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Autore: Gravirei    20/05/2013    3 recensioni
«Qualcuno vuole giocare con me?»
Sarà questa domanda innocente e una favola della buonanotte male interpretata a portare scompiglio nella vita di un bambino pestifero.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eustass Kidd, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Qualcuno vuole giocare con me?»
Nessuna risposta.
Il bambino guardò la sua mano destra e strinse forte il suo giocattolo di latta.
“Dovrà pur esserci qualcuno. Andrò un po’ più in là a cercare.”
 
Eustass Kidd era sempre stato un bambino problematico. Ma nessuno ne era mai stato sorpreso. Crescere senza genitori ti può portare solo ad essere una creaturina instabile, piena di odio verso il mondo, irascibile e pestifero.
Bastava guardarlo per storcere il naso, seppur involontariamente; una canottiera che forse un tempo era stata bianca ma che ora era piena di lerciume, pantaloncini che per un bimbo così magrolino erano decisamente larghi e un paio di occhialoni da aviatore, il cui unico compito era quello di sostenere la folta zazzera di capelli rossi che si ritrovava in testa e di cui lui sembrava andare particolarmente fiero.
Nessuno era partito prevenuto nei suoi confronti, nonostante tutto. Ci avevano provato.
Davvero.
Ma Kidd era davvero ingovernabile: tirava calci e pugni ai bambini che lo guardavano anche solo per sbaglio, mordeva le caviglie a chiunque gli capitasse a tiro, urlava parolacce assolutamente a casaccio e in luoghi decisamente poco opportuni.
Così avevano lentamente cominciato ad isolarlo, fingendo che non esistesse.
E Kidd era rimasto solo.
 
Lui però sembrava non capire affatto perché gli altri bambini non volessero giocare con lui.
Ben lontano dal pensare che fosse a causa sua e del suo carattere orribile, iniziò a pensare che, forse, era perché non aveva nulla con cui giocare.
Fu così che decise di costruirsi da sé un giocattolo.
“E sarà un giocattolo così fantastico che tutti quanti moriranno dalla voglia di giocare con me!”
Frugò nella discarica del paese, che ormai aveva adibito a sua dimora, per giorni interi e per altrettanto tempo lavorò instancabilmente sul materiale che aveva trovato.
Un bel giorno si asciugò il sudore dalla fronte con le manine sporche di grasso e con la chiave inglese (l’unico strumento servibile che era riuscito a procurarsi) infilata nella tasca posteriore dei pantaloncini, e poté finalmente rimirare il suo lavoro terminato.
Era un robottino bellissimo.
“Conquisterà tutti, ne sono sicuro!”
E pieno di speranza e di orgoglio si era avviato verso il paese.
 
Ma per qualche strana ragione, tutto taceva quel giorno. Non un fiato, non un passo si udiva per le strade. Kidd si spinse addirittura fino alla spiaggia: senza alcun risultato.
 
“Chissà che fine hanno fatto tutti quanti.”
 
Fu allora, quando lasciò il suo sguardo vagare liberamente per l’intera lunghezza della spiaggia, che notò una piccola figura poco più in là, china su chissà cosa.
 
“Oh! Allora qualcuno c’è!”
 
Il bambino dai capelli rossi si avvicinò con cautela. Davanti a lui si trovava un bambino minuto con un gran cappello a macchie in testa e un camicino immacolato addosso, con tanto di cravattino, tutto curvo su se stesso, intento a stuzzicare con un bastoncino una ranocchia morta. Era convinto di non averlo mai visto prima. Strano, eppure conosceva bene tutti i bambini del villaggio.
 
«Ehi», gli disse impacciato, senza sapere bene come salutarlo. «Non ti ho mai visto prima. Chi sei?»
 
«Sono qui in vacanza», gli rispose semplicemente l’altro, tutto intento a esaminare il piccolo cadavere.
 
«Oh. Va beh. Vuoi giocare con me?» Sventolò il suo robottino, con aria trionfante. «L’ho fatto io e…»
 
«Non mi interessa, grazie.»
 
Kidd lo guardò, stranito. Poi però la confusione fece spazio alla furia. «Perché?»
 
«Perché sto facendo altro.»
 
“Una stupida rana. Sta fissando una rana e dovrebbe essere più interessante del mio giocattolo?”
 
