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Autore: Ronnie02    18/05/2013    2 recensioni
«“Tu sei troppo incosciente di quello che sei”, rispose il ragazzo.
Per lui era speciale in qualsiasi cosa facesse, ma per il resto del mondo era ancora di più.
Era diversa… diversa da chiunque in qualsiasi mondo andasse.
Era unica nella sua specie.»
Come si comporterebbe Jared se qualcosa dovesse fargli cambiare tutte le sue opinioni, tutte le sue convinzioni? Amando così tanto avere il controllo della situazione, cosa farebbe se questa gli sfuggisse via?
E Tomo, con Vicky, come possono proteggere il frutto del loro amore, sapendo che non potrà mai essere quello che credevano?
E Shannon... Shannon, che ama la vita e tutte le sue sfaccettature, come aiuterà il fratello a credere a ciò che sta capitando a tutti loro?
Spero di avervi incuriositi :)
Genere: Avventura, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Lo so, sono peggio dei Mars, sono sempre in ritardo. 
Ma capitemi, è Maggio: tra verifiche, interrogazioni e certificazioni di inglese//spagnolo (con 2 giorni di differenza) sto scoppiando e devo concentrarmi con lo studio.
Quindi fino alla fine dell'anno scusatemi se non sarò puntuale ma in queste tre settimane ho bisogno di tempo per i libri.
Ora, eravamo rimasti all'arrivo di un qualcuno e i flashback di Ash su sua cugina. 
Bene, vediamo che cosa succede :)
Buona lettura 




Capitolo 16. Nightmare





 
 
“Nascondetevi! E portate via il bambino!”, urlò Edmund, mentre i due nuovi arrivati correvano verso Ash. Sorrow indicò ai musicisti un nascondiglio perfetto e li spinse ad andarsene, evitando una catastrofe.
Vicki e Jared lanciarono un ultimo sguardo ad Ash, di nuovo agonizzante sul pavimento, in preda ad urli e convulsioni, ma poi Tomo e Shannon, con Devon in braccio, li trascinarono via con loro.
“Ash! Ash, rispondimi! Ash è solo un incubo, Ash! Sono solo ricordi!”, si piegò su di lei il ragazzo, mentre la donna stava davanti a loro, il braccio interamente ricoperto di una leggera pioggia che però non cadeva a terra. Era ritmica, incessante e scandiva il tempo.
Ma Ash non riusciva a vederla, presa com’era da attimi di tempo passato che avrebbe voluto cancellare. Non sentiva nemmeno la voce di Edmund, ricoperta dalle grida di Jade.
 
“Lasciala, lasciala, ti prego!”, piangeva la bambina, vedendo l’uomo aprire ferite lungo il petto della cugina, con la sua mano coperta da una sottile nuvola nera.
La pelle si apriva al contatto e il sangue fuoriusciva veloce, mentre gli occhi di Jade si chiudevano dal dolore e le sue urla si espandevano nella stanza.
Le ripassava più volte, facendole diventare sempre più profonde, e ogni volta ne aggiungeva altre, in vicinanza del cuore.
“Bleed, bleed little baby, bleed!”, canticchiava allegro, come se fosse un gioco. “Bleed”.
 
“Ash! Ash ti prego!”, la supplicava Edmund, mentre lei non riusciva a stare ferma. Portava più volte le sue mani verso il ragazzo, quasi ad arpionarsi per uscire da quel dolore, mentre altre si toccava il cuore, piangendo isterica. “Ash, basta… è solo un ricordo”.
 
