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Autore: Super Husbands    16/05/2013    2 recensioni
Il Mandarino è finalmente sconfitto, ma gli incubi di Tony Stark non sono certo finiti e tanto meno gli attacchi di panico. E allora, cosa c'è di meglio dell'affrontare i propri demoni a testa alta e con coraggio? D'altronde non è quello che fanno tutti i supereroi? Anche loro però - a volte - hanno bisogno di un aiuto. Che sia del tutto inaspettato be', questa è un'altra storia.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Notes~
Abbiamo deciso di aggiornare settimanalmente, per la gioia di tutti!
E be', che dire?
In questo secondo capitolo abbiamo provato a spiegare la situazione, che verrá comunque approfondita meglio negli altri a venire.
Per quanto mi riguarda, spero di aver reso decentemente la cosa e non aver impastrocchiato troppo come mio solito, ma soprattutto spero di non aver stonato con il lavoro precedente della mia collega.
Scrivere una fic a due mani é piú complicato di quanto pensassi, lo ammetto.
Voglio ringraziare tutti coloro che hanno iniziato a seguirla, e anche chi ha commentato - terrore e paura del giudizio altrui -. No, in realtà ci fa molto piacere sapere cosa ne pensate, soprattutto cosa dovremmo migliorare e via dicendo. Comunque vi ringraziamo tutti per aver letto e ci auguriamo che il prossimo capitolo vi piaccia!

P.S. il titolo viene da questa splendida canzone dei Radiohead, che vi consiglio vivamente di ascoltare durante la lettura.

Cap, half of the Super Husbands.
 

