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Autore: Peep    18/05/2013    21 recensioni
Louis vorrebbe ridere, perché le ventuno pallottole erano il termine di quella sorta di contratto che aveva firmato con quella pazzoide, e se solo avesse sparato quell’ultima pallottola nel cranio di qualcun altro, adesso potrebbe vivere tranquillamente con il suo fidanzato. Ma forse, chissà, era il suo destino. Forse era stato già stato scritto, forse l’aveva già deciso qualcuno prima di lui che Louis sarebbe stato il ventunesimo. Forse l’aveva deciso già qualcun’altro che sarebbe finita così. 
A Louis viene davvero da ridere mentre, al contrario, Harry sta versando lacrime amare sul suo volto, ma semplicemente non ci riesce.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Nota:
Consiglio CALDAMENTE (?) di ascoltare The Vision oppure Final Hour degli X-Ray Dog durante la lettura.
A dopo! :3

Peep.



Just so you know, I'd die a million times, without a second thought, if it meant you'd survive.



 
Le scarpe nere di Louis Tomlinson prendono a calci l’asfalto, per poi strisciarvi sopra. La Colt Mustang calibro .380 freme nella sua mano e i suoi occhi freddi accarezzano quelli di Zayn Malik — vent’anni, tanta barba incolta e sudore freddo che lo sfiora vellutato sotto i vestiti —, mentre un sorriso spento piega le sue labbra sottili.
L’aria è piacevolmente calda, nonostante sia ancora pieno marzo, e c’è un curioso sentore di cannella.
Ha scelto una gran bella giornata per morire, pensa Louis — e sa di sbagliarsi, perché Malik non ha scelto di morire: è stata Lei —, appena prima che il moro apra bocca per pronunciarsi.
«Sei stato tu.» Boccheggia Zayn, indietreggiando appena.
Louis avanza ancora, il sorriso ambiguo ancora ad incurvargli le labbra e gli occhi che si abbassano al suolo.
«Tu dici, Zayn?»
La sua voce è poco più che un sussurro, nel vento soffice di questo giorno impregnato di morte.
«Hai ammazzato tu Liam!» Continua Zayn Malik, alzando la voce. «Sei stato tu, sporco bastardo!» Grida ancora, amareggiato.
«Sì, sono stato io.» Conferma Louis annoiato, avvicinandosi di più a quella che fra pochi secondi sarà la sua vittima numero diciannove. «Ora, se permetti, devo fare il mio … » Si interrompe, pensando a quale possa essere la definizione esatta per quello che fa. Prima di continuare deglutisce, poi «Il mio compito.» conclude, alzando l’arma nella sua mano destra.
«Quindi adesso farai lo stesso con me, non è vero, lurido figlio di puttana?» Sibila Zayn, il terrore nella voce. All’improvviso grida di nuovo, aprendo le braccia, come ad offrire tutta la sua persona al mostro che sta per mettere un punto alla sua vita. «Fallo, avanti!» Lo incita, avanzando. Grida. È arrabbiato, è frustato. Ha paura. Louis può sentirlo, può sentire i suoi muscoli contrarsi dal terrore anche da quella distanza. Ma Zayn continua: «Uccidimi, faccia di merda! Fallo, non ti temo, vigliacco schifoso! Puntami addosso quella pistola del cazzo e sparami.»
Louis alza di nuovo i bordi delle labbra e obbedisce: punta la pistola, mira alla fronte di Zayn Jawaad Malik, carica ed appoggia l’indice sul grilletto.
Improvvisamente la paura di Zayn prende forma sul suo volto.
«Mi spiace, amico.» Louis fa spallucce. «Davvero.»
Prende un enorme respiro, il sudore scivola lungo le sue tempie.
«Davvero.»
BANG!, pensa Louis. BANG!
Ed in un attimo, niente più Zayn Malik. Niente più grandi occhi castani, niente più odore di fumo, niente più braccia tatuate. Solo un gran buco in mezzo alla testa e un fiotto di sangue, un corpo inerme a terra.
«E’ stato un piacere.» Si porta la mano alla fronte, in un saluto militare, e si allontana a passi lenti.
Anche oggi, eh.
Ripone la Colt nella tasca, alza lo sguardo al tramonto rosso che, in questo momento, gli sembra quasi sanguinante. E gli fa schifo.
Anche oggi.
 
