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Autore: Porrima Noctuam Tacet433    18/05/2013    2 recensioni
[I segreti di Nicholas Flamel, l\'immortale.]1994, Reims.
Un curioso e sfortunato giornalista si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Quanto sarà disposto a rischiare per ottenere le risposte che cerca?
Riuscirà ad avere la sua intervista?
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Dee, Niccolò Machiavelli, Nicholas Flamel, Nuovo personaggio, Perenelle Flamel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Enigmi irrisolti


Perenelle non si mise a spiare dalla finestra solo perché l’idea di sembrare una di quelle pettegole che scostano appena le tendine per osservare, arcigne, i passanti, dall’alto della loro perfezione, non la ispirava particolarmente.

E poi Nicholas si meritava un po’ di fiducia.

 O almeno così spero…

Perenelle aveva conservato nei secoli quell’indole fondamentalmente diffidente che un tempo aveva avuto in comune con le donne della sua epoca.

Quando aveva conosciuto Nicholas si era aperta al mondo, e il mondo si era aperto a lei. Come avrebbe potuto essere altrimenti? Suo marito era un uomo ben poco ancorato alle tradizioni, alle consuetudini. Le aveva mostrato meraviglie, anche se era più vecchia di lui e anche se era una donna.

Perenelle non rimase a lungo immersa in questi pensieri.

Sapeva di doversi fidare di Nicholas, sapeva che chi li cercava era solo un ragazzo umano, sapeva che ai loro nemici non sarebbe mai passato per la testa di adottare certi mezzi.

Eppure non poteva fare a meno di sentire una sottile vocetta nella sua testa che continuava ad affermare che fosse tutto opera di Dee.

Perché Perenelle sapeva anche che Nicholas non avrebbe mai lasciato una persona in difficoltà, soprattutto se aveva il dubbio che fosse a causa sua.

E lo sapeva anche Dee.

La donna mantenne la mente lucida e la schiena dritta, nonostante le fitte di ansia che continuavano ad assalirla.

Chiuse gli occhi per un secondo.

Un secondo in cui, come molte altre volte gli era capitato di fare, si impose la calma.

Era perfettamente cosciente della sua potenza. Se ci fossero stati dei pericoli, lei sarebbe stata attenta a svelarli prima che fosse troppo tardi, e poi li avrebbe eliminati.

Sarebbero scappati in un altro stato. Come sempre, tutto alla normalità.

Perenelle si riscosse, distogliendo lo sguardo dalle sue scarpe e puntandolo sulla porta. Sentì il rumore della chiave che girava nella serratura, all’esterno.

Nicholas ed il suo sorriso furono i primi ad entrare, seguiti da un ragazzo dai capelli e dagli occhi castano scuro e dai tratti pallidi e affilati.

La Fattucchiera si sforzò di sorridere e di essere gentile, imponendo a se stessa di ignorare il modo in cui l’ospite squadrava il loro appartamento.

Che cosa si aspettava di veder spuntare dal forno a microonde?

La donna salutò cortesemente, invitandolo a sedersi e offrendogli del caffè. Anche se il ragazzo le sembrava abbastanza agitato anche senza caffeina.

« Bene, allora. » cominciò Nicholas quando il ragazzo ebbe preso posto in salotto, su una poltrona color vinaccia.

« Io sono Stephan Donovan, e lei è mia moglie Amanda. Tu come ti chiami? »

*

« Richard » il giornalista si bloccò di colpo, ma la breve pausa che si concesse risultò quasi impercettibile.

Quasi.

« Vailand. »

Stephan gli strinse la mano.

« Piacere. Ma veniamo a noi. » disse, battendosi i palmi delle mani sui jeans.

« Mi pare di capire che hai fretta. »

Sorrise. Richard si sentiva rassicurato dal contegno incoraggiante dell’uomo, ma proprio per questo non riusciva a fidarsi. Per quanto ne sapeva poteva anche non sapere niente di Nicholas Flamel, oppure poteva essere un amico di John Dee, la persona da cui stava scappando.

« Che cosa vuoi sapere di Nicholas Flamel? » domandò Stephan, e Richard non poté fare a meno di notare che lo sguardo di Amanda si era fatto più attento.

