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Autore: Melardhoniel    20/05/2013    4 recensioni
Immaginate il 1960.
Un anno cruciale per la storia dei Beatles, un anno di scelte che porteranno i quattro ragazzi di Liverpool a diventare il gruppo che conosciamo. Immaginate Pete Best, Stuart Sutcliffe, le due sorelle di John Lennon e ogni segreto conosciuto solo grazie alle biografie sui Beatles.
Immaginate una ragazza qualunque, Eveline 'Liv' Sparks, che improvvisamente si trova catapultata nel passato con in mano un grande potere: la conoscenza del futuro. Un privilegio che genera un limite, come sa bene chi si interessa di viaggi nel tempo: quanto la sua conoscenza degli eventi influenzerà i destini della Liverpool e della Londra degli anni Sessanta? Quanto sarà cambiata la storia dei Beatles? In meglio o con esiti catastrofici?
[La storia copre gli eventi temporali dal 1960 al 1970]
Dopo 3 anni di assenza sono tornata, per restare. Melardhoniel
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, John Lennon, Nuovo personaggio, Paul McCartney, Ringo Starr
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Let it Born, Let it BEatles;'
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Capitolo 13
Lennonsense.

 
Mi viene letteralmente un colpo quando, ai primi di marzo, trovo John ad aspettarmi all’uscita da scuola. Seduto su una panchina con l’aria di chi vorrebbe spaccare il mondo a pugni alza lo sguardo solo ogni tanto per verificare che io non sia già passata e poi, quando mi scorge, muove leggermente il capo per farmi avvicinare.
«John, che…sorpresa. Non mi sarei mai aspettata di trovarti qui.» le ragazze, fiutata la brutta aria, si sono dileguate in tempo, con un’occhiata che significa solo una cosa: tu chiamaci per raccontare ogni cosa o ti terremo il muso per un anno.
John bofonchia qualcosa di indecifrabile. «Scommetto che sono l’ultima persona sulla Terra che avresti pensato di vedere.» aggiunge.
«No, quello è Paul.» tento di buttarla sul ridere ma capisco che la faccenda è seria dal gelo che si sta creando intorno a noi.
«Vieni con me.» mi afferra bruscamente per un braccio e mi trascina giù per la via. «John!» mi lamento. «John! Mi fai male!» allenta la stretta ma non lascia la presa. «Tu sei mai stata a Woolton, Sparks?»
«Direi di sì!» rispondo, allarmata. «Ma perché?»
John non risponde. «Hai tempo da perdere, Sparks?» mi sta seriamente spaventando.
Con uno strattone allontano il mio braccio da lui: «Certo che no!»
«Perfetto.» sogghigna e mi conduce ad una macchina, aprendo con sarcastica galanteria la portiera del passeggero. Non ho alternative, devo salire. In fondo, mi fido di John, nonostante tutto.
«Da quando hai la patente, Lennon?» domando scettica posando la borsa in mezzo ai piedi.
«Da non molto, effettivamente.» con una sigaretta in bocca accende l’auto ed appoggia le mani sul volante. «Ma la macchina è di Pete.»
Decido di non replicare e mi limito ad abbandonarmi sullo schienale nella speranza di capire presto cosa gli stia passando nella mente. Passano alcuni minuti prima che lui parli di nuovo: «immagino che le tue amichette di abbiano informato delle mie vicende famigliari.» annuisco. «Quindi, sai che ho delle sorelle che, dopo la morte di mia madre, sono state abbandonate al loro destino.» sì, certo, Bobby – il compagno di Julia – non riusciva a crescere da solo due ragazzine.
