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Autore: Layla    20/05/2013    1 recensioni
“Le cose vanno di merda a tutti, vedo, ma ho una soluzione.”
Io alzo un sopracciglio e bevo un bicchierino di whisky.
“Prego?”
“Una soluzione. Non fare la stronza gelida che con me non attacca!
Ho intenzione di restituire loro pan per focaccia per ricondurli alla ragione o meglio ricondurre Mark alla ragione, questa volta io da Jen ci divorzio venisse pure Cristo a dirmi di non farlo.”
“Qual è, Tom?”
“Io e te fingeremo di stare insieme, ci faremo paparazzare da qualche fotografo e porteremo avanti questa commedia fino a che qualcuno dei due si farà vivo.”

Tom/Skye.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Mark Hoppus, Tom DeLonge
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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6)Let's start over?

 

Due giorni dopo le cose iniziano a muoversi.
Per essere precisi casa mia viene inondata da rose di tutti i tipi – rosse, rosa, bianche, gialle – che provengono tutti dallo stesso mittente: Mark.
Visto che non voglio parlargli deve avere deciso che in qualche modo devo cambiare idea e ha deciso che le rosse possono essere un buon incentivo.
Come diceva la canzone: “She left me roses by stairs, surprise let me know she cares”?
Ora però è troppo, ogni volta che suona il campanello ho paura che sia un fattorino, ho esaurito i vasi e ormai distribuisco rose ai vicini pur di non averle intorno.
Quando al campanello è effettivamente il fattorino sento l’impulso di cacciarlo via e non lo faccio solo perché lui non c’entra nulla e fa solo il suo lavoro.
“Che rottura di palle!”
Esclamo, Tom mi guarda.
“Accetta di parlargli, così forse la finisce.”
Io sospiro.
“Mi sa che sarà l’unica cosa da fare.”
“Gli darai una possibilità?”
“Non lo so.”
Alla fine decido almeno di fissare un appuntamento con lui, cosa che lui sfrutta per ottenere una cena.
Va bene e cena sia.
La fissa per la sera stessa e io mi preparo svogliata
Ci troviamo in un costoso ristorante di Londra, elegantissimo come Mark, mentre io così vestita vado bene giusto per un fastfood.
“Wow.”
Mormoro piatta, la cosa non mi stupisce.
Sembra un ragazzino che vuole riconquistare la fidanzatina, ma il tempo delle mele è passato da un pezzo per noi.
“Dai entriamo.”
Mi fa strada, io sono piuttosto fredda, avrei preferito stare a casa mia.
Ci sediamo in un tavolo piuttosto riservato e lui mi serve subito il vino, io non alzo il bicchiere.
“Passiamo subito al dunque.”
Gli dico asciutta.
“Scusa Skye, non volevo… ferirti.
Era solo sesso e non avrei dovuto lasciare la famiglia,non ne valeva la pena, ecco.”
Io gli applaudo le mani sarcastica.
“E tutti questi bellissimi ragionamenti non li potevi fare prima di lasciarmi?
Non sei stupido, Mark.”
“Le crisi di mezza età rendono stupidi, a volte.”
Lo dice con una voce a malapena udibile, ma questa parziale ammissione di colpevolezza mi placa almeno un po’.
“Già.”
“Mi spiace per averti sputato in faccia che volevo farmi Jen.”
Io non dico nulla.
“Per favore, riproviamoci, almeno per Jack.”
Io lo guardo negli occhi, sono sinceri, io invece sono combattuta. C’è una parte di me che dice di perdonarlo e un’altra che mi dice che non potrò mai passare sopra a questa storia e far tornare tutto come prima, anche perché Tom mi piace.
Alla fine le mie due parti trovano un onorevole compromesso.
“Va bene, riproviamoci, ma a una condizione. Ci proveremo per un mese e Jack continuerà a stare da Anne.”
“Ti ho ferito tanto?”
“Più di quello che immagini e adesso lasciami chiamare Tom. Deve trovarsi un albergo o qualcosa del genere. Immagino che tu non lo voglia a casa, vero?”
