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Autore: Hambrosia    21/05/2013    0 recensioni
Segreti e bugie in una storia familiare dai toni tristi
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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uno strano risveglio

1

Lo squillo del cellulare la svegliò all’improvviso. Allungò la mano verso il comodino tastando alla cieca alla ricerca del telefono. Paolo sdraiato accanto a lei nel lettone matrimoniale cominciò ad agitarsi e ad emettere dei grugniti infastiditi. Suo marito detestava essere svegliato all’alba. Il trillo non cessava e lei ancora non era riuscita ad individuare il cellulare.  Poi ricordò che la sera prima lo aveva lasciato a caricare alla presa elettrica vicino alla cassettiera. Rabbrividendo al gelo della mattinata di gennaio gettò le coperte da una parte e mise giù i piedi nudi. Il pavimento era di ghiaccio e le pantofole sparite chissà dove. Intanto gli squilli erano cessati e lei prese in considerazione l’idea di rituffarsi sotto le coperte, ma proprio in procinto di mettere in atto il suo progetto ricominciarono.  Facendosi coraggio si mise in piedi e stringendosi le braccia intorno al corpo raggiunse la cassettiera. Afferrò il telefono senza nemmeno guardare il display e con un saltò raggiunse il letto facendo sobbalzare coperte cuscini marito e gatto. Paolo mugugnò qualcosa simile ad un

-      -   Ti decidi a mandare a fanculo chiunque sia!!! –

Il gatto Micio invece  si stiracchiò sulle zampe anteriori, roteò un paio di volte su se stesso e tornò a sdraiarsi come se niente fosse.

Finalmente guardò il display sul quale lampeggiava la scritta Mamma. Che diavolo poteva mai volere da lei alle sette del mattino?! I suoi genitori erano partiti da tre giorni per una crociera nel mediterraneo. Facendo un breve calcolo e cercando di ricordare l’itinerario della nave, stimò che quella mattina più o meno proprio a quell’ora avrebbero dovuto stare per attraccare al porto del Pireo ad Atene. Perché invece di prepararsi all’escursione chiamava lei?

-      -   Pronto Mamy. Com’è la Grecia? –

-      -   Lo zio Giovanni sta morendo –

Aggrottò la fronte per cercare di farsi venire in mente chi fosse lo zio Giovanni. Mentre cercava nei cassettini della memoria sua madre la chiamò

-      -   Laura? Laura, ci sei? Hai sentito cosa ho detto? Mio zio Giovanni sta morendo –

Dunque si parlava del prozio Giovanni, il fratello maggiore di nonno Carlo, il padre il sua madre. Laura non pensava nemmeno che fosse ancora vivo. Suo nonno Carlo era morto che lei era ancora bambina e, da quel che ricordava, non aveva mai visto i due fratelli insieme. Non aveva proprio mai visto questo zio Giovanni ma stimava che dovesse avere novant’anni almeno.

C’erano argomenti nella famiglia di Laura di cui non si doveva parlare. Argomenti considerati tabù, e uno di questi era proprio il litigio fra il nonno Carlo e suo fratello. Dai suoi ricordi di bambina, Laura sapeva solo che il nonno aveva un fratello grande, che questo fratello era cattivo, che aveva fatto una cosa sbagliata e che lei non doveva fare domande. Nella sua fantasia di bimba lei immaginava lo zio Giovanni come uno stregone cattivo o uno scorbutico signor Scrooge. Poi crescendo lo aveva quasi rimosso dai suoi ricordi. Ora quella telefonata mattutina che le annunciava la morte di un totale estraneo non le provocava nessuna emozione, anzi, quasi si vergognava a dover ammettere con se stessa che la notizia la infastidiva un po’.

-     -    Si Mamy, ti ho sentita. Tuo zio è in fin di vita. Ma tu… come lo sai? –

Senti sospirare sua madre nonostante la linea lievemente disturbata.

-     -    Beh, a quanto pare siamo i suoi unici parenti. Qualche mese fa si è trasferito in una casa di riposo in città e ha iniziato a programmare la sua morte. –

Voleva assolutamente saperne di più ma Paolo aveva cominciato a tirarle dei calci da sotto il piumone per farla stare zitta. Rispose stizzita ai primi calcioni, poi, considerando che era presto e che quello era pure il giorno libero di suo marito decise di sloggiare.

Col cellulare bloccato fra la spalla e il mento guardò sotto il letto in cerca delle pantofole. Una era sotto il comodino e la infilò subito. Dell’altra non c’era traccia. Saltellando sul piede pantofolato si avvolse un caldo plaid attorno alle spalle e uscì dalla camera da letto. Raggiunto il salotto si lasciò sprofondare sul divano.

-      -   Cos’è questa storia di programmarsi la morte? –

-     -    A quanto pare l’anno scorso gli avevano diagnosticato una brutta malattia. Quando si è reso conto di non poter più vivere da solo ha preso accordi con questa casa di cura per avere tutta l’assistenza necessaria. Sembra che abbia già scelto i fiori e la bara. Adesso lo hanno trasferito all’ospedale Sacro Cuore. Dio mio che cosa triste! Non trovi tesoro? –

Era una storia decisamente deprimente. Pensò allo zio Giovanni, alla sua vita solitaria e ora alla sua morte solitaria.

