2.
Appena uscito da quella stanza, la sua
preoccupazione aumentò a dismisura. Gli sembrava quasi che quelle
quattro mura potessero proteggerlo, le avrebbe portate
con sé se solo gli fosse stato possibile. Sapeva di andare incontro a
qualcosa di molto pericoloso, ma quel farabutto al
quale stava dando la caccia non gli aveva lasciato alcuna scelta.
Controllò di avere la pistola nascosta sotto la giacca e dopo un altro
sospiro di incoraggiamento si avviò al piano
inferiore.
Scese le scale con
l’aria di un uomo che viene condotto al
patibolo: lo sguardo fisso nel vuoto davanti a lui, le braccia lasciate molli
lungo i fianchi, il passo lento ma deciso: dopo tutto restava sempre molto
orgoglioso. Nei corridoi dell’edificio c’era un gran traffico, ma a
lui sembrava di essere solo: riusciva a vedere
soltanto la luce che entrava dalla porta a vetri e che gli illuminava
l’ultimo pezzo di strada che ancora doveva percorrere prima di ritrovarsi
faccia a faccia con l’uomo che più odiava in quel momento.
Appena le mani
sfiorarono l’anta a specchio, quest’ultima si aprì lasciando
vedere ad Heizo una delle
vie principali della città, come sempre piena di gente: se quel pazzo
avesse iniziato a sparare, non gli ci sarebbe voluto molto per fare una strage.
Il poliziotto guardò prima alla sua sinistra e poi alla sua destra per individuare la cabina telefonica più
vicina, e si mosse nell’ultima direzione controllata. Non gli ci volle
molto per notare un uomo vestito sportivo con indosso un lungo cappotto nero.
Se ne stava appoggiato al gabbiotto del telefono e fissava con sguardo perfido
ma divertito il signore in giacca e cravatta che si stava avvicinando a lui
scuro in volto. Si alzò dal suo sostegno rivelando di essere veramente alto, circa due metri. Perfino il signor Hattori,
dal suo metro e ottantacinque si sentì una formica
vicino a lui.
SH – Salve
capo.. finalmente ci incontriamo –
HE –
smettila e dimmi cosa vuoi!! – replicò
deciso. Era sempre più nervoso.
SH – Calmati
capo.. non voglio fare niente di particolare.. solo
ripagarti per avermi costretto a scappare per tre settimane.. –
Il capo questore
aggrottò le sopraciglia e strinse i denti fino a parsi
male. L’uomo che aveva di fronte lo stava ricattando e lui non
poteva reagire alle prese in giro senza provocare una reazione: aveva le mani
legate!! Il malvivente avanzò di un passo verso
di lui e la mano destra di Heizo di mosse
istintivamente sotto la giacca. Il ladro scoppiò a ridere divertito.
SH – Ha ha ha ha!! Sei proprio
divertente lo sai?! – il suo tono si fece poi
improvvisamente più serio e malvagio – butta immediatamente la
pistola nel cestino qui di fianco o io giuro che ammazzo te e tutti quelli che
passano vicino al tuo cadavere!! –
Detto questo
estrasse una pistola, si avvicinò al poliziotto che aveva di fronte e
gliela appoggiò contro il fianco sinistro.
Al signor Hattori non restò altro da fare che obbedire anche
questa volta: prese la sua arma estraendola dal fodero nero, e la gettò
nel contenitore alla sua sinistra provocando un forte rumore metallico che fece
voltare tutta la gente intorno a loro.
Questo fece
scattare la rabbia nel gigante vestito di nero.
