Shouldn't Come Back

E’ una settimana che non si fa sentire.

Una settimana che non invia un messaggio o passa a casa sua per strappargli qualche bacio e qualche cenetta romantica.
E lo aspetta ugualmente, seduto nel posto del divano in cui lui era solito stare, nella sua felpa che gli va troppo larga dato che non mangia da svariati giorni, nei pantaloni che troppo sanno di lui, macchiati ancora della pasta al sugo cadutavi al loro terzo anniversario.
Non sa, sinceramente, perché Liam non si fa più vedere.

C’è una processione di gente a casa sua. Sua madre, le sue sorelle, Louis, Harry, Niall, e persino Andy qualche volta, nonostante l’antipatia.
Hanno continuamente le lacrime agli occhi quando entrano, sussurrano appena un “Mi dispiace che lui non ci sia più”, e poi capendo che non vuole parlare, se ne vanno.
Zayn non vorrebbe fargli stare male, semplicemente non vuole altre persone in quella casa che sente solo sua e di Liam.

Non può accettare il fatto che lui non ci sia più.
Non può accettare la voglia malsana di poter tornare indietro nel tempo per non incontrarlo, magari non avrebbe sofferto così.
Non può sopportare nemmeno che  il suo odore stia sparendo e che il suo profumo preferito sia quasi finito.
Non vuole sentire nemmeno le pacche sulle spalle dei suoi amici e parenti, perché crede che potrebbero fargli dimenticare il tocco leggero e dedicato di Liam.

Zayn preferirebbe essere schiacciato da un camion, pur di non essere schiacciato da quello che, apparentemente, è il blocco emotivo che si è imposto.
Ma infondo, lui non si è imposto niente. Sta davvero iniziando a non sentire nessuna emozione.
Gli unici brividi che percorrono il suo corpo sono semplicemente i singhiozzi e le piccole convulsioni che gli vengono nel guardare le foto insieme a Liam riposte sul camino davanti a lui. E non sono affatto gli stessi brividi che provava quando il suo ragazzo lo accarezzava, lo toccava, quando erano  una cosa sola mentre facevano l’amore.

E Zayn piange, perché è l’unica cosa che gli è rimasta, oltre i ricordi di quel sorriso così luminoso, di quegli occhi così profondi e dolci, delle leggere fossette o del capelli cambiati continuamente in una nuova acconciatura.

Gli manca così tanto, il suo piccolo.
E il moro ride, ride perché pensa che se Liam tornasse ora, gli urlerebbe contro e gli direbbe di andarsene, anche se sa che gli sarebbe corso dietro e lo avrebbe baciato così tanto da consumargli le labbra.

Perché è questo che quei due ragazzi erano: quell’amore che ti brucia il cuore, quelle lacrime che sembrano così salate perché non c’è nessuno ad asciugarle, i brividi che sembrano far evaporare la pelle per quanto sono forti e i sorrisi sinceri per infondere la speranza di cui l’uno o l’altro avevano bisogno.

Ma ora non sa cosa sta facendo, le mani si muovono da sole, i piedi continuano a camminare e la testa pulsa violentemente.

“TENTATO SUICIDIO”

Sente pronunciare più tardi, mentre sua madre piange disperata, seduta affianco al lettino dove giace, dove respira a fatica.

Il suo non è stato un suicidio, il suo è stato semplicemente il desiderio di risvegliarsi vicino il suo ragazzo la mattina, guardarsi negli occhi e sorridersi.
Niente cancro, niente chemioterapie, niente pianti e disperazioni.
Perché magari, in Paradiso, tutti e due sarebbero stati meglio.