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Autore: Jessy87g    08/12/2007    6 recensioni
Sesshomaru la guardò allontanarsi, senza perderla di vista fino all’istante in cui scomparve. Strinse rabbioso i pugni: non era ancora venuto il momento. Ma, sul suo onore, si sarebbe vendicato…a qualunque costo. Avrebbe assaporato ogni singolo spasmo di dolore di quegli occhi insolenti, finché quella maledetta lingua velenosa non gli avesse chiesto pietà con un ultimo grido straziato.
Genere: Romantico, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rin, Sesshoumaru
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 11.


“De Profundis”




“Past all thought
of right or wrong -
one final question:
how long should we
two wait, before
we're one?

When will the blood
begin to race
the sleeping bud
burst into bloom?

When will the flames,
at last, consume us?”


(The Phantom of the Opera)







La donna, seduta davanti allo specchio, poggiò al suo fianco una bacinella colma di acqua fino all’orlo e vi intrise un piccolo pezzo di stoffa. Ma prima si iniziare a struccarsi tornò ad osservare il suo riflesso nello specchio.
Quella sera lui non era venuto.
Quella sera, la sera delle sua rivincita, l’aveva lasciata sola.
Lui aveva vinto di nuovo.
Chissà cosa avrebbe pensato vedendola ballare in quello strana notte, chissà se l’avrebbe ammirata in quella effimera ma splendente veste di pizzo e sogno, chissà se l’avrebbe…desiderata?
Desiderata?
Si riscosse subito da quel sinistro pensiero…per l’ennesima volta.
Perché? Perché non riusciva a togliersi dalla mente quegli occhi dorati e profondi? Perché non era capace di smettere di sognare quell’espressione piena di disprezzo? Perché non poteva fare a meno di desiderare anche il minimo contatto con quell’essere che riusciva a farla sentire a disagio con il minimo sguardo?
In verità un’idea ce l’aveva. Ma ammetterlo sarebbe stato l’inizio della fine.
Così continuava a mentire a se stessa, come aveva sempre fatto.
Alzò nuovamente lo sguardi verso il suo riflesso; ma quello che vide le fece mancare un battito. Due lunghe pupille ferine dietro di lei la stavano osservando, imperscrutabili.
Rin si voltò di scatto col cuore in gola: Sesshomaru era in piedi sulla soglia della sua camera e stringeva nella mano la rosa che probabilmente le caduta durante la danza.
Non le era mai sembrato così bello: l’elegante vestito di stoffa scura, negligentemente aperto per metà, ed i lucenti capelli scompigliati che ricadevano sparsi sulle spalle e sulla schiena, gli davano un fascino ancora maggiore. Sembra uno di quei poeti romantici che osservano la propria opera in estatico silenzio, sconvolti da quella inaspettata bellezza.
“Cosa vuoi?” Chiese la donna, cercando di mascherare l’agitazione nella sua voce.
“Ci sono molte cose che vorrei…Ma per ora mi accontento di renderti questa.” Rispose, gelido, gettandole ai piedi il fiore.
“I tuoi desideri sono sempre così da poco?”
“Perché zingara? Tu che desideri hai?”
Il demone incrociò per un attimo lo sguardo con quello della gitana; poi chiuse la porta alle sue spalle e avanzò di qualche passo verso di lei.
La donna, vedendolo venirle incontro, si alzò di scatto dal piccolo sgabello con un gesto istintivo e gli si piazzò davanti a braccia conserte, piegando leggermente la testa con un sospiro.
“La libertà.” Sussurrò infine, rompendo quel silenzio che sembrava interminabile.
“Non ti riempire la bocca con parole della quali non riesci a comprendere nemmeno il significato, ragazzina.” La ammonì Lord Langston con tono duro.
“Io non so cosa vuol dire?! Proprio tu vieni a farmi la predica!...Tu che sei schiavo di una società bigotta e reazionaria! Tu che se schiacciato sotto il peso della tua stessa nobiltà! Tu che sei incatenato ad una polverosa etichetta e costretto a compiere sempre le solite azioni delle quali non riesci neanche a spiegarti il motivo!”
“Credi di essere così al di sopra del tuo prossimo da avere la presunzione di non essere soggetta alle leggi che governano il mondo?!” Tuonò il demone con rabbia, sentendosi ferito nell’orgoglio da quelle accuse “Allora lascia che ti spieghi io.
“Ogni persona su questa Terra è schiava. Certo, i padroni di volta in volta cambiano, ma il principio è il medesimo. E’ vero; io sono schiavo del mio orgoglio: ma lo sono consapevolmente e lo accetto come la legge che deve regolare la mia vita; è il perno intorno al quale ho voluto far ruotare la mia stessa esistenza.
"Invece tu sei inconsapevolmente schiva di quella sottospecie di anticonformismo deviato che chiami erroneamente ‘libertà’.
“Ma lascia che ti dica una cosa, zingara: la libertà non esiste. E’ solo un vuoto fantasma creato dai poeti per consolarci della nostra condizione…come l’Amore.
“Non farti ingannare dai poeti, zingara: è il loro mestiere creare sogni…è la loro gloria ingannare.
"Tu sei la serva delle tue stesse passioni: ti afidi a loro e da loro ti fai trascinare, credendo così di elevarti al di sopra degli altri; quando invece stai sprofondando sempre di più nel loro baratro.”
“Adesso basta, smettila!” Gridò Rin con tutta la forza che aveva nei polmoni.
Quelle parole erano come frecce avvelenate dritte nel cuore.
Lui…lui aveva spalancato le porte di un mondo che lei si era sempre forzata di non vedere. Le aveva mostrato una realtà che non aveva mai voluto né potuto prendere in considerazione.
Quello era sempre stato il suo universo…un universo che, per quanto instabile, aveva sempre illuminato la sua vita.
E quelle parole l’avevano sconvolto per sempre.