SH – Fai
un’altra cosa del genere e io ti finisco!! Non
cercare di attirare l’attenzione su di te perché ti ho già
spiegato che non sarai solo tu a pagare le conseguenze delle tue azioni!! Quindi pensa bene a quello che fai..
sai che non mi piace ripetere le cose che ho già detto –
Detto questo, il
delinquente estrasse un lungo coltello, dalla lama non più corta di
SH – Ora mi
segui senza fare una piega o ti spedisco all’altro mondo.. e se a te non importa, prova a pensare a quanto
dispiacerebbe a tua moglie e a tuo figlio.. –
Questa frase fece
riflettere Heizo. Nonostante la
situazione in cui si trovava, il suo pensiero ebbe la forza di correre, quasi
fosse autonomo, a Heiji. Lui era sempre stato
molto severo con suo figlio e non avevano un vero e proprio rapporto: lui lo
criticava e lo rimproverava spesso per i suoi interventi nelle indagini, e
siccome il ragazzo faceva sempre di testa sua, finivano col litigare e,
nonostante la testa calda del più giovane, l’ultima parola
spettava sempre a lui, Heizo. Venne
risvegliato da questi suoi pensieri dalla lama del coltello che premette con
più forza contro la sua gola.
AH – Ora
andiamo dove dico io.. –
Con la mano
libera, il ladro prese Heizo per le spalle e lo
costrinse a voltarsi nella direzione opposta, verso il centro della
città.
O – Fermo
dove sei!! – Una voce di fronte a loro li fece
fermare.
Otaki stava lì, con la pistola puntata
verso l’uomo più alto. Quest’ultimo però, non si fece affatto intimorire. Un ghigno divertito si
dipinse sul suo volto.
SH – mi sa
che ti stai sbagliando.. qui non si ferma proprio
nessuno.. – replicò, sempre più divertito e sicuro di
sé.
O – Chi sei tu? – chiese nervoso
il commissario Otaki. Stava sudando parecchio, ma
niente in confronto al suo superiore.
SH – Sono il
boss della banda a cui state dando la caccia nelle ultime settimane. Ero venuto
a farvi una visitina, ma me ne stavo già andando..
e il capo qui viene via con me..-
Tutta la gente ora
aveva capito la situazione, ma per paura di rimanere
coinvolta in qualcosa più grande di loro, le persone attraversavano
la strada per andare dall’altra parte. Qualcuno di loro aveva chiamato la
polizia, ma molti di loro avevano preferito ignorare la situazione. Grazie alle
telefonate di alcuni di questi passanti, un gruppo di poliziotti uscì e
si mise al fianco di Otaki
per dargli man forte.
SH – ho
già detto al vostro amico – disse il criminale rivolto proprio a
questi ultimi – che io e il capo qui – e fece un cenno indicando Heizo – ce ne stavamo giusto andando..-
O – non ti illudere!! Non ti lasceremo andare così!! –
Una risata perfida
e agghiacciante uscì dalla bocca dell’uomo e risuonò nella
calda aria del mezzogiorno.
SH – Allora
voi non avete capito proprio un bel niente!! Siete
proprio stupidi!! Se provate a
fermarci o a torcermi un solo capello. Il vostro adorato signor Hattori passerà a miglior vita..
– spiegò con tono derisorio e un’espressione come se stesse
dicendo la cosa più ovvia del mondo.
Un’ombra di
terrore puro comparve sul volto dei poliziotti bloccandoli completamente.
HE – Non sta
scherzando Otaki..
lasciatelo stare.. – disse malinconicamente Heizo.
Quasi come se
quello fosse stato un segnale, Shino si mosse in avanti spingendo il suo
ostaggio e costringendolo a salire in un piccolo furgoncino. Lo chiuse nel
rimorchio e, salito al posto di guida, partì sgommando dopo aver
lanciato un’occhiata trionfante ai poliziotti immobili sul
marciapiedi. Questi ultimi erano congelati dalla rabbia, dal terrore e
dallo sconforto per aver visto portar via il loro capo, nonché
loro amico, senza poter intervenire.
H – Sono a
casa.. – disse con voce svogliata un ragazzo
entrando in casa. Chiuse con un colpo secco la porta
provocando un forte rumore del telaio. Si tolse pigramente le scarpe da
ginnastica che dovevano essere state bianche, ma che
avevano assunto una netta sfumatura di grigio, e si avviò per il
corridoio senza indossare le consuete pantofole. La prima porta sulla sua
sinistra si aprì e una splendida donna sulla quarantina, ma che
dimostrava almeno dieci anni in meno, uscì. I lunghi capelli castani
erano come sempre raccolti dietro il capo e indossava un tradizionale kimono
con varie tonalità di rosa. Un profumo di cibo delizioso si sparse
nell’aria, ma questo lasciò totalmente indifferente il ragazzo.