« Cosa c’è da sapere? » chiese di rimando.

L’uomo inclinò leggermente la testa verso destra, con un’ espressione divisa tra innocenza e impassibilità.

« Devo dedurre che non sai niente? »

Richard si irrigidì, allarmato. Non sarebbe dovuto essere lui a fare le domande?

Più restava in quella casa e più aveva la sensazione di trovarsi su un altro pianeta.

Come aveva potuto pensare che bastasse chiedere in giro per trovare una persona che, per ovvi e validi motivi, probabilmente non voleva essere trovata?

E come mai invece aveva funzionato?

« è interessato anche lei, vedo. » rispose, diffidente.

Donovan sospirò, accavallando le gambe con apparente disinvoltura.

« Nicholas Flamel è una persona… bizzarra. Non ama che si parli di lui, ma » fece una pausa, accarezzandosi il mento e puntando lo sguardo su uno spazio indefinito sopra la testa di Richard.

« Quando qualcuno lo cerca ha un motivo ben preciso. E di solito non è amichevole. »

Richard percepì l’accusa velata nella voce e negli occhi dell’uomo, ma rimase in silenzio. Non sapeva cosa rispondere.

Se avesse detto che già lo sapeva avrebbe perso quel piccolissimo margine di vantaggio che intendeva riservarsi per un secondo momento.

Non poteva nemmeno dire di volerlo trovare per una visita di cortesia, visto che aveva girato mezza città con l’espressione sconvolta di un animale in trappola.

Si maledisse un centinaio di volte. Se solo fosse stato più cauto, se avesse pensato prima di agire…

Il silenzio cominciava a farsi pesante.

Richard si schiarì la gola.

« Anche io ho un motivo ben preciso. E non è piacevole, però… non gli procurerà danni. Almeno credo. »

« Ti tieni molto sul vago. »

Richard lo fulminò con un’occhiataccia.

« Lei sa che genere di… problemi ha Nicholas Flamel? »

Se Stephan Donovan rimase sorpreso dalla sua domanda, fu bravo a dissimulare in fretta il suo stato d’animo. Ma la breve pausa che seguì suggerì a Richard di averlo colto alla sprovvista.

« Vagamente. » rispose l’uomo, lo sguardo ora più severo. Amanda si mosse nervosa alla sua destra.

Richard non si scompose, deciso ad assumere anche un atteggiamento maleducato pur di trovare le sue risposte.

« Vagamente. Un po’ poco, no? io ne so più di lei, allora. Ha detto che Flamel è una persona per bene. Lo sono anche io, e questa è probabilmente l’unica cosa che abbiamo in comune, a parte essere invischiati negli stessi guai. »

*

Nicholas Flamel fu colto improvvisamente da una miriade di emozioni diverse, e gli risultò difficile, più del solito, nasconderle.

Sorpresa, diffidenza. Rammarico per quel ragazzo. Dubbio, misto alla consapevolezza di avere anche lui molti interrogativi da risolvere.

Sa più di quel che lascia intendere, pensò, e scambiò uno sguardo con la moglie, sicuro che stesse riflettendo sulla stessa cosa.

Che cosa doveva fare adesso? Cacciarlo?  E se fosse stato vero quello che aveva detto?

Ma come può questo ragazzo avere qualcosa a che fare con me?

Perenelle fu la prima a prendere nuovamente la parola, con voce tranquilla ma lievemente tagliente.

« Quindi… » cominciò, il suo accento francese che impregnava ogni lettera.

« Tu sai chi è. »

Richard la guardò con un lampo sconsolato ma deciso negli occhi scuri.

« Non so chi sia Nicholas Flamel. » affogò un sospiro nella tazza di caffè, ormai fredda, che teneva ancora tra le mani.

« Ma so da chi sta scappando. »

*

« Una simile imprudenza da parte sua, signore… non credevo di poter vivere abbastanza da poterla vedere. »

Machiavelli poggiò i gomiti sul davanzale della finestra, ascoltando lo sbattere delle ali dei piccioni e il rumore delle auto sulla strada con i suoi sensi risvegliati.

Non cambiò posizione quando sentì Dagon strusciare i piedi, impaziente di una risposta. Solo le sue iridi grigio acciaio si spostarono nella sua direzione.

