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Autore: cup of tea    20/05/2013    2 recensioni
[Endgame!Klaine]
Blaine Devon Anderson, promettente neolaureato in medicina, ha di fronte a sé una brillante carriera ma si è sempre sentito una persona particolarmente sola. Dopo aver incontrato quello che sente essere l’amore della sua vita, scopre che strane circostanze e inquietanti personaggi armati di agende e cappelli eleganti tramano per tenerlo lontano da Kurt e impedire il loro rapporto.
Cosa devi fare quando il destino ti è contro?
FF liberamente tratta dal film "I Guardiani del Destino" (The Adjustment Bureau) basato a sua volta su un racconto di Philip K. Dick, "Squadra riparazioni".
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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IT’S US THAT MADE THIS MESS
Capitolo 6

 
 

Shannon Beiste, Capitano della Prima Divisione dell’Adjustment Bureau, aveva affrontato - durante la sua infanzia nella fattoria paterna - situazioni ben più spaventose di quella che aveva di fronte in quel momento.
Aveva fronteggiato tori imbizzarriti, faine fameliche a caccia di qualche gallina indifesa, mamme oche pronte a beccare senza pietà chiunque si avvicinasse ai suoi piccoli… Eppure, ora si sentiva tremendamente preoccupata e niente riusciva a calmare quel male che sentiva all’altezza dello stomaco, neanche avesse mangiato un maialotto intero. Sapeva che quella sgradevole sensazione era dovuta all’ansia di parlare con Figgins, il suo superiore, del fatto che Anderson fosse riuscito a sfuggire al controllo della sua squadra; quello che però non riusciva a spiegarsi era come potesse provare angoscia di fronte a un emerito incompetente, per quanto fosse comunque il suo capo. Era sempre stata una donna forte, fiera e impavida, cosa c’era che la spaventava tanto, allora?

Si era sempre sentita e dimostrata più determinata nel suo lavoro rispetto a molti dei suoi colleghi uomini – ci credeva veramente nei vari Piani, e faceva di tutto perché venissero rispettati. Ma visti gli ultimi eventi, cominciava a dubitare della sua effettiva durezza, perché evidentemente poi bastava un niente – gli occhi da cucciolo di un ragazzo che cercava disperatamente di competere con le forze del destino per il suo diritto di amare,  o il senso di colpa facilmente leggibile sul viso di uno dei nuovi e sbadati Guardiani della sua squadra – perché la corazza crollasse lasciando spazio alla donna dolce e materna che sapeva di essere in realtà.

La cosa negativa era che, in quel momento davanti all’ufficio di Figgins, la corazza le sarebbe servita per proteggersi dai rimproveri – o chissà, un licenziamento – ma si sentiva ancora senza difese perché in fondo era contenta di non essere riuscita a bloccare Anderson. Forse a quel ragazzo avrebbe fatto bene stare con uno come Hummel… forse si sarebbero fatti del bene a vicenda. Chi dice che l’amore distrae o impedisce di percorrere la propria strada come individuo? I percorsi di quei due ragazzi – anche incrociandosi - non dovevano per forza ostacolarsi a vicenda. Anzi, potevano essere di sostegno l’uno per l’altro. Ma Anderson aveva ragione: lei non conosceva il vero motivo per cui lui e Hummel non potevano stare insieme, perciò non poteva fare congetture o spingere le alte sfere perché cambiassero i loro Piani trasformandoli in uno unico che li vedeva finalmente insieme. Probabilmente i piani alti sapevano quale fosse la vera ragione, ed era sicura che sarebbe stata anche una di quelle buone, ma così, anche a occhi chiusi, Shannon sentiva che non sarebbe stata d’accordo in ogni caso. Era una sensazione strana: la sua fiducia nei Piani che riguardavanoquei due ragazzi stava venendo meno e forse era giusto essersi messa da parte. Aveva solo paura che Figgins avrebbe sguinzagliato contro quei poveretti la Seconda Divisione, e in quel caso Anderson avrebbe fatto bene a preoccuparsi sul serio.

Bussò al portone di legno scuro.

“Entra, Shannon.”

La Beiste entrò nell’ufficio cercando di fare meno rumore possibile. Tenne la testa incavata tra le grosse spalle e lo sguardo basso. Era come se volesse diventare invisibile, perché nessuno aveva mai fallito così miseramente. Nessuno aveva mai fallito così miseramente senza neanche pentirsene.
Il piccolo uomo dai tratti indiani seduto dietro la scrivania la stava osservando in silenzio, la schiena appoggiata alla poltrona girevole, i gomiti sui braccioli e il mento appoggiato sulle dita incrociate. Non sembrava minaccioso… solo irritante.