“Lo so…lo so..” Sussurrò quasi sull’orlo delle lacrime “Ogni Idea, anche la più nobile, è solo polvere nelle mani degli uomini. Tu hai mostrato una realtà che non ero capace, che non volevo ammettere a me stessa.
“Adesso, ti prego, prendi questa vittoria e lasciami sola. Ma, per favore, non portarmi via anche l’illusione per la quale vivo.”
Sesshomaru la osservò per un lungo istante; quel discorso così disperato e profondo lo aveva colpito. Dalla ferita che aveva aperto con le sue parole adesso poteva osservare gli angoli della sua anima più nascosti e veri.
“Perché ti comporti in questo modo?” Chiese in tono quasi più dolce “Perché fingi di essere una donna frivola e superficiale, quando invece non lo sei affatto?”
“Perché ho già sofferto abbastanza, Sesshomaru. La vita che mi resta è breve e voglio viverla in tranquillità. Chiedo troppo forse?” Rispose con un sospiro, ricacciando a forza indietro le lacrime.
“Che fai ragazzina? Ti apri col tuo nemico?” La canzonò il demone, con un’aria vagamente soddisfatta “Dovresti sapere che non è prudente mostrare il tuo lato debole a colui che odi…Mi hai chiamato addirittura per nome…”
“Io, odiarti?” Ribattè Rin con un sorriso amaro “Fammi il piacere. Sei troppo bello perché una donna ti possa detestare con tutto il suo cuore senza rimanere affascinata.”
“Ti stai forse innamorando di me?”
“Io non mi innamoro, demone. Al massimo desidero.”
“Allora siamo in due.”

La donna non seppe mai se pentirsi o meno di aver offerto su in piatto d’argento quel pretesto al suo nemico.
Senza che riuscisse a capire come si ritrovò le spalle contro il muro e due canini affilati che le premevano contro le labbra.
La gitana, quasi istintivamente, cercò di allontanare quel corpo che ora le pareva immenso; ma una forza selvaggia, alla quale non poteva opporsi, la costrinse ad avvicinarsi ancora di più.
Non sapeva più cosa fare, cosa pensare; le girava la testa, ogni cosa sembrava irraggiungibile e vana come in un sogno e le gambe tremanti rischiavano di abbandonarla da un momento all’altro.
Un voce lontana nella sua mente le gridava di non cedere proprio adesso, di ribellarsi a quella vergogna.
Ma ormai era solo un sussurro.
Stettero per un lungo momento fermi in quella posizione; le labbra erano immobili e i respiri si confondevano.
La donna si chiedeva perché…perché non continuava; perché dopo quella prima mossa non la costringeva completamente a cedere.
Lo desiderava; lo desiderava quel bacio con una ferocia che le faceva paura.
Poi capì.
Capì che rientrava tutto nel suo disegno.
Capì che aveva progettato tutto ancor prima di entrare in quella stanza.
Capì di aver perso di nuovo.