John interpreta il mio prolungato silenzio come un invito a continuare: «Che, come me, sono state condannate a vivere lontano dai genitori, con dei parenti in una casa estranea che presto dovranno imparare a chiamare “loro”!» grida, sbattendo un pugno sul cruscotto. La macchina sbanda leggermente.
«John! John, calmati, per la miseria!» il mio tono preoccupato e spaventato lo riporta in sé; ma sono gli occhi, quegli occhi, che trasudano dolore.
«E quindi?» domando, isterica. «Dove vuoi arrivare?»
«Non permetterò che trascorrano una Pasqua simile allo scorso Natale!» continuo a non capire.
«Bene, bravo, sei un ottimo fratello. Le porterai ad Amburgo con te?» John mi scocca un’occhiata di sincero disappunto.
«Dio, Sparks, ti avevano spacciato per intelligente. È qui che entri in gioco tu.»
Io? Che cosa?!
«Ma sei impazzito? Io…io…neanche le conosco!»
Lui ghigna: mi sta portando da loro! Woolton, il discorso… sono al Dairy Cottage con Nanny, ovvero la sorella di Julia e Mimi!
«Come? No, non se ne parla! Non si incastra la gente in questo modo! E poi, Stuart mi ha invitato ad Amburgo con voi! Anche George!» urlo, quasi a cercare di fissargli il concetto in testa.
John frena di colpo e scende dall’auto: siamo arrivati proprio davanti al cortile del cottage. Come supponevo, mi ha condotto da loro.
«Vediamo di chiarire una cosa, ragazzina. Avrai anche infinocchiato Pete, George, Paul e quel tonto di Stu, ma non me. L’ho capito che ti piace Sutcliffe, cosa credi? E, siccome prima di essere amico tuo era principalmente il mio, io desidero solo il meglio per lui. Quindi, scusami, tra te ed Astrid decisamente vince lei; non voglio che abbia un ripensamento per una come te!»
Le sue parole mi feriscono come una serie di pugnalate – mi sento come Cesare, in questo preciso momento. Dunque, era questo il piano, fin dall’inizio. Mi ha messo fuori combattimento, come se potessi mai cercare di rubare Stuart ad Astrid, come se lui potesse mai calcolarmi!
«Non ti sopporto, Lennon! Mi hai giudicato senza neanche conoscermi, hai deciso i miei programmi senza essere nessuno! Riportami a casa!» la risposta di John viene interrotta dal rumore della porta del cottage e dalla comparsa di due ragazze sulla soglia: una di quattordici anni, Julia, una di dodici, Jacqueline detta “Jackie”.
«John!» Jackie corre ad abbracciarlo, felice. Julia muove alcuni passi verso di noi, sospettosa, scrutando prima il fratello, poi me. «Nanny sentiva urlare, ci ha mandato a vedere cosa stava succedendo.» approfittando del fatto che la sorellina è girata di schiena, John mi rivolge un’occhiata inquisitoria.
«Noi stavamo…discutendo.» deglutisco pesantemente: diciamo che stavo per tirare uno schiaffo a John così forte da lasciargli per mesi il segno delle cinque dita.
«Beh, entrate, coraggio.» Julia non sembra molto convinta, ma ci apre la porta amichevolmente stringendo la mano del fratello.
«Ragazze, lei è Liv Sparks. Liv, loro sono le mie due sorelline: Julia e Jackie.»
Jackie sorride gioviale, all’oscuro di tutto, Julia si limita a rivolgermi un saluto tirato: ha capito di più di quanto John creda.
Una signora molto somigliante a Mimi appare dietro alle nipoti stringendole per le spalle, quasi a proteggerle da John e da me. Grandioso, sono ritenuta alla pari di un serial killer. Nanny è ancora più burbera di Mimi, se possibile.