S – Heiji caro.. bentornato.. cosa ti
preparo da mangiare? –
Il giovane
arrestò la sua lenta camminata e, senza voltarsi, disse:
H – Niente
per adesso.. voglio solo dormire –
Detto questo
proseguì per le scale salendo pigramente i gradini e quasi trascinando i
piedi. Gli sembrò che gli scalini non finissero mai, mentre in
realtà erano solo una ventina. Aprì la porta della sua camera ed
entrò richiudendola pesantemente anche questa volta. Lasciò
cadere a terra la sua tracolla dove teneva i libri di scuola e si buttò
a peso morto sul suo grande letto.
Sua madre, Shizuka Ikenami, era rimasta al
piano di sotto, seguendo con sguardo sorpreso e preoccupato il figlio: era la
prima volta che Heiji tornasse a casa senza infilarsi
direttamente in cucina, sedersi a tavola e letteralmente gettarsi su quello che
aveva nel piatto. Era sempre stato un ragazzo molto vivace e consumava un sacco
di energie, e di conseguenza, aveva spesso fame. La
donna si ritirò in cucina soprapensiero. L’oggetto dei suoi
pensieri, intanto, era ancora sdraiato sul letto, nella stessa posizione in cui
era caduto e con gli occhi semichiusi. Non si reggeva in piedi dalla
stanchezza. In quel periodo a scuola aveva parecchio da fare, e gli allenamenti
di kendo lo impegnavano parecchio, senza contare le varie partitelle che faceva
con gli amici di sport come calcio o tennis.
Come se non
bastasse, si erano anche verificati un sacco di crimini ad Osaka e lui aveva
sempre aiutato la squadra di Otaki
a risolverli. Non che ne fosse obbligato, anzi. Solo che li piaceva, e molto anche. Il campo
dell’investigazione lo aveva attirato sin da bambino, e grazie alla sua
grande intelligenza era sempre stato molto portato. Anche
gli ultimi omicidi, li aveva risolti interamente da solo. Quando il padre lo
aveva scoperto però, era stato un casino. Gli
aveva detto di non avvicinarsi al luogo del delitto o alla vittima,
perché col suo carattere entusiasta e sbadato, avrebbe
sicuramente compromesso degli indizi, diceva. Non riusciva a sopportarlo quando faceva così. Gli voleva un gran
bene, certo. Suo padre era sempre stato un esempio per lui. Nonostante
il carattere fiero e severo col quale era entrato, ed entrava tuttora sempre in
contrasto, lo ammirava: per la sua abilità e per come si faceva
rispettare. A volte esagerava, è vero:
soprattutto con lui. Non erano mai riusciti ad avere un rapporto, Heiji si era sempre sentito un po’ respinto dal
padre, oppure usato per il suo lavoro, come quando lo aveva picchiato e
umiliato davanti a tutti per usarlo come diversivo. Se
ci ripensava si arrabbiava ancora. Proprio per questa situazione però,
era cresciuto con un carattere molto forte. Sin da piccolo aveva imparato ad
arrangiarsi da solo e a fare di testa sua. Se il padre non voleva instaurare un
rapporto con lui, si era detto da bambino, allora non poteva nemmeno dargli troppi ordini.
Nonostante questa
spaccatura, accentuatasi adesso che lui era cresciuto, se qualcuno gli avesse
chiesto di parlare di suo padre, ne avrebbe comunque
parlato bene: dopotutto, era sempre “il suo papà”, anche se
nemmeno lui, sapeva in fondo spiegarsi il motivo di questa sua devozione. Mentre pensava a tutte queste cose, si rese conto che la
stanza non era più perfettamente a fuoco, e che le palpebre gli si
stavano chiudendo. La fatica fisica e psicologica di quell’ultimo periodo
si stava facendo sentire. Proprio mentre si stava per abbandonare tra le
braccia del sonno, gli parve di sentire un leggero bussare alla sua porta, me era così stanco che pensò di ignorare
completamente il rumore per lasciare spazio ad un sonno profondo.