 
 
«Louis, mi mancano Zayn e Liam.» Ammette Harry, seduto sul divano, in tono malinconico.
La televisione è accesa, ma nessuno la sta guardando: è solo un brusio di sottofondo che, in qualche modo, conforta sia Harry che Louis.
«Anche a me.» Fa Louis, abbozzando un sorrisetto ed avvicinandosi al divano.
«Ho paura che possa succedere qualcosa anche a te.» Confessa Harry, portandosi le ginocchia al petto, nel momento in cui l’altro si siede davanti a lui e gli accarezza i ricci con delicatezza, quasi a temere di potergli fare del male.
Perché è questo che fanno i mostri, solo male.
«Non aver paura.» Louis posa un bacio sulla sua fronte e prende le sue mani grandi nelle sue, un po’ più minute. «Starò qui e penserò a proteggerti e basta.» Sorride, rassicurante. «Ad ogni costo.»
Harry annuisce, e lo bacia sulle labbra, sfiorandogli le dita. Le dita maledette che hanno premuto quel grilletto per diciannove volte. Se Louis ci pensa gli viene il voltastomaco.
Il riccio si accorge del distacco dell’altro, e gli da un ultimo bacio ad un angolo della bocca, prima di cambiare discorso, sorridendo.
«Ascolta, hai mica sentito Niall oggi?»
Il maggiore fissa un punto imprecisato sul volto di Harry e all’improvviso: «Devo fare una cosa» afferma, alzandosi.
«Ah sì?» Chiede Harry, interdetto.
«Sì.» Annuisce Louis e si avvia verso la porta.
«Tornerai presto, vero?»
Louis si volta, guarda negli occhi il piccoletto che sa che sarà sempre a casa ad aspettarlo, che è l’unica cosa che è sicuro di amare in questo mondo, e sente da qualche parte vicino allo stomaco, qualcosa che si contorce dolorosamente.
«Certamente.»
Harry sorride, fiducioso.
«Ti amo, Lou.»
«Ti amo anche io.» Anche Louis sorride, anche se non vorrebbe.
Poi esce e chiude la porta alle sue spalle. E il contatto con la realtà fa più male del previsto.
 
