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Autore: elyxyz    22/05/2013    33 recensioni
“Gaius! Aspettate! Cosa...?” esclamò il mago, squadrandolo come se fosse impazzito.
L’uomo ricambiò lo sguardo. “Perdonate l’ardire, ma... potrei sapere chi siete?”
“Sono
io!” sbottò allora, allargando le braccia “Gaius! Che scherzo è mai questo?!” domandò retorico, battendosi il petto. “Non mi ricono-” Merlin boccheggiò incredulo, accorgendosi di colpo del florido seno che stava toccando, e lanciò un gridolino terrorizzato. Fu per istinto che raccattò il lenzuolo e si coprì alla bell’e meglio.
Gaius se ne stava sull’uscio, sbigottito anche lui.
“Merlin?” bisbigliò alla fine, come se dirlo ad alta voce fosse davvero
troppo.
“Sì, sono io!” pigolò l’altro. “O almeno credo!”
“Che diamine ti ha fatto Ardof?!” l’interrogò l’archiatra.
(...) Merlin si coprì gli occhi con le mani, mugolando. “Come spiegherò questo ad Arthur?”
[Arthur x Merlin, of course!]
NB: nel cap. 80 è presente una TRASFORMAZIONE TEMPORANEA IN ANIMALE (Arthur!aquila) e può essere letto come one-shot nel caso in cui vi interessi questo genere di storie.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Prima stagione, Contesto generale/vago
Capitoli:
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SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già pronti)

SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già pronti).

 

Linea temporale: 12-18 mesi dall’arrivo di Linette a Camelot; riferimenti al capitolo precedente.

 

Riassunto generale: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?

 

Riassunto delle ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è morto, ma la sua maledizione non si è sciolta. Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua scelta, mentre il tempo passa inesorabile e – tra finti e veri compleanni da festeggiare – il suo legame con Linette va saldandosi sempre più. A Camelot, in ogni caso, gli imprevisti sono dietro l’angolo e al castello non c’è mai tempo di annoiarsi…

 

 

Dedico l’aggiornamento a chi ha recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).

Un grazie speciale va a melleth, per una maratona di commenti che mi ha commossa!

A LaAngol, DevinCarnes, crownless, chibimayu, chibisaru81, rekale, Burupya, miticabenny, tigretta95, Hamlet_, aria, Luna Senese, saisai_girl, WildBlueMoon, sixchan, strangerinthistown, Raven Cullen, Morganalastrega, mekbul, Orchidea Rosa, katia emrys e _Jaya.

E a quanti commenteranno (SE vi va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

The He in the She

 

(l’Essenza dentro l’Apparenza)

 

 

 

Capitolo LXXIV 

 

 

Anche se Merlin fosse riuscito a cancellare le nudità di Lady Morgana – indelebilmente incise nelle retine dei suoi occhi innocenti –, c’erano ancora un sacco di avvenimenti, assurdamente vergognosi, che avrebbero per sempre macchiato i suoi ricordi di quel primo anno trascorso come Linette, e nel tempo a seguire.

 

Ogni anfratto del castello avrebbe potuto raccontare qualche aneddoto imbarazzante sulla valletta reale; ma, senza dubbio alcuno, gli appartamenti privati dell’erede al trono si contendevano il primato indiscusso.

 

Come la volta in cui, per una somma di coincidenze, re Uther avrebbe potuto mandarla alla forca per direttissima – per circuizione di erede al trono, anche se loro non avevano combinato niente – scorgendola semiaddormentata nel letto che condivideva con il pupillo reale.

Che diamine ci faceva, Uther, nelle stanze del figlio all’alba?!

 

… Tutto era cominciato la sera prima, al momento del congedo.

Merlin aveva fatto in modo che gli sguatteri, dalle cucine, rifornissero con abbondante legna il focolare degli alloggi del suo signore, perché l’improvvisa nevicata di quel pomeriggio aveva reso l’aria frizzante di metà marzo nuovamente gelida e la stanza andava riscaldata adeguatamente per l’intera notte.

