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Autore: shadow_sea    17/05/2013    6 recensioni
Il seguito di "Come ai vecchi tempi".
Questa volta le avventure del comandante Trinity Shepard fanno riferimento agli eventi narrati in Mass Effect 3.
Come nella storia precedente, la mia intenzione è quella di scrivere storie che traggano spunto dal gioco originale e se ne discostino allo stesso tempo, sempre attente a non stravolgere la trama o i personaggi. Le storie che troverete qui sono frutto di considerazioni ed emozioni personali, sono frutto del mio amore appassionato per questa trilogia e per Shepard ma, soprattutto, per Garrus Vakarian.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Garrus Vakarian, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shepard e Vakarian'
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… E COSTUMI


Profondo Blu


La Normandy era attraccata all’hangar D24 già da un paio di giorni e vi sarebbe restata per un altro po’ di tempo: era necessario effettuare varie riparazioni di routine e provvedere ai rifornimenti ma, soprattutto, Shepard aveva bisogno di tempo per incontrare alcune persone che avrebbero potuto fornire supporto durante l’attacco finale contro i Razziatori.
Prima di sbarcare, il comandante era passato nella batteria primaria, per salutare Garrus. Per tutta la notte, passata in un dormiveglia agitato, lui aveva fantasticato di riuscire a parlarle quel giorno stesso, provando a immaginare quali parole usare. Così, appena la vide, le chiese come intendesse trascorrere quella terza giornata di forzato riposo.
- Devo incontrare diverse persone e so già che alcuni colloqui risulteranno sgradevoli, come per esempio quello con il Consigliere Dalatrass, che di sicuro vuole parlarmi a proposito della cura della genofagia… - rispose Shepard con aria rassegnata.
- E ovviamente preferiresti affrontare mutanti, banshee e bruti o addirittura qualche razziatore, magari di piccola taglia… - la prese in giro Garrus, aggiungendo - Peccato. Avrei voluto proporti un piccolo diversivo, ma aspetterò domani, se sarai più libera.
- Lo spero proprio - si augurò Shepard con espressione afflitta - Tu cosa farai?
- Andrò a dare un’occhiata nella zona dei rifugiati - rispose con un lieve sorriso, mentre il comandante usciva dalla porta con un’aria adatta ad un funerale.

Poi tornò serio. Durante la notte, che aveva passato praticamente in bianco, si era convinto dell’opportunità di una decisione che però ancora lo turbava: avrebbe chiesto a Trinity di essere la sua compagna.
Dopo il discorso con Sol e le discussioni con Liara, sembrava l’unica strada percorribile, ma per un turian quella decisione equivaleva ad un cambiamento drastico e lui aveva ancora qualche vaga incertezza residua. Forse era addirittura meglio che Shepard fosse impegnata, così avrebbe avuto un’altra giornata per riflettere.
Dalle informazioni ottenute dalla asari era conscio che non ci fosse nulla che assomigliasse a quel passo nella cultura umana e ora non riusciva a liberarsi da una sottile sensazione di disagio e da una buona dose di preoccupazione.
Solana lo aveva spinto in tal senso, ma dubitava fortemente che suo padre potesse approvare. Shepard rappresentava tutto quello che Rennok(1) detestava: era un’umana ed uno Spettro. Difficile immaginare una combinazione più inopportuna di quella. E di sicuro suo padre conosceva benissimo usi e costumi degli umani. E altrettanto sicuramente non poteva accettarli. A dire il vero, anche a lui sembravano inammissibili.
“Ma Shepard è Shepard, non è un’umana qualsiasi” si ripeté ancora una volta, cercando di trovare la fermezza necessaria per affrontare il prossimo colloquio con il padre.

- Aspetta qualche tempo. Non dirglielo. Siamo in guerra… - gli aveva suggerito la sorella con una risposta telegrafica quando, pochi minuti prima, le aveva mandato un messaggio privato, esternandole i suoi dubbi circa le probabili reazioni di Rennok, ma Garrus aveva stabilito che, guerra o non guerra, dovesse assumersi tutte le conseguenze di quella sua decisione.
Dette un’occhiata al quadrante dell’orologio, stabilì che era un orario accettabile su Palaven e chiese a IDA di attivare una comunicazione audio con il centro di raccolta dei rifugiati in cui prestava servizio il padre e dove sua sorella si era rintanata fin dall’inizio dei combattimenti sul pianeta.
Per qualche istante provò la vergognosa speranza che le comunicazioni fossero interrotte, come capitava quasi sempre, ma questa volta l’addetto alle trasmissioni lo mise rapidamente in contatto.

