 

Per prima cosa mi aveva svegliata mia madre. Dio ce ne liberi! Stavo dormendo nel mio adorato lettino, quando mi sono sentita urlare, tirare e strattonare da tutte le parti. Addio, sogni felici!

Mi sono vestita in fretta e furia con la prima cosa che mi è capitata tra le mani. Tanto, neanche se avessi messo delle Hogan, pure false, i miei compagni mi avrebbero calcolata.

Mio fratello era già a scuola con la sgualdrina di turno e, dato che mia madre non  poteva accompagnarmi, mi toccò andare a piedi. Arrivai giusto in tempo. Il cancello era a metà e io mi fiondai in extremis.

Arrivata in classe trovo: la prof che urla di prima mattina per riscaldare bene le corde vocali, le mie compagne che sbavano ancora dietro quell’imbecille di Marco e i maschi che ascoltano musica a tutto volume con l’ mp3 nelle orecchie.

Io presi posto vicino a Maria ed Anna, scioccate quanto me della scena che ci si presentava davanti.

Questa era una vera e propria gabbia di matti!

Il nuovo arrivato, Marco, che mi stava … ( dove tutti voi sapete), si era ambientato. O meglio, lui era sempre a suo agio. Un altro motivo per cui odiavo il lunedì. Perché l’avrei rivisto!

Lui era sempre placido, calmo, sempre con quel sorrisino da ebete sulle labbra e sempre pronto a soccorrerti (manco fosse Superman), tanto per ingraziarsi ai tuoi occhi. I suoi modi di agire avevano sempre un secondo fine. Era un individuo subdolo.

Io e lui  non avevamo scambiato ancora neanche una parola. Anzi, si. Una volta. Si trattava di compiti, come al solito. Ormai me ne ero fatta un ‘abitudine. Se capitava che qualcuno all’infuori di Maria ed Anna, le mie due migliori amiche, si rivolgesse a me, era solo ed esclusivamente per le lezioni e per copiare. E questo mi dava molto sui nervi. Evidentemente anche lui aveva capito che io ero una sfigata e presto si sarebbe approfittato di me. Ma, non gliela avrei fatta passare liscia.

Lo odiavo. Mi dava fastidio. Tutti a scuola lo veneravano come se fosse un santo e si prodigavano per lui. Tutti erano carini, simpatici, disponibili e lui sembrava così a suo agio in mezzo a tutte quelle facce lavate. Io non osavo guardarlo neanche in faccia. E pensavo che non gli avrei mai rivolto la parola. Ma, su questo mi sbagliavo.

 

Dopo che quelle terribili cinque ore finirono e sostenni tre interrogazioni, mi fermai all’uscita da scuola ad aspettare mia madre, in ritardo come al solito. Il che mi faceva saltare i nervi dopo già due secondi. Mio fratello, invece, era già a casa, grazie al motorino, che aveva riparato. Altro motivo per cui stavo “bestemmiando” in tutte le lingue, guardando nervosamente l’orologio. D’un tratto vidi un’ombra vicino a me. Mi voltai. Era lui. Marco. Non lo degnai di uno sguardo e continuai a fissare il mio orologio, sperando che se ne andasse.

<< Stai aspettando tua madre?>> mi chiese.

Io lo ignorai.

<< Anch’io aspetto mio padre.>> Seguì una pausa, poi disse: << E’ dura essere figlio del preside.>>

Io mi voltai e lo guardai con uno sguardo misto tra perplessità e ripugnanza,ma non dissi nulla.

<< Come se lo pensasse veramente!>> pensai io. << E fa pure quell’odioso sorrisino di compiacimento e pietà.>>

 

Mai come allora avrei voluto che mia madre arrivasse, ma evidentemente stava badando a qualche altra cosa. Lei aveva sempre qualcosa da fare quando doveva venire a prendermi.

 

<< Tu non sei una che parla molto?>> continuò lui.

<< Solo quando serve. Anzi, solo quando vi servo.>>

<< Che vuoi dire?>> disse lui.

<< Come se non avesse capito!>> pensai.

<< Non fare il finto tonto, lo sai benissimo. Tu sei come tutti gli altri.>>

<< Ti riferisci ai compiti?>>

<< Si>> dissi io in tono seccato.

<< Infatti ho notato che …>>

Non lo lasciai finire.

<< Beh, si. Vuoi approfittare anche tu? Dai, fatti avanti, come fanno tutti. Tanto tu sei il figlio del preside e …>>

Vidi che lui aveva iniziato ad assumere un ‘espressione di rabbia, di odio e mi guardava quasi con disprezzo.

In un attimo, mi afferrò per un braccio e si avvicinò a me. Fu tanto vicino che sentii il su respiro sul mio e quegli immensi occhi azzurri oceano puntati sui miei, scuri come la notte. Sentii il suo profumo, il suo odore e mi sentii a disagio. Il mio cuore iniziò a battere sempre di più, sempre più forte, tanto che pensavo che anche lui potesse udirlo.

<< Stammi bene a sentire. Io non sono come credi tu. Non sono il classico figlio di papà che crede di avere tutto servito. E soprattutto non mi approfitto dei compagni.>>

<< Strano>> dissi io. << E’ proprio quello che stai facendo. Tutti ti venerano, ti idolatrano, ti corrono dietro e tu sei sempre impeccabile con quel sorrisino falso. >>

<< Lo sto facendo solo per mio padre.>>

<< Balle>> dissi io.

<< Io non ci volevo nemmeno venire qui. L’ ho fatto per mio padre. Mi ha detto di comportarmi bene, di non fare casini, di rispettare i miei compagni.>>

<< Certo, certo. Il primo giorno ti ha presentato come un dio, iniziando a tessere elogi di ogni tipo.>>

<< Credi che a me abbia fatto piacere?>> disse lui urlandomi in faccia e stringendo ancora di più il mio polso.

<< Certo. Tu lo guardavi compiaciuto con quel sorriso da ebete che hai ancora stampato sulle labbra.>> << E comunque lasciami che mi fai male. Lasciami.>> dissi urlando.

Lui mollò la presa.

<< Tu non hai capito niente.>>

<< Non sei tu che non hai capito niente. Io non ti ho chiesto niente e non  voglio avere a che fare con uno come te. Anzi, penso che questa sia la prima e l’ultima volta che ci rivolgiamo la parola. I tipi come te mi fanno solo schifo.>>

Lui se ne andò infuriato.

Due minuti dopo arrivò mia madre.

 

Allora che ne pensate di questo capitolo? Le cose si fanno piuttosto “bollenti”.

 Dai, ditemi che ne pensate. Vi aspetto :D Bacioni e grazie soprattutto a chi segue questa storia e recensisce. Per me è molto importante!!!!!!!!

 

  
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