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Autore: Ghostclimber    16/05/2013    5 recensioni
Il cimitero era mezzo vuoto; Harry non lo trovò insolito.
La ghiaia scricchiolava sotto alle sue scarpe nuove, mai usate, che in verità facevano un fastidioso rumore cigolante anche sul pavimento in cotto di casa sua, senza bisogno che ci fosse ghiaia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dudley Dursley, Harry Potter, Petunia Dursley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Signore e Signori, Cathy Black ha partorito una One Shot!
E' un pochino tristarella, ma mi piaceva l'idea; la dedico di cuore allo scomparso Richard Griffiths, il miglior zio Vernon del mondo.

Il cimitero era mezzo vuoto; Harry non lo trovò insolito.
La ghiaia scricchiolava sotto alle sue scarpe nuove, mai usate, che in verità facevano un fastidioso rumore cigolante anche sul pavimento in cotto di casa sua, senza bisogno che ci fosse ghiaia.
Ghiaia… una volta, aveva scritto che una delle lune di Giove era ricoperta di ghiaia, in un tema; per fortuna, Hermione gliel’aveva ricontrollato.
Ma perché, poi, gli veniva in mente un’assurdità del genere?
La giornata era fosca, grosse nuvole nere gonfie di pioggia si rincorrevano all’orizzonte, dietro alle cime dei pioppi che fiancheggiavano gli ordinati viali del cimitero. Una folata di vento gelido spedì foglie a destra e a manca, distruggendo un cumulo pazientemente raccolto da un custode, così vecchio che sembrava lì lì per diventare un ospite fisso del proprio posto di lavoro.
Finalmente, da lontano Harry vide la collina dove si svolgeva il funerale: una tomba aperta, la bara ancora da calare nel terreno, la fossa aperta come una bocca avida. Tre solitarie figure stavano ai lati della cassa; una di esse era un prete, con una discreta pancia che tendeva l’abito talare. Stava leggendo dal breviario le frasi di rito, che Harry udì, trasportate dal vento: -noi siamo come polvere: ricordalo, Signore; come l’erba e il fiore del campo…- le altre due figure non potevano essere più diverse l’una dall’altra. Una, alta e magrissima, piangeva disperata, e a tratti i suoi lamenti coprivano anche la voce del celebrante. L’altra persona era più bassa, e decisamente tarchiata: se stava piangendo, lo faceva in silenzio. Harry di fermò una decina di metri dietro ai due. Il prete continuò la preghiera: -accogli, o Signore, l’anima del nostro fratello Vernon; nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
-Amen.- borbottò Dudley. Petunia non riuscì a dire nulla. Un becchino magro come la fame si fece avanti e premette un pulsante collegato ad una serie di pulegge; la bara venne calata nella fossa, in silenzio. Harry si stupì del fatto che non fosse sovradimensionata: non capiva se era uno scherzo della sua mente, ma da come ricordava Vernon Dursley, in quella bara ci poteva stare sì e no una delle sue enormi gambone. Il prete fece un gentile cenno con il capo a Dudley e Petunia, tenendosi il breviario stretto al petto; non sembrò notare Harry. Le due estremità della sua stola turbinavano nel vento, che aveva preso potenza e portava un penetrante odore di pioggia: era foriero di tempesta. In lontananza, si udì un tuono. Dudley caracollò avanti di qualche passo, trascinando Petunia, aggrappata al suo gomito; si chinò e gettò una manciata di terra sulla bara del padre. Guidò la mano della madre, sempre squassata dai singhiozzi, a fare altrettanto, poi entrambi si rialzarono. Harry si mosse rapido, prese anch’egli una manciata di terra e la buttò nella fossa, poi si mise al fianco di Dudley e gli strinse una spalla, in un imbarazzato gesto di conforto. Il prete disse ancora due parole, rapido come il temporale che era in arrivo, poi congedò gli astanti e fuggì, chiaramente poco ansioso all’idea di bagnarsi sotto la pioggia. Qualche goccia cominciò a cadere; il rumore dell’acqua che cadeva sulla bara di zio Vernon era fosco, tetro come il respiro di un Dissennatore. Dudley si girò verso Harry, gli occhi arrossati ma asciutti: -sei venuto.
-sono venuto. Condoglianze, Big D. Condoglianze, zia Petunia.- rispose Harry, formale. Zia Petunia era così stupita che per qualche istante riuscì a smettere di piangere.
-come… come hai saputo che…?- chiese.
-gliel’ho detto io, mamma.- rispose Dudley.
-e… e perché?- chiese ancora zia Petunia. Non si capiva a chi si stesse rivolgendo, se al figlio o al nipote, e non si capiva se fosse offesa, sconvolta o soltanto distrutta dal dolore.
-ha fatto bene.- rispose Harry, -ci tenevo a venire.
-volevi vederlo morto, eh?- lo aggredì zia Petunia, -perché non sputi sulla sua bara, piccolo ingrato?
