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Autore: Mami93    17/05/2013    2 recensioni
E' una storia che parla di due ragazzi e della loro storia. Hikari Yagami è timida e introversa, Takeru Takaishi spavaldo e allegro, ma il loro incontro è destinato a cambiarli entrambi. Un incontro casuale porterà ad un avvicinamento un po' particolare, quasi non voluto. E il tempo porterà loro delle novità.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hikari Yagami/Kari Kamiya, Takeru Takaishi/TK | Coppie: TK/Kari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi alzo di corsa dal letto per precipitarmi a rispondere al telefono.

-pronto?- ho la voce ancora impastata dal sonno.

-Complimenti! Il suo numero è stato scelto fra molti, e ha vinto una vacanza premio. Prema uno per ulteriori informazioni, oppure prema…- riattacco, scocciata. È mai possibile ricevere una telefonata preregistrata alle otto di mattina? Mugugno irritata e afferro il cellulare. Digito velocemente le parole sullo schermo: . Mittente: il solito. Appoggio il cellulare sulla mensola e mi dirigo in bagno per lavarmi il viso. Quando torno il segnale luminoso sullo schermo mi indica che ho ricevuto un sms di risposta.

Sorrido, pensando mentalmente a tutto quello che devo preparare. comincio a prepararmi la colazione quando ricevo uno squillo: segno di conferma da parte di Tk. Finiti i cereali con il latte lavo la tazza, mi vesto e preparo dei panini imbottiti. Metto due bottigliette d’acqua nel cestino, afferro una manciata di tovaglioli e infine avvolgo i panini nella pellicola, prima di riporre anche quelli. Guardo l’ora: è ancora presto. Prendo l’occorrente per il picnic improvvisato e le chiavi della macchina. Guido sovrappensiero fino al parcheggio dell’ospizio:ormai so la strada a memoria. Passo a salutare con calma tutti i miei anziani e chiacchiero un po’ con qualche infermiera. Verso le nove e mezza riparto alla volta del parcheggio, ma sfortunatamente è comunque presto: ci ho messo solo dieci minuti ad arrivare fin qui. Ne approfitto e scendo dalla macchina, lasciando la portiera aperta, e mi appoggio al cofano, godendomi il sole mattutino. Non so perché non riesco a fare a meno di controllare ogni macchina che sento avvicinarsi. Basta! Ora la smetto! Quando arriva, arriva. non c’è bisogno di essere così in ansia… sento altre ruote sullo sterrato e, malgrado i miei freschi propositi, mi volto a guardare la macchina in arrivo. Con mia grande sorpresa (sono solo le nove e quarantacinque!) noto che questa volta è davvero lui. Mi affretto a prendere il cestino e a chiudere la macchina. Lo guardo in attesa, accanto alla mia macchina. Nonostante ci siano un paio di posti vuoti vicino a dove ho parcheggiato io, sosta una quindicina di macchine di distanza da me. Perché? Scosso la testa. Importa? Sarà ben libero di mettere l’auto dove vuole, no? Kari, sarà meglio che tu ti dia una regolata! Appena chiude la macchina gli rivolgo la parola, sperando che il mio tono di voce non sia strano: “sei in anticipo!” butto lì. Mi sembra serio, ma sarà un’altra mia stana idea

“è un problema?” Acido! Non mi guarda neppure negli occhi mentre mi parla. Rimango spiazzata dal suo tono, ma cerco di riprendermi, e mi avvicino, visto che non sembra intenzionato a muoversi da dove è.

“tutto bene?” cerco di capire se stia bene, ma non voglio sembrare ossessiva

“allora dove vuoi andare?” sbrigativo e distaccato. C’è qualcosa che non va, decisamente. Cerco di non farlo innervosire ulteriormente.

“dobbiamo camminare un po’. Spero che non ti dispiaccia. Però” mi affretto a precisare “ti assicuro che il posto merita la camminata” sorrido, cercando di tranquillizzarlo, ma con scarso effetto. Si gira verso il sentiero, senza aspettarmi

“allora andiamo!” rimango spiazzata da tanta freddezza, ma mi affretto a seguirlo. Lo affianco quasi subito, anche se sembra non essersene accorto: lo sguardo è fisso lontano, certamente per farmi intendere che non è intenzionato ad iniziare un discorso, e quantomeno torvo. Camminiamo così per qualche minuto, mentre io cerco qualche argomento con cui metterlo a suo agio. Purtroppo il primo pensiero che mi è venuto non appena l’ho visto è andato al compleanno di sua madre che si è tenuto due giorni prima, e non riesco a togliermi dalla testa che sia quello il problema di tale malumore di Tk. Il problema è che non so come affrontarlo, e ho paura di sembrare un impicciona, ma d’altronde non possiamo continuare così per tutta la giornata. Inspiro profondamente, raccogliendo tutto il coraggio che ho

“allora come è andato ieri l’altro il compleanno?” mi aspettavo un secondo di pausa in cui avrebbe pensato come rispondermi, ma oggi sembra intento a sorprendermi come non mai

“bene” è la sua fulminea risposta. Tentenno un attimo, pensando a come farlo sfogare

“quindi non ci sono stati problemi?” mi sento in enorme imbarazzo. Aiuto!

