Sono arrabbiato.

Amareggiato, confuso, frustrato e ferito.

Ferito nell’orgoglio, nell’anima e nel cuore.

Dimmi come hai potuto.

Dimmi perché l’hai fatto. Tu non potevi farlo. Tu eri mia e basta. Nessuno all’infuori di me avrebbe dovuto toccarti.

Nessuno.

E adesso sono in piedi in questa landa desolata, davanti al tuo corpo pallido ed esanime.

Sorridi. L’ultima tua espressione è un sorriso.

Un sorriso liberatorio forse?

Ti volevi liberare di me?

Stupida, sciocca Mezzosangue.

Il mio volto si contorce dalla rabbia e cado in ginocchio al tuo fianco, mentre la pioggia ci offre un sottofondo malinconico e colmo di tristezza.

- Tu eri il mio giocattolo, mio, di nessun altro… Ti sei lasciata uccidere…

- Non dovevi morire senza il mio permesso!-, sibilo tra i singhiozzi.

- Chi ti ha dato il permesso!-, urlo, scuotendoti per le spalle, in preda alla disperazione.

Già, chi te lo ha dato piccola Mezzosangue?

Non reagisci, come potresti? Sei morta.

Il tuo corpo inerme ricade floscio su un lato, mentre la pioggia lo accarezza silenziosamente.

Non ci sei più.

A questo pensiero un brivido freddo come il ghiaccio mi trapassa la schiena vertebra per vertebra, come un pugnale affilato.

Passo le mani tra i tuoi capelli, Hermione, e verso lacrime; tante lacrime.

Ti stringo al petto e urlo di dolore fino a raschiarmi la gola, come se il mio cuore fosse appena stato trafitto.

I tuoi occhi spenti, vuoti. Ti abbasso delicatamente le palpebre, chiudendo per sempre la notte su di te.

Improvvisamente arriva una ventata gelida che mi smuove interiormente.

Devo arrendermi all’evidenza, mentre ti guardo, dolente, attraverso la mia vista appannata; ma chi volevo ingannare? Tu non eri il mio giocattolo.

Tu eri il mio amore; il mio unico amore.

Dimmi perché l’hai fatto? Perché?

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