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Autore: compulsive_thinker    20/05/2013    1 recensioni
Umyen era un Elfo piuttosto giovane e nei suoi appena centocinquant’anni di vita non aveva mai visto nulla di così perfetto come quella creatura. Edorel. Si alzò in piedi con un movimento aggraziato, attento a non far dondolare troppo la bambina, e si rivolse di nuovo alla regina:
“La proteggerò a costo della mia vita, ma chiedo di sapere la verità. Chi è?”

Edorel ha trascorso buona parte dei suoi quasi cinquemila anni di vita viaggiando continuamente, protetta dal fedele Umyen, ignorando il segreto delle sue origini. La sua decisione d'intraprendere il viaggio della Compagnia segnerà il suo destino e quello dell'intera Terra di Mezzo.
“Mi dispiace per quello che ha detto Umyen, non credo lo pensasse davvero.”
“Non m’interessa. Mi basta che tu sappia quanto ti sono riconoscente per avermi salvato la vita.”
“Non è stato solo merito mio.”
“Sì, invece. Ma non riuscirò mai a spiegartelo.”
Fece per tornare dagli altri, ma Edorel gli prese la mano e disse:
“Credo di capire. Avrei dato qualsiasi cosa per salvarti.”
“Avrei sopportato qualsiasi cosa per vederti di nuovo.”
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NdA:
Ciao!!
Dunque dunque...evito troppi preamboli: capitolo abbastanza denso! Spiegazioni da Galadriel poche, ma in compenso un nuovo (o forse non proprio "nuovo" xD) arrivo! Grazie mille a tutti i lettori, spero vi piacerà!
C.