“Vero.”
Dice a denti stretti, deve aver già capito che il nemico contro cui deve combattere non è solo il suo madornale errore, ma anche Tom.
In ogni caso lo chiamo e gli dico quello che è uscito dalla cena, Tom ha un tono strano mentre dice che si cercherà un albergo. Sembra quasi deluso o dispiaciuto, forse non sono l’unica che nasconde qualcosa, forse anche lui si è preso una sbandata per me.
Che bel casino!
Il resto della cena trascorre tranquillamente, mangiamo, ogni tanto lui tenta di prendermi la mano, ma io rifiuto e chiacchieriamo o meglio lui chiacchiera.
Racconta di tutto e di più per riempire il silenzio che c’è tra noi, un silenzio imbarazzato e mi torna in mente “Pulp fiction” e quella parte dove si parla del silenzio.
Com’era?
“I silenzi che mettono a disagio... Perché sentiamo la necessità di chiacchierare di puttanate, per sentirci a nostro agio? E' solo allora che sai di aver trovato qualcuno di davvero speciale, quando puoi chiudere quella cazzo di bocca per un momento e condividere il silenzio in santa pace.”
Ecco, con Tom ci riesco, con Mark ci riuscivo e ora non più. Ora lascio che lui riempia i silenzi quando tutto quello che vorrei è che stesse zitto, visto che non mi interessa una sola parola di quelle che gli escono dalla bocca.
Vorrei dirgli che se non ci fosse Jack di mezzo gli avrei già stampato l’impronta dei miei anfibi sul culo per sbatterlo fuori di casa, che un tradimento fatto per infilare il suo pene in un buco nuovo è inaccettabile da un quarantenne, visto che il limite massimo di età per cui l’avrei accettato era trent’anni.
È per Jack che voglio provare a salvare questo matrimonio in un mese, anche se una parte di me sa benissimo che sarà solo un’agonia, una terapia del dolore per accompagnare dolcemente alla fine qualcosa che è già morto.
Arrivati a casa la troviamo vuota e sul frigorifero c’è un biglietto di Tom che ci informa che per ora starà in un albergo.
Mark lo strappa rabbiosamente ed esclama: “Perché non torna a San Diego, il bastardo?”
Io lo fulmino e vado in camera mia, come si permette di chiamare Tom bastardo dopo quello che ha fatto lui?
Mi metto un pigiama anti stupro, uno di quelli brutti e molto coprenti che scoraggiano qualsiasi attacco e poi mi metto a letto.
Mark mi raggiunge poco dopo e tenta di allungare una mano, io lo scaccio infastidita: voglio dormire, non fare sesso o almeno non con lui.
Il solo pensiero che mi tocchi dopo aver toccato Jen mi provoca un conato di vomito.
Lui si ritira immediatamente e schiena contro schiena ci addormentiamo.
 

Il giorno dopo il posto accanto al mio è vuoto, per un attimo provo una sorta di tristezza pensando che Tom non c’è, poi mi chiedo dove sia finito Mark.
Mi alzo e lo trovo in cucina che tenta di cucinare uova e bacon, probabilmente per farmi una sorpresa, peccato che ora il locale sia in condizioni pessime.
Sembra che un reparto di tedeschi l’abbia violentemente colonizzato senza sapere nemmeno come si usa una padella.
Sospiro e lui mi sente.
“Buongiorno, amore. Ho provato a cucinarti la colazione.”
“Vedo.”
Sospirò sconsolata.
Alla fine mangio delle uova troppo cotte e del bacon mezzo bruciacchiato solo per farlo contento, approfittando della sua fumatina post colazione quotidiana  corro a vomitare tutto e poi lo raggiungo in terrazza per fumare insieme.
Tra di noi siamo freddi come due estranei o meglio io sono fredda, non gli facilito affatto le cose.
“Beh, hai da fare dopo?”
“Alcune cose per Mtv che posso fare anche con il computer, ma penso di essere libera per le dieci.”
“Ok.”