 

Mentre il principe, sorseggiando pigramente l’abituale calice di sidro prima di andare a dormire, osservava il piazzale imbiancarsi, il mago aveva sovrinteso ai lavori dei garzoni, stretto nel suo scialle – da che l’aveva ricevuto in dono al compleanno di Lady Morgana, Linette gli aveva reso onore godendosi il suo piacevole calduccio e le coccole di quella morbidezza avvolgente.

 

Quando, finalmente, anche l’ultimo dei servi si congedò da lì, con un sospiro lo stregone chiuse il portone d’entrata e considerò fra sé che l’operazione aveva richiesto più tempo del previsto. La campana del cambio di guardia gli diede ragione.

 

“Si è fatto davvero molto tardi”, osservò Arthur, come conferma degli altrui pensieri, distogliendo lo sguardo dalla finestra per rivolgerlo alla sua valletta. “Gaius potrebbe essere in pensiero…”

 

Merlin fece spallucce, approfittandone per accomodare la mantella, drappeggiandola anche come una sciarpa sul collo.

“Gaius non c’è. Quindi non può preoccuparsi, se ritardo un pochi-” l’espressione sorpresa e sconcertata del principe bloccò la sua frase a metà. “Che avete?”

“Che vuol dire:Gaius non c’è’?!” l’investì invece il nobile padrone, animandosi.

 

“Significa esattamente questo, Sire”, gli appuntò il servo, con un’inflessione di canzonatura. “Il mio maestro non è a casa, quindi difficilmente noterà la mia assenza!”

 

“E dov’è andato, di grazia?!” pretese di sapere l’erede al trono, facendosi scuro e pensieroso.

 

“Dopo aver ottenuto il permesso del re, vostro padre, egli è partito all’alba, stamattina, per recarsi in un villaggio che dista ad un giorno di viaggio. Lì vi abita un guaritore, che ha richiesto la sua presenza, e il mio mentore dovrebbe fare ritorno domani, prima del tramonto, ma temo che la neve lo rallenterà…

 

“E perché io non ne sapevo nulla?” s’indispettì l’Asino Reale, imbronciandosi.

 

“Io… mi sono scordata di riferirvelo; ed, evidentemente, vostro padre ha ritenuto superfluo informarvene”.

 

A quella replica sensata, il principe tacque per qualche istante, meditabondo, per poi ripartire all’attacco, con un pensiero che lo aveva alquanto turbato.

Quindi… adesso, tu intenderesti tornartene a casa di Gaius, dove non c’è nessuno che ti attende”.

 

“Beh, l’idea era quella”, sorrise Merlin, con ironia.

 

“Non se ne parla neppure!” ruggì il nobile, improvvisamente, facendo sussultare Linette per la sorpresa. “Chiunque può avere libero accesso al laboratorio del guaritore reale!”

 

Ma io dormo nella mia cameretta…” gli ricordò il mago, cercando inutilmente di rabbonirlo. “E posso chiuderla col chiavistello”.

 

“Oh, sì! Sprangare quell’inutile pezzetto di legno tarlato, che tu osi chiamare ‘porta’!” sbraitò il principe, sbattendo sul legno del canterano il calice ormai vuoto. “Basta un soffio di fiato per buttarla giù!”

 

Benché lo scudiero apprezzasse sinceramente il genuino interesse del suo padrone – e le sue esagerate e immotivate paure e precauzioni –, la sua pazienza stava per finire.

Dubito fortemente, Sire, che qualcuno abbia stabilito di attentare alla mia virtù giusto stanotte, mentre dormo da sola…

 

Ma, le sue parole, anziché tranquillizzare il cavaliere, lo allarmarono ancor di più.

“Chi altro sa della partenza del medico di Corte?” volle sapere, strofinandosi stancamente la base del naso stretta tra pollice e indice.

 

“Ehm… Tutta la Corte?” azzardò lo scudiero, ben sapendo – purtroppo – che quella era la risposta più sbagliata da dare.

Mentre Arthur induriva la mascella per non imprecare, lo stregone si sentì in dovere di difendere l’operato del suo mentore: “Gaius ha dovuto avvisare i suoi pazienti abituali e consegnare preventivamente alcuni medicinali da assumere durante la sua assenza…”

 

“D’accordo”, si risolvette il cavaliere, dopo un tempo che a Merlin era parsa un’eternità. “È fuori questione che io ti conceda di fare ritorno in quella casa buia e fredda-

 

Ma…” tentò di interromperlo l’ancella.