«Ciao, zia.» la saluta apatico John. Si ricorda ancora di quando, da piccolo, lo portavano in Scozia e lei preferiva indubitabilmente suo cugino Stanley.
«Salute, John. Cosa sei venuto a fare qui?»
«Ho una notizia della quale vorrei rendervi partecipi. Lei» indica me «è una parte fondamentale, per questo è qui.» tsè, una “parte fondamentale”: mi ha incastrato e basta!
«Mi chiamo Eveline Sparks, è un piacere conoscerla.»
Nanny mi stringe la mano avvertendomi di chiamarla Anne, poi ci conduce in casa con aria corrucciata.
John prende posto a capotavola e si schiarisce la voce: «Il 27 marzo il nostro gruppo tornerà ad Amburgo!»
Le reazioni suscitate sono varie: Jackie corre ad abbracciare le gambe del fratello singhiozzando, Julia rimane immobile al centro della stanza, Nanny, cioè, Anne, assottiglia le labbra. Riesce a sibilare un “perché?” di disappunto.
«George ha compiuto diciotto anni, ecco perché. Suoneremo al Top Ten, ecco perché
Dopo una lunga pausa di silenzio che sembra eterna, nella quale non manco di sentirmi un’estranea in mezzo alla riunione di una famiglia smembrata, John riprende il discorso: «Cynthia e Dot saliranno durante le vacanze di Pasqua per visitare la città.Non so quando torneremo, credo allo scadere del contratto, tra quattro mesi circa.»
Il mio sguardo scocca violentemente su Julia: come prevedevo, nei suoi occhi sono passati tristezza, delusione, amarezza – un’altra Pasqua senza John, senza affetto, senza famiglia.
«Ma, siccome la mia amica Liv non verrà ad Amburgo con le altre ragazze perché non ha niente da fare lassù,» no, ma, gentile. «si è offerta di trascorrere un po’ di tempo con Julia e Jackie, dopo averle conosciute. Diciamo pure molto tempo.» non posso neanche replicare: conoscendo i loro tristi trascorsi ed il loro futuro, come posso negare un briciolo di gioia a questi occhi speranzosi, seppur diffidenti? Ti detesto, John Lennon. Non ho mai sentito un quantitativo così enorme di bugie, né ho mai conosciuto una tale faccia di bronzo – per non dire di peggio, sono una signora.
«Ehm, certo! D’altronde, ad Amburgo non saprei proprio da quale parte girarmi. Mi hanno invitato ma ho dovuto rifiutare… insomma, mi sarei sentita un po’ di troppo.» la mia voce esce più tagliente del solito.
«C’è sempre George, a quanto mi risulta.» interviene Julia, arricciando il naso. John sbuffa: «Accidenti, ma come te lo devo dire?! Appunto perché George è single Liv sarà di troppo! Non sono cose di cui posso discorrere in pubblico e, soprattutto, in presenza di minori.» indica le sue sorelle e me, sorridendo sornione all’espressione scandalizzata di Nanny.
Le delizie amburghesi, sicuro. Il miglior panorama della Grosse Fahrenheit. Senza contare le più pudiche ma altrettanto volenterose cameriere e figlie di proprietari di locali.
Grande Giove, non voglio neanche pensarci.
«Quindi…» ricapitola Nanny «passerai del tempo con Julia e Jacqueline?» Jackie storce il naso nell’udire il suo nome completo.
«Sicuro! Potremo andare al cinema, in giro per negozi, al parco…» nella mia mente ripeto il mantra “ti odio – ti odio – ti odio”. Lo sguardo delle ragazze si illumina, John mi osserva soddisfatto.
«Bene, qui abbiamo terminato. Ora, se permettete, io devo andare a provare con il mio gruppo, ma prima devo riportare a casa la signorina Sparks. Avrà da studiare.» si inchina sarcasticamente e mi spinge fuori dalla stanza.
«Cosa che tempo fa avresti dovuto fare anche tu.» è l’unico commento della zia.
 