-mamma, ti prego…- la supplicò Dudley. Per quanto fosse ancora un giovane uomo incredibilmente robusto, il suo volto sembrava scavato, e i suoi occhi erano contornati da profonde occhiaie scure. Zia Petunia si liberò dalla stretta del figlio e si lasciò cadere a terra, singhiozzando disperata. Harry non sapeva cosa fare. Guardò Dudley, ma lui fissava il terreno come se di colpo qualcuno avesse deciso di trasmetterci un interessantissimo programma televisivo. Scavò nella ghiaia con uno dei suoi piedoni. La pioggia cominciò a cadere più regolare, con una violenza inaudita, facendo schizzare terra sui pantaloni dei due cugini e sull’abito nero di zia Petunia.
-mi… mi dispiace, Harry. Sono contento che tu sia venuto.- alzò lo sguardo per un istante ad incontrare gli occhi del cugino, poi tornò a fissare la ghiaia.
-dovere, Dudley.- rispose Harry. Per sedici anni non si erano rivolti la parola, e ora non sapeva bene cosa dire. Stava aprendo la bocca per ripetere le proprie condoglianze e tornarsene a casa, quando Dudley parlò: -devi perdonare la mamma. Papà è stato molto malato, non è stato un periodo facile.- Harry non commentò. Che cosa poteva dire, “avreste dovuto chiamarmi, vi avrei aiutato volentieri? No, sarebbe stata una balla. Era venuto al funerale, aveva fatto le condoglianze, e fine. Restava della sua idea: con Vernon Dursley nella tomba, c’era uno stronzo in meno al mondo. Ma avrebbe mai detto nemmeno questo. Chiese invece: -che cos’ha avuto?
-cancro alle ossa. È stata… dura.
-lo posso immaginare. Mi dispiace, Dudley.- ripeté Harry. Dudley continuava a scavare nel terreno con la scarpa. Ancora un po’e avrebbe potuto farsi assumere come nuovo scavafosse. Alzò la manona a sfregarsi il viso, poi disse: -e tu? Sei sposato, vedo.- indicò la fede al dito di Harry.
-sì…- rispose lui, guardando l’anello. Pensò a Ginny, che l’aspettava a casa, incinta, insieme al loro primo figlio, James Sirius. –e tu?- chiese, tanto per cortesia.
-nah, non fa per me. L’hai poi fatto fuori quel tale?
-Voldemort? Sì.- rispose Harry.
-e…- sul volto di Dudley balenò l’ombra lontana di un sorriso, -l’hai sconfitto con il vecchio uno-due?- chiese. Harry abbozzò un sorriso, ricordando che zio Vernon aveva chiesto a Dudley se aveva sistemato i “Disseccatori” con il “vecchio uno-due”, circa una decina d’anni prima. Ricordava la serata come qualcosa di molto spiacevole, al pari di un’aggressiva influenza intestinale contratta durante una vacanza, ma sorrise, perché il cugino sembrava averne bisogno.
Poi, i due cugini si abbracciarono. Dudley biascicò contro la spalla di Harry: -lo sapevo che non eri solo uno spreco di spazio.- Qualche momento dopo, Harry si staccò dalla stretta, piano, e disse a bassa voce: -devo tornare da Ginny… mia moglie. Io… saluto la zia.- si avvicinò alla magra figura singhiozzante e le circondò le spalle ossute con un braccio.
-perché sei venuto?- chiese lei.
-perché ve lo dovevo. Dopotutto, mi avete accolto. Come ha detto Silente, non mi avete dato amore, non mi avete mai trattato come se fossi foglio vostro, ma mi avete dato un tetto, e da mangiare, e mi avete permesso di sopravvivere fin quando non sono stato in grado di combattere Voldemort.
-è morto?- chiese zia Petunia.
-Voldemort?
-sì, lui.
-sì, è morto.
-bene. Meritava di morire.- sentenziò zia Petunia, poi aggiunse, come se non fosse davvero sicura di ciò che stava dicendo: -ha ucciso mia sorella. Meritava di morire.- Harry stette in silenzio. Ancora una volta, non sapeva come replicare. Zia Petunia continuò: -sai, tuo zio Vernon odiava davvero le stranezze. La notte in cui gli ho confessato, piangendo, che mia sorella era una… una strega… lui mi ha voluta lo stesso, e io l’ho amato per questo, e per questo l’ho sposato. E ora mi chiedo…- guardò Dudley, come per controllare se stesse ascoltando, ma lui era impegnato a strappare dei rametti da un pioppo rinsecchito, a qualche metro da loro. La zia abbassò la voce e sibilò: -mi chiedo se non avrei fatto meglio a starmene da sola, ingoiare l’invidia e passare più tempo con la mia unica sorella. Ora lo rimpiango.- confessò. Harry era attonito. Si limitò ad abbracciare la zia, poi si alzò per andarsene. La zia lo richiamò: -ragazzo… sono contenta che tu abbia fatto fuori quel tale. Passa a trovarci, non c’è bisogno che aspetti il prossimo funerale.- Harry annuì, voltò le spalle alla tomba e si diresse verso l’uscita del cimitero, consapevole, come d’altronde lo era Petunia, che non si sarebbe mai trovato con la zia e il cugino per una tazza di the. –ciao, Harry!- gli urlò Dudley.
-ci si vede, Big D.- rispose lui, alzando un braccio per salutare, poi riprese a camminare verso l’uscita e non si voltò più indietro.
   
 
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