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Autore: iwashere    17/05/2013    4 recensioni
Basata sugli spoiler usciti sulla 4x06 e sulla mia mente malata che mi fa sognare i Klaine anche la notte.
Hope you enjoy it! :3
Dal primo capitolo: E quando Blaine si siede allo sgabello, l’unica cosa che vorrebbe è che tutti quei ricordi non lo investissero come un uragano o una calamità simile.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt, Blaine/Rachel, Kurt/Rachel
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ghiaccio e dolore.




Potremmo essere amici. Potremmo essere amici. Potremmo essere amici.
Blaine pensava che dopo aver chiarito con Kurt, sarebbe stato più facile stare attento a scuola, seguire il Glee e studiare. Pensava che avrebbe smesso di stare male e di piangere prima di dormire, quelle poche volte che a dormire ci andava. Ma no, Blaine continua a pensare, senza sosta, e quella frase continua a rimbombargli in testa. Il modo in cui Kurt lo guardava, come gli era sembrato spaesato e indeciso, come alla fine abbia ceduto. Blaine ricorda ogni singolo particolare, e per la prima volta, non fa male.
Perché mi manchi un po’. Perché mi manchi un po’. Perché mi manchi un po’.
Come si può misurare la definizione di “un po’”? Per Blaine, è un’immensità. Sarà così anche per Kurt?, continua a chiedersi.
Sa che sarà a Lima ancora per due giorni, poi ripartirà per New York. Non ha paura, Blaine, ma non sa cosa fare. Vorrebbe chiamarlo, chiedergli se può accompagnarlo all’aeroporto, chiedergli di non andare via di nuovo. Ma sa che non può farlo davvero, perché è stato lui a spingerlo a volare via e a intraprendere la sua strada. È stato lui a spingerlo verso la sua nuova vita, lontano da sé. Blaine ama ancora Kurt, con tutto se stesso. Perché nonostante tutto, lui sarà sempre la sua anima gemella.
Blaine è così preso dai suoi pensieri, che mentre sta camminando per il corridoio del McKinley, non si accorge dei ragazzi della squadra di football che lo guardano in un modo strano, diverso da solito. Continua a tirare dritto, e fila in aula di francese, mentre pensa a cosa scrivere a Kurt quel pomeriggio stesso.
 

* - * - *

 
Quando Anderson si è iscritto alla palestra scolastica, l’ha fatto principalmente perché in questo modo poteva usare la sala da boxe senza dovere spiegazioni a nessuno. Bastava mostrare la sua tessera alla segretaria, fingere un sorriso che equivalesse a quello della fototessera e poteva sfogarsi per ore contro il sacco.
Blaine sta andando in palestra perché è arrabbiato con se stesso, come accade spesso, da un po’ di tempo a questa parte. Non ha concluso nulla ieri, e oggi, l’ultimo giorno di permanenza di Kurt a Lima, lui non ha il coraggio di chiamarlo o contattarlo in alcun modo. Così si rifugia in palestra per poter picchiare un innocente sacco da boxe dove immagina ci sia il suo stesso viso.
E’ a qualche metro dall’entrata, quando sente una risata. Ricorda quel tipo di risata cattiva e meschina, e riconosce immediatamente la sensazione che comincia ad attanagliargli lo stomaco: paura. Non sa perché, né se ci sia un vero e proprio motivo per avere paura, ma Blaine è assolutamente terrorizzato da una semplice risata.
L’ultima volta che qualcuno ha riso così di lui, si è ritrovato con due costole rotte ed un migliore amico che non voleva più parlargli. E, ora come ora, non si sente in grado di sopportare altro dolore.
Si gira per assicurarsi di non essere seguito, ma escluse le tre macchine che ci sono nel parcheggio oltre la sua, non c’è nessuno, solo silenzio. Sta per tirare un sospiro di sollievo, ma tornando alla posizione originale, dando le spalle al parcheggio e cercando di entrare nell’edificio proprio davanti a lui, lo vede. È uno di quegli idioti che lo fissano sempre quando cammina per i corridoi. A volte, quando lo vedono passare si ritirano addirittura e si schiacciano il più possibile contro gli armadietti, neanche avesse la lebbra. A Blaine fanno schifo le persone come loro, letteralmente schifo.
Ma quando sente il ghiaccio arrivare fino a dentro la maglietta e scorrere lungo la schiena, a parte la sensazione di freddo, Blaine riesce solo a provare pena per loro.  Sono regrediti allo stadio granite. Pensava di averla scampata, perché non era uno dei nuovi membri, ma ripensandoci, non gli avevano mai tirato un granita, non a scuola almeno.
Se lo merita quindi? Merita la sensazione di bruciore agli occhi, il freddo e l’umiliazione? Certamente no. Eppure non fa niente. Rimane lì a sentire il ragazzo che gli ha lanciato la granita al limone addosso ridere e sente distintamente i suoi amici – tre o quattro? – unirsi a lui battendogli il cinque e congratulandosi. Forse è una recluta, un cadetto da addestrare. E quale miglior modo se non accanirlo contro i membri del Glee? La loro logica non fa una piega. Persino Blaine si rende conto che forse, sotto strati e strati di idiozia e odio gratuito, non sono così stupidi come tutti pensano.
Disprezzano e distruggono, ma il loro cervello funziona. Senza dubbio non funziona completamente, ma gli fa elaborare piani e insulti che hanno conseguenza disastrose: i primi rovinano vestiti e quaderni, i secondi si insinuano sotto la pelle e bruciano da morire.
Blaine rimane da solo nel parcheggio per un tempo indefinito. Rimane lì a non fare niente, a serrare gli occhi di più cercando un po’ di sollievo e a stringersi le braccia al petto per sentire meno freddo. Gli sembra di essere tornato a New York qualche mese fa: strizzava gli occhi per non piangere e si abbracciava da solo perché Kurt non lo faceva.
Kurt.
È un lampo di genio quello di Blaine. Una speranza, forse vana, ma pur sempre una speranza. Cerca a tastoni nelle tasche del giubbotto e del borsone fino a ritrovare il suo cellulare. Preme il tasto uno – perché Kurt è sempre e comunque la persona che chiama più spesso e più volentieri – e aspetta.
Uno, due, tre squilli.
È partito, è andato via, non c’è più tempo, pensa Blaine in un momento di sconforto.
Ma è soltanto per poco, perché la voce squillante di Kurt gli riempie il cuore con tre sole parole.
“Blaine, stai bene?” e forse non è la domanda più giusta da fare, quella più semplice o quella più sensata, ma è assolutamente quella più adatta a quel momento.
“No, Kurt.” Risponde Blaine quando sente la prima lacrima scivolargli giù per una guancia. “Ho bisogno di te. Puoi venire qui? Ti prego.”
 