“no” finalmente da quando è arrivato mi guarda per la prima volta, ma non appena il suo sguardo incontra il mio vedo che è… sfuggente. Torna subito a guardare davanti a se. Ok. Allora il problema non è quello. Ora come faccio? Mi scervello in cerca di una soluzione. Potrei provare a distrarlo.

“vedrai che ti piacerà il posto dove ti voglio portare. A me ha sempre fatto uno strano effetto trovarmi lì, ma è da togliere il fiato. Quando voglio rilassarmi è il massimo, e anche a mia madre fa lo stesso effetto” magari distogliendo l’attenzione da lui lo metto più a suo agio.

“mh” Speranza vana. Un mugugno come risposta non è un buon segno. Proseguiamo per altri cinque minuti in silenzio, finché non ho un idea: un argomento che non riguardi nessuno dei due! Ecco cosa potrebbe indurlo a parlare!

“hai sentito della fabbrica di Costruzioni Edili? Vogliono lasciare a casa cento operai” incrocio mentalmente le dita, in attesa di una sua reazione, che non tarda ad arrivare

“Capita!”. Grr, che rabbia! Ok, ora ho esaurito ogni idea, non so più che pesci pigliare. Se ha intenzione di continuare così per tutto il giorno, perfetto! Ma è bene che sappia che avrà pane per i suoi denti! Accelero il passo stizzita e non mi curo della reazione che causo a quell’essere antisociale che ho avuta la premura di invitare.

“bene! Che bella giornata che mi si presenta. Perfetta. Ho avuto davvero un’ottima idea!” continuo a borbottare fra me e me schivando i passanti più lenti. Mi sento tirare indietro da una mano che mi stringe la spalla. Arretro sbigottita, non immaginando chi possa essere. Poi capisco al volo. Non appena riprendo il suo passo mi lascia andare, ma continua a guardare davanti

“hai fretta?” il suo tono apatico mi fa infuriare ancora di più, e mi esce uno strano verso dalla gola, come se una leonessa stesse ruggendo per difendere i suoi cuccioli ma allo stesso tempo si stesse strozzando. Alzo gli occhi al cielo e riprendo il mio passo accelerato.  “ma che hai?” finalmente un po’ di interessamento! Mi fermo di botto e lo raggiungo in quattro falcate. Mi piazzo davanti a lui e, malgrado i centimetri che mi mancano a raggiungerlo in altezza, lo guardo negli occhi. Devo avere proprio un’aria infuriata, perché lui è sbigottito.

“che cosa ho? Dimmelo tu! Ti sei alzato con la luna storta oppure è stata una brutta alzataccia? Non ti ho obbligato a venire con me, se non vuoi proseguire tornatene pure a casa, a me non importa,sai?” cerco di mantenere un tono abbastanza basso, ma le persone che ci passano accanto ci guardano con tanto d’occhi. Cerco di ignorarli. Nel frattempo le mie parole devono aver fatto breccia nella testa di Tk, perché ora mi guarda come se gli avessi svelato che Babbo Natale non esiste. Il silenzio che ora c’è fra noi comincia a preoccuparmi: ha forse qualche problema di testa questo ragazzo? Poi finalmente sbatte le palpebre ed è come se tornasse a vedere cosa c’è davanti a lui: io, probabilmente con la faccia ancora infuriata. Mi mette a fuoco e tutto ciò che riesce a dire è “Oh!”. Perfetto, si è pure rincitrullito del tutto! Giro i tacchi e mi allontano, ma ancora una volta sento qualcuno che mi rallenta. La sua presa questa volta è meno irruenta, e mi lascia andare dopo poco, così sono io a decidere di rallentare. “ti ho detto che se vuoi puoi andartene!” ribadisco sicura di me. spero vivamente che non segua il mio invito, ma d'altronde cosa potevo fare: continuare a sopportarlo in silenzio?

“io non voglio andarmene!” il suo tono, appena udibile, è triste. Mi concedo un occhiata per guardarlo,e incrocio il suo sguardo, al quale sfuggo il più velocemente possibile.

“ah davvero? Non sembrava!” speriamo di essere riuscita a scuoterlo un po’.

“mi spiace!” Alleluia! Finalmente lo sento pronunciare le fatidiche parole. Aspetto qualche secondo che continui il discorso, ma non sembra intenzionato

“per cosa, per esserti comportato da stronzo?” non riesco a cancellare l’irritazione che mi ha invaso poco fa, ma credo di meritare una valvola di sfogo anch’io.

“non volevo essere maleducato con te” mi guarda negli occhi, finalmente “sei l’ultima persona con cui me la dovrei prendere” la dolcezza del suo sguardo mi fa evaporare tutta l’ira che avevo, e ora rimane solo della curiosità; e della tenerezza. Accenno appena un sorriso e abbasso gli occhi. Camminiamo vicini e in silenzio per poco tempo.

