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Autore: F_Morgana    21/05/2013    1 recensioni
Dopo la fine della serie un possibile continuo.
"Artù rinascerà. Ma un'ultima grande sfida è in serbo per lui. Un ultima sfida che segnerà o il suo totale trionfo o la sua definitiva distruzione."
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino, Morgana, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Capitolo 9

Il campanone suonò le dieci e mezza, quando qualcuno bussò la porta. Merlino, che stava lucidando l’armatura del re, andò ad aprire e si stupì quando entrò affannato sir Lion, che si rivolse al re, intento nelle sue carte:
- Artù! C’è urgente bisogno di voi, presto.

Quando il sovrano entrò nella ala del consiglio vide Sarah, tremante in un angolo e con le lacrime agli occhi e Gaius, intento a controllare due persone a lui sconosciute. Il re si andò dal medico per sapere l’accaduto mentre Merlino si avvicinò delicatamente alla ragazza.
- Sarah, cosa è successo?
- Non è possibile Merlino, sono tornati… loro erano… e ora sono qui tra noi. Io forse sto impazzendo, ma vedi anche tu che è così. Loro erano morti e ora qualcosa me li ha restituiti.
Dall’altro capo della sala Artù parlava con Gaius, che era stupito quanto il re. Merlino si aggiunse a loro e domandò cosa fosse successo e la risposta del medico lo lasciò più confuso di prima:
- È impossibile… sono tornati, Merlino. I suoi genitori.
- Non può essere. Morgana? Ricordate Lancillotto?
- No. Ho già controllato. Sono vere persone. È tutto completamente a posto : la Dea ha concesso loro un’altra possibilità.
Poi rivolgendosi ai due disse:
- State bene. Non avete apparenti problemi. Credo che vostra figlia vi aspetti.
E così Daniel e Christine si avviarono verso la figlia tanto amata e poterono finalmente riabbracciarla, dopo tanti anni.

Trascorsero quattro giorni, quattro giorni che furono per Sarah tra i più felici di tutta la sua vita. La ragazza non si capacitava ancora di ciò che era accaduto, stava sempre vicina a sua madre e a suo padre, come per paura di poterli perdere. Li ritrovò sempre uguali: sua madre, con la sua voce stupenda, che la notte le cantava per farla addormentare. Non aveva il pianoforte come a casa ma la sua voce, come una melodia angelica, era stupenda ed era come un bicchiere di latte caldo per un bambino: così dolce, così soave che la notte proteggeva Sarah da tutto ciò che ostacolava la serenità.
Suo padre, che aveva già rubato la gloria ai più abili poeti di corte con le sue liriche e i suoi sonetti. Il re era incantato dalla sua maestria e era restato altrettanto stupito nel vederlo realizzare i suoi strani modellini in legno, nello stile di Leonardo da Vinci, di elicotteri e mulini.
Sarah stava spesso anche con Evan che portava con lei e i suoi in bellissime cavalcate nelle verdi colline di Camelot, o nelle lussureggianti foreste vicine. Tutto andava alla perfezione ma tutte le notti Merlino non riusciva a dormire, causa uno strano fischio nelle orecchie che non presagiva nulla di buono.