…Hai calcolato tutto, bastardo…

Ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro. Era caduta in quella trappola fin dalla prima volta che se l’era trovato davanti, in quel giorno che ora le pareva così incredibilmente lontano.
Non se ne sarebbe mai liberata.
Non se ne poteva liberare.
Non se ne voleva liberare.

Eccoti la tua vittoria, prenditela…

Gli fece scivolare le braccia sopra le spalle e socchiuse lentamente le labbra, facendo passare con dolcezza la lingua su quelle di lui.
Il demone sorrise soddisfatto e le fece scivolare le mani sui fianchi, iniziando a slacciarle il corpetto. Si muoveva con calma, come se fosse una vecchia abitudine di cui ormai conosceva ogni segreto.
No, non aveva fretta: quello era il suo momento di gloria Anche se fosse stato per un’ora sola, voleva godersi l’attimo in cui la luce di quegli occhi fieri si sarebbe spenta per sempre. Voleva assaporare la disperazione con cui quel piccolo corpo caldo si sarebbe disperatamente abbandonato tra le sue braccia.
Aveva sofferto, aveva sopportato ogni sorta di sfida: adesso avrebbe avuto il suo premio.

Rin era completamente paralizzata: sentiva la schiena contro il muro diventare sempre più fredda, mentre la pelle a contatto con quella di lui bruciava terribilmente. Strusciò le dita tremanti sulla pelle diafana del demone fino a lasciare delle sottili strisce rosse.
Era quello che aveva sempre voluto.
…E aveva paura…
…Aveva inspiegabilmente paura…
Non sapeva esattamente di cosa, ma si sentiva come se fosse la prima volta. La gola era completamente secca, i muscoli tesi impedivano ogni movimento e qualcosa dentro di lei le diceva che stava facendo un enorme, tragico errore.
Socchiuse gli occhi, abbandonandosi tra le braccia di lui.
All’improvviso le apparve confuso nei ricordi il volto di Koga.
No, non si sentiva in colpa nei suoi confronti; si vergognava solo per se stessa.
Era tutto così diverso ora; i baci, le timide carezze di suo marito non avevano niente a che fare con la furia quasi primordiale di quel demone…era solo per questo che aveva ceduto.
Il vano dramma del suo orgoglio stava per giungere alla fine. E come sempre il destino aveva preso la sua vittima.

…Destino…Che antica bugia…

Ma, in fondo, scaricare le colpe su qualcosa di intangibile aiuta a non sentirne il peso e a non farci sopraffare dal rimorso.
La bocca del demone le scivolò sul collo.
Anche questa volta, come ogni volta, non avrebbe conosciuto l’amore.
La camicia cadde lentamente sul pavimento.

Sesshomaru si fermò per un attimo e, staccate le labbra dalla sua pelle, fece correre lo sguardo freddo e trionfante sul corpo della donna.
Rin si sentì terribilmente in imbarazzo: quelle pupille ferine, che la squadravano sinistre, le fecero quasi paura. Si sentiva indifesa, vulnerabile.
Per la prima volta una dolorosa sensazione di inadeguatezza si fece strada nel suo cuore, dilaniando anche l’ultimo briciolo di orgoglio.
Il corpo seminudo del demone, rischiarato da una morente luce rossastra, riluceva di una perfezione quasi fastidiosa.
Lei lo odiò ancora di più.
Allungò istintivamente la mano verso la candela.
“Niente luce mio caro Duca.” Sussurrò mentre soffocava la fiamma tra le dita.
“Non dirmi che ti vergogni di me.” La canzonò lui con voce roca.
“No.” Rispose la donna, tornando a baciarlo con una delicatezza provocante “E’ solo che non voglio vedere l’espressione sul tuo volto quando sarà tutto finito.”
Sesshomaru si concesse un sorriso soddisfatto prima di sollevarla senza fatica tra le braccia e adagiarla con delicatezza sul letto.

Non seppe mai se fu un sogno o frutto della sua immaginazione; ma per un attimo i lineamenti della gitana gli sembrarono incredibilmente simili a quelli di un fantasma del passato del quale non riusciva a liberarsi.




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Ringrazio ancora ran ugajin92, MARTY_CHAN94, ladyhellsing, lollyna, crilli e rosencrantz (allora? Quanto ci fai aspettare per la tua nuova fict? Non vedo l'ora di leggerla.)
Purtroppo la prossima settimana probabilmente salterò l'aggiornameto. A causa di questi maledetti esami non ce l'ho ancora fatta a buttare giù neanche un abbozzo.
Chiedo umilmente perdono ç__ç

Alla prossima, Jessy

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