-    -     Si si. Una storia tristissima. Ma cosa farai adesso Mamy? Non penserai di interrompere la crociera per correre al suo capezzale?! È praticamente un estraneo per noi. –

-      -   Non è che potresti farci un salto tu vero amore? Sai com’è… giusto per scrupolo. Ci andrei io se potessi. –

-      -   Andarci io?! Ma se non mi conosce nemmeno! E poi sono sicura che non mi vorrebbe lì. –

Stava cercando di accampare mille scuse per non andarci. Una piccolissima parte di lei si sentiva in colpa; la gran parte di lei invece inorridiva all’idea di entrare in un ospedale e tenere la mano ad un uomo che suo nonno detestava.

Alla fine sua madre ebbe la meglio e le strappò la promessa che ci sarebbe andata. Laura riagganciò il telefono e gemette forte di rabbia. Guardò fuori dalla finestra la pioggia cadere. L’idea di uscire non la allettava per niente e poi doveva assolutamente consegnare alla rivista per cui lavorava gli ultimi due racconti entro il giorno dopo. Il mensile doveva andare in stampa entro il venti gennaio e lei era terribilmente in ritardo.

Scriveva mini racconti su “Lei Donna” ormai da cinque anni. Dopo la laurea in lettere aveva provato a sfondare con un romanzo a cui lavorava dai tempi del liceo. Diventare una scrittrice era il suo sogno da quando era bambina e inventava favole e storie di fantasmi per far divertire gli amichetti. Le case editrici l’avevano bocciata; intanto era arrivato il contratto con “Lei Donna” e aveva iniziato a guadagnare i primi soldi. Il sogno del grande romanzo era stato accantonato in un cassetto e ora si dedicava alla stesura di storielle melense e lievemente erotiche sulla rivista preferita dalle pensionate e dalle casalinghe del paese. A volte si sentiva frustrata, ma i soldi del suo lavoro facevano comodo. Col solo stipendio da insegnante di liceo di Paolo non si sarebbero potuti permettere di pagare il mutuo e fare quei due, tre viaggetti l’anno che tanto amavano.

Le fusa di Micio la riportarono alla realtà. Lo prese in braccio e si diresse verso la cucina. Mentre attraversavano il corridoio Laura gettò uno sguardo alla cesta del gatto e individuò la sua pantofola scomparsa. Il micetto di casa aveva un indole da ladruncolo. Fin da cucciolo rubacchiava calzini, mutande, fazzoletti e tutto quello che più l’attraeva. Poi Laura o Paolo trovavano il bottino nel suo cesto.

Posò il gatto, infilò la pantofola e mise la caffettiera sul gas. Mentre armeggiava con tazze e cucchiai sentì i passi di suo marito alle spalle. Sentì le sue braccia che la stringevano da dietro. Paolo stava ancora sbadigliando quando farfugliò un buongiorno incomprensibile. Lei si girò, ricambiò l’abbraccio e sorrise.

-       -  Buongiorno a te… –

Si scambiarono il bacio del mattino, stettero un altro po’ abbracciati e poi si staccarono. Lei tornò a controllare il caffè mentre Paolo portava in tavola  tazzine e biscotti.

-      -   Allora? Tua madre moriva dalla voglia di raccontarti della vacanza? –

La canzonò.

-      -   No. Vuole che corra al capezzale del prozio Giovanni che è in fin di vita. –

Paolo restò perplesso; era ovvio che non si aspettava una risposta del genere. Non sapeva nemmeno chi fosse questo suo zio Giovanni. Della famiglia di sua moglie conosceva e frequentava solo la parte paterna. Il padre di Laura aveva due sorelle che, a loro volta avevano due figli più o meno dell’età di Laura. Si andava tutti abbastanza d’accordo e spesso si usciva assieme. Della famiglia materna invece non c’era nessuno da conoscere. Sua suocera era figlia unica proprio come lo era Laura. Non c’erano cugini o zii, almeno fino a quella mattina.

-       -  Scusa, chi è zio Giovanni? –

-     -    Il prozio Giovanni è il fratello maggiore di nonno Carlo –

-      -   Tuo nonno aveva un fratello. Non ne avevo mai sentito parlare –

Laura arrivò a tavola con il caffè fumante e si sedette di fronte al marito.

-      -   Hanno litigato e rotto completamente i rapporti negli anni cinquanta. Io non lo conosco. Anche mia madre l’avrà visto poche volte. Solo che adesso lui ha voluto che l’avvisassero del suo stato di salute e lei vuole che vada io a tenergli la mano. –

Gli aveva esposto i fatti col tono abbastanza scocciato di chi non ha assolutamente intenzione di fare quel che gli si chiede. Ma Paolo conosceva bene sua moglie.

-     -    Vuoi che ti accompagni? –

-       -  Sei un tesoro. –

-      -   Si, lo so. –

Si sorrisero a vicenda e finirono la colazione in silenzio.

  
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