 

“Non è forse così?!” Il nobile la sfidò a contraddirlo. “Hai passato il pomeriggio e la serata qui, e nessuno, presumibilmente, si è preso la briga di riattizzare il focolare di un archiatra assente”.

 

Merlin sbuffò, impaziente, eppure fu costretto ad annuire.

 

“Ma, soprattutto, non riuscirei a riposare bene sapendoti là da sola. E tu non vuoi che il tuo Signore passi una notte angustiata, nevvero?” le chiese, retorico.

 

“Veramente non vi ho chiesto nul-” ritentò, invano.

 

“E poiché escludo a priori che la mia nobile persona si trasferisca temporaneamente in quel tugu- in quell’umile dimora” si corresse all’ultimo, per non offendere la sua suscettibilità, “ritengo che l’unica soluzione sia offrirti ospitalità qui, nelle mie stanze”.

 

Ma, Sire!” contestò il mago.

 

“Non è neppure la prima volta che accade, perciò la cosa non dovrebbe scandalizzarti tanto”.

 

“Apprezzo il vostro interessamento, ma vi assicuro che non serv-

 

“Ormai ho deciso”, stabilì il principe, con tono definitivo. Poi, prevedendo che Linette avrebbe  snocciolato altre obiezioni, con una mossa fulminea la afferrò per le spalle, conducendola forzatamente verso il baldacchino. Nel fare ciò, le sfilò senza particolare riguardo lo scialle dalla schiena, lasciandolo cadere con noncuranza a terra, come faceva sovente con i propri abiti.

 

“Ehi!” si lamentò il mago, torcendo il collo all’indietro malgrado l’avanzata forzosa, per verificare l’ingiusta sistemazione della sua preziosa stola.

 

“Sotto alle coperte, non ti servirà”, chiarì il Babbeo Reale, senza dimostrarsi particolarmente dispiaciuto, mentre le levava a tradimento anche il grembiule annodato in vita e lo lanciava per aria, lasciando che ricadesse a caso, a fare compagnia al resto.

 

“Sì, però-” mugugnò il servo, che aveva compreso che non restava che arrendersi.

Vedere il suo prezioso dono bistrattato gli strinse il cuore e quindi tentò di fare marcia indietro per andare a raccoglierlo.

Ma, nel fare ciò, egli incespicò nel tappeto che circondava il letto e perse una scarpa che gli si era sfilata nell’inciampo, – se Arthur non l’avesse tenuto con ferma gentilezza per le spalle, egli sarebbe inevitabilmente caduto a terra.

 

Domani”, ordinò Sua Maestà, ponendo fine alla questione, spingendo Lin a sedere sul letto.

 

Merlin si strinse nervosamente le dita in grembo.

“E se qualcuno dovesse entrare?” sfogò infine, pensieroso, mentre il suo padrone si dimostrava eccezionalmente indaffarato.

 

“Con questo freddo, dici? Sono già tutti nel mondo dei sogni! Prima dell’alba, non verrà nessuno a disturbarci”, considerò il nobile, slegando da sé i tendaggi raccolti ai quattro lati del baldacchino e distendendo le tende Rosso Pendragon affinché trattenessero maggior calore notturno fra le coltri.

 

Scalciando via l’unica scarpa che le era rimasta, Linette si rassegnò a cedere a quell’imposizione.

La parte più egoista di Merlin – quella innamorata follemente di Arthur – era stata più che felice di assecondare l’indiscutibile ordine di Sua Maestà, ma la sua parte più assennata non lesinava dubbi e timori che lo inquietavano.
Ogni notte trascorsa lì dentro era pericolosa quanto giocare col fuoco. Avrebbe finito col bruciarsi?

 

“Puoi sfilarti gli indumenti che ti impicciano e il mio vaso da notte è a tua disposizione”, la informò il principe, prima di prendere posto accanto alla fanciulla, dimostrando un buonumore e una generosità fin troppo sospette. “Buonanotte, Lin-Lin”, le augurò, nella semioscurità.

 

Pochi minuti più tardi, dopo essersi preparato, anche Merlin lo raggiunse, ricambiando l’augurio.