* - * - *

 
Dire che Kurt sta correndo è eufemismo. Ha mollato tutto al check-in – “Kurt dove stai andando? I bagagli, il volo, non puoi andare via così!” – e ha aspettato solo due minuti di orologio prima di prendere il taxi con Rachel al seguito. – “Non torniamo a New York, uhm?”
Quando risponde al tassista di portarlo al liceo McKinley, quello sbarra gli occhi guardandolo dallo specchietto retrovisore. “Sembri troppo grande per andare ancora al liceo, ragazzo” dice. E Kurt sente un pezzo di sé rompersi, perché sta tornando indietro, nella tana del lupo, all’interno del suo peggior incubo.
Rachel gli prende la mano e sussurra una sola domanda: “Cosa sta succedendo?”
“Non lo so” risponde lui, e la verità non l’ha mai scosso così tanto. “Blaine ha bisogno di me, ho paura che si sia cacciato nei guai. Io… Ho paura, Rach.”
Rafforza la presa, e aspetta. Guarda le strade e i paesaggi cambiare dal finestrino e quando finalmente arrivano a scuola, Rachel gli fa segno di andare avanti. Scende in fretta e furia, corre verso il parcheggio e si guarda intorno cercando Blaine.
Quando lo vede, non è più che una figura in lontananza, un puntino bianco addossato alle scale principali, con le braccia attorno alla ginocchia e la testa seppellita lì in mezzo.
Non corre verso di lui, al contrario gli si avvicina lentamente: come si farebbe con un animale in gabbia. Più si avvicina e più il quadro della situazione si fa nitido: i brividi che scuotono il suo corpo, non dovuti solo ai singhiozzi; il colore giallastro di cui la sua maglietta bianca è diventata; il fatto che Blaine non si nasconda, che sia posto nel luogo più visibile da chiunque.
Umiliazione. Dolore. Odio.
Kurt rabbrividisce, perché vorrebbe che Blaine non dovesse sentire tutte queste sensazioni, non di nuovo. È un tocco delicato il suo, è una mano appoggiata sulla spalla destra e una leggerissima pressione. Il viso di Blaine si alza di scatto, e quando Kurt si rende conto che aprire gli occhi gli fa troppo male, lo tira su di peso e lo porta all’interno dell’edificio. Il suo cuore pulsa a un ritmo regolare e porta il dolore che sente verso ogni terminazione nervosa. Non ha bisogno di guardare dove va, perché conosce quei corridoi e quei bagni meglio delle sue tasche, e ora come ora vuole solo stringere Blaine più forte e tenerlo più vicino.

* - * - *

Che ci crediate o meno, sono viva e ho finito di scrivere questa fan fiction. Anche se ormai la pubblico solo per me, merita di essere conclusa, quindi eccoci qui: capitolo cinque.
Mentre vado ad eliminare quella scritta "Temporaneamente in pausa" vi dico che ci rivediamo la settimana prossima.

Tatiana.

   
 
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