« Tu la chiami imprudenza, Dagon? Io lo chiamo istinto. »

Dagon si pose di fianco a lui, osservando l’immortale volgere il capo verso il cielo nuvoloso, poi più giù verso i palazzi, poi sui passanti.

Per un attimo pensò che Machiavelli non avesse nessuna intenzione di aggiungere altro.

Capitava spesso che lasciasse libera interpretazione alle sue parole, quando non aveva voglia di spiegarsi. Dagon lo lasciava fare, senza porre domande. Sapeva che l’immortale detestava essere disturbato mentre pensava.

Si voltò, ancora impassibile, ormai rassegnato a rispettare il silenzio del suo padrone.

« Hai ragione, ho agito senza un’idea ben definita, all’inizio. Ma sapevo che avrei potuto utilizzare Richard in qualche modo. Diciamo che me lo sentivo. »

Dagon inarcò un sopracciglio e si tolse con due dita gli occhiali scuri, scoprendo gli occhi enormi e lucidi.

« Se lo sentiva? »

Machiavelli teneva molto in considerazione il suo istinto, ma difficilmente agiva senza aver pensato alle conseguenze.

L’italiano sorrise di fronte alla sua sorpresa.

« Già. Ovviamente in seguito mi sono fatto venire un’idea. Non ho intenzione di rischiare niente per Richard. E sai, Dagon » Machiavelli si girò, i palmi delle mani poste sul davanzale dietro di lui.

Le labbra si incurvarono appena.

« Penso di aver avuto ragione. »

« Lei pensa sempre di aver avuto ragione. »

L’immortale scosse le spalle, invitando con un cenno la sua guardia del corpo a seguirlo in cucina.

« Vieni. Andiamo a verificare se ho fatto centro anche questa volta. Sai, prima o poi dovrò pur sbagliare. »

Machiavelli parlò come se non ci fosse alcun dubbio, mentre si avviava verso la cucina seguito dal suo segretario.

Quest’ultimo non si fece sfuggire il breve bagliore passato negli occhi dell’immortale.

« Certo che l’umiltà non è il suo forte. »

Niccolò sogghignò appena, con l’espressione di chi è stato colto sul fatto.

All’improvviso si arrestò in mezzo al corridoio, e Dagon trattenne un gemito, consapevole di aver acceso una lampadina nella mente, assai difficile da gestire, dell’immortale italiano.

Lo capiva, perché erano secoli che lo conosceva.

E come si aspettava, Niccolò si voltò velocemente e lo guardò. La sua espressione sarebbe stata impassibile, se non fosse stato per gli occhi sgranati.

« Sei diventato estremamente chiacchierone, Dagon. A questo proposito, questa notte, mentre non riuscivo a trovare un programma in tv che mi annoiasse abbastanza da farmi addormentare, ho fatto qualche calcolo. E ti interesserà sicuramente sapere che la tua loquacità in queste ultime cento trentanove ore è aumentata del »

Dagon si rifiutò di starlo a sentire e lo superò, arrivando per primo alla cucina.

Machiavelli interruppe il suo discorso e lo seguì.

Sul tavolo immacolato della cucina un quaderno rilegato in pelle nera era in netto contrasto con tutto l’ambiente circostante.

I due immortali rimasero un attimo in silenzio a guardarlo, entrambi consci del potere di cui erano in possesso.

Il primo istinto era quello di allontanarsi. E di non toccarlo.

Machiavelli prese posto su una sedia e pose le mani sopra la copertina rigida del quaderno.

« So che i miei calcoli matematici non ti vanno a genio, Dagon. Me la faresti lo stesso una tisana alla menta? »

Dagon raggiunse lo scaffale e afferrò una piccola tazza, poi aprì un altro mobiletto lì a fianco e prese le erbe.

« Lei non fa nessun calcolo. Se li inventa. »

Machiavelli chiuse il discorso con un gesto disinvolto della mano.

Non aveva intenzione di sprecare tempo.

Ignorando il bruciore ai polpastrelli, aprì il quaderno, e le pagine, coperte da una scrittura tondeggiante, si illuminarono per un momento.