Shannon si sedette sulla sedia di fronte al tavolo e non spiegò nulla dell’accaduto, perché Figgins l’aveva certamente già saputo dalle Mappe delle Decisioni.
Così si limitò a esporre i suoi dubbi riguardo alla validità del Piano di Anderson: “Tra loro c’è un’affinità inspiegabile. Ci sono continui Punti di Flessione. Abbiamo provato a separarli più volte ma poi il Caso li ha fatti rincontrare. C’è qualche possibilità che abbiamo interpretato male il Piano?”

“Beiste, mi hai preceduta. Tutto questo mi è sembrato strano fin da quando tutta la faccenda è cominciata, ma non credevo fosse il caso di intervenire.” Shannon pensò che più che “non fosse il caso di intervenire” Figgins non ne aveva voglia; ma continuò ad ascoltare. “Ora però la faccenda è degenerata. Ho chiesto a Shelby Corcoran di fare una ricerca nell’archivio, e questo è quello che ha trovato. Shelby?”

Una bella donna dai capelli corvini vestita con una camicetta di seta color fucsia infilata in una gonna nera a vita alta e lunga fin sopra il  ginocchio entrò  nell’ufficio di Figgins, facendo risuonare i tacchi sul pavimento di ceramica. Shannon non sapeva se fosse esibizionismo o classe.
“Sembra che Blaine Devon Anderson e Kurt Elizabeth Hummel vogliano stare insieme perché un tempo dovevano stare insieme.” Disse Shelby controllando dei documenti contenuti nelle cartelle beige che aveva in mano.

“Come?” Chiese Shannon.

“E’ così. In una versione precedente del Piano, sembra che Hummel avrebbe dovuto infiltrarsi alla Dalton Academy per spiare i Warblers – un glee club molto famoso in Ohio – prima di una competizione. Lì avrebbe conosciuto Anderson. Poi si sarebbe dovuto ritirare dal liceo che frequentava, il McKinley di Lima, perché gli atti di bullismo che doveva affrontare ogni giorno lo avrebbero portato alla disperazione. A quel punto la storia d’amore con Anderson sarebbe sbocciata presto, forte e genuina al punto che l’anno successivo Anderson avrebbe dovuto lasciare la Dalton per trasferirsi al McKinley con Hummel, una volta scampato il pericolo dei bulli. Il fatto è che poi qualcosa è cambiato. Il Presidente ha voluto cambiare la storia di Anderson. Quel ragazzo aveva e ha tutt’ora le potenzialità per diventare un grande medico, mentre Hummel ha una carriera promettente a Broadway. E’ possibile che, se la loro storia d’amore fosse continuata, si sarebbero condizionati troppo a vicenda. Hummel sarebbe rimasto a Lima per aspettare che Anderson finisse il liceo, lasciandosi sfuggire così l’opportunità di entrare alla Nyada senza perdere alcun anno, vincere lo Showcase Invernale della Tibideaux e diventare una delle stelle più giovani del panorama dei teatri newyorkesi, mentre Anderson non avrebbe mai capito se la decisione di seguire Hummel alla Nyada fosse realmente un suo desiderio o solo la paura della separazione, oltre al fatto che le vite che è destinato a salvare non sarebbero mai state salvate.”*

“Ma è terribile.” Disse la Beiste, sconcertata. “Che cosa stiamo facendo? Che mondo stiamo costruendo?! Un mondo freddo, privo di sentimenti veri, un mondo volto all’utilitarismo e alla solitudine!” Si fermò un momento per riprendere fiato. “Ci serve un bravo medico? Ok, obblighiamolo a una vita di doveri e infelicità! Sapete, stiamo spruzzando insetticida sulla piantina dell’amore di due ragazzi credendo di fare il loro bene, ma in realtà stiamo solo inquinando il terreno e le loro radici.” Shannon combatté contro le lacrime che sentiva salire.

“Calmati, Shannon.” La redarguì Figgins e lei incrociò le braccia al petto e voltò la testa dalla parte opposta rispetto a dove si trovava la Corcoran. “Prego, Shelby. Continua pure.” Disse, tagliente.

“Ora il problema è che resti del Piano precedente li spingono ancora a stare insieme. Entrambi sentono di appartenere l’uno all’altro anche se non è così. Dobbiamo separarli di nuovo.”