“all’inizio credevo che fosse successo qualcosa al compleanno di tua madre”. Sorride compiaciuto e nega con la testa, prima di tornare a posare il suo sguardo su di me.

“no, è andato tutto bene. Grazie comunque per l’interessamento” sembra che voglia chiudere il discorso, ma la curiosità è un gioco spinoso

“quindi cosa è stato il fenomeno scatenante?” noto le sue mani stringersi a pugni, ma il viso non tradisce nessun turbamento.

“i miei amici!” la mia mente, ancora attenta a quel piccolo particolare che indica rabbia, elabora una teoria dietro l’altra, ma decido che non mi importa sapere. Allungo la mano a prendergli la sua, ancora chiusa. Al mio contatto, con la coda dell’occhio, vedo che torna a guardarmi, probabilmente sorpreso, poi rilassa la mano e mi sfiora la mia, prima di allungarsi a portarmi via il cestino che tengo in mano. “è da maleducati stare a mani vuote mentre tu porti qualcosa di cui beneficerò anch’io!” sorride solare. Provo a controbattere, ma sono zittita dal suo braccio che passa sulla mia spalla e mi avvicina a lui. Resto muta per un po’, cercando di riprendere il filo del discorso, ma con pochi risultati. “mi dicevi che dove stiamo andando è un posto molto bello vero? Cosa c’è?” cerco di ragionare su dove stiamo andando e cosa troveremo una volta arrivati, ma mi riesce alquanto difficile. Poi più lentamente del solito, riesco a riprendere lucidità e a rispondere alla domanda.

“dei campi, un bosco e… uhm… ah già, un lago spettacolare” credo che anche Tk si sia accorto della strana voce con cui ho parlato, ma in questo caso non mi fa notare nulla. “non ci sei mai stato qui?” cerco di farlo parlare. Fosse per me, starei zitta cercando chissà quale scusa per dover continuare a camminare così per ancora molto tempo. La sua vicinanza mi tranquillizza, e questo mi allarma un po’.

“no. Non sono solito girare per la città in cerca di luoghi verdi e non inquinati” dal tono di voce sembra divertito. Alzo lo sguardo per accertarmene. Torno a guardare la strada. Abbiamo già percorso più della metà del tragitto, e questo mi rende triste. “oggi è una bella giornata, e fa caldo. Ti consiglio di stare attenta, perché se mai mi venisse un momento di ilarità potrei buttarti nel lago!” ci penso un po’ su prima di alzare lo sguardo per ribattere

“non me ne preoccupo. Se veramente tu avessi avuto intenzione di farlo, non me lo avresti detto. Perché togliere l’effetto sorpresa?” sono soddisfatta del mio ragionamento, e sfoggio un sorriso smagliante.

“touchè!” ridiamo di gusto entrambi.

“dai, raccontami cosa avete fatto l’altro ieri” provo a buttare lì un argomento. Percorriamo il resto del tragitto così, con Tk che mi narra cosa è successo, per filo e per segno, durante il compleanno di sua madre e io che lo ascolto divertita. Grazie al cielo non ci sono stati problemi, e la giornata è proseguita tranquilla.

“tu invece cosa hai fatto?” e proprio in quel momento ci troviamo nel campo principale. È leggermente in pendenza, alla nostra destra c’è il lago di cui avevo accennato e a sinistra, in alto, un boschetto mezzo diradato a causa degli innumerevoli sentieri che portano ad altrettanti prati illuminati dal sole. Mi fermo estasiata a guardare le persone stese sulle coperte mentre leggono, dormono o parlano, altri che girano per il bosco e bimbi che giocano. Mi volto per guardare la reazione che ha Tk, e ne rimango stupita: estremamente serio, fissa il paesaggio con un’aria assorta. Gli strattono la manica (mi aveva tolto il braccio d’intorno alle spalle a metà del suo racconto sul compleanno) per riportarlo al presente, e mi guarda sbalordito

“ti piace?” l’ansia nella mia voce è appena udibile, ma io so che c’è

“è... incredibile!” mi rilasso, tirando un sospiro di sollievo

“mi fa piacere. Credevo non avresti apprezzato. Avevi una faccia…” si mette a ridere

“è che ne sono rimasto davvero colpito, tutto qui” torna a guardarmi, e nel suo sguardo riesco a leggere tutta la sincerità. Ne rimango ipnotizzata. Mi riprendo non appena si muove, per avvicinarsi al centro del prato. Tutto intorno al lago c’è erba e vitalità.

“allora? Cosa hai fatto ieri?” tenta di riprendere il discorso. Ci penso un po’ su poi ricordo un fatto importante

“nulla di particolare. Però mi è rimasta una maniglia in mano!” cerco subito il suo sguardo, curiosa di vedere come reagisce a una cosa tanto strana, e, come mi immaginavo, è interdetto.

“ti è rimasta una maniglia in mano?” molto probabilmente si sta chiedendo perché ho deciso di dargli questa informazione.

“già! E visto che ero esasperata ho deciso di lasciare un messaggio sulla segreteria del mio padrone di casa per potergli parlare il prima possibile” mi sto divertendo un mondo a vedere le sue espressioni non capendo dove voglio andare a parare!

