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Autore: Bale    19/05/2013    1 recensioni
Il famoso scrittore Noah Gallagher (già protagonista della mia FF "Amori Sbagliati") si trova in un grave momento di crisi.
Non sa più chi è, non scrive più. Si sente solo e smarrito nel mondo.
L'unica persona che potrebbe risolvere tutti i suoi problemi si trova a Roma, ma lui non ha il coraggio di tornare da lei.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Arrivi Inaspettati






Si era trasferito a Los Angeles soltanto pochi mesi prima, ma si era subito ambientato.

Un regista hollywoodiano gli aveva chiesto di scrivere la sceneggiatura del suo nuovo film.

Noah aveva accettato un po’ controvoglia. La sua vita era la letteratura, il libri, non il cinema. Alla fine si era lasciato comprare e si era trasferito in America.

Purtroppo, però, il progetto era andato in fumo alla fine e Noah era ritornato ad essere uno squattrinato scrittore che non riesce più a trovare l’ispirazione giusta per mettere due parole insieme.

Gli mancava tanto la sua Londra, ma allontanarsi dal posto in cui aveva conosciuto, amato e odiato Katherine gli aveva fatto sicuramente bene.

In America si respirava un’altra aria. Diversa, piena di speranze.

Quella mattina Noah uscì di casa ben presto. Era diretto all’aeroporto.

Salì sul suo taxi con il sorriso sulle labbra e comunicò la sua destinazione.

Tentò di fare conversazione con l’autista, ma lui non sembrava molto in vena di smancerie.

Non poteva farci niente. Noah era fatto così: amava la gente, parlare con loro, sorridere ed essere gentile e cortese. Amava la vita e non voleva perdersene neanche un secondo.

“Siamo tutti troppo precari in questo mondo per stare lì a domandarci cosa è giusto fare”   aveva scritto una volta in un suo libro. Quella, poi, era addirittura diventata la frase di copertina.

Sorrise e scosse la testa. Doveva smetterla di pensare sempre ai suoi personaggi letterari.

Non lo faceva per boria e presunzione, semplicemente li considerava suoi figli.

-Lei è lo scrittore?-   chiese all’improvviso il tassista, mentre si fermava al semaforo che era diventato progressivamente giallo e poi rosso.

Noah annuì.

-Quasi non la riconoscevo senza barba -   continuò l’uomo   - Mia figlia legge i suoi libri-

Noah si accarezzò il viso. Si era rasato di fresco e perdeva ancora del sangue.

Non lo aveva fatto per Olga o per il suo viaggio a Roma.

Gli era venuto naturale, spontaneo. Era stato un gesto significativo, stava ad indicare la sua voglia di cambiamento.

-Sono lusingato-   rispose lui senza abbandonare il suo sorriso.

Non dissero altro. Arrivarono all’aeroporto dopo qualche minuto e Noah lasciò una generosa mancia al suo accompagnatore.

Recuperò il suo misero borsone e scese dall’auto.

Non sapeva neanche cosa ci aveva messo dietro: qualche camicia, un paio di magliette, dei calzini. Non gli importava molto. Andava a Roma per lei e sicuramente non le sarebbe importato quello che avrebbe indossato. Erano sempre bastate le parole, gli sguardi, i gesti.

Non avevamo mai badato all’apparenza, ma soltanto all’essere.

Imboccò l’entrata con decisione. Avrebbe preso il primo volo per l’Italia.

Non gli importava quanto sarebbe costato o quanto sarebbe durato il viaggio. Lui voleva soltanto rivederla. Ne aveva bisogno, doveva saziarsi della sua presenza, del suo sorriso sporadico, dei suoi occhi trasparenti e sinceri.

In quel momento, fermo in mezzo all’aeroporto, si rese conto di amarla come non aveva mai amato nessuno in vita sua.

Forse era vero che non erano fatti per stare insieme, ma lui doveva vederla, passare con lei anche solo un giorno. Non poteva più farcela da solo.

Si decise finalmente ad andare al check-in, ma qualcuno lo fermò.

-Noah?-   lo chiamò una voce femminile.

Lui si voltò meccanicamente.

Quando vide la donna che lo aveva chiamato spalancò la bocca. Non ci credeva, non poteva essere vero.

Rimase imbambolato per un bel po’, poi, dopo aver sbattuto più volte le palpebre, chiese:

-Che ci fai qui?-

-Che ci fai tu qui?-    ribatté lei rigirando la domanda   -Come facevi a sapere che arrivavo oggi?-

Noah era sempre più confuso.

-Io…io…-   balbettò.

Lei sorrise. Il suo solito e intramontabile sorriso compiaciuto e divertito. Aveva sempre amato vederlo contorcersi.

-Io non lo sapevo-   riuscì a dire lui infine   -Come potevo saperlo?-

-Hai ragione-   convenne lei   -Ma questo non vuol dire che tu non possa essere felice di vedermi-

Si avvicinò e gli prese il viso tra le mani.

-Che cosa ci fai qui?-   riprovò lui.

-Sono venuta per te, Noah-

Lui deglutì e la spinse via.

-Per me?-   chiese alzando leggermente la voce   -Tra noi è finita da un pezzo, Katherine!-

Lei quasi si stupì nel sentirlo alzare la voce.

-E’ finita anche tra me e Peter-   rispose gelida   -E sai perché?-

Noah scosse la testa, più incredulo che curioso.

-Perché amo te-   concluse lei con un sorriso.


   
 
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