“Siamo persone orribili.” Disse Shannon, più a sé stessa che ai presenti. “Ringrazio solo di non poter essere più coinvolta nella missione. Anderson è uscito dal mio limite di controllo dell’Effetto Onda e ora dovete arrangiarvi senza di me. Spero proprio che non ci riusciate.” Disse risoluta.

“Shannon, consegna il tuo distintivo e il cappello. Hai 24 ore per lasciare l’Adjustment Bureau.”

 

***

Blaine vide Kurt finire la sua meravigliosa esibizione. Era solo una prova ed era stato così magnifico! Si chiese quanto grandioso potesse essere mentre cantava davanti a un pubblico vero. Lo vide poi fare un inchino incrociando una gamba dietro l’altra, le braccia rigide lungo il busto e il capo chino per la modestia di fronte a tutti gli applausi che i suoi compagni e l’insegnante gli stavano rivolgendo,e infine voltarsi verso le quinte per lasciare il palco agli studenti che dovevano ancora provare.

I loro sguardi si incrociarono per un momento – quello di Kurt era sorpreso e deliziato, quello di Blaine estasiato per la performance e per il suo esecutore – fino ad allacciarsi magneticamente nel momento in cui Kurt raggiunse il backstage.

“Sei riuscito a trovarmi!” esclamò Kurt. “Ho provato ad avvisarti del luogo, ma il cellulare non prendeva… ho chiesto anche alla mia amica Rachel di prestarmi il suo, ma forse non c’era campo, perché non sono riuscito a inviarti il messaggio…” Blaine sapeva che avrebbe dovuto interrompere quella valanga di parole, ma ascoltare la sua voce era così bello! “…Staranno facendo dei lavori, immagino… cosa stai guardando?” Chiese poi il ragazzo, arrossendo debolmente e allo stesso tempo abbastanza da cancellare completamente il pallore che lo caratterizzava. Blaine lo vide nascondere la sua timidezza dietro l’asciugamano con cui si stava asciugando la fronte lievemente lucida di sudore percettibile solo alla luce dei riflettori, altrimenti del tutto inesistente.

“Te.” Rispose. “Sto guardando te.” E ogni volta è come se fosse la prima.

Kurt arrossì ulteriormente e sorrise, appoggiando l’asciugamano su una spalla. “Se hai voglia di aspettarmi, mi faccio la doccia e ti raggiungo fuori, così poi magari andiamo da qualche parte…” Blaine vide le sue dita stringere la presa intorno alla salvietta e gliene prese una. Per quanto l’immagine del corpo nudo di Kurt accarezzato dall’acqua calda e avvolto dal vapore fosse tremendamente paradisiaca, Blaine si sforzò di rimanere lucido e di ricordarsi che i BruciaCervelli potevano separarli di nuovo da un momento all’altro. Visto quello che avevano fatto con il taxi e l’incidente, come minimo avrebbero fatto scivolare Kurt sul pavimento bagnato e gli avrebbero fatto battere la testa contro le piccole piastrelle rotte e taglienti. I suoi compagni poi avrebbero chiamato l’ambulanza che sarebbe passata per un’entrata secondaria e lo avrebbero portato in ospedale. E in tutto ciò lui sarebbe rimasto ad aspettarlo nell’atrio del teatro ignaro di tutto.
Non avrebbe perso di vista Kurt per niente al mondo, quello era fuori discussione - quindi la scelta sul da farsi si riduceva a solo due alternative: la prima, andare a fare la doccia con lui – la più desiderabile, ma forse troppo avventata per due che si sono visti solo quattro volte e mai per un vero appuntamento – e la seconda, convincere Kurt a uscire dal teatro senza rinfrescarsi.

“No, ehm… che ne dici se andiamo subito? E’ tutto il giorno che spero di vederti…” Non pensare che sia un perfetto idiota, ti prego.

“Ma…”

“Stai benissimo anche così.” E non mentiva. Kurt poteva indossare perfino un sacco della spazzatura e sarebbe comunque apparso splendido. Il ragazzo indugiò un momento, come se stesse pesando sulla bilancia i pro e i contro di una mancata sessione di igiene personale.

“Avrei preferito essere impeccabile per il nostro primo appuntamento, ma se me lo dici con quegli occhi… non posso rifiutare. Bando ai rituali di idratazione, allora! Ma ricorda che sei stato tu a insistere e se la mia pelle ne risentirà saprò con chi prendermela.” Disse Kurt, prendendo la borsa e facendo strada a Blaine verso l’uscita. “E se comincio a notare che la gente mi evita perché sono sudato, darò la colpa a te.”