“ah! E di cosa vorresti parlargli?” i suoi occhi, inizialmente solo curiosi, reagiscono immediatamente alla mia espressione guardinga, e si illumina all’istante. “no! No ci credo. Non dirmi che vuoi venire a stare a casa mia!” la sua felicità mi contagia, ma cerco di mantenere un certo tono, mostrandomi più contenuta

“se l’offerta è ancora valida…” la mia idea iniziale era quella di restare sul vago, facendo magari la difficile o la sofisticata, ma ogni mio tentativo viene vanificato dal suo abbraccio prorompente, che mi lascia basita.

“ti adoro. Quindi vieni davvero?” non appena mi lascia cerco di ridarmi contegno, anche se il suo allontanamento mi ha lasciato un vuoto fra le braccia. Che mi sta prendendo oggi?

“bhe, l’idea sarebbe quella” riprendiamo la passeggiata tranquilli, ma più vicini di prima

“e l’hai già detto a tuo fratello?” ecco la domanda fatidica che mi aspettavo. Abbasso lo sguardo, un po’ dispiaciuta. Ma ho un fratello testardo, e dovrò imparare a conviverci, ora più che mai.

“si” riesco solo a dire.

“e come ha reagito?” continuo a non guardarlo

“come immaginavo: all’inizio era incredulo e pensava che gli volessi fare uno scherzo di cattivo gusto, poi ha capito che dicevo la verità e si è fatto più serio. Ha provato a convincermi in ogni modo, mi ha snocciolato altre offerte o idee, ma alla fine è stato costretto a rinunciare e ad accettare l’idea. Per quanto gli è possibile” non mi piace parlare di questo argomento: perché Tai non può essere semplicemente contento per me? in fondo vado a stare con un amico, e le spese saranno più che dimezzate. All’improvviso non sento più Tk camminarmi accanto, ma non ho neppure il tempo di controllare che mi sento afferrare per un braccio. Mi fa voltare verso di se, più vicino che mai, e mi costringe ad alzare la testa, puntandomi un dito sotto il mento. Resto a guardarlo sbalordita per qualche secondo. Lui sostiene il mio sguardo, più serio che mai.

“non sei costretta ad andare contro tuo fratello per far contento me, sai?” cerco di negare con la testa, ma la sua mano mi impedisce ogni movimento. Cerco di prendere fiato, lentamente

“no, non lo faccio per far contento te. E poi è Tai che deve capire la situazione. Non voglio litigare con lui, è solo che…” la pressione del dito contro il mio mento diminuisce e mi permette di tornare ad abbassare gli occhi, ma la vicinanza rimane “mi rattrista vedere una persona a cui voglio così tanto bene che fa di tutto per ostacolare una cosa che mi rende felice.” Torno a guardarlo, cercando di apparire felice “tutto qui”. Lo stesso dito che fino a poco fa era sotto la mia gola, ora mi accarezza delicato una guancia. Mi sorride di rimando, prima di lasciarmi andare.

“allora vuoi mangiare? La passeggiata mi ha messo un certo appetito!” lieta che stia cercando di togliermi dall’imbarazzo, decidiamo dove sederci e tiriamo fuori tutto quello che c’è dentro al cestino. Addentiamo i panini e mastichiamo in religioso silenzio per due minuti buoni, finché non mi balena una domanda in testa

“come mai hai deciso di fare questo lavoro?” la mia curiosità lo coglie di sorpresa. “insomma, non è una scelta tanto comune”. Lo guardo pensare a come rispondermi mentre finisce di masticare un boccone. Fa schioccare la lingua, guardando chissà quale punto al di sopra degli alberi

“attira le donne!” torna a guardarmi per sondare la mia espressione, e rimango a bocca aperta.

“stai scherzando?” capisco che si aspettava proprio questa reazione da me.

“no, dico sul serio.” Continuo a guardarlo seria, finché non si decide a spiegarmi, ma non prima di aver fatto una breve risata secca. “tu mi hai chiesto cosa mi ha fatto scegliere questo lavoro, non quello che continua a farmelo fare, e io ti ho risposto dicendoti la verità! Quando mi sono trovato a scegliere quale scuola fare, ho ben pensato che se fossi diventato un critico o qualcosa del genere, avrei avuto una miriade di donne ai miei piedi.” Torno a masticare il mio panino, guardandolo curiosa e decidendo se tutto ciò che mi sta raccontando sia vero o meno. Tk torna a posare lo sguardo su di me. “sai, come tu mi hai già fatto notare, sono il tipo di ragazzo da sposare; che fa la spesa, tiene in ordine la casa e tutto il resto, e a quei tempi ero seriamente convinto che sapermi destreggiare in cucina mi avrebbe portato non poca popolarità.” Sorride, chiudendo il discorso, felice che io sia rimasta così sconcertata.