Karma Police – cap. 2
 
 
Lo scrosciare ritmico della pioggia lungo l’enorme vetrata con vista su New York era un lento e inesorabile cronometro per il Capitano, che se ne stava con i gomiti poggiati al lungo tavolino e la testa tra le mani.
Cos’era diventata la sua vita? Erano giorni, addirittura settimane che la stessa domanda lo tormentava e perseguitava come un chiodo fisso, di quelli che ti tolgono il sonno e i bei sogni.
Anche se, si era detto più di una volta, di tempo per sognare ne aveva avuto abbastanza. Ora doveva solamente svegliarsi.
- Capitano, ho un favore da chiederle. – a parlare era stato Fury, che stava entrando in quell’esatto istante dalla ormai conosciuta porta della sala congressi dello S.H.I.E.L.D, con Maria Hill al seguito. La ragazza, in perfetto ordine come al solito, teneva tra le mani una pila di documenti dall’aria indiscutibilmente pesante per quella che sembrava una giovane e fragile donna. Ma, dopo aver visto Natasha, il Capitano aveva imparato che le apparenze non solo potevano ingannare, ma riuscivano addirittura a frantumarti l’autostima.
- Avevo immaginato. Sa, la sala riunioni e la fretta con cui mi avete fatto chiamare non lasciava tanti dubbi. –
- C’è qualcosa che non va, Rogers? –
Doveva aver notato il tono serio e teso. Ma che poteva farci? Nascondersi avrebbe solo peggiorato la situazione.
- C’è qualcosa che va, direttore? Ma vada avanti. Di cosa si tratta? –
- Capitano, lei ha visto i telegiornali. – era un’affermazione convinta, poiché avevano passato discreto tempo insieme e parte di questo tempo era stato dedicato a quello strumento diabolico e geniale che era la televisione.
Aveva assistito a tanto ultimamente, aveva sopportato a denti stretti tutte le ingiustizie alle quali non aveva potuto porre rimedio e aveva sofferto in maniera esponenziale per quello che era diventato il suo paese. Durante la guerra le persone erano sicuramente più unite, più vicine. Non si scannavano l’un l’altra per ragioni futili come un litigio o un debito.
E ora, cosa erano diventati adesso? Erano mostri pronti a saltarsi al collo alla prima occasione, animali crudeli.
Steve annuì lentamente, certo che Fury non si stesse riferendo a quello.
- Il nostro Presidente è quasi stato ucciso. E noi non eravamo lì, non abbiamo mosso un dito. –
- Stark lo ha fatto. –
- Ha centrato il punto, Capitano. Lui è… oh, Dio. – Fury che si arrovellava nelle proprie parole alla ricerca dell’espressione migliore per definire Tony Stark in una qualche maniera che non includesse parolacce non era certo uno spettacolo da tutti i giorni, e Steve non poteva sprecare una battuta.
- Non lo dica ad alta voce, magari vi sta spiando e potrebbe montarsi la testa. – venne fulminato dall’unico occhio rimasto al direttore, ma era alquanto sicuro di aver sentito la signorina Hill ridacchiare in sottofondo.
- Sto solo cercando di dire che quella testa di ferro si farà ammazzare. Perché lo farà. Non si fida di nessuno, nemmeno di sé stesso, e l’ansia lo sta uccidendo senza che nemmeno lui lo sappia. Abbiamo registrato frequenti attacchi di panico. Anthony Stark con degli attacchi di panico! Oh, andiamo, anche a me sembra assurdo. – Fury scosse la testa, e il Capitano non poté fare a meno di chiedersi come avessero fatto a sapere dei suoi attacchi di panico. Allora era proprio vero che lo S.H.I.E.L.D. era ovunque.
- Non possiamo rischiare di perdere una delle menti più disturbate e, mi duole dirlo, geniali del nostro tempo. –
Steve annuì, senza capire davvero. Lui cosa avrebbe dovuto fare?
Lanciò di nuovo uno sguardo oltre alla massiccia figura che torreggiava in piedi di fronte a lui, dall’altro lato del tavolo.
La pioggia adesso scorreva più forte, il vento la trascinava e la faceva cadere in maniera disordinata sulla grigia New York.
- Cosa si aspetta che faccia, direttore? – Non stava impazzendo di gioia, e il tono lo tradiva sicuramente. La prima missione dopo tanto tempo e tutto quello che doveva fare era accertarsi che Tony Stark non avesse degli incubi, un po’ come una balia? Nessuno ne sarebbe stato entusiasta, nemmeno quella santa della sua segretaria o - come amava definirla Burton - fidanzata.
- Mi aspetto che assuma il comando degli Avengers. – con un colpo di reni Steve si mise a sedere in maniera dritta e impeccabile, sicuro di aver frainteso.
- Che… che cosa dovrei fare, mi scusi? – domandò esterrefatto.
- Una squadra come la vostra ha bisogno di un capo. –
Fece correre lo sguardo da lui a Maria, che esibiva il suo sorriso più enigmatico con tutta la tranquillità di cui era capace. Ovvio che gli Avengers ne avessero bisogno, anzi, al biondo sembrò assurdo che ci pensassero solo in quel momento. Era praticamente sicuro che Stark avrebbe potuto essere una specie di capo irresponsabile, ed era altrettanto convinto che a Fury stesse bene. A quanto pare era in errore.
- Ma io… io non so niente. – si bloccò, prendendo di nuovo la testa tra le mani.
- Lei lo sa cosa significa? Addormentarsi una sera nel mezzo della guerra più importante del mondo credendo di esser morto e risvegliarsi settanta anni dopo in un paese che non è più tuo, tra degli estranei, con la consapevolezza che qualsiasi cosa tu conoscessi tempo fa o è stata distrutta o è morta? – inchiodò l’uomo con un’occhiata glaciale.
- Io non ho più niente direttore, io non so più niente. Come posso io guidare una squadra di superumani? –
- Ti ho chiesto di diventare un capo, non una guida turistica, Rogers. – Fury era rimasto impassibile al suo discorso. Inarcò le sopracciglia in aria interrogativa.
- Come hai fatto settanta anni fa a guidare i tuoi per basi sconosciute? Come si sono fidati di te? Gli Avengers al momento hanno bisogno di questo. Hanno bisogno di uno Steve Rogers che li incoraggi, li sostenga e li sproni. Hanno bisogno dell’innocenza che ormai hanno perso. Di sicurezza, di forza, di coraggio… –
Steve si alzò spostando la sedia sul quale era seduto di lato prima di cercare lo sguardo di Fury. Una parte di lui sperava che fosse uno scherzo, l’altra aveva già cominciato a tornare in vita, a sentire il formicolio familiare prima della battaglia, prima del vuoto.
- Hanno bisogno di te. –
Quella dell’uomo che gli stava di fronte non era una supplica né tanto meno una richiesta. Era la verità, e che gli piacesse o no era forse il momento di guardarla in faccia.
La pioggia aveva smesso di cadere, le ultime gocce scivolavano esasperate lungo il vetro, alcune correvano, altre rotolavano giù e si univano, altre ancora scivolavano con una lentezza esagerata verso il fondo. Quelli, si disse Steve, sembravano proprio i suoi pensieri in quell’istante.
Hanno bisogno di te, non puoi tirarti indietro.
- …del resto, se sono qui con voi ci sarà un motivo, non credete? –
 
 
 