Morgana camminava zoppicando al fianco di Aithusa. L’incanto delle ombre non era una normale invocazione, era qualcosa di molto complesso, che le stava consumando le forze. Non aveva potuto evocare semplicemente il corpo, come con Lancillotto, aveva dovuto evocare l’essenza. In questo modo nemmeno Emrys avrebbe potuto scoprire l’inganno. Era assorta nei suoi pensieri quando le gambe troppo deboli cedettero e cadde. Aithusa accorse, aiutandola con il muso. La strega guardò la dragonessa, ormai grande quasi come un cavallo. La debolezza le fece emergere una strana disperazione, come se stesse lottando contro un uragano: una battaglia che non poteva essere vinta. Diede voce ai suoi dubbi, che non aveva mai svelato prima, per paura di mostrarsi debole… ma ora era di nuovo incerta come un bambino e non sapeva perché:
- Perché Aithusa? Perché mi aiuti così? Cosa ho fatto per meritare il tuo cuore in questo modo? Con me non hai conosciuto altro che sofferenza. Non sono stata in grado di difenderti dal Sarrum... Guarda cosa ti ha fatto… per colpa mia. Sono stata debole. Non sono riuscita a saldare il debito che ho con te. Ho fallito.
Aithusa la guardava, senza capire le sue motivazioni di angustiarsi: lei le voleva bene, indifferentemente da dolori e fallimenti. Glielo fece capire con un lungo mugolio e poi la aiutò ad alzarsi. Morgana l’accarezzò, lieta di avere almeno lei, e insieme si incamminarono verso la grotta che era la loro meta.
Quando entrarono all’interno Morgana estrasse una torcia da sotto il mantello e una breve fiammata della dragonessa bastò ad accenderla. Avanzarono, nei corridoi fino a che nella densa oscurità non brillò una luce.
- Eccola Aithusa, la grotta di cristallo. Siamo arrivate.
La sacerdotessa entrò e si imbatté in migliaia di cristalli lucenti. Ne scelse uno, in un’alcova della parete e si concentrò.
“Camelot” pensò “fammi vedere Camelot e la sua corte”
E improvvisamente la mente volò via dal corpo:
Morgana si trovò in uno dei corridoi del castello. Si guardò le mani e vide che sembravano fatte di nebbia. All’improvviso una donna passò attraverso lei, senza curarsene. Allora la strega capì e iniziò a vagare per Camelot, in quella città tanto desiderata e tanto odiata. Girò per qualche minuto fino a che non vide ciò per il quale era venuta: le ombre, accettate e credute vere. Non c’era più motivo di rimanere ma non riuscì a fare a meno di addentrarsi nel castello e andare a visitare suo fratello, il suo odiato fratello. Arrivò nella sala del trono e qui si avvicinò all’orecchio di Artù mormorando poche amare parole:
- Non mi hai accettata, ora anche se la magia è permessa è troppo tardi. Non ti preoccupare; la mia vendetta sarà dolce e io verrò ripagata di tutte le mie sofferenze…
Dopo di che si allontanò e vagò ancora per quelle che sembravano ore, o forse erano solo pochi minuti… stava per tornare quando un giovane che fissava il cielo da una finestra aperta attirò la sua attenzione: Merlino.
Si avvicinò al suo mortale nemico osservandolo: era lì davanti a lei, inconsapevole della sua presenza e dei sentimenti che infervoravano il suo cuore: quell’uomo l’aveva quasi uccisa e un giorno lei avrebbe ricambiato il favore. Stava per voltare le spalle con disprezzo quando Morgana notò una cosa che non si aspettava. Merlino aveva la mano stretta convulsamente intorno a qualcosa e gli occhi lucidi. Il mago aprì la mano e la strega poté scorgere un ciondolo dorato. Merlino mormorò qualcosa che le orecchie della sacerdotessa poterono udire a malapena:
- Non ho fatto in tempo…
- Merlino!! – la voce di Artù fece sobbalzare Merlino che mise velocemente il ciondolo in tasca e si avviò attraversando inconsapevolmente un’alquanto stupita Morgana.

La strega aprì gli occhi e vide che Aithusa la guardava:
- Tutto secondo i piani Aithusa, andiamo ora. Sai che sono debole e non possiamo attardarci.


Sarah quel giorno era felice come non mai. Era appena tornata da una passeggiata con i suoi e camminava spensierata verso il campo di addestramento, decisa a dare una batosta ad Artù. Quando arrivò fu accolta da Evan, venuto per assistere:
- Spero di non aver collezionato così tanti lividi per niente.
- Non sarà così – disse lei e presa la spada che ormai era diventata di sua proprietà
si parò davanti ad Artù accennando un inchino. Dopo di che attaccò. Il duello durava da qualche minuto quando si udì un clangore e una spada cadde a terra. Le due figure erano avvolte nella polvere e quando questa si abbassò un mormorio di sorpresa percosse l’arena e si videro alcune monete d’argento volare dalle mani di cavalieri per raggiungere quelle di altri.
Sarah troneggiava su Artù, la spada puntata alla gola, si avvicinò all’orecchio del re:
- Potrei staccarti la testa con la facilità con cui si coglie una mela dall’albero…mio signore.
Dopo di che rinfoderò la lama e porse la mano come appoggio per issare su il re. Artù era soddisfatto:
- Ottimo lavoro, allieva.
- È stato un onore.
E si avviarono insieme a Merlino verso il castello.