“ed è successo così? Ciò che credevi si è realizzato?” dentro di me cerco di sotterrare l’ansia che mi sale al petto

“certo!” Sta sprizzando fierezza da tutti i pori! Incredibile. “sapevo quel che facevo, che credi!” scosso la testa, stupita. Apro la bottiglietta dell’acqua e ne mando giù un sorso, poi mi stendo sull’erba appoggiandomi su un braccio, continuando a guardarlo

“devi essere sempre stato abituato ad avere la fila di ragazze che ti corteggiavano, immagino!” ben lieta che nessuna fitta di gelosia mi stia assalendo, mi accorgo che però mi sento strana, come in ansia.

“si, per un certo periodo si” cerca il miei occhi per vedere la mia reazione, lo capisco dallo sguardo attento che mi rivolge, così cerco in ogni modo di controllarmi.

“e poi, che è successo?” e con queste mie precise parole distoglie lo sguardo improvvisamente offuscato. Aguzzo la vista, come per leggergli nel pensiero.

“poi mi sono innamorato” la sua voce mi giunge più leggera, come se stesse cercando di non farsi sentire. Un colpo sordo mi colpisce la schiena, e per mascherarlo mi muovo, tornando a sedermi. Respiro con lentezza, cercando di ordinare i miei pensieri, poi torno a dargli tutta la mia attenzione. Sembra non essersi accorto del mio tentennamento, perché resta fermo a fissare l’erba. Non so cosa fare, lo devo incoraggiare a parlare o è meglio lasciar cadere il discorso? È lui a rompere il silenzio, evitandomi la scelta.

“malgrado sia stata la cosa che mi ha cambiato radicalmente, è stata anche una brutta botta da sopportare. Se tornassi indietro non so se rifarei tutto ciò che ho fatto in passato.” Tk sposta lo sguardo sull’acqua che riflette la luce del sole; è come se non fosse qui, se fosse tornato davvero a quei momenti. “ero un ragazzo che voleva soltanto divertirsi e sfruttare ogni secondo a mia disposizione, e il fatto di avere tante ragazze mi rendeva gasato; era l’argomento di sfida preferito con i miei amici” mi rivolge uno sguardo, cerca di sorridermi, ma negli occhi non c’è divertimento. “-sono andato con Milly! -cosa vuoi che sia, io ci sono stato tre settimane fa!” poi torna a guardare altrove. Mi sento quasi nauseata: sento che non uscirà nulla di buono da questo racconto. “poi conobbi una ragazza, una nuova arrivata. Si chiamava Ginny, e fu l’unica ragazza di cui si era innamorato Shib.” Tornando al presente mi guarda con una punto di orgoglio, ma sempre mal celando la malinconia che gli si è dipinta sul viso “Shibuto era il mio migliore amico.” Come uno schiaffo vengo colpita dal verbo al passato che ha utilizzato Tk. “era completamente cotto, ma Ginny non sembrava accorgersi di nessuno. Era molto riservata e avvicinarsi a lei era praticamente impossibile: il suo tragitto a scuola variava dalla classe al bagno, e una volta fuori saliva direttamente sulla macchina dei suoi. A me non interessava un granché, soprattutto perche avevo altre cose per la testa, ma soprattutto altre ragazze. Ma a dirti la verità non volevo ammettere che ero quasi infastidito dall’unica ragazza che non aveva espresso alcun interessamento nei miei confronti.” Riscuotendosi mi rivolge un occhiata dispiaciuta, come se volesse scusarsi “ti ho detto che sono cambiato parecchio!” gli rivolgo un sorriso per incoraggiarlo a continuare e provo a mandare giù il groppo che ho in gola. Tutto d’un tratto mi ritrovo con la gola secca. “un giorno, non so come, a pranzo Shib accompagna al nostro tavolo Ginny. Non chiedermi come abbia fatto a convincerla, questo resterà per sempre un mistero, per me. pian pianino siamo riusciti a farla ben integrare nel nostro gruppetto di idioti patentati, e col tempo ha cominciato a dimostrare un certo interessamento al sottoscritto. Io come al solito ne ero ben lieto, ma quella fu l’unica volta in cui non ne gongolai con nessuno: avevo troppa paura di ferire il mio amico. Poi successo un grandissimo casino.” Un brivido mi percorse completamente il corpo. Mi sembra sciocco, visto il sole cocente che ci sta inondando. “una sera quell’idiota di Shib decise di confessare a Ginny il suo amore, e come se non bastasse ha tentato di baciarla. Lei lo ha respinto in malo modo ed è venuta a cercare me, in modo che potessi confortarla. Si sentiva infinitamente in colpa per averlo fatto soffrire, e mi ripromise che dal giorno seguente non avrebbe più fatto parte del nostro gruppo per non far stare male Shib. Io a quelle parole mi allarmai. Non l’avrei mai ammesso in quel momento, ma la sua continua vicinanza mi aveva provocato un fortissimo attaccamento nei suoi confronti, e quel giorno, ripensandoci col senno del poi, ne ero già innamorato. Anch’io!” l’enfasi che accompagna l’ultima parola mi fa intuire l’enorme dispiacere che porta con se. “cercai di dissuaderla in ogni modo, ma quando capii che non ci sarebbe stata parola che l’avrebbe convinta, decisi di fare l’unico gesto che l’avrebbe legata inevitabilmente a restare.” Mi guarda dritto in faccia, serio, e dall’espressione capisco che non mi dirà di quel gesto, perché già sappiamo entrambi che senza bisogno di parole ha già spiegato tutto. “quella notte non chiusi occhio. Lo shock maggiore non fu tanto la reazione di Ginny, la quale mi confessò che aveva respinto Shib perché era innamorata di me, quanto la repulsione che provavo per me stesso al pensiero del mio migliore amico. Sapevo come avrebbe reagito, ma ero pronto a raccontargli tutto. La mattina dopo Ginny mi aspettava sotto casa e, preso dall’euforia, dimentico di quel che dovevo dire al Shib, ci dirigemmo verso scuola mano nella mano. Ma all’entrata c’era proprio lui che mia spettava, e senza bisogno che gli spiegassi nulla mi ha girato le spalle e se ne è andato. In seguito cercai di parlare con lui varie volte, ma con scarsissimi risultati. Alla fine lo costrinsi praticamente ad ascoltarmi, ma finimmo con il litigare di brutto.” Soffermando il suo sguardo sulle mie mani strette, leggevo in lui un rimostro enorme. Avevo voglia di consolarlo, o almeno di sfiorarlo, ma il terrore che smettesse di raccontare mi bloccava dove ero. “mi convinsi che forse non avevo perso nulla, perché se un amico non è felice per la tua felicità, non è un vero amico, ma in quel periodo volevo solo mostrarmi forte. Mi mancava enormemente Shib, e ogni giorno vivevo con il rimorso per ciò che gli avevo fatto, ma Ginny riusciva sempre a mettermi a mio agio, così mi sentivo meglio. almeno finché non appoggiavo la testa sul cuscino. Poi un giorno mi cadde anche l’ultima certezza rimasta: tornando a casa decisi di deviare il mio percorso e passai dal parco comunale, passando per il sottopassaggio. All’altro capo vidi due ragazzi avvinghiati, ma fui solo capace di sorriderne, lieto che anche qualcun altro si comportava come me e Ginny”una luce gli balugina negli occhi che torna a posare su di me. ora non prova neppure a mostrarsi felice. Un peso enorme mi opprime il petto, ed ho seriamente paura di scoppiare a piangere. “credevo che ci amavamo. Ma quando fui loro più vicino scoprì che l’amica d’infanzia di Ginny era solo una copertura per incontrare un altro ragazzo. O altri, chi lo sa. Così in breve tempo mi ritrovai senza il mio migliore amico e senza la mia ragazza. Cambiato, certo, ma ho pagato un duro prezzo. A volte credo che sia stata la giusta punizione per come mi sono comportato con Shib” tornato al presente, Tk conclude il racconto con un sorriso mesto. Io rimango immobile, con una mano a stringere l’altra in maniera convulsa , mille pensieri in testa e il mio sguardo che evita accuratamente di incrociare quello di Tk. Sento una mano calda appoggiarsi alle mie e alzo improvvisamente gli occhi. Non è giusto che sia lui a dovermi consolare. Perché non ci sono io in quel ruolo? Allunga l’altra mano per poggiarmela sul viso e con il pollice mi asciuga la lacrima che mi è sfuggita. Quel gesto mi fa rinsavire e mi scuoto dal torpore. Sciolgo la presa delle mie mani che vanno a prendere la sua e finalmente incrocio i suoi occhi di ghiaccio.