Andiamo, non puoi davvero credere di non avere un buon odore.

“Oh, fa molto pizza post-partita di calcetto, non trovi? Fa molto maschio!” Scherzò Blaine, accentuando l’ultima parola.

Kurt lo guardò di malizioso. ”Adoro come dici ‘maschio’!... ma non penserai mica che ci ‘faremo una pizza’, vero?” Ora lo guardava di sottecchi e Blaine ebbe paura di aver mandato tutto all’aria.

“Io…”

“Andiamo. Ti porto io in un bel posto. E’ qui vicino.” 

 

***

Blaine non era mai stato al Callbacks.

Non che non sapesse cosa fosse o dove si trovasse – tutti quelli un minimo interessati al mondo del teatro sapevano che i migliori debutti off-Broadway avevano luogo lì – ma non aveva mai avuto occasione di entrarci, soprattutto perché era risaputo che per non essere visti di cattivo occhio dai clienti abituali di quel bar bisognava essere in compagnia di almeno uno studente della Nyada. Strane dinamiche da prime donne snob che guardavano dall’alto in basso chiunque non avesse cominciato a sognare la fama del mondo dello spettacolo fin dalla culla, pensò Blaine. Fortuna che Kurt non era come loro. Cioè, lo era – snob e prima donna – ma nel senso buono.

Era posto molto carino, comunque. Le luci soffuse dei piccoli lampioncini appesi alle pareti di mattoni rissi a vista creavano un’atmosfera intima e rilassata, e a ciò contribuiva anche un pianoforte che suonava lieve in sottofondo. Tutt’intorno e dal soffitto scendevano fili di lucine colorate che vivacizzavano l’ambiente, come quelle che si mettono sugli alberi di Natale.

Il locale non era caotico anche se quella sera era decisamente affollato. La grande affluenza era probabilmente dovuta al fatto che era venerdì e, come gli spiegò prontamente Kurt, era la serata del karaoke. In occasioni come quella, chiunque poteva avvicinarsi a Pascal, il pianista, e suggerirgli la canzone che si intendeva cantare. Chiunque avesse un amico alla Nyada, s’intende.
Si sedettero ad un piccolo tavolo rotondo in un angolo.

“Volete ordinare?” Chiese una ragazzina visibilmente annoiata dal suo lavoro, ma costretta a farlo per racimolare qualche dollaro.

“Una birra media per lui e uno Shirley Temple con tante ciliegine per me, grazie.” Rispose Kurt. “Non ti dà fastidio che abbia ordinato per te, vero?” Chiese poi, subito dopo che la ragazza se ne fu andata.

“No, se mi permetti di offrire io.”

“Andata!”

Intanto, una ragazza bionda dalla voce molto delicata ma allo stesso tempo piena aveva finito la sua esecuzione di “Memory”, dal musical Cats.

“Oh, Pascal è libero! Dobbiamo andare noi a cantare adesso!” Esclamò Kurt.

“Cosa?! No. Non credo proprio. Richiedimelo quando avrò bevuto.” Gli rispose Blaine incrociando le braccia sul tavolo e scuotendo la testa, con un’espressione alla “Spiacente!” stampata in faccia.

“Andiamo… non avrai paura di cantare davanti a un pubblico così poco attento alla possibile concorrenza! Sono sicuro che se stoni non se ne accorgeranno neanche.” Lo punzecchiò Kurt, facendo ovviamente dell’ironia sulla spocchia degli studenti della Nyada e sulla loro abitudine a cercare i difetti degli altri anche dove non ce n’erano.

“Io?! Stonare?! Non ti ho mai detto che ero il leader del glee club del mio liceo?! Ho una voce che fa emozionare anche i muri.”

“Provalo.” Lo sfidò Kurt, allungandosi sul tavolo con gli occhi fissi in quelli di Blaine.

“Ok, ma scelgo io la canzone.” Blaine si alzò deciso, diretto verso Pascal. Kurt non sentì quello che i due si stavano dicendo, ma vide il pianista alzarsi e andare a prendersi qualcosa da bere. Lo seguì con lo sguardo fino a che non lo perse tra la folla davanti al bancone, al che si girò verso Blaine con sguardo interrogativo e gli si avvicinò.

