Slytherin
or Gryffindor?
CAPITOLO I:
- Il malocchio di
Salazar -
Le
vivaci fiamme delle torce
appese ai muri illuminavano la Sala grande e qualche spiraglio di luce
arrivava
fino al soffitto -
se così si poteva
chiamarlo - dove si disperdevano nelle tenebre della volta celeste,
luminosa
grazie a miliardi di stelle, diamanti nell’ombra.
Miriadi
di suoni si univano e
danzavano in quella sala dai blocchi di pietra ambrata, in quella
moltitudine
di giovani seduti su quattro tavoli rettangolari in nocciolo e sul
tavolo,
anch’esso rettangolare, posto in fondo alla sala dove adulti
e anziani
discutevano affabilmente.
Attaccate
a asticciole di
rame incastrate alle pareti cinque stendardi colorati, uno sopra a ogni
tavolo,
si muovevano sinuosamente, mossi da una brezza inesistente.
Verde
e Argento si
mescolavano all’Oro e al Rosso in una sfida che non sembrava
avere inizio e
tanto meno fine, una lotta tra titani per il dominio del castello.
Giallo
e Nero cantavano
accompagnato dal Blu e dal Bronzo in una ferrea amicizia duratura da
millenni.
Sopra il tavolo dei professori – poiché di
professori si trattava – tutti
questi colori erano uniti sotto un’unica “H”
nera pece.
Il
frastuono abituale della
sala al banchetto d’inizio anno, venne bruscamente interrotto
dall’apertura del
portone bianco con rifiniture in oro, da cui un gruppo –
forse “ammasso” è una
definizione migliore – di bambini undicenni con a capo una
donna dai tratti
severi e duri, un viso solcato dall’età ma
illuminato dagli occhi castani
lucente.
Con
un colpo di tosse, la
professoressa Mcgrannit – che immagino conosciate bene
– ripristinò un silenzio
glaciale.
“Bene,
ora appena chiamerò il
vostro nome voi vi siederete qui – e indicò uno
sgabello dall’apparenza antico
– per decidere la vostra Casa di appartenenza. Bene, direi
che possiamo
iniziare”
Così
cominciò lo smistamento
– su cui non mi soffermo in quanto voi siete esperti in
materia – finche un
nome, tre parole, fecero calare il silenzio in tutta la sala:
“Potter,
Harry James!”
Bè,
forse silenzio non rende
esattamente l’atmosfera, per intenderci: il cadere di una
foglia sarebbe stato
percepito da chiunque.
Con
passo incerto – da coniglio,
se posso dire il mio personalissimo pensiero Gryffindor – il
ragazzino appena
nominato si fece spazio in quella massa – di bestie se devo
definire quei
alunni novelli – finche non giunse allo sgabello –
ci mise circa cinque minuti
e contate che saranno meno di una decina di piedi
- e si
sedette, ripristinando forse meglio della professoressa Mcgrannit il
silenzio che
era stato spaccato da un brusio crescente.
Però!
L’avessi avuto io un
modo di ripristinare il silenzio senza lanciare un incantesimo sugli
studenti!
Quanto
tempo passò non so
dirlo, ma sicuramente saranno stati
minuti più lunghi di quello scapestrato di
Albus Silente – grande uomo
non c’è che dire, ma decisamente stravagante -
posto in avanti con gli occhiali
a mezza luna che cadevano in avanti.
Finalmente
quel benedetto
cappello di Gryffindor, il mio cappello in verità, decise di
aprir bocca:
bisogna dire che ho fatto una magia veramente mirabile a creargli un
cervello.
-
SERPEVERDE! –
Ok,
forse non tanto mirabile…
Sono
sicuro che prima di
scappare Salazar gli ha fatto il malocchio!