“scusami. Non dovrei reagire così.” Sorride e nega con il capo

“tranquilla. Non volevo farti piangere. Mi spiace.” Assottiglio lo sguardo e mi avvicino un po’, poi inaspettatamente per entrambi lo stringo a me, facendo si che appoggi la testa su di me, ma la posizione scomoda in cui mi trovo mi costringe a sdraiarmi, portandolo giù con me. così ci troviamo stesi, la sua testa sulla mia pancia, il mio braccio ad accarezzargli i capelli e l’altra mano a stringere la sua, appoggiata al mio fianco. “non cercherò scuse per difendermi, perché non ne ho, sinceramente”

“neanche io voglio trovarne, ma penso che tutti sbaglino nella propria vita. È per questo che nasciamo piccoli: per imparare a crescere. Tu hai commesso un errore enorme, ma hai comunque saputo prenderti le tue responsabilità e non hai cercato di fuggire dalle conseguenze che ciò ha portato. Tu stesso hai detto di essere cambiato, ciò vuol dire che sei maturato, grazie a questa esperienza. Sei un uomo, non puoi flagellarti per i tuoi errori. La vita va avanti, e magari con qualcosa che succederà in futuro riuscirai a riscattarti per quel che è successo. Nessuno ti vuole condannare.” Le mie stesse parole mi stupiscono: da quando in qua sono così saggia? Tk alza la testa per guardarmi, incuriosito, e il mio sguardo di risposta lo tranquillizza: non sono stata posseduta da chissà quale spirito.