Corre lungo la strada principale, corre e corre e corre. I suoi occhi cadono sulla schermata dei messaggi del suo telefono, dove le parole “Niall Horan, Winston Bridge, 14.20” sono illuminate, crudeli primi assaggi di morte.
Louis non crede di riuscire a farcela ancora per molto. Quasi venti. Quasi venti morti per mano sua, per volereSuo. Venti vite giovani estirpate al mondo perché Louis è uno stupido — stupido, stupido, stupido. Perché Louis è caduto in una trappola nella quale rimarrà incastrato per sempre.
«Louis!»
Alza lo sguardo, cominciando ad abbassare la mano nella tasca dei pantaloni e stringendola intorno alla pistola, il pollice sulla leva della sicura.
«Louis, Louis!»
Niall gli corre incontro affannato, l’evidente preoccupazione nei suoi occhi.
«Louis, oh Dio. Dei tizi mi hanno portato qui e mi hanno … attaccato questa roba!» Spiega il biondo, indicando agitato il collare nero che porta al collo.
Questo serve per non farteli scappare, Tomlinson. Ti facilitiamo il lavoro, non vedi?”  Le Sue parole riecheggiano ancora nelle orecchie di Louis.
«Louis, mi ascolti? Aiutami, Lou!»
Gli occhi di Niall dilagano, mentre lui scuote disperatamente il suo braccio in cerca di aiuto.
«Louis!» Ripete ancora.
Louis non risponde, si limita ad estrarre finalmente la sua calibro .380 dalla tasca e tenerla lungo il fianco, togliendo la sicura.
«Louis, cosa … » Azzarda Niall, terrorizzato, indietreggiando. «Tu non … No, Louis … Ti prego … »
Ragazzina, è quello che pensa Louis quando Niall si copre la bocca con le mani e lascia che  i suoi occhi mostrino la paura che lo sta divorando. Sto per uccidere una specie di ragazzina.
Stavolta alza subito la pistola, ne appoggia un’estremità sulla fronte sudata del biondo, senza guardarlo negli occhi. Niall fa per scappare, con le gambe un po’ cedevoli. Ci prova, ma una forte scossa elettrica attacca il suo collo, in modo da tramortirlo quasi, e si costringe a lasciare che il bordo freddo della Colt di Louis si adagi sulla sua fronte.
«Ti prego … » Lo implora.
I suoi occhi non riescono a metterlo bene a fuoco, e per restare in piedi deve tenersi con le braccia al bordo del ponte.
Louis non muove un muscolo, si limita, come sempre, a guardare un’ultima volta la sua vittima negli occhi. Con le prime lo faceva per lasciare che il ricordo degli innocenti che uccideva si imprimesse nella sua mente, ma alla fine vi vedeva solo il terrore e la paura e la consapevolezza della morte. Ora, quindi, lo fa soltanto come una sorta di rito.
Niall continua a mugolare suppliche fra le lacrime che ricoprono le sue guance rosse, fin quando Louis non carica la pistola, e il biondino torna in silenzio, deglutendo rumorosamente.
Louis affonda gli occhi nei suoi, assottigliandoli, e ci vede solo morte. Morte che incombe, e paura.
«Mi dispiace.» Sibila.
Niall si morde forte il labbro e lo guarda, implorante.
«Louis, perché? Fermati … Non sei costretto a farlo, ti prego … »
«Oh, se lo è.»
Una nuova voce alle spalle di Louis, ma lui non si volta. Conosce fin troppo bene quel tono, quel sorriso beffardo che riesce a sentirvi dentro. La voce che l’ha costretto con quella pistola fra le mani. La voce che l’ha portato ad essere unico e solo responsabile della morte dei suoi cari.
«Ciao Eleanor.»
Perché oggi è qui? È forse una morte più importante di tutte le altre?
«Ciao Niall.» La giovane donna dietro di lui lo ignora e si rivolge a Niall. I suoi tacchi ticchettano sul legno man mano che si avvicina. «Ti stai divertendo con Mr. Frocetto?» Sorride.
Adesso può vederla: è alla sua destra, un grande cappotto nero addosso, un paio di occhiali da sole sul naso, i capelli legati e le mani giunte dietro la schiena. Si sporge su Niall, e questi boccheggia, incapace di formulare una frase di senso compiuto.
«E-Eleanor … » Si limita a mormorare, lasciandosi cadere a terra, esausto.
Eleanor ghigna ancora, poi si rivolge a Louis senza guardarlo.
«Continua pure, Tomlinson.» Concede, con un gesto della mano.
Louis annuisce. La sua presenza qui, adesso, gli mette parecchia ansia. Ma obbedisce comunque.
«Ciao, Niall.» Sussurra.
E il grilletto si abbassa.
BANG!, pensa di nuovo Louis. BANG! Venti.
Niall James Horan si accascia a terra inerme, il sangue a bagnargli il viso pallido.
Lo sguardo di Louis si alza all’orizzonte, il sole che splende alto colpisce i suoi occhi, e lo scrosciare del ruscello riempie le sue orecchie.
Gran bel posto per morire, osserva.
Poi si volta, sicuro di trovare la creatrice di quel nuovo giochetto di morte, ma nulla. Niente di niente, solo il ponte deserto.
Ma, ad un tratto, lo schermo del cellulare si illumina ancora.
 

Nuovo messaggio.
 
"Harry Styles, 71 Wesbourne Road, ora."

 

No, no, no.
Louis mette in fretta la sicura alla sua Colt, e comincia a correre.
No, no. Continua a ripetersi. No, Dio, no.
 

Nuovo messaggio.
 
"Se non tu, io. In fretta, Tomlinson."

 