Lui si aggira per un po’ per la casa come se stesse cercando qualcosa.
“Ehi, Skye dove sono i miei bassi?”
“In discarica.”
Rispondo distratta.
“COSA?”
Il suo urlo mi fa trasalire.
“Hai detto che sono in discarica??”
Io annuisco.
“Sì, sai è quel posto dove la gente butta la roba che non serve più.”
“So cos’è una discarica! Il punto è: cosa ci fanno lì?”
“Li ho buttati dalla finestra.”
“Anche quello rosa?”
Io annuisco.
“Ma io…”
“Ci tenevi?
Forse te lo saresti dovuto portare dietro o non andartene, perché, nel caso non te ne fossi accorto, ci sono un sacco di cose e persone a cui tenevi e che hai lasciato indietro!”
Lui rimane in silenzio e si piazza sul divano, per fortuna in tv danno una maratona mattutina dei Simpson e dei Griffith che lo tiene occupato fino alle dieci e mezza.
“Skye, hai finito?”
“Sì.”
“Andiamo a fare un giro.”
“Ok.”
Mi cambio e lascio le chiavi della macchina a lui, che decide di portarmi a uno dei primi parchi di Londra che abbiamo visitato una volta arrivati qui.
Non c’è praticamente nessuno, solo io e lui che tenta di prendermi per mano, io però sono più furba e corro verso le altalene. Incurante del fatto che siano coperte da un leggero strato di brina mi ci siedo sopra e comincio a spingere dando origine a una sinfonia di cigolii che probabilmente si sente a chilometri di distanza.
Lui mi raggiunge poco dopo e si siede sull’altalena in parte alla mia che non regge il suo peso facendolo cadere si schianto nel fango sottostante.
Quando si rialza io scoppio a ridere, sembra che se la si fatta sotto, in altri tempi lo avrei aiutato, ma oggi se la può cavare da solo.
Una volta ripulito in qualche modo riprendiamo la passeggiata e lui mi indica una giostra deserta e paga due corse al giostraio che ci guarda come se fossimo picchiatelli, io indico Mark.
Questa scena ha il sapore di qualcosa di già vissuto, lui la fatto la stessa cosa la prima volta che siamo venuti qui e allora avevo sorriso raggiante, oggi sorrido amara.
I replay non sono belli, soprattutto se i protagonisti si riducono a essere la brutte copie di sé stessi: una volta eravamo la coppia perfetta, quasi da fiaba, sempre allegri e sorridenti, ora siamo una coppia in pezzi che cerca pateticamente di rimettere insieme i cocci.
Mentre la giostra gira e diffonde una musica da carillon ottocentesco, sento anche l’eco delle nostre risate di qualche mese fa, lugubri fantasmi  dei bei tempi.
Il giro finisce e io e Mark ce andiamo, Mark tenta ancora di prendermi la mano senza che io glielo permetta. Ha uno sguardo ferito, io mi sento vagamente in colpa, ma ogni volta che lui ci prova ci sono due pensieri che configgono nella mia testa con la forza di una bomba nucleare: quella è la stessa mano che ha toccato e preso per mano quella di quella troia di Jen e poi il mio desiderio che al suo posto ci fosse Tom.
Non va bene.
Prima pensavo che la mia attrazione per Tom fosse solo voglia sessuale inappagata, ora inizio a vederla sotto un’altra luce. Mi manca lui e i suoi mille strambi gesti quotidiani e mi mancano Ava e JoJo e Mark di contro è quasi un estraneo.
Ho il sospetto che il mio matrimonio non finirà solo perché lui ha avuto una relazione con Jennifer, ma anche perché io ho un altro nella testa e presto lui se ne accorgerà.
Usciamo dal parco, lui ha un’aria scura che raramente gli ho visto.
“Ho il sospetto che andarmene da Jen sia stata la cazzata più grande della mia vita, ho il sospetto che la pagherò cara e che questo è solo l’inizio.
Pensi davvero che qualcosa possa cambiare in questo mese tra di noi?”
“Vuoi una risposta onesta?