“E così difendi la piccola cugina speciale, eh?”, disse l’uomo, con voce strisciata, camminando verso Jade, a terra. “Che dolce che sei… chissà se lo è anche il tuo sangue”.
“Ero sicura fossi tu! Sei solo un pazzo, lo sei sempre stato!”, lo minacciò Jade, mentre Ash cercava di farsi sempre più piccola, in un angolo della stanza.
“Mi avete ucciso!”, urlò lui, scaraventandosi su di lei, tenendola ferma al suolo, e bloccandole i polsi con le sue mani.
“Era uno scherzo! Se tu fossi stato più attento non ti saresti fatto nulla… e poi non mi sembri così morto”, lo insultò lei, peggiorando la situazione. Ma lei era fatta così: avrebbe combattuto la sua battaglia fino alla fine. “Kate è morta, Logan è morto, e Dio solo sa che hai fatto a William!”.
“Sono tutti in attesa della tua compagnia”, disse avvicinandosi al suo viso, mordendole un labbro, senza pietà. Jade provò a toglierselo di dosso, ma il risultato fu un dolore maggiore. Attese la rottura e, quando le lacrime le bagnarono gli occhi, lui si sostò. “Strano, si blaterava in giro che ti piacesse… troia!”.
“Vattene a fanculo, Den!”, sputò lei.
“Troia!”, ripeté lui, senza che Ash ne capisse il senso, essendo troppo piccola. Poi sentì Jade urlare e vide il suo corpo volare, abbattendosi poi su un altro muro.
Cadde a terra e vomitò sangue, tenendosi a malapena seduta.
 
“Fatti vedere, invece di torturarla, codardo!”, urlò Sorrow al nulla, continuando a vegliare su Ash ed Edmund, che intanto stava provando tutte le magie che conosceva per renderla immune a quell’attacco. “Vieni fuori, pezzo di merda!”.
Ash urlò di nuovo, più forte. Lanciò un’occhiata a Sorrow e lei smise di provocarlo. Più faceva così, più i ricordi di Ash si facevano dolorosi.
 
Il corpo di Jade era appeso sul lampadario della sala, come un bellissimo trofeo. Aveva le braccia appese ai rami del piccolo alberello che dava la forma alla lumiera e la testa era piegata in avanti.
Il petto era ormai una macchia rossa scura, dove, al posto del cuore, regnava il nero. Il muscolo mancante era per terra, coperto di liquido viscido.
Lo toccava, quasi fosse un gioco, con l’indice da tutte le parti. Era veramente nauseante.
“Che bello quando avrò il tuo, piccola stupida”, ridacchiò guardando Ash, a terra davanti a lui e il cuore, a qualche metro di distanza. “Avrà un odore e un sapore migliore”.
Si leccò il dito e poi si alzò, andando verso la bambina.
“Allora, piccola stupida… di te cosa ne facciamo?.
 
“Ma che bello… sei di nuovo la sua servetta, Sorrow?”, disse una voce strascicata, spaventosa, mentre Ash buttò fuori l’aria che le rimaneva e si lasciava andare, sdraiandosi completamente a terra.
Aveva la mente vuota, le forze quasi del tutto andate e le veniva da vomitare.
“Fatti vedere”, lo minacciò la donna, portando in avanti la mano, quasi come se impugnasse una pistola. La pioggia si estese fino alla spalla e anche sull’altro palmo.
“Come sta tuo padre, Edmund? E tua madre?”, ridacchiò la voce, facendo tremare di rabbia il ragazzo.
Edmund sgranò gli occhi e si alzò in piedi, urlando. “Figlio di puttana, vieni fuori! Ti ammazzo con le mie stesse mani, stronzo!”.
Miliardi di lampi luccicanti ricoprirono il suo braccio, che mosse in fretta, lanciandoli in qualunque direzione.
“Sei ancora un po’ scarso. Controlla la tua rabbia, piccolo Wayce”, continuò la voce, provocandolo, chiamandolo per cognome.
“Hai ucciso i miei genitori!”, lanciò altri lampi, che distrussero irreparabilmente parte della parete davanti a loro. “E ora io ucciderò te”.
“Come loro erano delle spie, lo sei anche tu”, continuò Lui. “Eri un servo fedele… ecco perché non mi fidavo di te. Troppo curioso degli affari importanti, troppo fissato con la ragazza per essere davvero degno di fiducia”.
“Però sono riuscivo a scoprire tante cose”, lo sfidò Edmund, guardando Sorrow, che lo difendeva, al suo fianco.
“Sì, hai sventato il mio primo attacco qui all’asilo, ma è troppo cocciuta per riuscire a darti retta e salvarsi”, scoppiò a ridere la voce.
“Vattene a fanculo, Den!”, urlò Ash, ripetendo le parole di sua cugina. Si alzò lentamente in piedi e il suo braccio si coprì di una piccola bufera di neve luccicante.
Si appostò tra Sorrow ed Edmund, vedendo comparire davanti a loro una macchia nera, gocciolante di sangue.
“Era da tanto che ti aspettavo, piccola stupida… sei troia quanto tua cugina, sai?”.
 