Capitolo 14
 
Edorel non si concesse nemmeno un attimo di pausa, salendo d’un fiato i gradini fino al salone. Entrò come una furia, ansimando per la fatica, e si avvicinò a grandi passi al trono. Galadriel, tranquillamente seduta e circondata da diverse Elfe, non si scompose affatto, come se già conoscesse il motivo della sua visita.
“Chi raffigura quella statua?”
Per qualche istante non ci fu che silenzio, disturbato unicamente dal respiro affannato di Edorel. Poi, giunse una risposta:
“Nessuno.”
“Non sono qui per ascoltare qualche altra frase incomprensibile, Maestà. Voglio delle risposte!”
Galadriel mantenne composta la propria maschera d’impassibilità ma il suo cuore ebbe un sussulto di qualcosa incredibilmente simile all’affetto: rivide la bambina che giocava nel suo palazzo, rivide i tempi di Eregion, quando ancora non aveva conosciuto la potenza di Sauron.
Negli occhi di Edorel vide lampeggiare una fiamma e, per un istante, temette di non riuscire a fingere ancora indifferenza.
Avrebbe desiderato amarla come una figlia, trascorrere con lei ore felici, pettinarle i lunghi capelli e ascoltare le sue confidenze sussurrate, fino al momento in cui la avrebbe lasciata nelle mani di un marito premuroso e caro. Aveva creduto di poterlo fare, in quei pochi lontanissimi anni che le avevano lasciato impresso un segno tanto profondo quanto invisibile.
Ma la realtà aveva deciso diversamente, condannandola a esiliare quella meravigliosa creatura. Nemmeno lei stessa, la potente Galadriel, era stata in grado di prevedere che Edorel sarebbe ricomparsa così inaspettatamente. Tuttavia in quel momento, avendola di fronte con il viso acceso da un lieve rossore per la salita e la rabbia, realizzò che sollievo fosse sapere che stava bene.
Le riflessioni della regina non occuparono che un attimo, prima che giungesse la sua risposta:
“Quella statua non rappresenta nessuno, perché è qualcuno. Un’Elfa che viveva qui.”
“Chi l’ha tramutata in pietra?”
“Si è tramutata in pietra da sola. Prima il cuore, poi le membra, da ultimi gli occhi quando ne è caduta anche l’ultima lacrima.”
Edorel era stupefatta: sentiva che la regina non stava mentendo, ma non riusciva a capire come un simile fenomeno fosse possibile.
“Quando è successo? Chi era?”
“Non posso dirti nulla di più.”
“Perché assomiglia a me in maniera così sorprendente?”
“Giorni lunghi e difficili attendono te e i tuoi compagni. Non aggiungerò altri pesi sulle vostre spalle.”
Così dicendo, fece un gesto inequivocabile e la ragazza si sentì costretta ad andarsene. Scese le scale con rabbia e si sedette sul letto, senza una parola, piegando le ginocchia e appoggiandovi la fronte. Sentì dei bisbigli provenire dagli altri, poi un secco sibilo, seguito dalle solite chiacchiere.
“Non hai avuto ciò che speravi?”
Aragorn si sedette ai piedi del letto, con apparente noncuranza. Sapeva che Edorel era troppo orgogliosa per chiedere aiuto, gli era chiaro dall’evidente sforzo che stava facendo per trattenere le lacrime davanti a lui.
“Chiedo solo di sapere chi sono, è così ingiusto?”
“No, non lo è. Ma forse non è il momento migliore.”
“Forse non m’interessa!”
“Edorel, ti prego, voglio solo aiutarti.”
La ragazza alzò la testa e si sfregò le guance, nella speranza che le sue lacrime non fossero così evidenti. L’uomo si avvicinò lentamente, come se volesse chiederle il permesso di rimanere con lei. Edorel catturò con la punta delle dita una lacrima che stava per cadere, tossì per schiarirsi la voce e rispose:
“Non credo che tu possa fare nulla per me.”
“Sin da quando riesco a ricordare, conosco la storia della mia stirpe, dal suo progenitore fino a me. Tutte le gesta gloriose e tutti i fallimenti. Devo confrontarmi con i miei antenati ogni giorno, consapevole che se solo Isildur fosse stato meno debole e avido, ora Sauron non esisterebbe.”
“Cosa vuoi dire con questo?”
“Non sapere, a volte, può essere un bene. E tu avrai sempre tempo per conoscere, quando tutto questo sarà terminato.”
“Se fosse troppo tardi? Gandalf è caduto, gli Elfi se ne andranno: se non trovassi più nessuno che sa chi sono?”
“Il tuo dovere è verso Frodo: puoi aiutarlo oppure puoi continuare la tua ricerca, puoi persino rimanere qui se lo desideri. Ma devi fare una scelta.”
“Non abbandonerei mai la Compagnia.”
Aragorn le accarezzò la guancia con un sorriso, poi aggiunse, nel tentativo di alleggerire l’animo della ragazza:
“Meno male, quel tuo fuoco invisibile mi sarebbe mancato.”
“Vi fareste ammazzare senza di me, Ramingo!”
Rispose Edorel ridendo, prima di essere interrotta da uno sbadiglio.
“Meglio che ti lasci riposare ora.”
Detto ciò, Aragorn si chinò rapidamente verso di lei e le lasciò un bacio sulla fronte, allontanandosi prima che la ragazza avesse tempo di dire qualcosa. Lo guardò raggiungere gli altri, quindi si raggomitolò sotto le coperte con un sorriso, addormentandosi senza più rivolgere un solo pensiero alla statua.
 