Daniel e Christine si stavano preparando: il pugnale era ben affilato e la fune che avrebbe dovuto far cadere il re era piazzata.
- Per nostra figlia – disse l’uomo e la donna annuì.
Artù camminava nel corridoio con Merlino dietro, stanco dopo la cena. Improvvisamente sentì qualcosa intralciargli il passo e cadde supino, battendo di schianto la schiena. Un lampo d’acciaio e dolore al braccio: il colpo destinato al cuore aveva fallito il bersaglio. Apri gli occhi e vide quelli del suo servitore tinti ancora d’oro e infondo al corridoio due figure accasciate: i genitori di Sarah.
- Artù! Come state?
- Io… bene… Merlino mi hai appena salvato la vita!
- Sapete che novità…
- Non capisco come hanno… loro…perché?
- Non lo so sire, ma l’importante è che siate vivo.
- Chiama Sarah, Ginevra e… - si fermò per il bruciore alla spalla – e anche Gaius, sarà meglio che porti anche un po’ di… miele?
- Valeriana – lo corresse - Venite, vi accompagno nella sala del trono, Gaius potrà medicarvi là.
Artù si fece accompagnare e nella strada disse a due guardie di prendere i traditori e portarli nelle prigioni e a una terza di andare a chiamare Sarah, Ginevra e Gaius.
Quando arrivarono nella sala del consiglio c’erano già i tre convocati. Il medico accorse subito dal re mentre la regina domandava cos’era successo. Artù spiego, cercando lo sguardo di Sarah, ma lei aveva gli occhi chiusi. Quando parlò le tremava la voce:
- No. Non può essere. Perché?
- Non lo so Sarah ma non posso far finta di niente io…
Ma Sarah aveva già capito.
- No. Ti prego Artù, l’esilio, la gogna ma non quello.
- Non posso punire un delitto così con della semplice frutta Sarah, la legge parla chiaro… ma io non voglio addolorarti… sai che non posso lasciarli a Camelot ma non credo che sia d’obbligo seguire sempre la legge… un esilio magari… è il massimo che posso offrire.
Dopo di che il re dichiarò che si sarebbe parlato domani con tutta la corte e si avviò nelle sue camere insieme a Ginevra.
Sarah era senza parole, camminava sul parapetto delle mura della città, quando una mano le sfiorò la spalla.
- Evan… è tardi, dovresti andare a dormire
- Sarah, ho saputo
Lei lo guardò e diede voce a quella domanda che le assillava la mente:
- Perché?
- Vorrei poterlo sapere… io…
Ma si fermò quando improvvisamente al ragazza si strinse al suo petto, singhiozzando. La abbracciò, impacciato, e stettero là, fino a che lei non ebbe pianto tutte le sue lacrime.

La mattina dopo nella sala del consiglio Sarah aveva gli occhi arrossati e guardava incredula i suoi genitori, nel centro della stanza, nel mezzo di quello che si sarebbe potuto definire un processo. Era grata ad Artù, che contro al volere dell’intera corte, aveva rifiutato la pena di morte e che stava conducendo con giustizia la cosa.
- Perché? – chiese il re.
Silenzio in risposta.
- Vi avevo fatto qualche torto?
Silenzio.
- Avevate motivo di temere qualcosa?
Silenzio.
- Avevate da temere per Sarah, che…
- Non pronunciare il nome di nostra figlia Artù Pendragon – lo interruppe Daniel – hai provato ad ucciderla e ora ne pagherai amaramente!
- Io non… - iniziò a dire Artù ma entrambi gli si avventarono contro, armati di un pugnale rubato a una guardia. Non pensò, non si fermò a riflettere, l’istinto prese il sopravvento. Lo stesso istinto che in quel momento salvò la sua vita e al contempo la condannò. Un bagliore rosso, la spada in pugno e un urlo disumano.
- Tiranno! Io ti giuro che non troverò pace fino a che il tuo sangue non bagnerà la terra!!
E Sarah scappò, pronunciando le sue ultime parole in quella corte con un furore mai avuto prima. Corse lontano, nel bosco guidata da una forza misteriosa verso l’unico posto in cui poteva andare.


Morgana stava sorbendo tranquillamente una calda zuppa quando un’improvvisa corrente la trapassò. Tutta l’energia persa in quei giorni tornò a rinvigorirle le membra e si sentì come liberata da un peso che le opprimeva il cuore. C’era solo una spiegazione per questo: le ombre avevano assolto il loro compito.
Guardò fuori dalla finestra, era questione di ore ormai. Bastava che la ragazza trovasse il sentiero e era certa che sarebbe venuta da lei.
Il sole era alto nel cielo e le rondini cantavano, liete per l’arrivo della primavera. Morgana girava da ore in su e in giù per la sua capanna, aspettando con ansia l’arrivo della sua “ospite”. Ancora qualche minuto… un tonfo sordo e la porta del rifugio si spalancò improvvisamente. Sulla soglia c’era Sarah, piangente, Morgana sorrise vittoriosa: tutto secondo i piani.

  
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