Jared, Shannon, Tomo, Vicki e Devon, nel mentre, erano nascosti in uno sgabuzzino dimenticato da Dio di quell’asilo.
Stavano stretti come poche altre volte nella loro vita, in più Devon continuava a piagnucolare e dimenarsi tra le braccia di Shannon.
Jared canticchiava sottovoce ninnananne per farlo stare calmo, ma più passava il tempo, più quello impazziva.
“Ash deve star dando di matto se lui fa così”, concluse Shan, parlando con il tono più basso che potrebbe mai usare.
“Non ci aiuti!”, lo ammonì Tomo, preoccupato fino alle unghie dei piedi per la ragazza. L’ultima volta che l’avevano vista era come nel bel mezzo di una crisi epilettica e il fatto che Devon si agitasse non migliorava la situazione.
“Secondo voi è arrivato il pazzo che la cerca?”, disse Jared dopo qualche minuto.
“No, guarda… sta così male perché c’è lì il Presidente degli Stati Uniti d’America!”, rispose Shan, cercando di colpirlo sotto il collo. “Sei un idiota!”.
“Zitti!”, li sgridò Vicki, prendendo Devon in braccio e cominciando a dondolare. “Ti prego, sta’ buono…”.
“Vado a vedere che succede”, se ne uscì Jared, prendendosi sberle da tutti.
“Sei coglione, allora?! Vuoi farti uccidere?”, lo zittì Shannon.
“Non ho intenzione di cercare un nuovo cantante, Jared. Sta’ fermo!”, continuò Tomo.
“Muoviti di un passo e giuro che ti ammazzo io”, finì Vicki. “Ci hanno mandato via per non farci fare una brutta fine e tu vuoi andare là?!”.
“Esco un secondo, solo per vedere se sento qualcosa. Torno subito”, spiegò lui.
“Giuro che se non torni non ti faccio il funerale, bro”, lo minacciò Shannon.
Lui sbuffò e provò a farsi largo, per raggiungere la maniglia e uscire da quel buco di posto.
 