- Ciao papà - lo salutò con quel tono un po’ distaccato che rivelava la scarsa familiarità dei loro rapporti.
- Ciao figliolo - rispose suo padre con un tono simile.
- Come va lì?
- Come al solito, purtroppo. Cerchiamo di mandare in zone più protette tutti i civili che affluiscono qui al centro, ma le navi non bastano mai. Tua sorella rifiuta di andarsene: non vuole lasciarmi solo. Al momento siamo abbastanza al sicuro, ma non so quanto durerà. Il fronte dei combattimenti è vicino e ogni giorno perdiamo terreno - rispose Rennok con tono rassegnato. Poi aggiunse - Mi hai chiamato solo per questo? - sicuro che ci fosse qualche novità di rilevo: gli era difficile immaginare suo figlio che si metteva in contatto con lui solo per avere informazioni che si sarebbe potuto procurare in altro modo.
- Uhm... ecco, io dovrei comunicarti una mia decisione...
- Ti ascolto.
- Ho trovato la mia compagna. Mi sembrava giusto fartelo sapere, anche se dubito che sarai contento.
- La conosco? - chiese Rennok, senza nessuna particolare inflessione, come se il figlio stesse parlando della temperatura che faceva nella stanza. In realtà si era accasciato su una sedia, prendendosi la testa fra le mani, con l’impulso di mettersi a urlare.
- Non di persona... di nome sì.
Seguì un lungo silenzio che Garrus impiegò cercando disperatamente di pensare a quali parole potessero essere adeguate per una comunicazione di quel genere, mentre Rennok cercava di prepararsi ad affrontare ciò che sapeva inevitabile.
Quando suo figlio era venuto a parlargli dei Razziatori e gli aveva raccontato tutta quella storia incredibile, quello che lo aveva più colpito era il sentimento che Garrus nutriva per l’umana sotto il cui comando aveva combattuto per tanto tempo. Lo aveva compreso dai suoi racconti, dal tono che aveva usato, dalla sua gestualità, senza che lui glielo rivelasse a parole.

Suo figlio era identico a Halia, e quel giorno lui aveva rivisto la moglie nei gesti e nelle frasi di Garrus. Anche lei spezzettava le parole in maniera confusa, anche lei si muoveva a scatti quando affrontava un argomento che la emozionava profondamente, mentre il suo collo delicato diventava di quel blu acceso che lo aveva sempre fatto sorridere tanto.
E le somiglianze fra madre e figlio non finivano certo lì. Rennok rivedeva sua moglie ogni volta in cui Garrus si comportava in maniera tanto poco consona a un individuo della sua razza. Halia era stata la turian meno turian che lui avesse incontrato nella sua vita ed era stato questo, forse, il motivo per cui ne era rimasto letteralmente affascinato e l’aveva amata così totalmente e intensamente, fino alla sua morte.
Così si ritrovava ad amare quello strano figlio con la stessa intensità, ma senza essere capace di farglielo capire, senza essere mai riuscito a dimostrargli l’affetto che provava. E ora lui stava rischiando di farsi del male e Rennok comprendeva perfettamente che non sarebbe riuscito a fermarlo in alcun modo.
“Spiriti, Garrus!” gli avrebbe voluto gridare “non puoi mettere la tua vita nelle mani di un’umana! Loro sono troppo diversi! Ti farà male... Forse lo farà senza accorgersene, ma lo farà, ne sono certo... e io non voglio che tu soffra...”.