 

Accantonando le proprie remore, lo stregone si lasciò coccolare dalle morbide lenzuola, dal tepore della stanza riscaldata e, ancor più, dal brivido d’aspettativa che lo aveva colto al pensiero di quando i suoi piedini gelidi avrebbero trovato conforto fra quelli reali.

… E forse il suo corpo sarebbe finito fra le braccia del principe.

 

Con un sorriso arrendevole, il mago si lasciò cullare dal respiro familiare di Arthur accanto a sé.

E considerò che, dopotutto, con la primavera alle porte, non sarebbe stato male organizzare qualche altro viaggio per Gaius, ogni tanto, se quelli erano i risultati.

 

 

***

 

 

“Arthur!”

 

Fu una voce imperiosa a districare Merlin dalle maglie del sonno e dal corpo del principe troppo vicino al suo.

 

Pa-padre?... Padre!” sentì esclamare suddetto principe – il suo principe, l’altra metà della sua medaglia – mentre realizzava con orrore che no, non stava sognando un incubo e che il re – in persona! – si trovava in quella stessa stanza, appena oltre i tendaggi che li separavano. “Padre!” strillò Arthur, nuovamente, un’ottava sopra il normale tono, condensando in quell’unica parola la propria sorpresa e lo sconcerto, coprendo così l’esclamazione sbigottita sfuggita a Linette. “Shh…” le bisbigliò, ponendole un indice fra le labbra socchiuse, ad occhi sgranati, cercando di sbrogliarsi fra le coltri aggrovigliate. “Arrivo, padre, un istante!” temporeggiò, lottando col lenzuolo e il brusco risveglio che l’aveva frastornato.

 

“Non volevo spaventarti, figliolo”, lo rassicurò con burbera premura il sovrano, lasciando vagare lo sguardo nella penombra della stanza. “Ma stanotte la spalla non mi ha dato tregua e ho riflettuto su una questione importante e-” e il suo cervello realizzò una cosa che inizialmente gli era sfuggita.

 

Uther chinò la schiena quel tanto che bastava per sfiorare la lana pregiata di uno scialle, negligentemente abbandonato a terra. Poco lontano, era stata dimenticata una scarpetta inequivocabilmente femminile e almeno un altro capo di vestiario giaceva sparso sul pavimento.

 

“Ho… interrotto qualcosa?” domandò poi, lasciandosi scappare quelle parole, mentre aggrottava la fronte e la sua cicatrice appariva in rilievo.

 

Uno squittire femminile gli diede la conferma, mentre il principe, involontariamente, tirava i capelli di Merlin ed egli si lasciava sfuggire un lamento, un istante prima di riuscire a trattenerlo.

A nulla valse lo sguardo dolente che indirizzò al suo padrone, mentre questi cercava di rendersi presentabile.

 

Oh, se solo i capelli di Lin non si fossero impigliati nei ganci della sua casacca!

 

“Padre, sto per-!, lasciate che-” farfugliò incoerentemente l’erede al trono, il cui unico timore era che il genitore provvedesse da sé a scostare le tende, scoprendo Linette. Per questo, egli non s’avvide che le proprie parole risuonavano alquanto equivoche.

 

“Ah, fai con calma! Però renditi almeno presentabile, Arthur”, gli appuntò il monarca, mordicchiandosi le labbra.

 

Un istante dopo, tuttavia, il principe uscì dai tendaggi – nel separarle, il re intravide fugacemente il profilo di un’esile fanciulla dai lunghi capelli, stagliato nella penombra – e si presentò dinanzi al sovrano, tutto scarmigliato e con gli abiti ancora in disordine, convinto di doversi sorbire una delle prediche paterne. Una di quelle che non avrebbe mai dimenticato.

 

Grande fu la sua sorpresa, allorché il genitore, tutt’altro che irritato, gli si parò davanti fin troppo ghignante.

Con un sorriso di malcelato orgoglio, Uther gli passò un braccio attorno alle spalle, e con fare cospiratore gli si accostò, bisbigliando al suo orecchio.