“Oh, lui non ci servirà.” Gli disse lui, mentre attaccava il suo lettore mp3 alle casse e gli passava un microfono. “Ora sei tu quello che ha paura!”

Blaine pigiò il tasto PLAY e Kurt riconobbe le prime note senza neanche doverci pensare. “No, dai! Non ti facevo così da boy band anni Novanta!” Blaine si avvicinò l’indice alla bocca per fare segno a Kurt di fare silenzio. La canzone stava cominciando! Kurt rise per lo sguardo così volutamente ed esageratamente serio del bel moretto che aveva di fronte e lo lasciò cominciare per primo.

 

I'll be your dream, I'll be your wish I'll be your fantasy.
I'll be your hope, I'll be your love be everything that you need.
I love you more with every breath truly madly deeply do.
I will be strong I will be faithful 'cause I'm counting on A new beginning.
A reason for living. A deeper meaning.


Kurt si fece coinvolgere e attaccò con lui al ritornello. In fondo era una canzone orecchiabile, e finalmente gli studenti della Nyada avrebbero ascoltato qualcosa di diverso dai soliti numeri da musical – bellissimi e sempre molto intensi, ma il venerdì sera ci voleva qualcosa di meno impegnativo.
 

I want to stand with you on a mountain.
I want to bathe with you in the sea.
I want to lay like this forever.
Until the sky falls down on me


Blaine si ricordò di quando si era immaginato di duettare con Kurt. Era proprio vero che spesso la realtà supera la fantasia. Le loro voci si armonizzavano perfettamente, legandosi come in un abbraccio e riempiendo l’ambiente di soffici note calde. Kurt aveva cantato probabilmente tutto il pomeriggio, ma la sua voce era ancora bellissima e vellutata. Si vedeva che non faceva alcuno sforzo, ma soprattutto si riusciva a percepire che cantare ed esibirsi era quello che amava fare. Gli lasciò cantare da solo la seconda strofa per godersi lo spettacolo.
 

And when the stars are shining brightly in the velvet sky,
I'll make a wish send it to heaven then make you want to cry
The tears of joy for all the pleasure and the certainty.
That we're surrounded by the comfort and protection of
The highest power.
In lonely hours. The tears devour you

Kurt era delicato in tutto quello che faceva. Cantava in modo delicato, si muoveva in modo delicato, gli prese una mano in modo delicato. E con il cuore che batteva a mille, Blaine si unì ancora nel ritornello.
 

I want to stand with you on a mountain,
I want to bathe with you in the sea.
I want to lay like this forever,
Until the sky falls down on me


Era rivolto verso di lui. Kurt lo stava guardando negli occhi mentre cantavano. E le parole… Blaine le sentiva tutte e le stava dedicando una per una a Kurt. Era vero anche da parte sua?
Ciò che cantò Kurt subito dopo sembrò la risposta.

 

Oh can you see it baby?
You don't have to close your eyes 'cause it's standing right before you.
All that you need will surely come


Se possibile, il cuore di Blaine batté anche più velocemente. Si impadronì dell’ultima parte della canzone e attirò Kurt più vicino a sé.
 

I'll be your dream I'll be your wish I'll be your fantasy.
I'll be your hope I'll be your love be everything that you need.
I'll love you more with every breath truly madly deeply do


Il fatto che Kurt si fosse unito nuovamente a lui nell’ultimo ritornello era un buon segno, vero? Poteva fare quello aveva desiderato fin dalla mattina?
 

I want to stand with you on a mountain
I want to bathe with you in the sea.
I want to lay like this forever.
Until the sky falls down on me**


Incurante del fatto che la base continuava ad andare e che in quel punto avrebbero dovuto riempirla di “O-ooh” e “Yeah-ah”, Blaine sciolse le dita incrociate a quelle di Kurt e passò il braccio intorno alla sua vita. Con l’altra appoggiò il microfono sul pianoforte facendo rimbombare un “tum” nelle casse e infine la usò per accarezzargli una guancia. Kurt aveva gli occhi lucidi di stanchezza e forse anche di emozione, perché erano bellissimi anche così spalancati. Lo baciò.

Fu diverso dal bacio nel bagno – un po’ perché questa volta avevano un vero e proprio pubblico che applaudiva, un po’ perché Blaine lo sentiva più vero. Non era più un bacio di incoraggiamento pre-discorso, non era più un bellissimo bacio tra sconosciuti, non era più solo un bacio.
Era un bacio tra due persone che avevano appena cantato un duetto romantico e che si piacevano veramente e magari anche in modo profondo.