- Papà, ci sei? - chiese Garrus con voce incerta, sperando vigliaccamente che la comunicazione audio si fosse interrotta.
- Sì - rispose Rennok sapendo che la voce gli si sarebbe spezzata se avesse osato pronunciare una risposta appena più lunga. Prese fiato, cercò di imporsi calma e autocontrollo, mentre aspettava l’inevitabile precisazione del figlio.
- E’ il comandante Shepard, papà - confessò Garrus, optando infine per una dichiarazione stringata, preparandosi alla reazione paterna.
- Stai facendo un errore, figliolo - fu la risposta immediata, seguita da qualche secondo di silenzio. Poi Rennok aggiunse stancamente - Ma so che sarebbe inutile tentare di fermarti: mi diresti che è la tua vita e non la mia - concluse freddamente.
- E’ così, papà - rispose Garrus, stupito di non dover fronteggiare una discussione che si sarebbe rivelata tanto dura quanto inutile.
- Le hai già parlato? - chiese ancora il padre, nella speranza che fosse quella donna, a lui nota solo di fama, a porre fine a quella storia assurda. Forse lei avrebbe rifiutato, rendendosi conto delle differenze troppo evidenti e ineliminabili fra le loro razze.
- Non ancora.
- Va bene Garrus, mi aspetto che mi terrai aggiornato. Ora devo uscire, sono in ritardo, e qui c’è molto da fare, come puoi immaginare... - concluse troncando la comunicazione, rimproverandosi perché, ancora una volta, non aveva saputo trovare il modo per aiutare quel suo figliolo fuori di testa.

Solana, che aveva spiato la conversazione, immaginando che Garrus avrebbe chiamato, si avvicinò al padre e provò a tranquillizzarlo - Lui la ama davvero, papà - lo rassicurò, accoccolandosi sulle sue gambe. Rennok la abbracciò, sapendo che sua figlia non avrebbe mai fatto un errore simile a quello del fratello, ma che adorava Garrus al punto da seguirlo stupidamente in qualunque follia. Non lo avrebbe aiutato.
- Lo so benissimo, Sol. E’ proprio questo il problema, non credi?
Poi aggiunse - Nemmeno tu la conosci, non sappiamo se lei ricambia allo stesso modo. No, anzi, io so che non può ricambiare allo stesso modo. E’ un’umana, Sol, e gli umani sono troppo volubili e insicuri. Sono il caos e il disordine: non hanno alcuna disciplina. Sono inaffidabili - concluse appoggiandosi allo schienale della poltrona: odiava sentirsi così impotente.

Dopo la chiusura del collegamento, Garrus si prese qualche secondo per ripensare alla conversazione avuta con il padre. Prima di chiamarlo non sapeva bene cosa si dovesse aspettare e ora era solo perplesso dalla reazione di Rennok. Non riusciva a capire se fosse andata meglio o peggio del previsto, ma forse non era importante.
Aveva fatto la comunicazione di rito, così come avrebbe fatto un buon figlio turian. Ora poteva andare avanti e parlare con Trinity alla prima occasione. Decise di sbarcare dalla Normandy e di avviarsi verso la zona dei rifugiati per fare qualcosa di produttivo in quella inutile giornata di riposo che non sapeva proprio come utilizzare.