*

 
Trascorsero a Lòrien giorni piacevoli, che passarono rapidi eppure, per certi versi, sembravano non finire mai: potevano riposare dalle fatiche del viaggio, ma ogni giorno che passava avrebbero desiderato rimandare ancora la partenza, per sempre. Si sentivano come se in quel luogo non potesse penetrare alcun male, quasi fosse un’isola immune dall’influenza del Signore Oscuro.
Un pomeriggio, appena dopo aver consumato un buon pasto, la Compagnia sedeva in cerchio. Pipino stava imitando qualche buffo Hobbit della contea, mentre Gimli e Merry si godevano un po’ di buon tabacco da pipa.
In quel momento, una figura a cavallo irruppe nella placida quiete del piazzale della fontana. Istintivamente, Boromir e Aragorn misero mano alle spade. Il nuovo venuto smontò agilmente da cavallo e disse, in tono quasi sarcastico:
“Non credete che sia sufficiente la protezione dei Galadhrim?”
Ancor prima che si togliesse dal volto il cappuccio grigio, Edorel aveva capito perfettamente di chi si trattava. Si alzò di scatto e gli corse incontro, trovando posto tra le sue braccia già spalancate per lei e lasciandosi andare a un sospiro di gioia. Umyen.
Aragorn fissava le lunghe dita dell’Elfo intrecciate ai capelli di Edorel, i suoi occhi rivolti a lei con dolcezza e strinse più forte la mano sull’elsa della spada. Provò allora a rievocare tra i suoi ricordi il suono della voce di Arwen, il colore dei suoi occhi, il profumo della sua pelle, ma inutilmente. La sua mente sembrava occupata da un unico, irrazionale proposito: allontanare quell’Elfo da Edorel, per sempre, e prendersi finalmente quel bacio che desiderava da troppo tempo.
Dovette però relegare tutto in un angolo di sé, com’era purtroppo ben abituato a fare, quando i due si avvicinarono e si sedettero assieme alla Compagnia.
Umyen avrebbe desiderato evitare quei convenevoli e parlare immediatamente con Galadriel, ma Edorel gli aveva chiesto di farlo e non le avrebbe negato nulla in quel momento. Sapeva in cuor suo che, nonostante i terribili racconti giunti alla corte di Elrond, Edorel era viva, ma rivederla sana e salva fu una gioia oltre qualsiasi sua aspettativa.
“Che notizie da Imladris?”
Domandò Legolas.
“Le voci sul Balrog sono giunte fino a sire Elrond, credo sarà felice di sapere che la Compagnia è salva.”
“Non tutta la Compagnia, Gandalf è rimasto indietro!”
“La morte di Mithrandir mi rincresce, ma non posso evitare di ricordare che fu proprio lui a dirmi quanto questo viaggio sarebbe stato pericoloso: in egual misura per ogni membro della Compagnia. Mi rammarico che le sue parole si siano rivelate così vere!”
“Come puoi parlare della morte come se fosse solo un gioco del Fato? Gandalf ha scelto di rimanere indietro per salvarci!”
“Dunque siete vivi grazie al suo sacrificio e non al vostro valore?”
La discussione tra Umyen e Aragorn sembrava prescindere da ciò che si stavano realmente dicendo. I due si fronteggiavano con lo sguardo, nessuno disposto a cedere sulle sue posizioni. Era come se ci fosse un altro terreno su cui stavano combattendo, noto solo a loro due. Edorel guardava l’uno e l’altro, preoccupata. Sapeva di dover intervenire, ma fu preceduta da Gimli che saltò su dicendo:
“Non dobbiamo certo dare prova a te del nostro valore, Elfo! Se proprio vuoi saperlo, Sam è stato ferito per proteggerci. E Aragorn è stato vicino alla morte per noi!”
“Ritiro tutte le mie accuse, allora. Meno male che l’abilità guaritrice degli Elfi ti ha salvato.”
“Non sono stati gli Elfi a salvarmi. È solo grazie a Edorel se sono vivo!”
Lo disse guardandola negli occhi e lei fu costretta ad abbassare lo sguardo. Temeva di rivelare più di quanto avrebbe voluto: aveva paura che tutti capissero quanto aveva significato per lei vederlo sopravvivere.
Umyen non replicò, si limitò a scuotere la testa e sfiorare la mano di Edorel, che gli sorrise ma si ritrasse. Quasi stizzito da quell’atteggiamento, l’Elfo aggiunse:
“Ora dovete scusarmi, ma sono qui per vedere la regina.”
Si alzò senza altre spiegazioni e si avviò verso il palazzo. Edorel si alzò quasi automaticamente per seguirlo, ma si bloccò dopo pochi passi: non aveva alcuna voglia di parlare con lui. Si sentì sfiorare il braccio, si trattava di Aragorn che le disse, quasi sussurrando:
“Tutti la chiamano Naneth o Sarn[1] ma nessuno ne parla volentieri, credo che Galadriel non voglia. Non sono riuscito a sapere altro, ma proverò a chiedere ancora.”
Edorel lo ringraziò con un sorriso, poi aggiunse:
“Mi dispiace per quello che ha detto Umyen, non credo lo pensasse davvero.”
“Non m’interessa. Mi basta che tu sappia quanto ti sono riconoscente per avermi salvato la vita.”
“Non è stato solo merito mio.”
“Sì, invece. Ma non riuscirò mai a spiegartelo.”
Fece per tornare dagli altri, ma Edorel gli prese la mano e disse:
“Credo di capire. Avrei dato qualsiasi cosa per salvarti.”
“Avrei sopportato qualsiasi cosa per vederti di nuovo.”
Si voltarono entrambi per tornare dagli altri, evitando d’incrociare lo sguardo dell’altro per il timore di ciò che avrebbero potuto leggervi.

 

 


[1]Madre di pietra
  
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