*

Niccolò si strofinò gli occhi chiari, cerchiati da occhiaie marcate, non ancora del tutto ripreso dall’ennesima notte in bianco.

Dagon entrò nella stanza con una certa fretta, dopo aver bussato, mentre l’italiano si stava infilando le scarpe con l’aria di chi non assume caffeina dall’età elisabettiana.

« Signor Machiavelli, ho trovato questa nella cassetta delle lettere. »

Dagon porse una sottile busta, bianca quanto la sua mano, all’immortale.

Machiavelli la aprì con curiosità, dimenticandosi come per magia della stanchezza, senza curarsi di non strappare la carta. Era raro ricevere posta per uno come lui. Nessuno sapeva il suo indirizzo.

Quasi nessuno. 

E quindi poteva essere solo lui.

Niccolò si rigirò tra le mani una brutta cartolina di Toronto, scambiando uno sguardo col suo segretario, che osservava in silenzio. L’uomo esitò, prima di voltarla. 

Niente saluti, niente dediche, niente inviti o parole amichevoli.

Solo una frase, scritta in una calligrafia dalle forme alte e oblique, in italiano moderno.

Machiavelli quasi se la fece cadere di mano, e a quel punto Dagon drizzò la schiena.

« Che cosa succede?»  chiese la creatura, mentre l’immortale faceva scorrere freneticamente gli occhi da un capo all’altro della cartolina.

« Non mi aspettavo niente di buono, dopotutto…»

Dagon lo raggiunse, deciso a non permettergli di cominciare a parlare solo con se stesso. Sporse la testa al di sopra della spalla di Machiavelli e lesse il messaggio, i suoi grandi occhi tondi che indugiavano con fatica su ogni parola.

Non c’è pce nele stelle, sa?

I telescpi funzioano anor.

Imstram quanto vali,

giovae figli degli uomini.

Dagon rimase impietrito, non trovando niente da dire per spezzare il silenzio pesante, per diversi minuti.

Machiavelli non diede alcun tipo di spiegazioni e si sedette alla scrivania del suo elegante studio privato, una penna in una mano e la cartolina nell’altra.

« Non ci vuole molto per capire che mancano delle lettere. » disse Dagon, in un momento in cui gli sembrò che Machiavelli fosse giunto a una qualche conclusione, e che quindi potesse allentare l’attenzione sulla cartolina e rispondergli.

« Migliori di giorno in giorno, Dagon. In effetti, è un codice complessivamente facile da risolvere. È poco articolato. »

Machiavelli, colto da un fiotto di curiosità e da una brutta seppur interessante sensazione, si chinò appena sulla cartolina e fece scricchiolare la penna sulla carta

« Aggiungendo le lettere mancanti per ottenere parole corrette… » iniziò a spiegare, mentre Dagon lo ascoltava impassibile.

« Si ricava il messaggio completo. Nel caso della prima frase, non c’è pace nelle stelle, sa? le lettere mancanti sono la A e la L.  Poi: i telescopi funzionano… ancora. »

Machiavelli scandì bene ogni parola, come per accertarsi che fosse corretta, e Dagon non osò interromperlo.

« “Anor”.  Sarà “ancora” o “ancor”? »

Dagon fece un gesto disinvolto con la mano.

 « Cambia molto? »

« Cambia tutto. Sono convinto che il messaggio in sé abbia un significato, ma credo anche che le lettere tolte abbiano un loro scopo. »

Dagon avrebbe fatto spallucce, se fosse stato più propenso ad assumere atteggiamenti umani. Non riusciva a capire perché Machiavelli, con Dee alle costole e Anderson da tenere d’occhio si stesse dando tanta pena per quel messaggio senza senso.

« Non ha pensato che potrebbe essere solo uno scherzo? Non c’è scritto il suo nome sulla cartolina, né il suo indirizzo. Non è stata lasciata dal postino. »

Dagon continuò imperterrito, nonostante la fastidiosa sensazione di non essere ascoltato.

« Qualche ragazzino avrà pensato di scrivere il testo di una di quelle canzoni che vanno di moda al giorno d’oggi, e avrà sbagliato a scrivere. »

Finalmente Machiavelli sembrò degnarlo di attenzione, trapassandolo con uno sguardo impenetrabile.