Era un bacio tra Kurt e Blaine.
Era una promessa.
Era la perfetta conclusione per una giornata di ricerche e di lotta contro il destino avverso.
Era il lieto fine, ma anche il lieto inizio.

 

***

Ritirati i pochi effetti personali, Shannon Beiste si avviò per i corridoi del Bureau e lì salutò con lo sguardo. Non avrebbe potuto metterci piede mai più, perché la pena per i Guardiani disertori era abbassarsi alla condizione di comune essere umano. Per qualche ragione, sentì che se la sarebbe cavata, non era triste. Però un po’ di nostalgia doveva essere legittima: quel luogo era stata la sua casa per tre quarti della sua vita.
Passando davanti alla sala di lettura dei Piani, intravide Noah Puckerman seduto a uno dei tavoli, mentre osservava la Mappa delle Decisioni di qualche individuo sconosciuto alla luce fioca di una lampada da scrivania.

“Si passa l’intera carriera sapendo di stare facendo la cosa giusta. Si mantiene l’ordine, si fa “quello che è necessario”. Speri che ti venga affidato un caso importante, uno di quelli con cui farsi un nome. E quando ti capita scopri che in realtà stai facendo la parte del lupo cattivo.” Disse, alle spalle del ragazzo.

“Cosa?” Noah si girò verso di lei, confuso dalle parole e dal tono deluso del suo superiore.

“Dico che non è colpa tua, zucchina. Dovevano stare insieme.”

“Cosa?” Ripeté il ragazzo con fare un po’ ebete ma più attento.

“E’ così, in una vecchia versione del Piano. Mi sono chiesta come avesse potuto il Caso farli incontrare in quello stesso autobus nello stesso momento. E questa è la risposta: erano destinati a stare insieme, anche se adesso non lo sono più.”

“Come può il Piano cambiare tanto?” Chiese Puck, comprendendo ora lo stato d’animo della Beiste.
“Non lo so. Va al di là del mio livello. Ma non ne voglio sapere più nulla. Se non mi avesse licenziato Figgins, avrei dato le dimissioni.”

“Lei…-cosa?”

“E’ così, zucchina. Me ne vado.”

“E la Prima Divisione? E io?” Noah fu aggredito da un senso di paura e panico incontrollabile.Per quanto la Beiste non perdesse mai occasione di rimproverarlo, rimaneva sempre il suo mentore – era qualcosa come un coach per un giocatore di Football - e in qualche modo gli voleva bene. In più, gli aveva appena dato la conferma di non essere il solo a dubitare del Bureau.

“A voi ragazzi verrà probabilmente affidato qualche compito d’ufficio in attesa che venga nominato qualcuno al mio posto. Nel frattempo, il caso Anderson passa alla Seconda Divisione.”

“Quella di Sue Sylvester?!”

La Beiste annuì.

“Te la caverai, ne sono sicura.” La Beiste appoggiò una mano su una spalla del ragazzo e la strinse affettuosamente, prima di allontanarsi.

“Aspetti!” Urlò lui, correndole incontro. “Ho detto a Anderson qualche dettaglio in più sul nostro conto.” Sussurrò, una volta vicino a lei.

Seguì un silenzio che sembrò essere infinito, durante il quale Puck desiderò di non aver detto nulla. Ma poi la Beiste sospirò.
“Non ti rimprovererò. Non dirò che hai fatto bene. Spero solo che non lo vengano a sapere.”

 
 
 
 
 
 
*E’ ovvio che la storia canon di Kurt e Blaine non è esattamente così, ma mi serviva che fosse un po’ diversa.
**La canzone è Truly Madly Deeply dei Sevage Garden
 





La tavola di cup of tea

Bonjour, amici! State bene? Io è un miracolo se non sono ancora stata fagocitata dalla dispensa incomprensibile di un mio professore, ma per il resto non mi lamento.
Per quanto riguarda questo capitolo… Oh! Finalmente abbiamo scoperto che Kurt e Blaine erano destinati a innamorarsi già in passato, e anche se poi qualcosa è cambiato, Blaine non ha gettato la spugna. Ci voleva un po’ di fluff, no? Finalmente! E il fluff non è ancora finito… ;)
E la Beiste? Beh lei è buona, in fondo!
Al prossimo capitolo!
*spalma il burro su una fetta biscottata, la spolvera di zucchero e ve la passa*
 cup of tea
   
 
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