Arrivato presso il settore della Cittadella in cui si radunavano i fuggiaschi che continuano ad affluire sempre più numerosi dalle varie regioni della galassia, Garrus si diresse nell’area di quelli provenienti da Palaven, per occuparsi dell’assistenza ai nuovi arrivati.
Stava ripensando alla sua decisione di fare la proposta più fuori di testa di tutta la sua vita al comandante, quando l’esclamazione improvvisa - Garrus, sei proprio tu? - lo fece girare all'istante, in cerca della persona che lo aveva chiamato fra la folla.
Individuò abbastanza rapidamente una ragazza turian e le andò incontro con un sorriso, poi la abbracciò e le chiese quando fosse giunta sulla Cittadella.
- Sono sbarcata proprio stamattina. Ho notato la Normandy attraccata poco lontano dalla nave su cui ho viaggiato e speravo di poterti incontrare prima che ripartissi. Sono passati degli anni dall’ultima volta che ci siamo visti e tu devi aver passato dei brutti momenti da allora, a giudicare dalle cicatrici che ti si vedono in faccia. E suppongo che ne avrai molte anche sotto l’armatura che indossi - gli rispose lei con uno sguardo malizioso.
- Sono stati anni pieni. Di certo non ho avuto il tempo di annoiarmi. Come stanno i tuoi? Hai viaggiato con loro? - le chiese Garrus, lieto di ritrovare una vecchia e cara amica a tanta distanza dal suo pianeta natale.
- Solo con mia madre, ma appena atterrata mi ha lasciato qui per mettersi a cercare una sua cugina, che dovrebbe essere arrivata sulla Cittadella già da parecchie settimane. Mio fratello è caduto su Menae e mio padre è disperso - rispose la turian con un’espressione che era diventata improvvisamente triste.
- Mi spiace, Lietka, non sapevo di tuo fratello e nemmeno di tuo padre. Ho lasciato Menae parecchio tempo fa, ormai. Già allora la situazione era disperata e di certo non ci saranno stati miglioramenti.
- Mi accompagni a fare un giro? Ho bisogno di distrarmi un po’ e mi farebbe comodo se mi dessi una mano ad orientarmi in tutta questa calca. Ma è sempre così affollato questo settore?
- Ultimamente sì e, più il tempo passa, più diventa difficile trovare spazi adeguati per accogliere tutti i rifugiati. La situazione non potrà che peggiorare, purtroppo. Dai, andiamo, ti porto in un settore diverso. Vedrai che ci sono ancora molte zone della Cittadella in cui è piacevole fare shopping e fermarsi a bere qualcosa o a riposare su una panchina ascoltando le chiacchiere della gente - le rispose, prendendola per mano e guidandola fuori dalla folla.

Essendo in compagnia di Garrus, a Lietka venne permesso di spostarsi a piacimento nella stazione spaziale e i due turian passarono le otto ore successive esplorando i vari settori, in modo che in seguito lei potesse orientarsi senza eccessive difficoltà. Pranzarono anche insieme, comprando degli spuntini che mangiarono seduti su una panchina, lungo una delle rive del laghetto del Presidium.
Durante quelle ore parlarono a lungo di tanti argomenti diversi, ma cercarono di accennare il meno possibile agli scontri a fuoco, concentrandosi invece su aneddoti di amici in comune e sui ricordi dei due anni passati nella stessa città per ultimare gli studi. In quel periodo erano usciti per lungo tempo insieme, ma senza che la loro relazione diventasse stabile, ossia senza dover rinunciare alla compagnia di altri partner, in linea con gli usi abituali dei turian.

Dopo quel pranzo Garrus utilizzò le sue conoscenze per rimediare un piccolo appartamento in affitto, e Lietka lo invitò ad inaugurare quella sua nuova sistemazione in una delle zone periferiche della Cittadella.
Quando arrivarono nel piccolo salottino lei gli si avvicinò sorridendo e, come se fosse il gesto più naturale del mondo, appoggiò le mani ai lati del collo di Garrus, accarezzandogli con le dita la pelle. Lui però si ritrasse istintivamente.
- Oh! - osservò Lietka in tono sorpreso, facendo un rapido passo indietro - non sapevo ti fossi sposato. Ti chiedo scusa.
- Non sono sposato - precisò Garrus sentendo che il collo gli diventava di quel blu acceso che lui temeva tanto.
- Però sei vincolato... immagino - osservò lei, guardandolo con incertezza, terribilmente spiacente di aver commesso quell’indelicatezza così grave fra la loro gente.
- Quasi… E’… complicato, Lietka.
- La conosco?
- Uhm, no… Sì… Non lo so... Probabilmente la conosci di nome - rispose Garrus, che avrebbe voluto poter scappare rapidamente da quella stanza.
- Dai, dimmi chi è - gli chiese lei, tutta eccitata all’idea che uno dei suoi più cari amici si fosse deciso al grande passo.
- Uhm… il mio comandante.
- Ma chi?... Shepard??? - fu la domanda che Lietka pronunciò mentre i suoi occhi azzurri si spalancavano in uno stupore genuino.
- Uh, uh - rispose Garrus, sentendo che il sangue gli affluiva nuovamente al collo.
- E’… umana. Non puoi… Cioè… siete impazziti? - gli chiese Lietka, rimanendo a bocca aperta.
- Beh, a dire il vero… lei ancora non lo sa. Volevo dirglielo... oggi. Poi, invece... Aveva degli impegni e allora… - biascicò lui confusamente, guardando il pavimento.