E il suo piano sarebbe stato perfetto, se
non fosse che, la persona che lo aveva disturbato, aprì la porta ed
entrò nella stanza, attirando su di sé alcune maledizioni
lanciate dal ragazzo. Quest’ultimo infatti,
aveva aperto di scatto gli occhi alzando la testa dalla morbida coperta non
appena aveva sentito il telaio in legno scorrere sulla striscia metallica. Con
gli occhi mezzi chiusi dal sonno, si ritrovò a
osservare sua madre, ferma sull’entrata della camera che lo guardava
dolcemente, proprio come una madre guarda il proprio figlio. Al contrario del
marito, infatti, la donna mostrava sempre apertamente i propri sentimenti, in
particolar modo quelli verso il ragazzo cui, fin da bambino, non aveva mai
fatto mancare l’affetto di cui aveva bisogno, colmando anche il parziale
vuoto lasciato dal padre del giovane. La donna sorrise
vedendo in che condizioni si trovava il figlio.
S
– Ma guarda..!! ti stavi addormentando completamente vestito e senza
mangiare niente.. mi vuoi dire cos’hai? – lo incalzò
dolcemente sperando di convincerlo a parlare.
Data la sua grande autonomia, infatti, il ragazzo non si confidava
praticamente mai con nessuno. Heiji si mi se a sedere.
H – Niente
‘mà.. sono solo
un po’ stanco.. a scuola abbiamo un sacco da studiare e pare che questo
clima autunnale faccia aumentare i raptus omicidi della gente – disse
sarcastico riferendosi a tutti i casi che aveva risolto nelle ultime settimane.
La madre lo
guardò comprensiva.
S – avresti
veramente bisogno di riposarti un po’.. prima
però dovresti mangiare qualcosa.. sai che non fa bene saltare i pasti,
specialmente ai ragazzi della tua età: avete bisogno di energie!!
– disse facendo la classica predica da mamma.
Siccome
era anche affamato, il detective liceale decise di ascoltarla e si alzò
dal letto sbadigliando.
La donna sorrise compiaciuta per aver raggiunto il suo scopo e si avviò
per le scale precedendo il figlio, che scese dopo aver indossato jeans blu e
maglietta rossa al posto della divisa scolastica.
Il giovane
entrò in cucina ed andò a lavarsi le mani per mettersi a tavola.
Prima che iniziasse a mangiare, Shizuka gli chiese:
S – Heiji.. avrei un favore da
chiederti dopo.. –
Il ragazzo
alzò incuriosito lo sguardo dal tavolo e andò ad incrociare
quello della mamma.
S – Tuo
padre stamattina è andato al lavoro molto presto e non ho avuto tempo di
preparargli il pranzo.. ti dispiacerebbe portargli
questo – chiese la signora con sguardo quasi supplichevole con un cestino
in mano.
Al liceale
scocciava molto a dire la verità eseguire la
richiesta, ma per puro senso del dovere cedette alla madre.
H – devo
portarglielo subito? –
S – no no.. mangia pure prima.. non
c’è fretta –
Il ragazzo ci
pensò un attimo e poi rispose che prima sarebbe andato al commissariato,
così, quando sarebbe tornato a casa, avrebbe potuto
mangiare per poi rilassarsi tra le calde coperte. Shizuka
lo ringraziò e gli consegnò il piccolo contenitore di vimini. Heiji si avviò alla porta, si mise pigramente le
scarpe da ginnastica e si avviò verso la centrale. Per fortuna,
pensò, l’edificio non distava molto da casa perché, col
traffico che c’era per le strade, era costretto a raggiungerlo a piedi, o
non sarebbe arrivato prima di sera. Sospirò.
Sembrava proprio che quello non fosse il periodo per riposarsi. Camminava con
lo sguardo basso, l’immancabile cappello portato con la visiera dietro.
Era così stanco e assorto nei suoi pensieri che, dopo circa un quarto
d’ora di lenta camminata per varie scorciatoie che conosceva fin da
bambino, arrivò davanti alla sede della polizia senza nemmeno accorgersene
e avrebbe continuato a camminare se un poliziotto non
lo avesse chiamato.