 

“La virilità dei Pendragon va sempre assecondata, figliolo”, dichiarò, a mo’ di benedizione paterna, sussurrando fra loro perché la dama non sentisse, ammiccando alla volta dei cavallo dei pantaloni del principe, dove un imbarazzante orgoglio mattutino reclamava il suo spazio, incurante della vergogna cocente del suo padrone. Arthur non avrebbe mai potuto confessargli che era stata l’agitazione e non l’eccitazione a risvegliarlo.

“Ora vi lascio soli. Il nostro discorso non era poi così urgente…” specificò il re, compiacente. “Ma mi raccomando prudenza, intesi? Niente complicazioni o mariti che pretendono regolare soddisfazione, mh?” gli ricordò, con un’altra gioviale pacca sulla spalla. “Ci vediamo più tardi… più tardi”, precisò, accordandogli forse una veglia di libertà in un impeto di generosità.

 

Guardandolo avviarsi all’uscita, Arthur non fece neppure in tempo a tirare il fiato, credendo che il peggio fosse passato, allorché il monarca ritrattò, tornando suoi propri passi.

 

“No. Ho un’ultima cosa…” gli comunicò il genitore, perdendo l’aria gioviale e riacquistando il solito tono autoritario. “Quando la tua valletta arriverà a portarti la colazione,” – Merlin ansimò involontariamente, tremando sotto al lenzuolo, sentendosi nominare, e il gemito oltrepassò attutito le barriere di stoffa, ma fortunatamente solo il principe lo colse; – “mandala da me. È pur sempre l’assistente del guaritore reale, saprà curare una dannata spalla indolenzita!” ruggì, strofinandosi la zona malandata da una vecchia ferita di guerra.

 

“Sì, padre! Subito, padre!” scattò Arthur, sull’attenti. “Provvederò immediatam-

 

“Oh, non così in fretta, figliolo”, lo dissuase il re, ammiccando alla volta del letto, dove immaginava l’aspettasse la sua dama impaziente. “Milady, chiedo perdono per la mia presenza inopportuna”, si scusò il sovrano, alzando la voce a beneficio della sconosciuta ospite, continuando a credere che il suo erede si fosse intrattenuto con qualche nobildonna compiacente. “Ora tolgo il disturbo”.

 

E, uscendosene da lì, bofonchiò qualcosa che suonava come un invidioso “Beata gioventù!”

 

Appena rimasti soli, l’apprensione che li aveva colti evaporò all’istante e Arthur si lasciò cadere a peso morto sul materasso, accanto alla sua valletta che lo imitò, spossata dalla violenta emozione.

 

“Credo di aver perso almeno dieci anni di vita”, ammise il principe, inspirando lentamente per calmarsi, strofinandosi incredulo la fronte imperlata di sudore freddo.

 

E io ho ancora la testa attaccata al collo!” realizzò il mago, sfiorandosi la gola, ancora sconvolto dallo scampato pericolo.

 

I due si scambiarono uno sguardo d’intesa complice, prima di scoppiare inevitabilmente a ridere per sciogliere la tensione.

 

“E per fortuna che nessuno sarebbe venuto a disturbarci, eh?” lo pungolò il servo, maledicendosi per non aver pensato di chiudere la porta a chiave.

 

“Che ne potevo sapere?!” si difese il nobile, discolpandosi. “Mio padre non è mai venuto a farmi visita a quest’ora del mattino!”

 

“E cosa voleva di così urgente?”

“In realtà… non lo so. Quando ha capito che non ero solo, ha accantonato i discorsi”.

 

Quindi il re ha creduto che-”

 

“Che fossi occupato in dolce compagnia, sì”, confermò Arthur, godendosi l’imbarazzo che stava fiorendo sulle gote di Linette.

 

“Uhm…”

 

“La cosa ti turba?”

 

“Perché… perché dovrebbe?” esitò l’ancella, distogliendo lo sguardo e fingendosi incredibilmente interessata a spianare una piega del lenzuolo sgualcito. “L’importante è che non si sappia che qui dentro c’ero io, no?” considerò con praticità.

 

“Giusto”, ne convenne il cavaliere. “Hai la mia parola che non accadrà”.

 

Merlin gli regalò un timido sorriso di gratitudine.

 

Ma, magari, la prossima volta-”

 

Non ci sarà una prossima volta’”, lo freddò Lin, perentoria, anche se non poteva sapere che si stava sbagliando.