- Tu sei pazzo, Garrus. Sei completamente folle - gli ripeté la turian - in effetti lo sei sempre stato - ammise infine, ridendo divertita.
- Però… - riprese a dire con un’espressione maliziosa - in realtà non sei ancora ufficialmente impegnato… no? - tornando ad avvicinarsi a lui con un’espressione che non lasciava dubbi.
- Uhm, no… però non mi pare il caso - le rispose, facendo un paio di incerti passi all’indietro.
- Sarebbe come la festa umana di addio al celibato, non credi? - gli sussurrò lei, continuando ad avvicinarsi con uno sguardo provocante.
- Non so di che diavolo di festa parli... - rispose Garrus fissandola perplesso.
Dopo l’esauriente spiegazione di Lietka lui sbottò - Spiriti! Ma possibile che tutti conoscano le dannate usanze umane e proprio io non ne sappia nulla?
Lietka lo prese in giro per un po’ e poi lo convinse (senza troppe difficoltà, a dire il vero) a seguirla nella stanza da letto attigua.

Avevano sempre avuto un’ottima intesa fra di loro, soprattutto sul piano sessuale, e Garrus restò un po’ stupito nel sentirsi leggermente impacciato, quasi a disagio, come se avesse perso l’abitudine a fare sesso con una femmina della sua stessa razza.
Per molto del tempo che trascorsero a giocare fra le lenzuola, Garrus continuò a tornare con la mente a Trinity e all’immagine del suo corpo, così differente da quello turian, e si arrese alla constatazione che avrebbe preferito fare l’amore con lei. L’aspetto più inatteso era che questa preferenza era dettata non solo da motivazioni sentimentali, che poteva accettare e comprendere come ovvie e banali, ma da oscure considerazioni puramente fisiche, da misteriose reazioni istintive e incontrollabili del suo stesso corpo.
Fu in quell’occasione che Garrus si rese pienamente conto di quanto Trinity significasse per lui, della saggezza del consiglio di Solana e di come la decisione che aveva preso la sera prima fosse assolutamente sensata e necessaria.

Lietka non commentò le eventuali differenze nelle prestazioni del suo antico amante, ammesso che quelle differenze ci fossero state effettivamente e non fossero semplicemente una sensazione di Garrus, e lo invitò a cena, per sdebitarsi almeno in minima parte per tutto il disturbo che lui si era preso.
- Dai, così mi fai conoscere un posto in cui non finirò avvelenata - insistette ridendo, dopo l’iniziale rifiuto del turian, che si sentiva ancora un po’ scombussolato. In realtà lui avrebbe voluto correre a rifugiarsi nella sua batteria primaria, ma alla fine si lasciò convincere.
- Veramente non sono molto pratico di ristoranti - le confessò - In genere, quando mi viene fame, torno a bordo della Normandy - proseguì - ma conosco abbastanza bene il ristorante che sta nel mercato del Presidium. So che hanno cibo adatto a noi. Ti piacerà, da lì si gode una vista insolitamente piacevole.

In effetti l’antipasto risultò delizioso e Lietka si dimostrò davvero entusiasta del panorama, come dichiarò anche a Tali(2), che sembrava essere passata per caso vicino al loro tavolo e che si era fermata a salutare Garrus.
In realtà, non appena aveva inquadrato nel suo raggio visivo la coppia turian, la quarian si era avvicinata rapidamente, ringraziando la maschera che le consentiva di celare completamente la sua espressione di stupore e disapprovazione nel notare il clima di intimità esistente fra i due.
Lietka e Garrus la invitarono a prendere qualcosa in loro compagnia, insistendo, e Tali alla fine accettò, anche se all’inizio era stata poco propensa a fermarsi.
Alla fine del pranzo Lietka ringraziò Tali per la compagnia, poi si avvicinò a Garrus e strofinò a lungo la guancia sinistra contro la destra di lui, prima di ringraziarlo per essere stato gentile e disponibile come sempre. Lo rassicurò che se la sarebbe cavata benissimo, gli augurò la miglior fortuna possibile con una strana espressione di complicità che la quarian non riuscì ad interpretare, e si allontanò tranquillamente, scomparendo ben presto nel mezzo della folla.