Evidentemente stava riflettendo se valesse davvero la pena perdere tempo per spiegarsi, o lasciare Dagon ai suoi dubbi. Sospirò.

«Questo non si avvicina nemmeno lontanamente a una teoria probabile. Per tre motivi. »

Alzò il dito indice.

« Uno. Questa cartolina arriva da Toronto. »

Dagon fu pronto a rispondere.

« Il ragazzino di cui parlo l’avrà trovata in casa sua, oppure è appena tornato dalle vacanze.»

« Teoria esclusa dal secondo e terzo punto. Due: mentre non mi è difficile pensare che la lettera mancante nella parola “telescopi” possa essere un errore di distrazione, così non è per “Imstram”. Davvero troppo storpiata. Non può essere casuale. »

Sul volto di Dagon apparve una smorfia di disappunto, nello stesso istante in cui la creatura capì che Machiavelli aveva già calcolato tutto.

E quindi, l’ennesimo enigma li aspettava.

« E tre : mi tengo aggiornato sulle canzoni italiane in voga di questi tempi. »

Dagon alzò un sopracciglio di fronte al sogghigno di Niccolò.

« Non è vero. »

« E tu come fai a saperlo? »

Dagon avrebbe facilmente risposto che era al suo servizio da secoli e che di recente era stato in sua compagnia per buona parte del giorno.

Ma si frenò all’improvviso, preferendo rimanere in silenzio.

Per buona parte del giorno. Del giorno, non della notte.

« Comunque sia… nessuno in questa città sa il mio vero nome, né la mia nazionalità. Curiosa coincidenza che il messaggio sia proprio in italiano, vero? »

Machiavelli non aveva più voglia di parlare. In quel momento tutta la sua mente era concentrata sul messaggio, e sul metodo di risoluzione. Non doveva essere molto difficile.

Aveva visto schemi molto più complicati.

Piuttosto, lo preoccupava il mandante, ma anche il significato del testo.

Perché il suo informatore avrebbe potuto trovare altre centinaia di parole, che contenessero le lettere che gli interessavano.

Perché proprio quelle?

E poi… l’indirizzo…

*

Rubata.

Le figure nascoste nell’ombra di una stretta sala circolare, sormontata da vetri neri e decorati di antiche rune, si muovevano una dietro l’altra. Due passi avanti. Uno indietro. Una pausa e di nuovo indietro, i piedi che parevo non toccare terra, tanto il loro passo era leggero.

Rubata.

Nessun suono arrivava alle orecchie delle figure, ma questa parola sembrava espandersi nella mente di ognuno di loro, nascendo dal nulla.

Quegli esseri non avevano mai aperto le loro labbra strette dai fili della tela di Aracne.

Quando erano riuniti formavano un’unica entità, i loro pensieri erano comuni, la loro età era comune, il loro sapere era comune.

Come se fossero parte di una sola persona.

Chi ha osato tanto?

Ritrovarla.

Era furioso. Davvero furioso.

Lo è ancora. Noi lo vediamo.

Noi vediamo tutto ciò che è sui nostri sentieri.

Ma adesso, cosa sarà di lei?

Loro non lo sanno. E mai lo sapranno, senza di noi.

Rischieremo.

Ma saremo liberati.

Grazie… figlio degli homines.

 

N.D.A.

Lo ammetto, non è un granché. 

La cosa positiva è che l’ispirazione è tornata e credo che rimarrà per un po’. E la situazione di ogni personaggio non sarà delle migliori, anzi, mi sa che qualcuno sarà nei guai fino al collo.

Ci ho messo tanto, e mi dispiace tantissimo. Non ci è voluto molto tempo per il capitolo, ma ho modificato tutte le mie idee sulla continuazione, che adesso è un bel po’ più articolata.

I miei impegni sono quasi finiti e, a parte fare i salti mortali per non rovinarmi la media del seiiiiiinooooo scarso in matematica, non ho altre preoccupazioni. Conto (spero) di postare il prossimo capitolo prima del solito ; )

Grazie a chi continua a seguirmi, mi date grinta e carica : D

Ciao!

Tacet433

 

 

 

 

  
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