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Autore: ElationFlames    20/05/2013    0 recensioni
C'è una differenza di un secondo, o anche meno, tra ieri e oggi. Da piccola di solito mi sedevo davanti al grande orologio che stava in cucina e contavo a rovescio in silenzio l'arrivo del nuovo giorno. Ovviamente pensandoci adesso quel piccolo rituale era letteralmente aspettare che passasse mezzanotte del giorno prima. Era comunque sempre notte, e niente di strano o di preciso accadeva quindi spesso mi addormentavo un po delusa senza capire il perché. Durante le medie quel rituale era solito quando si aspettava il compleanno di una persona speciale a me: un amica, mamma, o i miei cugini che vivevano un piano sopra. Alle superiori il rituale era soltanto un segno del fatto che non avevo fatto i compiti e dovevo sbrigarmi se volevo andare presto a dormire. L'unica cosa che è rimasta direi che è proprio quella piccola delusione nell'aspettare qualcosa che neanche io sapevo cos'era. La storia di una ragazza di Manchester che fu mandata a vivere dai nonni a Roma.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Triangolo
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    Molti dei miei ricordi da piccola sono associati a mio nonno. Mio nonno faceva l'elettricista, però questo era il nostro segreto. Vedete, a lui non piaceva tanto lavorare alla sua età. Si alzava in piedi, e con un aria tutta seria mi diceva quasi con orgoglio "Io non sono un elettricista qualsiasi, faccio solo lavoretti che la nonna e Aria mi chiedono di fare". Inutile dire che a quel tempo lui era più un mago per me che un elettricista. Se lui toccava qualcosa di rotto, tutto tornava normale. Lui faceva funzionare tutte le luci di casa e del giardino. E la radio? Ah, la radio cantava soltanto se lo voleva il nonno. Anche oggi, per me lui resta sempre un mago anche se oggi naturalmente posso capire che era tutto il suo modo di fare coi fili e i circuiti di casa. Comunque mi piace pensare che lui era in grado di fare le magie anche se adesso so che le magie sono solo trucchi. Per me il nonno era un genio, e i geni sono dei maghi a parte. È così che mi piace pensare.
Mio nonno era un mago specialmente a fare sparire il suo orologio. A l'et
à di cinque anni avere un orologio sembra quasi avere un tesoro quindi io non mi separavo mai dal mio. Lo mettevo da parte soltanto quando dovevo lavarmi oppure andare a letto. Non mi piaceva svegliarmi al mattino con la strana sensazione che qualcosa mi aveva strangolato il polso tutta la notte. Lo posavo sempre con cura sul comodino e sbirciavo alla mia destra dove il nonno stava sulla sedia per vedere come lui sorrideva con quella aria di qualcuno fiero che la nipote cresceva. Li chiedevo spesso dove metteva l'orologio; lui invece sorrideva. Sembrava quasi un bambino quando lo diceva, e più passava il tempo, più ne ero convinta che il nonno assomigliasse ad un bambino contento che non era stato scoperto dalla madre per avere fatto finta di dormire il pomeriggio. Quando avevo quindici anni è stato il nonno che mi chiese la ragione del perché mi volevo sempre mettere un orologio. Io non gli risposi perché mi sembrava un po da bambini dire che era perché volevo memorizzare tutti i momenti con lui. Dopo un minuto di silenzio gli risposi con la stessa domanda: "Nonno, perché tu invece non lo mettevi mai?" Quasi contento che gli avevo fatto quella domanda mi disse: "Perché io ero già in pensione quindi non mi serviva correre sempre per fare tutto. Credimi arriverà anche per te un momento che odierai averne uno al polso" Lo guardai stranita in quel momento, e devo ammettere che non capii esattamente quello che voleva dire anche se capisco perfettamente oggi.
Mio nonno era anche il mio migliore amico. Pensandoci bene adesso era anche ovvio che sarebbe toccata a lui, insoma una ragazzina di quasi cinque anni che va a vivere in Italia coi nonni, a chi altri poteva lamentarsi tutto il giorno? 

Sì, i miei mi mandarono dai miei nonni perché erano sempre indaffarati quindi non potevano darmi tutta l’istruzione adata. Inutile dire che per loro anche se studiare era la cosa più importante che doveva esistere nella mia vita, sapevano anche che non avrei potuto imparare niente se non avevo altre persone in giro a me che mi dovevano “istruire” nel modo giusto. Diciamoci la verità, i miei erano un po strani anche se forse quello che hanno fatto credo sia stata la cosa più sensata, o dio, diciamo la cosa più bella che potesse capitare a me. Giustamente uno pensa che andare a vivere da Manchester, in un piccolo quartiere di Roma è un po esagerato. Gli ottimisti pensano a quante cose belle e nuove si imparano con certe esperienze. No. Avevo solo cinque anni, quasi cinque anni compiuti, quindi non mi importava molto di studiare, suonare uno strumento per diventare genio nel farlo quando avrei avuto venti anni o neanche di come sarebbe stato visitare Roma. Un bambino di cinque anni, quasi cinque, non conosce la differenza tra un posto o l’altro, anche se già da quel tempo sapevo fare la differenza tra la squadra di calcio del Manchester e quella della Roma. Nonno era anche l’unico uomo a Roma che non mi dava una botta in testa se gridavo a squarcia gola “Glory Manchester United”. D’altronde era anche l’unico che riusciva a capire il mio parlare lo “italinglish”. Era il nostro modo di chiamare il mio mezzo italiano-mezzo inglese con un accento sempre definitosi “al quanto buffo”. A casa con la nonna era sempre una lotta quando si guardava la TV. Io insistevo a guardare “Il re Leone” in inglese perché ovviamente quella era la versione che capivo e che conoscevo a memoria, invece lei che voleva a tutti I costi vederlo con me voleva la versione italiana. Metteva a pausa la video-cassetta, lo tirava fuori e lo metteva di nuovo al suo posto e prendeva la video-cassetta italiana. Io che anche se piccola sapevo già quello che stava per accadere, allora per farle un dispetto le andavo piano da dietro e quando aveva appena finito di mettere la nuova video-cassetta le saltavo addosso imitando Simba. “Rawr!!”A mia sorpresa lei si spaventava sempre e pensandoci adesso direi che lo faceva solo per potermi poi abbracciare mentre io le chiedevo scusa per averla spaventata. All’età di 12 anni non potevo cantare le canzone Disney con I miei coetanei perché sapevo a memoria soltanto le version in italiano. Quindi mi mettevo sempre da parte e seguivo le canzone cantandole a mente in italiano. 

Sembra che siano accadute solo ieri se penso a tutte queste storie, quel ieri che il giorno che facevo le valigie chiamavo “domani”. Quel domani diventò il giorno stesso per poi diventare in un batter d’occhio sedici anni fa.

  
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