Si batte una mano sulla fronte, si scosta i capelli dal viso e continua a correre disperatamente. Non può farlo, no, no e no. Ha solo quel piccoletto, non può portarglielo via.
Louis evita la metro e corre e basta. Improvvisamente non sente più la fatica nelle gambe, né il fiatone. Corre e basta senza sosta, fino al numero 71 di Wesbourne Road.
Spalanca la porta che è rimasta aperta per trovarsi di fronte Harry Styles nella sua impacciata bellezza, senza alcun collare nero addosso, solo un po’ di paura in volto e i ricci un po’ disordinati.
«Lou, tesoro, stai bene?» domanda Harry.
Louis gli butta le braccia al collo, lo stringe con quanta più forza ha in corpo. Lo stringe tanto forte da lasciarlo quasi senza respiro, gli posa un bacio sull’orecchio, ancora stringendolo, uno sulla guancia e uno, più lungo, sulla bocca. Gli accarezza i capelli e continua a baciarlo.
«Tu, Harry, tu stai bene?» Continua a chiedere. «Stai bene?»
«Lou, sto benissimo, sta’ tranquillo.» Harry non può che sorridere, davanti all’improvvisa affettuosità disarmante di Louis. «Di cos’hai paura?»
Il più grande sospira di sollievo.
«Niente, piccolo. Niente.» Mente, appoggiando la fronte contro la sua.
«Oh, che quadretto romantico.»
Tacchi sul parquet. Voce acuta.
Louis non osa voltarsi. Contrae i muscoli, e il terrore lo invade di nuovo.
«Allora, Tomlinson.» Prosegue Eleanor. «Prego, fai il tuo lavoro.»
Harry sposta lo sguardo da Louis a Eleanor senza capire.
«Cosa intendi?»
«Vedrai, Styles. Una sorpresina.»
Louis finalmente si gira verso Eleanor e, per la prima volta, le lacrime prendono possesso dei suoi occhi davanti a lei.
«Avevi detto che l’avreste protetto! Almeno lui, l’avevi promesso!» Grida furioso. «Almeno lui!»
«Oh, tesoro, io prometto un sacco di cose. E non sempre mantengo le promesse che faccio.» Si stringe nelle spalle lei, sorridendo.
«E’ tutto quello che ho.» Tenta ancora Louis. Non posso farlo, non esiste. «E’ tutta la mia vita. Non puoi togliermi anche lui.»
«Louis, che sta succedendo?» Chiede preoccupato Harry, dietro di lui.
«Oh, Tomlinson, mi hai fatto venire un’idea!» Gioisce Eleanor battendo le mani. «Tu o lui.» Le sue labbra rosse si piegano, malefiche. «Se tieni così tanto a lui, muori tu al posto suo.»
Louis non ha mai pensato all’idea della sua morte, prima d’ora. Lo prende alla sprovvista. A Louis piace la vita. Sebbene sia complicata, è diventata un sogno da quando vi è entrato dentro Harry Styles. Perché dovrebbe voler morire?
Perché io amo lui.
«Morire? Che diavolo stai dicendo, Calder?!» Grida Harry.
«Taci, Styles. Una buona volta, taci.» Fa Eleanor scocciata.
 
Louis Tomlinson, la ventunesima pallottola carica nella sua Colt Mustang calibro .380 e le guance bagnate di un misto di sudore e lacrime, si gira verso la ragione per cui respira ancora e gli rivolge un sorriso debole.
«Prometti che non lo toccherete mai più, se lo faccio.» Dice ancora, rivolto alla Calder.
«Sì. A meno che lui non dica niente a nessuno, noi non gli torceremo un capello.» Ridacchia lei.
Louis torna a guardare Harry e gli prende il viso fra le mani. E' sicuro che non lo toccheranno. E adesso non ha paura di morire.
«Non farlo mai, Harry, va bene?» Sussurra sulle sue labbra. «Non parlare di questo mai con nessuno.»
«Louis, finiscila! Non dire cazzate!» Fa Harry, la voce incrinata dalla paura.
Louis ne è certo. Sa cosa farà, e quando guarda negli occhi il suo ragazzo non vede la sfumatura di morte che vedeva negli occhi degli altri venti prima di lui.
«Promettilo.»
«No, Louis, io … »
«Harry. Promettilo.»
«Ma neanche … »
«Fallo, Harry.» Ordina Louis, duro.
Harry abbassa lo sguardo e «Prometto.» Sussurra.
Louis lo bacia, lo bacia con più foga che può, vuole avere il sapore delle labbra di Harry sulle sue, prima di spirare del tutto. Vuole avere Harry nel suo cuore, sulle sue labbra, nei sui occhi e fra le sue mani.
«Ti amo.» Bisbiglia, appena udibile, indietreggiando. «Ti amo, ti amo, ti amo.» Ripete, mentre lo guarda, alzando la pistola.
Continua a ripetere quelle parole come un mantra, come se fossero le uniche parole che conosce, come se fossero la sua aria. Come se Harry fosse la sua aria.
Ti amo.