Il giovane
detective sussultò e voltò il capo di scatto, spaventato dalla
voce che lo aveva improvvisamente chiamato. Quando alzò lo sguardo,
sorrise stancamente e si diede mentalmente dello stupido per non essersi
accorto di essere arrivato e si avvicinò agli uomini ritrovando un
po’ di energie per essere insieme a quelli che
ormai potevano considerarsi suoi colleghi, nonché amici.
Gli uomini in
divisa dall’altra parte della strada lo guardarono con un’aria
seriamente preoccupati e quando li raggiunse, il liceale passò in
rassegna le loro facce con un’aria stupita. Aveva un aspetto così
orribile per essere guardato in quel modo?
H – Hei.. che avete tutti quanti da
guardarmi così? – chiese sconcertato, sbattendo le palpebre e con
un’espressione idiota sul viso.
Il commissario Otaki aprì bocca per parlare e spiegare al giovane
che considerava quasi come suo figlio, il perché erano tutti li sul marciapiede, immobili, con lo sguardo spaventato perso
nel vuoto. Prima che però potesse proferir parola, l’ispettore Keiji Toyama, padre della sua
amica d’infanzia, fece sentire al sua voce possente.
T –
assolutamente niente!! Infatti
stavano tutti per tornare a lavorare.. –
I colleghi e
subordinati lo guardarono attoniti. Il loro superiore, come tutti loro, sapeva
chiaramente in che situazione si trovavano, in quanto era uscito ignaro dalla
centrale dopo il sequestro ed era stato immediatamente messo
al corrente degli ultimi eventi, prima come amico di Heizo
e poi come collega.
E allora perché aveva mentito a quel
modo? E proprio a chi aveva più diritto di conoscere
la verità per di più. Era calato in quella zona di
marciapiedi, un silenzio quasi irreale, interrotto dal giovane detective.
H – Ok!! Io allora vado a portare il pranzo a mio padre!! –
Si
incamminò verso
l’edificio, ma aveva fatto solo un passo che una frase di Otaki lo costrinse a fermarsi e fece mettere tutti i suoi
sensi in allerta.
O – forse
dovrebbe sapere..- disse gravemente il commissario.
Toyama si girò verso di lui con sguardo
severo, ma l’uomo non abbasso gli occhi convinto
della sua affermazione. Quelle parole e quello scambio di sguardi, fecero
capire al ragazzo che, qualsiasi cosa fosse, doveva essere piuttosto seria, e comunque lo riguardava da vicino. Spostò lo sguardo
dall’ispettore a Otaki
diverse volte prima di rivolgersi a quest’ultimo.
H –
cos’è che dovrei sapere? Cos’è successo?
– chiese tornando a fissare Toyama.
O – Heiji.. – cominciò,
ma venne immediatamente interrotto.
T – ho detto che non è successo niente!! – disse il
padre della sua amica con tono severo.
Heiji stava veramente incominciando a innervosirsi. Non era un moccioso, e aveva diritto di
sapere se era successo qualcosa.
O – deve saperlo ispettore! –
affermò con voce decisa Otaki, convinto che il
comportamento del suo superiore non avrebbe portato a niente di buono.
T – E COME
PENSI CHE REAGIREBBE? COSA POTREBBE FARE TANTO?!
–
Il poliziotto
alzò la voce rispondendo al suo subordinato. E probabilmente avrebbe
continuato nella sua aggressione verbale, se la discussione non fosse stato interrotto da un tonfo. Il detective diciassettenne
aveva scaraventato a terra il cestino contenente il cibo per il padre e stava
fissando i due uomini furioso. Non avevano il diritto
di giocare con lui così. Adesso stavano veramente esagerando.
H – ADESSO
BASTA!! VOLETE SPIEGARMI DI CHE DIAVOLO STATE PARLANDO?! MI AVETE STUFATO!! IO NON HO
DIECI ANNI!! HO IL DIRITTO DI SAPERE SE E’
SUCCESSO QUALCOSA CHE MI RIGUARDA!! –
Aveva iniziato il
discorso stringendo i pugni lungo i fianchi, ma poi la rabbia aveva avuto il
sopravvento e alla fine, si era trovato di fronte a Otaki, che sovrastava di parecchi centimetri, col collo
della sua giacca stropicciato tra le mani.