Tali restò immobile a fissare Garrus per un tempo così lungo che alla fine il turian le chiese in tono perplesso - Cosa c’è? Posso fare qualcosa per te?
- Garrus, ti sei mica chiesto cosa avrebbe pensato Shepard se fosse passata di qui? - gli domandò con un misto fra curiosità e biasimo, sapendo perfettamente che quel saluto fra turian equivaleva ad un appassionato bacio umano.
- Uhm, ecco… Liara ieri mi ha spiegato un po’ di cose: credo di aver capito che ci sono un po’ di differenze fra gli usi umani e quelli turian... - Comunque... - continuò in modo un po’ impacciato - anche io non sono stato proprio felice nel sapere che Shepard era andata a trovare Kaidan, in ospedale. Ma non siamo ufficialmente vincolati e siamo entrambi liberi di fare tutto quello che desideriamo.
- Garrus, Shepard ha solo parlato con Kaidan, di certo non l’ha baciato sulla bocca.
- Dici di no, eh? Anche Liara sembrava di questa tua stessa opinione...
- Ma certo che no! - rispose Tali a voce troppo alta, alzandosi addirittura in piedi, a rimarcare l’assurdità di quell’accusa, mentre tutti gli altri ospiti del ristorante si giravano a guardarli.
- Ok, non arrabbiarti e siediti, perché ci fissano tutti - la pregò Garrus, che aggiunse a voce bassa - Non sarebbe importato neppure se Shepard fosse andata a letto con Kaidan, però ammetto di aver avuto una paura fottuta che decidesse di tornare definitivamente con lui… di avere un rapporto esclusivo con lui, insomma.
- Capisco - rispose Tali con gentilezza, anche se in realtà capiva molto poco e non si sentiva affatto rassicurata dalla piega di quei discorsi - comunque sono assolutamente sicura che non l’abbia nemmeno baciato.

A quel punto tacque qualche secondo guardando Garrus con espressione incerta. Inclinò la testa fissando il turian talmente a lungo che lui si sentì nuovamente in preda ad un vistoso disagio. Poi la quarian gli puntò un dito contro, accusandolo con sicurezza - Tu, invece, quella te la sei portata a letto!
- Tali... non credo sia il caso di farlo sapere a mezza Cittadella. Sono cose un po’ riservate, sai? - le rispose sotto voce, preda di un vistoso imbarazzo, sotto lo sguardo che tutte le persone sedute ai tavoli vicini gli stavano puntando addosso.
Tossicchiò per cercare di ritrovare un minimo di contegno e poi confessò candidamente - In realtà è stata Lietka a insistere, io non ero tanto convinto.
Poi aggiunse - Non sarebbe successo nulla se Shepard non avesse avuto impegni. Volevo chiederle di essere la mia compagna, di fare coppia fissa, come dicono gli umani, ma invece lei è andata al Presidio e io ho incontrato quella mia vecchia amica fra i rifugiati… - concluse con tono di assoluta sincerità, in cerca di comprensione: da un paio di giorni si sentiva sperso in un mondo che lo confondeva.

- Non so se ho capito - osservò Tali fissando il turian con uno sguardo sorpreso che lui ovviamente non poté rilevare - intendi dire che nella vostra cultura una coppia fissa non va in giro a sbaciucchiare altre persone?
- Ma certo che no, che idea! - fu l’esclamazione scandalizzata di Garrus, che richiamò nuovamente su di loro gli sguardi degli altri commensali.
- Uhm… mi sa che le differenze con gli usi umani non sono del tutto esaurite, allora… - rispose Tali cominciando a provare un irresistibile impulso di mettersi a ridere.
- Liara mi ha raccontato che le coppie umane si possono separare, perfino dopo il matrimonio! Credo che la parola fosse... uhm... divorzio? Da noi non esiste, è semplicemente inammissibile - commentò Garrus con un tono talmente sdegnato che scatenò una lunga risata nervosa in Tali.
- Una volta che si sceglie un partner è per sempre, a prescindere da matrimonio o meno. E’ proprio una cosa che non si fa e basta. Non so come spiegartelo. Mi fa orrore anche il solo pensarlo... - aggiunse lui, incerto di riuscire a chiarire quel concetto per lui tanto ovvio ad una razza aliena.
Tali smise finalmente di ridere, cercando di orientarsi in quel panorama confuso. L’amore per l’ordine e la disciplina, l’innato senso civico e sociale dei turian, l’importanza che attribuivano al servizio pubblico, volto al soddisfacimento dei bisogni della collettività, e non del singolo individuo, portavano necessariamente a quella conclusione: la famiglia doveva logicamente essere un punto di riferimento stabile nella loro società civile.