Penso di no. Ogni volta che ti avvicini penso che hai stretto, preso per mano, consolato e baciato Jen e provo un senso profondo di disgusto per questo.”
“In questo mese cercherò di fartelo dimenticare e se non ce la farò sarai di Tom.”
Io sgrano gli occhi.
“Come fai a saperlo?”
“Beh, mi sono accorta che ogni tanto involontariamente lo cerchi e che ti mancano i suoi figli. Alla fine sarai l’ennesima ragazza che mi sono fatto fregare dal mio migliore amico, ammesso e non concesso che io possa chiamarlo ancora così.
Ma per te brucia di più, perché non sei più un amore adolescenziale, sei mia moglie, quella con cui speravo di dividere la vecchiaia.”
“Mi dispiace, Mark.”
Lui alza le spalle.
“Magari ce la faccio a convincerti, sono abbastanza persuasivo se voglio.”
Sì, lo sa essere e magari finirà come dice lui, ma io sono un po’ scettica.
Saliamo in macchina senza dirci nulla, Mark questa volta lascia che il silenzio cali senza tentare di riempirlo con una sola sillaba.
Entrambi abbiamo tanti pensieri in testa, entrambi siamo preoccupati per il futuro.
Entrambi abbiamo giocato con il fuoco e alla fine ci siamo scottati, come dei bambini irresponsabili.
Sarà dura uscire da questa situazione – sia che rimaniamo insieme, sia che divorziamo – e molte persone soffriranno. Purtroppo è così che va la vita, a volte ti fa degli sgambetti pazzeschi e a te non rimane altro che cadere e vedere cosa ci sarà dopo.
Arrivati a casa preparo il pranzo, Mark lo mangia senza problemi poi va a letto, dicendo di essere stanco.
Non appena sento chiudersi la porta della mia camera, prendo in mano il mio cellulare e un pacchetto di sigarette ed esco in terrazza.
Mi accendo una sigaretta e chiamo Anne, il telefono suona un po’ a  vuoto poi sento la voce di Jack rispondermi.
“Ciao tesoro, come stai?”
“Ciao mamma” Sto bene!
Oggi zia Anne mi ha portato alla spiaggia per fare surf e ho conosciuto un sacco di ragazzi interessanti. Loro sono bravissimi a fare surf e io vorrei diventare bravo come loro, così stupirò Ava.
E poi mi sto abbronzando e c’è il sole tutti i giorni!”
C’è una nota di autentico stupore nell’ultima frase che mi strappa un’autentici risata.
“Jack, vivevi in California fino all’anno scorso, perché sei così sorpreso?”
Di là c’è una pausa di silenzio e scommetto che si sta grattando la testa.
“Beh, non lo so. So solo che tutto questo sole mi piace di più della pioggia di Londra.”
Eccolo, il mio piccolo vero californiano.
Parliamo ancora un po’, poi ci salutiamo e io rimango con il cellulare in mano e tanta nostalgia nel cuore, manca anche a me il sole della California e mi manca mio figlio. Sinceramente Londra mi ha stancato, vorrei andarmene, ma se devo provare a far funzionare le cose con Mark devo reprimere questo desiderio perché lui non ha nessuna intenzione di tornare stabilmente a San Diego, al massimo a New York.
Che palle!
Finito di lamentarmi compongo un altro numero, quello di Tom, e aspetto che qualcuno mi risponda.
Dopo qualche squillo è lui a rispondermi.
“Ciao Tom, come va?”
“Bene, anche se la battaglia per divorziare da Jen sarà piuttosto dura, intanto il mio avvocato ha chiamato il suo investigatore privato personale per raccogliete le prove dei tradimenti di Jen. Tu?”
“Male, sento come se Mark fosse un estraneo.
Odio che mi abbracci, che mi  tocchi, che mi baci o mi prenda per mano perché subito mi ricordo che ha fatto tutte queste cose con Jen e mi viene il disgusto.
Temo che il nostro matrimonio abbia poche speranze di uscire vivo da questa storia, Mark ha esagerato.”
Lo sento sospirare.