“Wow, sei cresciuta, piccola stupida”, commentò Lui, guardandola.
“Sei qui per parlare o che cosa?”, lo sfidò Ash, mentre mandava via Edmund con un ‘ va’ a vedere che combinano… ti prego’. Lui non si mosse per i primi secondi, ma poi decise di fare quello che diceva.
Sorrow intanto cercava di contattare nel modo più indiscreto possibile Joel, Zoe e tutti gli agenti dell’Esis disponibili.
Dovevano solo distrarlo per il tempo necessario, prima che arrivassero tutti gli altri ad aiutarli.
“No, non mi piace parlare… preferisco uccidere”, commentò Lui, sorridendo. “Tu dovresti saperlo bene, ormai”.
“Vattene a fanculo, Den”, disse ancora, sputando verso di lui.
“Sei sempre come tua cugina… lurida troia”, la insultò lui, mentre lei ringhiava, capendo cosa stesse dicendo, questa volta.
“Sai”, cominciò Sorrow, facendo distogliere l’attenzione dalla  ragazza, che si rimise un po’ in sesto. “Mi sono sempre chiesta come avrei dovuto chiamarti. Dennis, Adam, Namel, Bloody Knife… non ti sei stufato di darti nomi falsi?”.
“Namel andrà più che bene”, rispose lui, facendosi prendere da quella strana conversazione.
“Wow, ti prendi gioco di un grande mito della nostra storia”, commentò Sorrow, mettendosi in posizione di attacco. “Brutta mossa”.
“E’ la mia storia! Io e Namel siamo come la stessa persona, pazza!”, urlò Lui, facendo tremare il terreno sotto di loro.
“Ok, ok, come vuoi. Namel ti sta molto bene come nome”, fece un finto sorriso la donna.
“Smettiamola con questi giochetti!”, s’alterò Namel, guardando Ash, che nel mentre era prova a battersi. “Wow… ora sei davvero una guerriera degna di portare questo nome”.
“Mia cugina sarebbe fiera di me. Scommetto che desidererebbe che ti staccassi la testa e me la mangiassi a colazione”, lo insultò, alzando il braccio verso di lui.
“Un luccichio innevato. Bianco, candido e puro… come ali d’angelo”, commentò Namel, guardando la sua particolare magia. “Ottimo per te”.
Lui alzò il suo, il quale si coprì ancora di più di quella nube nera, quasi pronta a esplodere in una tempesta. “E tu? Oscurità, tenebre e paura… decisamente degno di quello che fai, non trovi?”.
“Devo completare il mio lavoro perfetto”, spiegò lui.
“Io non c’entro niente con quella loro stupida scommessa”, ringhiò Ash, facendo tremare la mano.
“La tua stupida cugina è stata la causa di tutto. Per colpa sua è nata questa storia”, le rispose allo stesso modo Namel.
“Non credi allora che la sua morte sia sufficiente?”, chiese, anche se in verità non avrebbe ammesso la giustizia della morte di Jade nemmeno sotto tortura.
“Per gli altri sì, ma lei meritava una punizione peggiore”, disse come se fosse ovvio, cominciando ad avvicinarsi alle due donne.
Sorrow si avvicinò ad Ash, coprendola quasi del tutto. “L’hai appesa ad un fottuto lampadario! Hai… bevuto il suo sangue! Non ti basta aver distrutto la sua vita?”, urlò di rabbia Ash, cosicché i suoi capelli divennero violacei.
“No. Io voglio anche te”, finì lui. “Sai, dicono che il vostro sangue rende immortali. E soprattutto dicono che è quasi una droga: più ne bevi, più ne desideri. Non ti andrebbe di scoprire se è vero?”.
“Fottiti”, sputò la ragazza.
E lì, cominciò la guerra.
Namel puntò il braccio verso Ash e la nube la inghiottì in un attimo, rendendola ceca, mentre la pioggia di Sorrow cercava in tutti i modi di liberarla.
Sentiva su di sé uno di quei tanti incantesimi di attacco che studiava a scuola con Dean, sono molto, molto, molto più intenso. Si trattava di una magia che riusciva a farti spezzare in mille pezzi e di solito si usava per buttare via vecchi oggetti. Mai da usare sulle persone.
Mai, se non sei un mago squilibrato.
“Pezzo di merda!”, urlò Ash, dopo aver sentito la caviglia cigolare e rompersi del tutto. Riuscì a liberarsi e attaccò di nuovo, mentre Sorrow cercava di tenere Namel occupato, togliendogli la vista sporadicamente, per confonderlo.
Ash lanciò un incantesimo di difesa. Semplicemente faceva cadere a terra l’avversario, in modo da poterlo dominare ai tuoi piedi.
Lo tenne fermo per qualche secondo, grazie anche alla confusione che aveva in testa per colpa di Sorrow, ma alla fine Lui riuscì a tornare in piedi, urlando di rabbia.
“Morirai!”, gridò lanciandogli la maledizione peggiore, che, se l’avesse colpita si sarebbe accasciata a terra e sarebbe morta dissanguata. Ti apriva tutti i vasi sanguigni e ti bruciava un pezzo di pelle per riversare fuori il liquido, lasciandoti completamente priva di sangue.
“No, tu morirai”, gridò Edmund, spostando Ash in modo da evitare l’incantesimo. Era appena tornato e muoveva il braccio, lanciando un fulmine blu elettrico addosso a Namel, dandogli una tale scossa da farlo indietreggiare.
Continuarono così per parecchio tempo, sempre a colpi di difesa e attacco sempre nuovi e sempre più precisi e dolorosi.
Ash aveva ormai la caviglia rotta, il braccio sanguinante e un labbro spaccato. Si era avvicinata troppo ed era riuscito a scaraventarla addosso ad un muro, per poi farla cadere a terra esattamente di faccia.
Edmund si teneva il diaframma, dove Namel gli aveva lanciato una magia capace di tagliare qualunque cosa. Il sangue era anche sulle mani, ma era troppo difficile notarlo sotto quella foschia di lampi.
Sorrow continuava il suo giochetto, ma con fatica. Capendo la sua strategia, Namel attaccava lei appena uno degli altri due cadeva a terra, e ormai aveva una mano rotta e la testa sanguinante. L’aveva colpita di fianco alle tempie nello stesso modo in cui aveva tagliato Edmund, ma più in profondità. Aveva un mal di testa tale che ormai provava più a difendersi che entrare nella mente di Namel per stordirlo.
Avevano decisamente bisogno di aiuto.
 
