Il vento primaverile mi accarezzava il viso. Mi appoggiai alla finestra della mi aula,chiusi gli occhi e pregai che il sole caldo mi donasse la forza necessaria,pregai che mi donasse la capacità di far vivere le persone fuori,e dentro. Sentii Giorgia che si appoggiava a me. Perché lei sapeva. Sapeva a cosa pensavo. Il suono metallico della campanella mi riportò alla realtà e fui costretta a tornare al mio posto.
Mentre le mia amiche facevano le galline mentre tentavano di fare un problema di geometria,cosa che io non intendevo farmi persi nei miei pensieri. Penso a quanto in questo periodo sono tutti insopportabili. Penso a come la primavera ,invece di avere un’influenza positiva su di me, mi fa stare peggio. Odio i fiori,il caldo i colori. Pensai a quanto mi sentivo inutile perché non riuscivo ad aiutare ne me stessa,ne Giorgia. Infatti entrambe provavamo le stesse emozioni. Forse per lei erano più forti,ma le provavamo entrambe.  In questo periodo sembro una pazza:mi rispondo da sola,faccio avanti e indietro per la casa con sguardo assente e mi arrabbio per tutto.  Tutta la felicità che avevo provato stava svanendo. Ero diventata più forte, ora sto tornando debole. Non ci riesco. Sono in lotta con me stessa.
-Loro sono felici,dovresti esserlo anche tu-  pensai e ,come ogni matto mi risposi: -Ma non lo sono.-
-I cambiamenti avvengono –
-Ma non cosi in fretta,non sempre-
-Marina smettila di risponderti da sola-
OK. Sono matta. Ufficialmente.  Non  devo parlare da sola. DEVI essere felice. DEVI. DEVI. DEVI. Questa parola mi opprime,mi assilla. Sono OBBLIGATA. A essere felice. OBBLIGATA. Ma da chi? Ecco è questo il punto. Da chi? Non lo so. E sto cercando di capirlo.