SKYFALL
Prologo: When the rain starts to fall… your heart will crumblehttp://www.youtube.com/watch?v=1m9SA-2MwCQ
Mossi un ennesimo passo verso l’immenso portone d’ingresso.
Alzai per un secondo lo sguardo al cielo.
Un lampo si fece strada, saettante, tra le spesse ed atre nubi di burrasca.
Illuminò il paesaggio desolato per un istante, poi sparì.
Non con lo stesso silenzio con cui era arrivato, ma si lasciò dietro un rimbombante fragore di tuoni.
La pioggia continuava a cadere copiosa dal cielo, appiccicandomi i fradici capelli color blu cobalto alle sciupate guance diafane.
Dovevo fare in fretta, se le sentinelle mi avessero vista, non sarei di sicuro riuscita a passarla liscia.
Singhiozzavo silenziosamente, mentre grandi e rotonde lacrime si mescolavano con la pioggia scrosciante.
Ormai nemmeno io riuscivo più a distinguere il consueto rosso vermiglio dei miei occhi, con la pupilla arrossata da tanto piangere.
Sembravano solo di un unico colore: rosso.
Rosso, come gli occhi di mio padre. Rosso, come il sangue che ho visto scorrere per tanti anni.
Da quando sono nata vedo solo e soltanto sangue e morte, intorno a me.
Ed è per questo che mi trovavo lì, per soddisfare la brama di potere e distruzione di alcune persone.
Avrei voluto tanto tornare indietro. Avrei voluto non essere mai nata.
Che esistenza ero destinata ad avere, se dovevo continuare ad uccidere, a fare del male e a mentire?
“Akiko, sei il nostro bene più grande” diceva mio padre
“Sei la cosa più bella che ci sia mai successa” aggiungeva mia madre.
Mi passai una mano tra la chioma cerulea intrisa di acqua piovana.
Se i miei genitori fossero stati lì, mi avrebbero portato via, sulla collina soleggiata dove passavamo i pomeriggi a giocare nei pressi della grande quercia centenaria.
Mi strinsi nelle spalle, mordendomi il labbro inferiore dalla rabbia.
Diciannove anni compiuti e ancora mi avviluppavo in quegli inconsistenti ricordi di quando avevo cinque anni.
Di quando loro c’erano. Di quando tutto sembrava rosa meraviglioso. Di quando la mia spensierata fanciullezza riusciva a comprendere poco o niente della vita.
Ma poi, la realtà, cominciò a farsi sentire, sempre più grande, sempre più ingombrante. Sempre più… reale.
Un lieve venticello si alzò all’improvviso, accarezzandomi teneramente le guance solcate dalle stille salate.
Mi parve di sentire la voce di mia madre sussurrarmi all’orecchio
“Coraggio, piccola mia. Questo è l’ultimo”
Mi tirai un leggero ceffone sulla guancia, quel che bastò per farmi destare da quel sogno ad occhi aperti.
Mossi qualche altra incerta falcata davanti a me e mi ritrovai all’interno del villaggio.
Respirai profondamente, stringendo a me la mia preziosa sacca, cercando di convincermi che il mio Esodo era giunto al termine.
Konoha.