“Li hai mandati da soli?!”, gridò Joel, in riunione con Zoe e Seamus.
“Non sappiamo se arriverà davvero. Sorrow ci ha mandato segnali troppo incomprensibili”, cercò di spiegare il capo, sotto pressione.
“Quindi non facciamo nulla? Dobbiamo fare qualcosa, potrebbero essere in grossi guai! Potrebbero non uscirne vivi!”, urlò ancora l’uomo, evidentemente sconvolto dalla pessima scelta di Seamus.
“Concordo. Se fosse davvero lì, e ci sono buone particolarità che sia vero, Sorrow ed Edmund non hanno speranze da soli, dovendo difendere anche Ash!”, si ostinò anche Zoe. “E se uccide Ash allora sarà meglio scappare, visto che a quel punto sarà un vero Inferno. L’Ade sarà solo una bella favola, al confronto”.
“Ok, allora come vorreste procedere?”, chiese l’uomo, non sapendo più che fare. Joel alzò gli occhi al cielo, sconsolato.
“Prepara l’esercito e gli agenti! Hanno bisogno di aiuto! Dio santo, come hai potuto mandarli da soli?! Da soli, dico io!”, si lamentò Joel, uscendo dalla stanza per andare a cambiarsi, come fece anche Zoe.
Era ora di battersi e non poteva andarci in jeans e camicia. Mise dei pantaloni larghi, pieni di tasche dove poter mettere ogni tipo di pozione o aiuto nel caso si fosse fatto male gravemente. Maglietta e felpa sportiva, per agevolare i movimenti. Scarpe comode, per scappare più in fretta. Ma soprattutto braccia libere e mani scoperte. Il vento si impossessò della sua pelle, rilasciando adrenalina nel suo corpo.
Zoe era vestita nello stesso modo, ma lei aveva il braccio pieno di piccoli pezzi di ghiaccio. Grandine: ottima da lanciare all’avversario mischiata ad incantesimi. Se resa reale faceva davvero male.
“Pronta?”, chiese lui, per poi guardare nella stanza precedente, dove ora Seamus stava raggruppando tutto l’esercito.
“Sempre pronta”, disse lei, prendendo la mano di Joel e dissolvendosi da quella stanza, per finire nel bel mezzo di Los Angeles.
“Andiamo”, la spinse via lui, correndo verso l’asilo.
 
Sorrow era svenuta dal dolore che aveva alla testa ed era sdraiata in mezzo alla stanza, come se niente fosse. Ash si sentì male a lasciarla lì, ma l’avrebbero rianimata dopo: ora dovevano mandare via Namel.
Deviò un attacco ed Edmund ne parò un altro, che arrivava verso di lei. Qualche secondo dopo tentò di rispondere ancora con un fulmine, ma non fu abbastanza veloce da difendere anche se stesso, sfregiandosi il fianco destro.
Ormai la ferita si estendeva a tutta la larghezza del petto e la mano sinistra era attorcigliava attorno ad essa, come per farla smettere di sanguinare.
A fare magie per guarire ci avrebbe troppo tempo e in quel momento ogni millisecondo era necessario per la sopravvivenza. Continuò a parare gli attacchi ad Ash per qualche tempo, ma alla fine la ragazza lo scansò.
“Se fai così peggiori la tua situazione, spia”, lo insultò Ash, più per salvarlo che per provocarlo. Lui si staccò da lei e continuò a difendersi,  mentre Namel lasciava attacchi annuvolati alla ragazza.
“Sei forte. Non pensavo…”, commentò Namel, quando riuscì ad averla in pugno, senza dar troppo peso alle scariche elettriche che Edmund gli dava. Erano potenti davvero, ma riusciva a sopportarle. Sentiva già il sangue della ragazza scorrergli in gola e niente importava.
“Che strano. E così tu pensi?”, fece la spiritosa Ash, rispondendo all’attacco e allontanandolo, mentre lo rinchiudeva in una morsa di neve ghiacciata che lo fermò per alcuni istanti.
“Sei stata fuori dal nostro mondo per due anni, Ash. Chi avrebbe mai creduto che avresti tenuto così tanto il passo?”, la prese in giro Namel ridacchiando.
“Segreto”, commentò lei, attaccando di nuovo. Ma lui fu più veloce, evitò la fattura e ne lanciò una a lei, che le tagliò un po’ di pelle sulla spalla.
Era decisamente malato. Lui e la sua ossessione del sanguinare.
“Tanto ormai sei abituata a mentire, dico bene?”, andò avanti Namel, guardando Edmund e torturandolo un po’, come aveva fatto prima con lei. Provò a fermarlo, ma Namel la buttò a terra. “Com’era bella tua madre, Edmund. Una donna davvero saggia e forte. Di una bellezza unica e veramente rara, devo dire”.   
Se il ragazzo avrebbe potuto parlare gli avrebbe dato del figlio di puttana, ma non riuscì ad esprimersi, perso nei ricordi.
 