“Non riesci a passarci sopra, vero?”
Io rimango un attimo in silenzio.
“No, non ci riesco. Ci sto provando, ma non ci riesco.”
Prendo una lunga pausa.
“E mi manchi.”
Dall’altra parte c’è un lungo silenzio.
“Anche tu e questo non va bene.”
“No, ma sta succedendo e ho il sospetto che prima o poi dovremmo farci i conti.”
“Anche io, ma tu adesso cerca di salvare il tuo matrimonio, almeno provaci.”
“Lo farò, lo devo a Jack.”
“Già, ciao Skye.”
“Ciao Tom.”
Chiudo la chiamata e sospiro, poi torno dentro e mi sdraio sul divano, anche io sono stanca.
Vengo svegliata poco dopo dal campanello, è la donna delle pulizie e la faccio entrare insonnolita.
“Scusa, Namita ma mi sono addormentata.”
Lei sorride.
“Perché non sei andata  a letto, signora?”
“Perché è tornato il signore.”
“Bello.”
Io non dico nulla e acchiappata la giacca e la borsa esco, voglio fare un giro da sola per Londra.
Prendo la macchina e raggiungo il mercato di Porto Bello, lascio la giacca in macchina e mi acciò fra le bancarelle. Compro un paio di anfibi neri con dei fiori fucsia e un chiodo da punk, al primo angolo metto anfibi e chiodo e metto le mie scarpe nel sacchetto degli anfibi, con la mia gonna scozzese sto benissimo, mi mancano forse delle spille.
Mentre sto meditando se prenderle o meno una voce mi chiama: è Ava.
“Ciao, Skye! Cosa fai qui?”
“Niente, cerco di comprare qualcosa.”
Lei guarda il mio chiodo e gli anfibi e annuisce.
“Bella scelta! Ne ho appena presi anche io un paio, solo che sono viola.
Doc Martens.”
“I Doc Martens mi ricordano la mia adolescenza.”
“Come va con zio Mark?”
“Va.”
“Ti piace mio papà.”
Io non rispondo.
“Ti va se ci facciamo questo giro insieme?”
Lei annuisce, da quando non è più Jen a decidere il suo abbigliamento sembra molto più Tom. Oggi indossa un paio di pantaloni a tre quarti neri, degli anfibi neri, dei calzini a righe rosse e nere, una giacca dell’esercito tedesco aperte da cui si intravvede una felpa della Adidas gialla a righe verdi e un sacco di braccialetti..
Gironzoliamo a lungo tra le bancarelle, provando di tutto, dai cappelli con le piume e i boa di struzzo, alle cose da hippie. Alla fine lei si compra un paio di pantaloni nepalesi a righine e un maglione enorme a righe gialle, verdi e rosse. Io mi prendo una borsa di tela, un vecchio disco dei Sex Pistols  e una chitarra.
Ci salutiamo quando lei sale sul suo pullman e io torno verso la macchina con i miei acquisti, sono abbastanza di buon umore.
Peccato che sia destinato a svanire quando rientro a casa e trovo un Mark arrabbiato in salotto.
“Dov’eri?”
“Al mercatino di Porto Bello.”
“Con chi?”
“Con Ava, l’ho incontrata là.”
“Perché non hai risposto alle mie chiamate?”
Io tiro fuori il cellulare e mi accorgo che in effetti ci sono tre chiamate senza risposta con il numero di casa.
“Non le ho viste.”
“Perché non hai lasciato un biglietto o hai detto a Namita dove andavi?”
“Non mi è venuto in mente.”
Lui mi guarda, scuote tristemente la testa e poi va in cucina.
In tempi normali avrei avvisato, oggi non mi è nemmeno passato per la testa.
Questi non sono tempi normali e se è vero che è dalle piccole cose che si vede la solidità di un rapporto, direi che il nostro è molto traballante.
Temo che il nostro matrimonio non reggerà, anzi ne sono quasi sicura.

Angolo di Layla

Ringrazio fraVIOLENCE e ValeDeLonge per le recensioni.

   
 
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