- La squadra fa di nuovo punto. E così, l’esito di questa partita è piuttosto chiaro, non credi Larry?
- Credo solo che la sfortuna si sia abbattuta su questi poveri ragazzi come non succedeva dal  ’94. Una tragedia, e non si può nemmeno dire che… -
Tony smise di sentire quel rumore che copriva ogni cosa. Il volume era esageratamente alto, pensò, ma oltre a quello non riusciva ancora né a muoversi né tantomeno ad aprire gli occhi. Tornò in ascolto, stavolta delle due voci che chiacchieravano in sottofondo, ad un tono moderato.
Gli piacque pensare che fosse per non svegliarlo, anche se aveva i suoi sani dubbi.
- Non giocherò mai più con te e quell’affare del demonio. -
- Oh, andiamo! Era la tua prima volta… -
- Non ci sarà una seconda. Mi fa anche male il braccio. – si lagnò la prima voce.
L’altro rise.
- Addirittura? –
Ci fu un momento di silenzio colmato dalle parole svelte del telecronista, decisamente preso dalla partita che stava commentando.
- Secondo te quanto ci metterà la bella addormentata di ferro a riprendere i sensi? –
Tony non udì nessuna risposta, ma in quell’istante riuscì ad aprire lentamente gli occhi, vincendo la battaglia interna. Filtrava troppa luce nella stanza, così li richiuse in fretta, colto da una fitta alla testa.
- Come si dice? Parli del diavolo e… - l’uomo tentò di mettersi seduto, e in un baleno sentì qualcuno sorreggerlo.
- Ehi Tony, ti hanno imbottito così tanto di tranquillanti che io e Steve avevamo paura che ti avessero ucciso, lo sai? – Era riuscito a poggiare la schiena contro il muro, molto più scomodo e freddo rispetto al letto caldo e confortevole.
- Barton? –
- In carne ed ossa. Sai che russi un sacco? Credevo che i miliardari non russassero, mi hai deluso. –
- Spiacente. – batté un paio di volte le palpebre. Si trovava in una stanza grande con delle tende bianche che lasciavano trapelare, a suo dire, una luminosità eccessiva.  L’arredamento era spoglio, oltre al letto ed una scrivania vuota vi erano una televisore così piccolo che non gli consentiva di distinguere le figure e i colori, ed un quadro veramente brutto dall’aria inquietantemente familiare.
Voltando la testa per ispezionare l’altra parte di camera, si ritrovò addosso gli occhi azzurri di Steve, che lo fissavano con un misto di divertimento mal celato e curiosità. Avevano anche un velo di qualcos’altro, una sfumatura che al momento l’uomo di ferro non riusciva a cogliere.
- Buongiorno, Stark. Hai dormito per una cosa come tre giorni. –
A Tony quasi prese un colpo. Davvero aveva dormito così a lungo?
- Scommetto che avrai fame. – decretò Clint con più entusiasmo del necessario.
- Veramente mi piacerebbe che oltre alla mia meritata colazione qualcuno mi spiegasse cosa sta succedendo, perché lo S.H.I.E.L.D. mi ha imbottito di tranquillanti e soprattutto che fine avete fatto fare alla mia bella e, per una volta, accondiscendente fidanzata.  –
Steve alzò gli occhi al cielo. A Tony sembrava impossibile che qualcuno avesse quella tonalità di azzurro. Era ipnotica.
- Ah, Cap, giusto. Le spiegazioni. Secondo copione, mi raccomando. –
- Be’, sai, ultimamente per te e l’America non è stato un periodo facile, o felice. Il Mandarino, la tua casa distrutta, per un certo lasso di tempo ti abbiamo anche creduto morto… è naturale che tu abbia accumulato stress ed è normale che tu sia spaventato, credimi. Anche degli attacchi di panico sono normali. Lo chiamano stress post traumatico. –
- Io non ho attacchi di panico, Capitano. –
- Ah no? Vuoi dire che lo S.H.I.E.L.D. ha radunato parte degli Avengers solo per delle supposizioni stupide? –
- Oh, andiamo! Faccio lo scienziato, ho ricevuto un intervento a cuore – letteralmente – aperto in un covo di terroristi. Ho sventato la minaccia di un genio russo che stava tentando di uccidermi. Ho fatto fuori un’armata di supersoldati OGM, e mi state dicendo che ho degli attacchi di panico causati da stress post traumatico? Vi prego. –
Stavolta fu lui ad alzare gli occhi al cielo.
- Stark, ascoltami bene, un trauma è una cosa seria. Non si può affrontare in mezzo minuto e trovare una soluzione, ma soprattutto tu non… no Stark, non aprire la finestra! – ma l’uomo ignorò l’avvertimento, spalancando la tenda leggera.
Di fronte ai suoi occhi New York, in tutti i suoi grattacieli e i suoi uffici, o almeno gli uffici che Tony aveva sempre scorto dalla Stark Tower.