Suo padre non era nemmeno tornato a casa. La sua famiglia era completamente sfasciata.
Dicevano che si sarebbe trovato bene dai nonni e che sarebbe venuto a trovarlo presto.
Dicevano che prima o poi il dolore passa, e rimane una sensazione che ti fa sentire bene, perché sai che è in un posto migliore.
Dicevano che erano dispiaciuti per lui.
Ma erano bugie, come tutta la sua vita, alla fine. Si mise le mani sul volto e pianse, nel bel mezzo del temporale.
Sua madre. La sua bellissima madre era stata uccisa e martoriata senza alcuna pietà.
La sua pelle, solitamente rivestita di creme profumate, ora era sporca solo di sangue.
I suoi occhi, accesi e luminosi, erano chiusi, spenti e orribilmente spaventati sotto tre metri di terra.
I suoi capelli, sempre in ordine con una cura quasi maniacale, le erano stati tolti con forza, quasi selvaggiamente, forse nel frangente in cui l’aveva spinta per tutta la casa, tenendola stretta per la sua bella chioma.
I suoi abiti, così allegri e giovanili, l’ultima volta che l’aveva vista li portava stracciati e sporchi.
Sua madre.
La sua stupenda madre che tanto l’aveva amato, più di chiunque altro. Nessuno avrebbe mai colmato il vuoto che lei aveva lasciato, andandosene  senza nemmeno volerlo.
 Portata via, così, come se fosse carta straccia.
 