 

Il principe, in risposta, preferì accantonare la faccenda e si allungò, piuttosto, per afferrare una delle coperte ammucchiate contro la pediera del letto e la stese in un unico gesto su entrambi.

 

“Comincia a fare freddo, fuori dalle lenzuola”, motivò, preferendo ignorare il mugolio di soddisfazione che Linette si era lasciata sfuggire. “Meglio?” tirò a indovinare, vedendo il nasino di lei scomparire oltre l’orlo cucito del copriletto.

 

Mmhhh…” apprezzò il mago, rilassandosi, e il principe fece altrettanto.

 

Per tacito accordo, anche se non avrebbero potuto dormire ancorachi sarebbe mai riuscito ad addormentarsi, dopo un risveglio così? –, si sarebbero presi ugualmente qualche istante per loro, indugiando a poltrire nel silenzio, godendo della pigrizia dell’alba e della reciproca, silenziosa compagnia…

 

 

***

 

 

Un altro risveglio imbarazzante lo si aveva avuto circa un anno e mezzo dopo l’arrivo di Linette a Camelot, quando ormai il principe aveva abbassato le proprie difese e i due si trattavano quasi con fin troppa familiarità – familiarità che Linette si era presa, e che lui, per amor di precisione, non le aveva mai concesso. E quindi, per ripicca, a volte l’Asino si divertiva a tiranneggiarla, anche se in diverse occasioni era stato lui quello ad uscirne più malconcio tra loro due.

 

Quella mattina d’estate, per esempio, l’ancella aveva raccolto come sempre le tende del baldacchino ai quattro supporti e, dopo aver posato la colazione del Babbeo Reale sul tavolino accanto al letto, aveva addentato una mela succosa che si era messa in tasca prima di scappare di fretta da casa di Gaius e, non avendo ottenuto risposta al suo “Buongiorno, Sire!”, anziché continuare i propri lavori, ella si era arrestata, scrutando l’altra metà della sua medaglia beatamente assopita.

 

Arthur che dormiva a torso nudo era uno spettacolo di cui Merlin non si sarebbe mai saziato a sufficienza.

Avrebbe voluto accarezzargli la pelle in punta di dita, sfiorare gli addominali scolpiti, la linea della mascella volitiva, arruffargli i capelli appiccicati alla fronte dal sudore notturno, avrebbe desiderato morderlo e sentire la consistenza di ogni lembo e anfratto, e farlo rabbrividire e poi concedersi a lui, e

 

Inghiottendo a vuoto un bolo di saliva, egli cercò di ricomporsi.
“Svegliatevi, Arthur!” lo incitò poi, a malincuore, avvicinandosi al bell’addormentato, ma l’unica risposta del nobile fu un lamento di protesta.

 

Merlin aveva dimenticato com’era trovarselo così.

Indisponente già di prima mattina.

 

Scrocchiando un morso alla mela succosa prima di agire, il mago non si perse d’animo e con una mossa fulminea – in ricordo dei bei, vecchi tempi – lo privò a tradimento del cuscino e delle coperte in simultanea, di modo che il principe non potesse trovare altro rifugio né ulteriori scuse.

 

Fu a quel punto che l’aristocratico Babbeo si stiracchiò pigramente, sbadigliando senza riguardo alcuno, stropicciandosi i regali occhioni assonnati e levandosi a sedere sul materasso, con uno sguardo sperso.

 

“Avete i postumi del Rituale del Mercoledì?” lo canzonò la serva, ben consapevole che la sua era solo una provocazione gratuita.

 

Nh…” mugugnò il futuro sovrano, in risposta, lanciandole un’occhiata distratta prima di fare una smorfia disgustata verso la propria colazione: pane, uova e carne affettata ben disposta sul vassoio.

“Mela!” brontolò poi, laconico.

 

“Non ci sono mele nel vostro pasto, Sire. Questa è la mia colazione”, gli rese noto il mago, con un ghigno.

 

“Offrimene un pezzo!” ingiunse l’Asino Reale, mettendo su un adorabile broncio da bambino viziato.

 

“Col cavolo!” negò Merlin, addentando un altro pezzetto per ripicca.