«Le bambine del mio villaggio una volta parlavano di rane», disse Kidd. Non aveva voglia di arrendersi. Lo avrebbe disturbato finchè non si sarebbe deciso a giocare con lui. E lo avrebbe fatto nell’unico modo che conosceva: prendendolo in giro. «Dicevano che se ne baci una si trasforma in un principe, o qualche cretinata del genere. Dicevano che glielo aveva raccontato la loro mamma…»
 
«Oh. Forse so di cosa parli. È una vecchia leggenda, ma non ci crede più nessuno, così le mamme la usano come favola per far addormentare i bambini», replicò quello strano bambino, senza nemmeno degnarsi di guardare il suo piccolo e sempre più irritato interlocutore. Pizzicò le zampette della rana una ad una, morbosamente interessato.
 
«Da allora, si baciano tutti i rospi che incontrano», proseguì imperterrito Kidd. «Cos’è, ci credi anche tu a queste storielle da ritardati?»
 
Il bambino finalmente alzò gli occhi e li fissò su Kidd. Sembrava parecchio scocciato. «Perché non te ne torni a casa e non mi lasci in pace?»
 
«Ha! Allora è vero! Vuoi baciarti quella rana morta? Sei proprio stupido!»
 
«Non voglio baciare proprio nessuno. Voglio studiare le sue interiora perché voglio diventare un dottore. Tu invece cosa fai? Passi le tue giornate a inventare cose inutili?»
 
«Inutili? Chi ti credi di essere, stupido bambino?»
 
«Uno con più cervello di te di sicuro. Ma suppongo che non valga poi molto, visto che anche quella roccia laggiù ha più quoziente intellettivo di te.»
 
Kidd era confuso. Non aveva la più pallida idea di cosa gli stesse dicendo quello strano tipetto. Ma, siccome poi tanto stupido non era, comprese che si trattava senz’altro di insulti. Così strinse i pugni e digrignò i denti. «Come osi? Ti faccio nero, ti prendo a pugni!»
 
«Tipico. Visto che sei stupido e non sai che altro dire, allora reagisci con la violenza. Quanto sei infantile.» Lo sconosciuto sbadigliò annoiato.
 
Kidd, che per i suoi standard fino a quel momento aveva dato prova di una calma squisita, stavolta perse il controllo. Iniziò ad urlare, strillare, strepitare. Stupido bambino con la testa grossa. Ma avrebbe visto cosa era capace di fare Eustass Kidd, colui che un giorno sarebbe diventato il Re dei Pirati!
 
«Bastardo! Stronzo! Ti prendo a cazzotti, ti graffio, ti mordo! Ti sfascio tutte le ossa e ti spiaccico quel gran cervello che ti vanti tanto di avere! E poi vedremo chi è infanti-»
 
La piccola furia si placò all’improvviso. Spalancò gli occhi così tanto che non sarebbe stata una sorpresa per nessuno se fossero caduti fuori dalle orbite e rotolati via. Il bambino, che si era avventato sulla sua bocca con la propria, si staccò dolcemente e si sistemò meglio il cappello sulla testa. Poi rivolse a Kidd un sorrisetto condiscendente.
 
«Ecco, rospaccio. Ora che ti ho baciato, staremo a vedere se ti trasformerai in un bel principe.»
 
Kidd, umiliato e ormai dello stesso colore dei suoi capelli, non trovò altro da fare se non scappare di corsa, lontano da quell’essere inquietante.
 
Corse e corse il più lontano possibile; ma, per quanto in là si spingesse, quella risata acuta e argentina era ancora lì nelle sue orecchie per perseguitarlo.
 
Trafalgar Law guardava con attenzione Eustass Kidd, a poca distanza da lui, intento a sbraitare ordini ai suoi uomini.
E così, di colpo, scoppiò in una risata che aveva un che di maniacale e isterico.
Kidd si voltò verso di lui e lo squadrò con sguardo omicida.
«Che cazzo hai da ridere? Ti si sono fusi i pochi neuroni sani che ti erano rimasti in testa?»
«Sono un sacco di anni che ci provo e ci riprovo», spiegò lui, quasi soffocandosi nelle sue stesse risa, «ti ho baciato in tutti i modi che conosco, ma c’è poco da fare: rospo eri allora e rospo sei rimasto!»
Fece appena in tempo ad evitare una scarica di oggetti appuntiti che un Eustass Kidd, talmente rosso da far concorrenza ad un’aragosta e infuriato come non mai, gli aveva lanciato in direzione della testa non appena aveva finito di pronunciare quella frase.
 
Non tutti i rospi diventano principi, Kidd. Ma vale la pena continuare a provarci.
  
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