La sua Torre, sopra alla quale mesi prima si era aperto un enorme varco dal quale erano entrati degli alieni, alieni che avevano tentato di ucciderlo. Un varco che lo aveva quasi ammazzato. Chiuse gli occhi per un istante. Riusciva ancora a sentire l’ossigeno venirgli meno, il vuoto che lo avvolgeva, il buio. Sé stesso che veniva lasciato indietro senza aver nemmeno potuto dare un addio alla donna che amava.  Guardò nel cielo, apparentemente sereno e immacolato. Non c’era assolutamente nulla.
Ma se fossero tornati, prima o poi, cosa avrebbe fatto? Se fossero già entrati da qualche altra parte e loro fossero rimasti lì in quella stanzetta a girarsi i pollici? Cosa avrebbe potuto fare, solo e disarmato? Non sapeva nemmeno dove fosse la sua armatura, chi ce l’avesse. Tentò di chiamare a sé i pezzi con i magneti, ma non succedeva nulla. Qualcuno che non era lui aveva la sua armatura. Volevano impedirgli di combattere, di difendersi.
- Dov’è? Dove avete messo la mia armatura? Ce l’ha Fury? –
- Tony calmati… -
- Ho bisogno di trovarla, devo controllare. –
- Controllare cosa, Tony? –
- Devo andare a vedere, se succede qualcosa, se… -
- Anthony Stark, calmati per favore. – A parlare era stato Steve, finalmente alzatosi dalla sua sedia. Ora stava in piedi di fronte all’altro uomo, costringendolo a non scappare.
- La tua armatura è in buone mani, se ne sta occupando la signorina Hill in persona. –
- Io… io ci metto nottate intere, giorni interi per costruire quelle armature, e voi che fate? Le affidate a Maria Hill, una donna qualunque al servizio di un tipo losco. Loro vogliono la mia armatura, ecco perché mi hanno portato qui. Loro… -
- Stark, calmati. – la presa salda sulla sua spalla non gli lasciò scampo, facendogli rivenire in mente un discorso fatto con il Capitano tempo fa.
Finalmente capiva cosa intendesse Steve con quella domanda.
Senza l’armatura lui era vulnerabile, scoperto, e debole. Senza alcuna difesa o barriera, senza alcun rifugio.
- Sono calmo. – stava mentendo e una parte del suo cervello continuava a dargli l’allarme. Clint chiuse la tenda, anche se ormai il danno era fatto.
Gli mancava l’ossigeno. Aveva bisogno di respirare, di aria, aveva bisogno che Steve si allontanasse da lui, che lo lasciassero in pace, che se ne andassero e che gli dessero la sua armatura. Da un momento all’altro sarebbe potuta accadere qualsiasi cosa.
- Fury ci vuole qui per darti una mano. Non riteneva che Banner fosse uno dei più adatti per questo e ‘Tasha… be’, ultimamente abbiamo avuto qualche divergenza artistica, per così dire, ma credo che con te si farà presto viva. –
Tony annuì, tornando a sedersi sul bordo del letto, senza sentirlo veramente. Chiuse gli occhi, continuando a prendere profondi respiri. Ci stava riuscendo, si stava calmando.
- E tu, Capitano? Cos’è che ti ha mosso a compassione? Un sentimento di puro amore verso Maria? –
- Sono in debito con tuo padre, se proprio ti interessa. E poi non si rifiutano le richieste di Fury. E’ questo che faccio. –
- L’inserviente? O lo psicanalista, non ho capito bene. – ironizzò lo scienziato, con una parvenza di sorriso in volto.
- Aiutare la gente. – spiegò Steve.
- Certo che voi veterani del ’45 proprio non ne avete di umorismo. –
- No, ti assicuro che è un uomo esilarante, specialmente durante i tornei a Wii Sport.
si intromise Clint. Aveva seriamente paura che i due avrebbero ricominciato a litigare, anche se Tony non sembrava nelle condizioni.
Dopotutto era uno sbruffone, uno di quelli che crede di avere il mondo ai suoi piedi. E l’arciere non poteva nemmeno non condividere, perché sapeva che in fondo era così. Lui era Tony Stark.
Steve Rogers invece era un paladino della giustizia, di quelli che guardano più all’aspetto umanistico di ogni cosa. Uno di quelli che avrebbero dato la loro vita per combattere gli sbruffoni.
- Vorrà dire che prima o poi faremo una partita insieme, non è così Cap? –
Ci fu un momento di silenzio nel quale Steve valutò attentamente la richiesta.
- Solo se ti lascerai aiutare senza mettermi i bastoni tra le ruote. – acconsentì.
- Mh. Volendo potrei fare a meno della partita. – sorrise ai due Vendicatori. Ormai aveva ripreso fiato. In pochi istanti aveva raggiunto la porta, e vi era scomparso dietro.  
 
  
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