“grazie. È una bella cosa quella che hai detto. Penso che non la scorderò tanto facilmente” arrossisco per il complimento e nel frattempo ringrazio il cielo che lui non possa vedere il mio imbarazzo. Gli faccio capire che accetto i suoi ringraziamenti con un buffetto sulla testa. Chiudo gli occhi, lasciandomi inondare dal sole e dalla sensazione che la sua vicinanza mi provoca.

“davvero, non volevo farti piangere. Appena ti ho visto ho creduto che stessi scherzando. Ma poi guardandoti meglio ho capito che eri davvero triste” sento aumentare la pressione sul fianco aumentare. Sorrido per la mai ingenuità

“è solo che sono una stupida sensibile. Mi sono fatta prendere dalle tue parole e non mi sono accorta delle lacrime. Non è stato giusto che tu mi abbia consolata dopo quel che mi hai raccontato. Dovevo essere io quella” la sua risata mi attraversa tutto il corpo, amplificata dal contatto che c’è

“ma a me non è dispiaciuto consolarti. Odio vederti stare male, farei qualsiasi cosa per impedire di farti piangere” un cellulare interrompe il nostro contatto. Tk si alza per estrarlo dai jeans, da un occhiata al display e si alza per allontanarsi di qualche passo per rispondere. Io resto pietrificata a terra, con la mano ancora appoggiata sulla mia pancia. Ho una miriade di pensieri che mi vorticano in testa, e solo quando sento Tk sedersi nuovamente accanto a me deciso di riprendere il controllo del mio corpo. Mi giro a pancia in giù, con le gambe in aria, i gomiti puntati a terra e il mento appoggiato alle mani. “allora quando hai intenzione di cominciare il trasloco?”

“bhe, direi entro la fine della settimana, se no devo pagare il mese successivo al mio affittuario” lo sento crepitare di entusiasmo

“perfetto. Tu dimmi il giorno e sarò a casa tua per prendere gli scatoloni!” ecco il punto dolente.

“veramente c’è Tai che si è già offerto di farlo” scomoda della posizione in cui mi trovo decido di alzarmi in piedi. Tk sembra non volermi imitare, così lo intimo a seguirmi con un gesto della mano “andiamo a fare due passi?” ed eccolo prontamente al mio fianco. Passeggiamo tranquillamente fra il bosco, i sentieri e un prato e l’altro

“quindi pensi di farcela con un solo viaggio?”

“no, ma a costo di farsi un pieno di benzina, ha detto che vuole esserci quando mi ‘insedierò’!” lo sento sogghignare accanto a me e lo guardo con tanto d’occhi

“vuole controllare la tana del lupo?” si giustifica prontamente. Io sospiro, rassegnata

“già. Credo che abbia paura che tu mi abbia abbindolata con l’inganno” scuoto la testa incredula che possa soltanto pensare una cosa del genere.

“scusa se te lo domando, ma di cosa ha paura, esattamente?” Ah, saperlo!

“non lo so. Penso che ti vede come un pericolo per me. non chiedermi perché?” mi affretto a precisare, prima che si faccia strane domande.

“e i tuoi cosa ne pensano?”

“non gliene importa molto. Gli ho detto che vado a stare da un amico, e loro mi hanno detto solo che sono contenti che vado a spendere meno.” Lo guardo di sfuggita, speranzosa “vale ancora l’offerta per il prezzo, no?” sorride, come se avessi detto la cosa più sciocca al mondo.

“certo, sta tranquilla.” Decidiamo di incamminarci verso le auto, ma sento un vuoto che comincia a formarsi all’altezza del petto. Cos’è, il semplice pensiero mi mette tristezza? Se mi fa questo effetto dopo solo mezza giornata, quando andremo a vivere sotto lo stesso tetto cosa sentirò quando usciremo per andare al lavoro? Non so perché, ma mi fa uno strano effetto pensare a noi due nella stessa casa. È un po’ come dire che andiamo a convivere come coppia. Cerco di mandare via quei pensieri con un movimento veloce della testa.

“senti, allora hai pensato se venire al matrimonio?” ripenso alla conversazione avuta con Yolei ieri sera. Era così euforica all’idea che cambiavo casa. Ma quando ha saputo che mi aveva invitato al matrimonio di sua cugina ha letteralmente cominciato a saltare dalla gioia.

“si. L’idea mi piace. Credo proprio che parteciperò. Però ci sono ancora le miei condizioni, ricordi?” abbassa lo sguardo, fugace, sfoderando un sorriso

“certo, certo. Ti ho detto che ci sarà mio padre. Se scopre che sei una ballerina non ti mollerà più per tutta la sera, ti avverto” fremo d’eccitazione al solo pensiero

“perfetto. Non posso certo lamentarmi.” Cerco il suo sguardo, finché non lo catturo “e tu? Ballerai?” tentenna, indeciso sul da farsi

“dipende. Potrei”

“dipende da cosa?” mi avvicino maggiormente, attanagliata dalla curiosità

“dalle ballerine che ci saranno. Ma non ti aspettare grandi cose, eh!” radiosa lo assalgo letteralmente, saltandogli quasi addosso

“perfetto. Ti dico subito che non lascerò un attimo di respiro, ne a te, ne a tuo padre!” la sua risata allegra mi rincuora, come un balsamo.