Cercò di immaginarsi le reazioni di Shepard di fronte agli ultimi avvenimenti e alla fine decise che forse la situazione si poteva risolvere abbastanza semplicemente.
- Capisco… o almeno credo… - osservò ad alta voce - Però, per il bene di tutti, dovresti deciderti a parlare con il comandante il prima possibile.
Lui annuì con forza: era esattamente quella la sua intenzione.
Poi Tali proseguì - Ehm... sarebbe meglio che tu non dicessi nulla a Shepard riguardo a Lietka o a qualsiasi altra donna tu possa avere avuto nell’ultimo anno, da quando state insieme. Fidati… non è proprio il caso.
- Non glielo avrei comunque detto, se non me lo avesse chiesto. Non avrei avuto motivo di farlo - commentò Garrus che continuava a sentirsi a suo agio come un pesce arenato su una spiaggia.
“… E speriamo che nessuno apra bocca” si augurò Tali, sicura di aver intravisto altri membri dell’equipaggio della Normandy gironzolare intorno al ristorante panoramico “Non riesco a immaginare il comandante che ascolta questo resoconto sui costumi turian con un sorriso di comprensione sulle labbra”.
Ci fu una breve pausa che i due amici sfruttarono per cercare di comporre i tasselli di quel puzzle folle. Alla fine si guardarono e scossero entrambi la testa con perplessità, per poi scoppiare a ridere.

- Uhm, Tali, visto che siamo in argomento, posso chiederti un’altra cosa? - domandò Garrus, vedendo che la quarian aveva fatto il gesto di alzarsi dal tavolo.
- Keelah… Garrus! Ok, va bene… Dimmi - rispose lei tornando a sedersi, preoccupata all’idea che il turian restasse in argomento: si sentiva un po’ inquieta su cos’altro sarebbe potuto saltare fuori.
- Come lo chiedo a Shepard? - domandò Garrus con espressione smarrita - Se fosse una turian le domanderei di condividere la sua vita con me, di dedicarmi la sua vita, ma non so come si usi fra gli umani.
- Va bene anche per un’umana, ma… ehm, non metterti a chiarire che questo implica che le diventerai improvvisamente fedele… - aggiunse, senza accorgersi di quanto stesse continuando ad insistere su quell’aspetto della faccenda. Istintivamente immaginava che Shepard sarebbe diventata una vera furia se avesse saputo di Lietka, anche se non avrebbe saputo spiegare su cosa si basasse quella sua impressione.
- Va bene, Tali. Mi sei stata di grande aiuto. Ti ringrazio - le confessò il turian con un sorriso. Poi si alzò e si diresse a passo sereno alla cassa del ristorante, per pagare il conto della cena, prima di avviarsi verso l’ascensore, sicuramente diretto alla Normandy.

Tali restò ancora seduta e si fece portare un altro bicchiere di vino, giustificandosi con la riflessione “A questo punto ne ho proprio bisogno”. Mentre lo sorseggiava, decise che non avrebbe fatto parola di questo bizzarro colloquio con il comandante: non ce n’era alcun bisogno e avrebbe portato solo a momenti di imbarazzo e dolore inutile.
Con un po’ di fortuna tutto sarebbe andato rapidamente a posto. In fondo essere una buona amica non significava dover essere sincera a tutti i costi…



*****
Note
(1) Il nome del padre di Garrus, Rennok, è inventato di sana pianta, così come quello di sua madre, Halia.
(2) Nota per Chiara e per tutti i lettori attenti: Tali non è ancora a bordo della Normandy in questo momento. Lo so, ma adoro quella giovane quarian e questa parte era adatta a lei.
  
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