“Lascialo stare!”, urlò Ash, provandosi a mettersi seduta e afferrando la caviglia a Namel.
“Come sei ripetitiva, Ash. E come al solito mi rubi sempre tutto il divertimento”, sbuffò lui, liberando Edmund dai suoi ricordi. Poi si voltò verso di lei, arpionata alla sua gamba.
Si abbassò e si trovarono faccia a faccia. Bianco contro nero. Purezza contro cattiveria.
Due titani. Due leggende incarnate, che si guardavano negli occhi, con l’odio che correva nelle loro vene l’uno per l’altra.
“Sai che ti ucciderò”, continuò lui, con quella voce lenta e trascinata che la spaventava più di qualsiasi incubo. “Perché combattere?”.
“Morirai prima tu di me”, ringhiò lei, lanciandolo lontano, nello stesso modo in cui lui aveva sbattuto Jade contro la porta, tanti anni prima.
Sentì, nell’impatto contro il muro, una delle costole di Namel incrinarsi, ma lui si rimise subito in piedi, quasi non fosse successo nulla. La guardava ancora più truce, mentre Ash indietreggiava, ma sempre pronta all’attacco.
Intanto Edmund stava ancora cercando di alzarsi, ma i lampi non riuscivano a coprirgli sempre il braccio. Andavano e venivano, ad intermittenza.
La sua testa ciondolava, le mani ormai coperte di sangue e gli occhi assenti. Sarebbe svenuto da un momento all’altro.
“Ma tu non ti stanchi mai?”, gridò Namel, lanciandogli un incantesimo in fretta, mentre Ash ancora lo stava analizzando, senza riuscire a fermarlo.
In pochi secondi il corpo di Edmund fu ricoperto di nube nera e cominciarono le urla del ragazzo, immobilizzando Ash, mente Namel se la rideva.
Lo stava facendo sanguinare, poco ma sicuro. Ash conosceva quella risata, sapeva cosa voleva dire.
Infatti, qualche minuto dopo, la nube si affievolì, lasciando cadere a terra Edmund, svenuto ma ancora in vita. Era coperto interamente di tagli, come quelli provocati dai fogli di carta. Non c’era un pezzo di pelle che non fosse stato lacerato.
Ma respirava. E per ora bastava.
“E fuori uno”, commentò Namel, guardandolo a terra, con quell’orribile sorriso. Poi spostò lo sguardo e inclinò la testa, come un bambino.
Ash era ancora immobile, con gli occhi fissi sul ragazzo a terra, respirando veloce. I suoi capelli erano diventati completamente verdi, con pochissimi accenni al viola, che però continuavano ad essere presenti.
“Dov’è finita l’altra?”, s’infuriò poi ad un tratto l’uomo, guardandosi in giro.
Ash si riprese e notò che Sorrow non era più dove era svenuta prima. Era come scomparsa.
“E’ tornata a casa”, cercò di mentire Ash, sapendo che però Sorrow non l’avrebbe mai lasciata lì da sola. Poteva essere andata solo da una parte: dai mortali.
“Come no… credi ancora che non sappia del prodigio presente in questa stanza?”, scoppiò a ridere Namel, come a sfidarla.
Devon!
“Merda”, sussurrò Ash, partendo a correre più veloce della luce, anche se la caviglia le bruciava in un modo allucinante.
Sentiva Namel dietro di lei e capiva che non era una buona idea portarlo da Devon, ma restando lontani non avrebbero potuto proteggerlo meglio. Doveva stare nei paraggi per controllarlo, e doveva capire come stava Sorrow.
“Piccola stupida, pessima mossa”, disse Namel quando la vide inciampare, a pochi metri da dove Vicki, con in braccio il bambino, stava scappando, sotto ordine di Sorrow.
La donna si parò davanti a loro, lanciando una fattura a Namel, che indietreggiò di qualche metro, colpito in pieno stomaco.
Ash intanto vedeva Jared, dietro Namel, guardarlo arrabbiato, con una pistola in mano. Dove cavolo l’aveva trovata?!
La ragazza gattonò il più velocemente possibile verso Sorrow, con la caviglia che urlava di dolore, mentre Namel ritornava al suo posto, con gli occhi infiammati di odio.
Puntava verso la bionda, con una mano tesa verso di lei, pronta ad attaccarla.
E Jared sparò.
 
L’esercito gli avevano raggiunti ed erano quasi arrivati all’asilo dove Ash lavorava.
“Cosa pensi che troveremo?”, chiese Zoe, stanca della corsa, ma continuando a muovere le gambe, quasi in automatico. Teneva la mano in quella di Joel e lo guardava. Il suo sguardo era impassibile, preso com’era dalla situazione.
“Ho solo paura di arrivare troppo tardi. Ci penseremo lì a cosa troveremo”, disse subito l’uomo, che in un attimo fu affiancato da uno dei soldati.
“Ci saranno tanti Incompleti?”, chiese a Joel, impaurito.
“Nessuno. Forse nelle case vicine, quindi alcuni dovranno rimanere fuori a insonorizzare l’area e fare in modo che nessuno si avvicini”, ordinò, vedendo il soldato annuire. Zoe non seppe riconoscere il grado dell’uomo, ma non importava. Ora tutti seguivano Joel. “Poi falli venire dentro. Non saremo mai abbastanza se lui è lì davvero. Ognuno di noi sarà utile”.
“Principale obiettivo da difendere?”, domandò ancora il soldato.
“Due obiettivi”, comandò Joel, facendo incuriosire Zoe. “Ash Connor e Devon Milicevic”.
“Chi, signore?”, non capì.
“Il bambino. Deve rimanere in vita, costi quel che costi”.
 