Una volta che la porta di casa si è chiusa dietro di noi sfogo tutta la mia ira contro John: «Come hai osato? Come ti sei anche solo permesso? Tu, razza di essere ignobile, tu verme, tu stronzo John Lennon!»
Il suo sorrisetto compiaciuto mi irrita ancora di più. «Riportami a casa.» ordino, sedendomi in macchina. Mi prudono le mani dalla rabbia, non è un buon segno: devo allontanarmi da lui o finirò per mollargli un pugno sulla mascella.
Nonostante John non mi ritenga capace di picchiare qualcuno ha inteso la brutta aria che tira, perciò ha deciso di non infastidirmi oltre. Pochi minuti e siamo a Penny Lane, davanti al cancello di casa mia: mi trattengo dallo sbattere violentemente la portiera solo per rispetto nei confronti di Pete – dopotutto, la macchina è sua – ma non mi curo di nascondere il mio risentimento. A passi pesanti spalanco la porta e la richiudo con grande fragore.
Posso solo vagamente sentire le ruote dell’auto sgommare mentre John si allontana.
Urge un aiuto, una comprensione.
Cynthia, Phyllis, Thelma, Dot, Meg, Iris, Maureen: è questione di qualche telefonata e, precise come un orologio svizzero, alle cinque si presentano da me armate di pasticcini per l’ora del the.
«Come ha anche solo potuto, quel maledetto?!» strepita Thelma girando come una tigre in trappola nella mia camera, sotto gli occhi di una basita Astrid – la mia gatta, per intenderci –.
«Poi mi stupisce il modo in cui si è accorto della tua cotta per Stu! Insomma, non lo facevo così intelligente!» Iris strabuzza gli occhi sedendosi sul letto.
«Ehi!» pigola debolmente Cynthia, tentando di difendere l’onore del suo fidanzato. Invano, aggiungerei.
«Quindi starai con loro? Cioè, non verrai ad Amburgo?»
«E come potrei, d’altronde, Dot? Le ragazze si aspettano che mi presenti almeno qualche volta durante le vacanze pasquali… poi le hai viste, povere stelle? Jackie era così felice nel sapere che le avrei portate a fare shopping!» grande Giove, che situazione complicata.
«Forse sarà meglio così. Pensaci, dai: John e Cyn, Paul e Dot. Pete off limits, Stu a casa di Astrid per quanto sono sicura che cercherebbe di inserirti nelle loro uscite, George single e per questo attorniato da ragazze, tu in mezzo come un porro. Poi, non è proprio un ambiente adatto ad una ragazzina, su questo John ha ragione; Stu e George sono stati un po’ imprudenti a proporti di salire con loro…» Meg sbroglia esaustivamente la questione.
«Dai, figurati… dovresti alloggiare con Astrid e quindi beccarti Stuart in giro per casa; inoltre i locali non sono proprio ‘in’, ecco.» Phyllis conclude smontando decisamente tutti i miei propositi anti-Lennon.
Alzo le braccia in segno di resa: «Va bene, va bene…avete ragione voi. Vorrà dire che mi risparmierò lo scendere in piazza a protestare contro John e la sua rozzezza. Scusa, Cyn, a proposito. Mi spiace solo per gli slogan, ne avevo inventati alcuni veramente carini.»
«Se ti può consolare,» interviene Maureen, fino a questo momento rimasta in silenzio «io continuo a pensare che John sia stato un’idiota.»
Sorrido debolmente nello scorgere anche Cynthia annuire. Allora non mi sono infervorata senza motivo. Però uffa, mi immaginavo già le manifestazioni sotto casa di John con i cartelli, mannaggia. Vabbè, avrò altre occasioni.
Mi sfrego le mani con aria soddisfatta.
 