“sono curioso” scostandomi da lui per lasciarlo camminare mi prende la mano “da dove deriva tutto questo amore per la danza? A parte che quando ti ho portato in discoteca non sembravi troppo entusiasta, ma soprattutto non ti avrei mai immaginata in mezzo alla pista a scatenarti. Insomma, attira un po’ l’attenzione, e tu non sei il tipo. Non so se mi spiego” annuisco, ripensando a quella sera in discoteca.

“all’inizio non credevo che la musica da discoteca mi piacesse un gran che, ma poi quella sera ho capito che in fondo basta muoversi; non importa su che ritmo. Però si, hai ragione, neppure io credevo di essere tipo da ballo. Insomma, la musica mi è sempre piaciuta, ma non l’ho mai pensata come qualcosa di più rispetto a un semplice intrattenimento.” Rivedo davanti ai miei occhi le lezioni di ballo che ho preso assieme a mia madre

“riesci a stare al centro dell’attenzione senza problemi?” sembra sorpreso, ma non posso biasimarlo; anche io ero parecchio scettica al riguardo, all’inizio.

“si. La passione me l’ha passata mia madre. L’ho sempre vista muoversi con una grazia incredibile sulle piste che frequentava, ma mi è sempre bastato guardarla. Poi ho deciso di seguirla a un corso di balli da sala, e me ne sono innamorata. Quando ti trovi in pista non pensi alle persone che ti guardano o a chi hai intorno, in testa ci sono solo i passi che devi fare e la musica. Tu segui il ritmo e basta, il resto lo fa il tuo corpo.” Lo guardo soddisfatta della mia spiegazione

“hai fatto un corso?”

“si. Facevamo valzer, tango e molti altri. incominciare a ballare è stato un toccasana per me. ho scoperto molto di me che non avrei mai pensato.” Lo sguardo interrogativo che mi rivolge mi fa spiegare meglio la situazione “Sembrerà strano, ma ballare ti apre la mente, e molte cose che non credevi di poter fare, invece oplà che le esegui alla perfezione” mi fa un cenno. Ha capito.

“allora sono davvero curioso di vederti in pista” stranamente non mi sento avvampare, anzi, ne sono quasi orgogliosa.

“com’è tuo padre?” la domanda mi esce senza che io voglia. Il tempo di pensarla ed eccola già fuori. Lo guardo di sottecchi, sperando si non aver toccato tasti dolenti, ma la luce nei suoi occhi mi fa immaginare l’affetto per la figura paterna

“molto, molto estroverso”

“ecco da chi hai preso!” esclamo sorpresa

“si, probabile. Dicono che gli assomiglio molto, ma questo non so dirti se sia vero. È sempre in movimento e capace di smuovere il mondo, se vuole.” Si, gli vuole molto bene, si vede

“ha una grande forza di volontà” preciso. Annuisce. Ma purtroppo parlando del più e del meno rieccoci al parcheggio. Ci avviciniamo alla mia macchina e mi lascia la mano, ma sembra titubante. Osservo la sua espressione per qualche secondo, finche non alza la testa. “sai, mi piacerebbe conoscere i tuoi amici, un giorno” noto un certo irrigidimento alle mie parole, ma prova a camuffarlo con una risata beffarda

“tranquilla, quando verrai a stare da me li vedrai talmente spesso che ti stancherai di vedere sempre le loro brutte facce.” Cercando di ignorare la sua precedente reazione cerco le chiavi dell’auto in borsa, apro la portiera e mi appoggio a quest’ultima per salutare Tk.

“allora ci sentiamo per il trasloco, ok?” annuisco. Con la portiera che ci divide, Tk si sporge verso di me, e con mia enorme sorpresa mi bacia sulla guancia, prima di girarsi e andare alla sua auto. Io resto letteralmente impietrita, con un’espressione da film dell’orrore sul viso. Lo sento che mi saluta da lontano, ma forse la risata che segue è solo frutto della mia immaginazione. Cerco di riprendermi prima di salire in auto, almeno per evitare di finire contro un acero.

 

Note dell’autore:

Cosa aggiungere potrebbe un narratore a quanto già narrato dall’attore, a me non resta altro che sparire, fare un bell’inchino e poi svanire. […]Finito il mio cammino mi accascio e vado verso il mio destino, che è quello di chi inizia e già finisce, sboccia e dopo un attimo appassisce, di chi vive soltanto un paio d’ore, sperando in un applauso, e dopo muore. [Chiedimi se sono felice]

E con il contributo di un bellissimo film (chiedo scusa per la leggera modifica che ho dovuto apportare, ma chi conosce per intero la frase può confermare che Sirano non centra nulla con la nostra storia J) posso salutarvi. In effetti non ho nulla da aggiungere, tranne che vi aspetto al prossimo capitolo. Baci Baci

P.S: vi prego di comunicarmi eventuali errori

Mami

  
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