Si punta la pistola alla tempia, l’indice sul grilletto, la mano sinistra a stringere quella di Harry.

Ti amo.

Il riccio scatta in avanti, tenta di scostare il suo braccio e grida. Grida e sputa fuori tutta la sua anima, grida mentre il dolore lo soffoca, e grida mentre gli viene strappata la ragione del suo essere.

Ti amo.

La pallottola numero ventuno fa il suo percorso nel cranio di Louis Tomlinson — BANG! —, che si lascia cadere a terra, mentre il suo fidanzato si china sul suo corpo, stringendogli forte le mani e scuotendolo per le spalle.

Ti amo.

Louis vorrebbe ridere, perché le ventuno pallottole erano il termine del “contratto” che aveva firmato con quella pazzoide di Eleanor Calder, e se solo avesse sparato quell’ultima pallottola nel cranio di qualcun altro, adesso potrebbe vivere tranquillamente con il suo fidanzato. Ma forse, chissà, probabilmente era il suo destino. Forse era già stato scritto, forse l’aveva già deciso qualcuno che Louis sarebbe stato il ventunesimo. Forse l’aveva deciso già qualcun’altro che sarebbe finita così. 
A Louis viene davvero da ridere mentre, al contrario, Harry sta versando lacrime amare sul suo volto, ma semplicemente non ci riesce.

Ti amo.

Vorrebbe sollevare il braccio ed asciugargli il viso e dirgli che è bellissimo e subito dopo finire a letto con lui. Ma l’unica cosa che può fare, adesso, è continuare a ripetere quelle uniche due parole.

Ti amo.

Louis sente che sta per andarsene quando comincia a non vedere quasi più nulla. La vista si appanna, le sole cose che rimangono a fuoco sono gli occhi verdi di Harry. Allora sospira e gli chiede un bacio. E Harry glielo dà, quel bacio. E Louis lo sente come il più dolce di tutti.

Ti amo.

A Louis viene ancora da ridere, davvero. Ha una risata che gli ribollisce dentro e che vuole uscire, ma non può. Gli vien da ridere perché lui, che ha visto morire tutte quelle persone in modo triste, si ritrova a morire felice, col sapore caramellato di Harry sulla lingua e il suo profumo nelle narici.

Ti amo.

Louis si sente fortunato. Non poteva chiedere una morte migliore, in fondo.

Ti amo.

«Louis, non andartene … Louis … »
«Ti amo, Harry.»
«Louis ... »
«Harry, Harry, Harry … »

Ti amo.

Louis ripete il suo nome finché gli rimane fiato in corpo. Lo ripete all’infinito, finché non sente più i muscoli. Non sente più niente, in realtà. Allora è così che ci si sente a morire? È davvero questa la morte? A Louis non interessa. Anzi, Louis non esiste più. Louis è un ricordo. È un corpo pallido su un pavimento di salotto. Una pelle dipinta di tatuaggi e sangue, un cuore che non batte più, ma che ha avuto tutta la felicità del mondo, poco prima di smettere di farlo.
Louis Tomlinson, ventunesima vittima di se stesso, è morto disperatamente felice.

 

 

OMMIODDIO. COS’E’ QUESTA ROBA. [cit. Chiunque, leggendo questa one shot]
Non ci ho capito un cazzo. [cit. lettore tipo di questa OS]
Ma l’autrice che problemi ha? [cit. CHIUNQUE]
 
Benebenebene.
L’idea mi è venuta mentre ero in gita con la mia classe e stavo ascoltando una canzone felice, quando ho pensato: “MORTE!”
E così ho partorito questa cosa. In realtà è solo che mi piaceva troppo l’idea di un Louis che uccide *^*
Ah, e tra l’altro ho scoperto che non sono più capace di scrivere het. OMMAIGAD. SED BIUTIFUL TRAGIC. No davvero. Mi sento impedita.
Insomma, sarò devota allo slash FOR-FUCKING-EVER.
Ah, mamma mia.
Tra l’altro è venerdì diciassette OuO
A me ha portato solo fortuna OuO
Adesso me ne vado vah. ç_ç
 
VI VOLIO BENE UN CHISS A TUTTI — anche se questo angolo autrice fa un po’ cacca.
 
Un baciozzo,
 
Peep.

  
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