Namel era a terra, con un buco alla spalla, completamente insanguinato a causa della pallottola che Jared gli aveva conficcato nella pelle.
“Fottuto Incompleto!”, si voltò verso di lui, pronto ad assalirlo, ma Ash fu più veloce. Lo bloccò, congelandolo parzialmente, per qualche secondo.
“Non lo riconosci, Den?”, chiese, provandosi a mettersi in piedi. “Non riconosci il sangue del tuo sangue?”.
“Cosa?!”, urlarono tutti gli altri, esclusa Sorrow, che conosceva la verità, così come Ash.
“Sei fin troppo brava a mentire, piccola stupida”, si rimise in posizione di attacco Namel, sorridendo. “Ma non così tanto”.
Mosse veloce il bracco e una nuvola nera cominciò a correre. Ma non puntava ad Ash.
Colpì Sorrow in pieno petto, esattamente sul cuore, e in un attimo la nube si trasformò in tantissimi animaletti che coprirono la pelle di Sorrow, mangiandole la carne.
Le urla della donna si estesero per tutto lo spazio che li circondava e il suo corpo cadde a terra, presa da scariche di dolore fortissime. Tutti rimasero a guardarla, senza poter fare niente, mentre Namel chiuse in una morsa Ash, obbligandola a vedere la scena.   
“Guarda come sanguina! Guarda!”, ripeté le stessa parole di quella volta, mentre Sorrow si contorceva dal dolore, urlando a causa della magia di quel mostro. “Ti mostrerò il suo cuore pulsante e sanguinante… sarà bellissimo, non credi?”.
“Lasciala! Lasciala!”, continuò a gridare Ash, vedendo gli animaletti andare sempre più in profondità. “Ti prego, lasciala!”.
“Non la odiavi così tanto, piccola stupida?”, chiese Namel, mentre i ragazzi guardavano la scena quasi immobili. Troppo immobili per essere ancora attenti: doveva averli incantati. “Guarda ora come muore… come muore per te!”.
Namel la strinse ancora più forte e Ash sentì un osso del braccio sinistro spezzarsi, mente vedeva Sorrow piangere di dolore quando arrivarono alle costole, spaccandogliele pian piano, entrando nei nervi.
“Ti prego, non farle più del male!”, gridò Ash, con le lacrime agli occhi.
“Soffrirà di più se la lascio vivere. Morirà di una lentissima agonia… quindi tanto vale godersi ora lo spettacolo”, rise lui, sopra le urla della donna. Avevano raggiunto la muscolatura del cuore e stavano aprendo un varco.
Non riusciva a stare ferma, non poteva non urlare. Si strappava animaletti dal petto, graffiandosi la parte mangiata, e facendosi ancora più male. Ma erano troppi e continuavano a torturarla.
Ash provò a muoversi, ma non poteva fare nulla. “Mi dispiace, Sorrow! Ti prego, mi dispiace… Sammy”, pianse vedendo il cuore della donna smettere di pulsare, completamente maciullato. Gli animaletti tornarono a formare una nube e svanirono nel nulla.
Sorrow non si mosse più, ma i suoi occhi erano aperti.
Aveva sofferto, ma aveva affrontato la morte senza paura, per difendere Ash. Erano aperti, e il suo era viso piegato verso di lei.
Perdonami, disse Ash nella sua mente.
 

...
Note dell'autrice:
Madonna quante cavolo di cose che ho scritto! ahhah
Prima di tutto... E' ARRIVATO! Quel bastardo, figlio di puttana - non non è vero! - è arrivato a rompere le palle. Bene, ora vediamo di farlo fuori, gente.
Quindi, Jared è un emerito coglione perchè si mette sempre in mezzo, Zoe e Joel - meno male che ci sono - arriveranno e Sorrow.... oh, gente, Sorrow può starvi maledettamente sul cazzo ma in fondo, molto molto molto molto in fondo, vuole bene ad Ash. 
*un inchino a Sorrow*
I ricordi di Ash sono importanti per capire bene la storia, se sono troppo pesanti, ma non mi sembra, scusate, ma così devono essere. Spero di non aver scioccato nessuno.
La battaglia comunque non è mica finita, gente. "now you're nightmare comes to liiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiive" 

Ok, ora emigro altrove :D
Buona settimana, 
Ronnie
   
 
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