Julia e Jackie Dykins (il cognome è quello del compagno di Julia Stanley-Lennon) nel 1958 [fonti: Imagine This, growing up with my brother John Lennon, di Julia Baird (ndA.:il cognome da sposata)]
 
«Eveline!» il viso di Nanny tradisce una sincera ammirazione, ragion per cui decido di non storcere il naso di fronte alla sua trovata di utilizzare il mio nome intero.
«Sei qui per le ragazze?» e per chi altro? Sorrido debolmente, bisognosa di una dose di ottimismo extra. Coraggio, andrà tutto bene – ecco, me lo dico persino da sola, sacripante.
«Sì, oggi…» quanta fatica per pronunciare il suo nome senza accentuare l’amarezza, «…John e gli altri partono per Amburgo e…ecco…ho pensato che a Julia e Jackie avrebbe fatto piacere salutarli. Altrimenti,» mi affretto ad aggiungere in risposta all’espressione rabbuiata di Nanny, «le porterò al cinema, al parco o in giro per negozi. Nessun problema.»
«Mmmh.» mi sento squadrata da capo a piedi. «Rinunceresti a salutare i tuoi amici per stare con loro?»
«Se si rivelasse la cosa migliore sì, sarei disposta a farlo. Certo, non senza dispiacere.»
«Non ci credo, Liv Sparks, ma grazie lo stesso per la gentilezza.» sebbene mi abbia apertamente dato della bugiarda irresponsabile Nanny sorride: le piaccio. E poi, mi ha chiamato ‘Liv’.
La signora batte le mani con fare imperioso: «Julia, Jacqueline, avanti! Vi voglio vestite e lavate in dieci minuti, non uno di più. Starete con Liv, oggi.»
Manco a dirlo, precise come orologi le ragazze accorrono in salone, agghindate di tutto punto. Julia tiene per mano Jackie e tenta di allacciarle il nastro del cappellino, manovra non facilissima dato che cerca di sistemarsi anche il proprio.
«Non preoccuparti, Julia, penso io a Jackie». Gli occhi di Julia mi esaminano ma ha il buon gusto di non lasciar trapelare alcuna emozione: Jackie è troppo piccola per poter essere scossa dagli eventi come lo è stata sua sorella maggiore. Lei vede in me una baby-sitter o una cugina ed è felice di allontanarsi per qualche ora da quel vortice di anormalità che è diventata la sua vita, ma Julia non la pensa alla stessa maniera: non si fida più di alcuna persona, forse solamente di John ma sarei pronta a giurare che accade occasionalmente. Per lei Jackie è la cosa più importante che le rimane ed è pronta a difenderla con i denti, qualora se ne verificasse la necessità.
«Allora,» esclamo, allontanandomi da Jacqueline. «Andiamo?»
Con mia somma sorpresa, è proprio Jackie a cercare la mia mano e a stringerla, mentre con l’altra afferra saldamente la sorella. Varchiamo la soglia e ci affrettiamo a cercare un autobus che ci aiuti ad arrivare al porto prima dell’imbarco.
Noto con molto dispiacere e sdegno che le due ragazzine vengono palesemente additate per strada, da persone che probabilmente parlano solo per sentito dire ed evidentemente non riescono a capire il dolore che causano loro.
È un attimo prima che Julia, già matura nonostante i suoi 14 anni scarsi, si chini su Jackie e le sussurri il titolo del nuovo film di Elvis Presley che presto andranno a vedere al cinema: basta un minuto perché la più piccolina non si accorga di niente.
Giunte al molo veniamo guidate verso i ragazzi da una grande folla radunata sotto una nave: i genitori di George e il padre di Paul si affrettano a ricordare le ultime cose ai ragazzi, Mike sta combattendo una lotta interiore tra il voler essere un duro ed il bisogno di abbracciare il fratello, Pauline Sutcliffe, da un angolo della strada, osserva bieca la scena. Non si è avvicinata a meno di quattro metri da Paul e John e ha chiamato Stuart da lontano, proprio per non avere niente a che fare con loro.
Iris è in compagnia di Alan e di alcuni membri degli Hurricanes – con grande gioia di Maureen che non perde un minuto per tentare di conquistare Ringo – e, immersa in un fazzolettino elegante, Cynthia si asciuga le lacrime nel momento in cui sa che John non la può vedere.
Più camminiamo verso di loro, più la presa di Julia e Jackie intorno alle mie mani aumenta: nessuno è a conoscenza del loro arrivo. Se è per questo, credo che nessuno dei Beatles conosca nemmeno la lite avvenuta tra me e John, né il motivo per cui io non sono su quella nave – forse Lennon avrà propinato la sua lista di ragioni d’emergenza del tipo “genitori all’antica”, “non ancora maggiorenne”, “spirito caritatevole che mi ha implorato di farle conoscere le mie sorelline” o altro.
Il rumore della ghiaia sotto le scarpe riscuote le famiglie dai loro impegni e, in poco meno di mezzo minuto, tutte le teste dei presenti sono voltate verso di noi.
«Julia, Jackie!» John, sinceramente contento di vederle, prende in spalletta Julia ed in braccio Jackie, che gli getta le braccia al collo piangendo. Anche Paul e George si avvicinano cauti per stringere le mani delle ragazze, conosciute pochi anni prima quando la loro mamma era ancora viva. Quando John le posa a terra, è Cynthia a chiamarle con un abbraccio, sistemando loro i vestiti ed il cappello.
«Liv!» Stuart mi corre incontro, sorridente, e mi avvolge la vita con le braccia. Sospiro abbandonandomi sulla sua spalla: non devo piangere. Proprio no. Sarebbe l’equivalente di camminare a Times Square tenendo in mano un enorme cartello fluorescente con scritto “John Lennon avevi ragione: a me piace Stuart Sutcliffe!”.
Dopo Stu, sono le braccia di Pete a stringermi, alle quali seguono il saluto frettoloso e diffidente di Paul e il sorrisone di Ringo.
 
