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Autore: Gravirei    18/05/2013    6 recensioni
Sappiamo tutti che Trafalgar Law chiama Kidd 'Eustass-ya'. Ma cosa si nasconde dietro a questo nome? E' Kidd stesso a cercare di spiegarselo. E arriva ad una conclusione che farà fatica ad accettare.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eustass Kidd, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mille modi per dire Eustass-ya

 
Mi sono chiesto spesso cosa ci sia che non va nel mio nome.
Kidd.
A me piace.
Non è imbarazzante, non è lungo, non è difficile da ricordare.
Ma no. A quanto pare sono tutte illusioni che mi faccio io, visto che qualcuno ha deciso di chiamarmi come pare e piace a lui.
 
Eustass-ya.
 
Heh, proprio così. Per i miei uomini sono “il Capitano”, per Killer sono “Kidd”…e per un certo chirurgo del cazzo sono “Eustass-ya”.
 
«Ma chi sei, mia madre? Mi hai ribattezzato così come piace a te?»
E sorride Law, quel bastardo.
«Che cazzo hai da ridere adesso?»
 
Se lo usasse semplicemente per sfottermi, allora saprei come comportarmi ogni volta che sento quel medicastro rivolgersi a me in questo modo. E invece no, lo usa nelle situazioni più disparate.
Comincio seriamente a pensare che creda che sia quello il mio nome.
Cretino.
 
«Dammi ancora degli ordini e sarai il primo a morire, Eustass-ya.»
 
Arrabbiato. Sicuramente arrabbiato.
Beh, no, Trafalgar Law non si arrabbia, non sia mai: si irrita.
Contrae la fronte, stringe gli occhi in due fessure, le sue parole trasudano veleno da tutte le parti e puzzano di minaccia.
Godo nel vedere quel ghigno irritante e onnipresente far posto ad una smorfia di disprezzo.
È sempre troppo sicuro di sé, quel dottorucolo da strapazzo.
Arrabbiarsi un po’ gli fa solo bene. E usare il mio cognome come una minaccia non mi farà smettere di infastidirlo. Ha!
 
«Sai dov’è la mia cabina. Ti aspetto con ansia, Eustass-ya.»
 
È così sbagliato.
Sbagliato il modo in cui mi guarda, sbagliato il modo in cui quel suo sorrisino condiscendente mi blocca il cervello, sbagliato il modo in cui mi dà la schiena e, gettandomi un ultimo sguardo -e lo vedo, si diverte fin troppo lo stronzo-, sparisce nel suo dannato sottomarino, sapendo benissimo che sì, so dov’è la sua cabina e che sì, ci andrò. Perché voglio andarci.
E mi fa una rabbia tremenda, perché so che se lui non me lo avesse chiesto, probabilmente lo avrei sbattuto sul fianco della mia nave e lo avrei preso lì, fregandomene di chiunque altro.
Quando ondeggia i fianchi in quel modo…quello non è un uomo, è una baldracca.
Portare in giro un culo del genere in pantaloni così stretti è pura baldraccaggine.
Dannazione!
Non dovrei pensare cose del genere, non su…su di LUI!
Maledetto bastardo!
Cosa mi hai fatto? Si può sapere cosa mi hai fatto?
Non puoi trasformarmi nel tuo cane, sappilo.
E non puoi pronunciare il mio cognome come se fosse la cosa più sexy di questo mondo del cazzo.
 
«È tutto qui quello che sai fare, Eustass-ya? Pensavo che fossi molto più forte, in battaglia…»
 
Lo odio.
LO ODIO!
Si diverte a prendermi per il culo, quel bastardo!
Con chi crede di aver a che fare? Con uno stupido?
Quanto vorrei farlo smettere di ridere!
Vorrei prenderlo a pugni finchè non gli faccio cadere tutti i denti.
Vorrei rompergli tutte le costole, spezzandogliele una ad una.
Vorrei strappargli la lingua e fargliela ingoiare.
Vorrei stringergli le mani attorno al collo finchè non vedrò la scintilla della vita abbandonare i suoi occhi e finchè non sentirò la sua risata spegnersi per sempre.
Ma lui continua a ridere, e io non faccio nulla.
Perché non lo faccio?
Riesce a far sembrare una stupida presa in giro tutte le parole che mi rivolge. Persino il mio cognome. Potrei ucciderlo con una mano sola. Anzi, dovrei proprio farlo.
Perché non lo faccio?
Finalmente sarei libero e non mi sentirei più legato a nulla.
Perché non lo faccio?
 
«Oh, Eustass-ya…dammene ancora…»
 
Questo è il modo in cui voglio sentirti dire il mio nome, medicastro.
Questo e basta.
Come se tu fossi mio.
Come se tu non volessi nessuno, nessuno all’infuori di me.
Come se fossi l’unico capace di farti sentire così perso nel piacere da farti dimenticare tutto il resto.
Voglio sentirti ansimare.
Voglio sentirti godere.
Voglio sentirtelo gemere, il mio nome.
Almeno così potrò avere l’impressione di essere io a possedere te, e non viceversa.
Dillo ancora, Law.
Di’ ancora il mio nome.
 
«Eustass-ya...»
 
Ogni occasione è buona per te, vero medicastro?
Devi tormentarmi a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Anche dopo il sesso!
Perché tu credi che io non ti senta, eh.
Ma quanto ti sbagli, stupido.
Ogni volta che mi alzo e mi rivesto per andarmene, per tornare di nuovo sulla mia nave lontano da te, appena prima di uscire dalla porta, un lamento.
Impercettibile, minuscolo, sospirato.
Ma pur sempre un lamento.
Un segno che, per almeno una volta, non sei tu a farmi male, ma io che ne faccio a te.
Dovrei esserne contento.
E allora perché mi sento così dannatamente male?
 
Ma stanotte mi fermo.
Ho deciso di accontentarti, solo per questa volta.
Ti guardo dormire, stranamente tranquillo.
E penso che, forse, non è così male, essere Eustass-ya.
  
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