Tutti i poliziotti
sgranarono gli occhi e si ammutolirono. Sebbene era
risaputo chi il ragazzo fosse uno scalmanato, non lo avevano mai visto
così arrabbiato, ne tantomeno a trattare il
loro commissario in quel modo. Nonostante si conoscessero praticamente
da sempre, Heiji lo trattava col massimo rispetto.
Il più
stupito di questa aggressione era comunque proprio Otaki, anche se forse poteva capire lo stato d’animo
dell’amico. Provò a scrollarselo di dosso, ma le mani
dell’altro, benché più giovani, erano
irrobustite dai faticosi allenamenti di kendo ed il tentativo
fallì miseramente.
T –
d’accordo – disse deciso l’ispettore. Poi girò i
tacchi e se ne andò.
O – Lasciami andare e ti
spiegherò tutto Heiji – mormorò
lo sbirro.
Il
più giovane, come se si fosse reso conto solo in quel momento di quello
che aveva fatto, lasciò la presa di colpo e si allontanò
mortificato di qualche passo; quindi, dopo aver piegato leggermente il capo a
mo’ di scusa, assunse un’aria interessata, come ad incoraggiare il
commissario a continuare.
Quest’ultimo, prima di andare avanti, guardò uno ad uno tutti i
suoi uomini, come per infondersi un po’ di coraggio, poi posò lo sguardo sulle sue scarpe, incapace di
guardare il ragazzo negli occhi.
O – Heiji hanno.. hanno preso Heizo.. –
Il ragazzo
sbatté due o tre volte le palpebre.
H – cosa?
– chiese confuso.
O – sai quella banda di criminali a
cui stavamo dando la caccia? –
H – si.. – disse il giovane teso e disorientato
O – ecco.. la faccenda era più seria di quanto tuo padre non
ti avesse fatto credere.. e.. beh.. il capo di quella banda ha.. rapito tuo
padre –
Le mani del
detective dell’ovest, prima strette a pugno, si aprirono lentamente e la
bocca si dischiuse. Heiji sentì le budella
torcersi per poi formare un nodo stretto e doloroso. Dopo aver boccheggiato un
paio di volte, riuscì a sussurrare una sola parola.
H – cosa..? –
I poliziotti
intorno a lui lo fissarono in silenzio.
O – mi
dispiace – mormorò – non siamo riusciti a fermarlo.. –
H –
dov’è..? – chiese debolmente. Ma non ottenne risposta.
Fu come se quel
silenzio avesse fatto scattare qualcosa in lui. Pur avendo ancora lo stomaco
sottosopra, riuscì a svegliarsi da quella sorta di “trance” nella quale era caduto.
H –
DOV’E’?! – urlò ritornando a
tormentare la giacca di Otaki.
Il commissario
purtroppo non gli rispose come avrebbe voluto.
O – non lo so – disse, sempre
tenendo lo sguardo fisso verso il basso.
Il giovane si
staccò e indietreggiò nuovamente di qualche passo. Il suo corpo era
scosso dai brividi, gli occhi sbarrati in un’espressione incredula e
spaventata.
Poi, come se fosse
stato improvvisamente colpito da un fulmine invisibile, si irrigidì.
Altrettanto inaspettatamente, si voltò e prese a correre verso
l’edificio. Otaki e i suoi uomini, restarono a
guardarlo immobili e totalmente sorpresi.
O – Heiji aspetta.. dove vai? Che
cos’hai intenzione di fare?? –
Il diciassettenne
però, lo ignorò completamente, e continuò la sua corsa
all’interno della centrale.
Rieccomi con la seconda parte della mia
fanfic!! Le prime tre parti sono già pronte
quindi le posto subito, per le prossime ci
metterò un po’ di più. Spero che qualcuno si soffermi a
leggerla e ringrazio in anticipo chi lo farà!!
Alla prossima