Che strano, per un attimo mi è sembrato che George si sia avvicinato a me e abbia poi rapidamente cambiato idea…me lo sarò sognato, magari è stato richiamato da sua madre.
«Sparks, ti ringrazio. No, dico sul serio.» John stronca sul nascere qualunque mia obiezione. «Quando ti ho incastrato per farti tenere le mie sorelline, non credevo che avresti sul serio accettato. Mi ha fatto piacere poterle salutare.» dopo un lasso di tempo che pare interminabile, io e John ci abbracciamo, rigidi come bacchi.
«Buona fortuna, Lennon.»
«In culo al Jabberwocky». Risponde lui.
Questo è il massimo di scuse che posso aspettarmi da John, ma in fondo a me va bene così: per una persona orgogliosa come lui deve essere stata un’impresa anche solo raccogliere il coraggio per parlarmi. Ho come l’impressione che d’ora in poi il nostro rapporto andrà migliorando.
Il rollio della nave richiama i passeggeri all’imbarco: la partenza è fissata tra dieci minuti.
I ragazzi scaricano i loro strumenti dal furgone di Neil Aspinall e si affrettano a salire sulla pedana di legno. Manca poco.
Mentre osservo inespressiva il veicolo George si avvicina e mi saluta, finalmente.
«Ehi» tento di nascondere la mia tristezza abbozzando un sorriso «non sei ancora salito?»
Ride: «non ancora, volevo dirti una cosa prima.» spalanco gli occhi, curiosa: che cosa può mai volere George Harrison da me? Magari notizie di Ruth, ma in tal caso non credo di averne di nuove. Avrà una sorella anche lui? Posso organizzarmi per delle giornate di baby-sitteraggio. Ma so di per certo che lui è il più piccolo della famiglia. Oppure vorrà chiedermi di passare spesso a trovare sua madre per imparare a cucinare come si deve.
«Vedi, Liv… io… niente, eh! Solo…stammi bene, okay?»
Non ho neanche il tempo di rispondergli che mi abbraccia, per poi voltarsi ed avviarsi dagli altri, tirandosi su il colletto della giacca.
Strano tipo.
«Qualcuno è nei guaaa-aaai!»
Mi volto enigmatica verso Iris, che scruta pensierosa l’orizzonte.
«Che cosa intendi, scusa?»
«Ancora non lo so di preciso, ma posso già prevedere che al ritorno dei ragazzi da Amburgo niente sarà più come prima.»
Accogliendo di nuovo vicino a me Julia e Jackie e stringendomi a Maureen, guardo il volto dei Beatles diventare sempre più sfocato mentre la nave si allontana sempre di più dal molo.
Non posso fare a meno di pensare quanto tu abbia ragione, cara Iris.

 


It’s getting better!
 
AAAAH non linciatemi!! D: abbiate pietà di me! Lo so, non aggiorno da mesi, ma sono stata impegnata con la scuola e cose varie :(
Ma non preoccupatevi, ho deciso e promesso che arriverò in fondo a questa storia e, anche a costo di impiegarci anni *fischietta*, ci arriverò.
Allora, analizziamo il capitolo? ;)
Punto numero 1: ecco a voi le sorelline di John! Già vi avevo anticipato la mia intenzione di inserirle, così ho aspettato quello che mi sarebbe sembrato il momento più adatto.
Cosa ne pensate? Quello di Julia e Jackie è un tema che mi sta molto a cuore, specie dopo aver letto l’autobiografia di Julia “Immagina questo: io e mio fratello John Lennon”, dalla quale poi è stato tratto “Nowhere Boy”. Perché mi sta particolarmente a cuore? Perché spesso si tende ad emarginarle dalla vita di John e molti non sono nemmeno a conoscenza della loro esistenza, cosa che appunto, dopo aver letto il sopracitato libro, mi spiace ancora di più perché anche loro – proprio come il fratello – non hanno trascorso una vita facile.
Lo so, lo so. Non sono mai andate a salutare John in partenza per Amburgo. Ma questa storia non vuole raccontare per filo e per segno gli avvenimenti della vita dei Beatles, bensì vedere come un “elemento di disturbo” proveniente dal futuro e quindi a conoscenza di quanto accadrà giorno per giorno (comunemente chiamato Liv) possa influenzare le loro scelte.
Punto numero 2:Liv non partirà per Amburgo. Mannaggia. Ma in fondo, se John non l’avesse incastrata, i suoi genitori non l’avrebbero lasciata partire ed avrebbero avuto comunque ragione :D
Punto numero 3:George. Lui è strano forte. E Stu? Parecchio. [Dire tante cose per non dire niente, nd.A]
 
Per quanto riguarda i prossimi capitoli, visto che i Beatles sono tornati da Amburgo il 3 luglio 1961, pensavo di concentrare in pochi paragrafi alcuni avvenimenti che saranno importanti ai fini della storia e poi passare subito al loro ritorno con un grande salto temporale. C’è molto da raccontare e noi siamo solo all’inizio! :):)
 
Spero di non avervi annoiato con questo capitolo e con le smisurate note di chiusura e cercherò di aggiornare in tempo, approfittando della fine della scuola!
Bacioni e grazie a tutti per le recensioni, mi fate sempre molto piacere.
 
Marty 
  
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