 

“Ogni mio desiderio non è forse un ordine?!” sfidò il principe, visto che ormai era una questione di principio.

 

Dovrebbe, ma…” ghignò il servo, sentendosi vittorioso; eppure, non ebbe neppure completato la frase né assaporato la soddisfazione che, con un’insospettabile mossa fulminea, l’erede al trono si sporse verso di lui e gli rubò dalle mani il frutto rosicchiato a metà. “Ehi!” s’indignò lo scudiero, lanciandosi sul letto per riconquistare il maltolto, in barba all’Etichetta e al buonsenso.

 

Il fatto che il cavaliere fosse molto più alto della sua serva non dissuase Linette dal tentare il recupero, usando anche mezzi meschini come il solletico che sapeva il principe soffrisse nei punti più impensati.

 

Ovviamente l’Asino Reale aveva reagito ai suoi attacchi con la stessa grazia di una mandria di tori alla carica, e i due si ritrovarono ben presto nel mezzo di una battaglia all’ultimo sangue, fra lenzuola sfatte e coperte ammonticchiate.

 

Quando il pomo della discordia sfuggì di mano al principe, per riprenderlo Arthur si sbilanciò istintivamente oltre il bordo del letto, trascinandosi dietro le coperte infagottate in cui Linette era intrappolata.

Come risultato disastroso, entrambi caddero con un tonfo sul tappeto e la mela – che sembrava farsi beffe di loro – era rotolata via, fin sotto l’armadio dove non sarebbe stata mangiata mentre loro, impotenti, non poterono che osservare la sua fuga per la salvezza.

 

“Ti… sei fatta male?” le chiese il cavaliere, preoccupato, cercando – per quanto poteva – di non gravare sul corpo esile della sua serva che era finito sotto di lui nella caduta. Purtroppo per lui, le lenzuola si erano aggrovigliate strette attorno ai loro corpi, impedendogli ogni movimento nonché la libertà.

 

N-no…” balbettò il mago, scombussolato da quell’indecente vicinanza che lo turbava oltre il consentito. Sentiva il fisico possente di Arthur plasmato contro il proprio, in un incastro perfetto.

Solo pochi minuti prima aveva sognato ad occhi aperti di accarezzare quegli stessi muscoli a cui ora si era aggrappato e si chiese, incoerentemente, dove avrebbe trovato il coraggio di staccarsi da lui.

 

Vedendola così stranamente silenziosa e scombussolata, il nobile ritentò.

“Non… non è che hai battuto la testa, vero?” si impensierì, memore di disgrazie passate.

 

“No, Sire. Sto solo cercando di capire come liberarci senza dover stracciare le lenzuola…

 

“Penso di capire come si sentono i bruchi dentro ai bozzoli. È un po’ strettino qui”, ghignò, strappando a Linette una breve risata che lo confortò.

 

“I bruchi non stanno mica in due dentro al bozzolo!” lo corresse, per pignoleria, concedendosi di accarezzarlo con finta noncuranza mentre cercava di scostare una coperta dalla sua spalla nuda.

 

H-ho bu-bussato…” si giustificò la voce esterrefatta di Guinevere, intromettendosi fra loro, mentre – con espressione sconvolta – la serva di Morgana assisteva a quella scena indubbiamente compromettente.

 

Agli occhi di tutti, sarebbe sembrato che Arthur fosse nudo e la posizione equivoca, poiché col suo corpo egli copriva la sua serva fra le lenzuola, dava ad intendere che anche lei fosse stata svestita.

 

“Non è come pensi, Gwen!” le urlò dietro Merlin, ma lei era già corsa fuori, bofonchiando qualcosa su un messaggio di Lady Morgana che avrebbe recapitato più tardi.

 

“Ecco! Avete visto in che guaio mi avete cacciata!” mugugnò Linette, perdendo ogni interesse passionale. “Tutta colpa della vostra ingordigia per la mia mela!”

 

Sta’ zitta! Se tu me l’avessi offerta spontaneamente, non saremmo ridotti così…” brontolò il principe, di rimando. “E adesso chissà cosa dirà quella strega!”

 

L’unica soluzione sarebbe stata parlarne con Guinevere e persuaderla a tacere.

Ma chissà se lei avrebbe mai creduto a quell’assurdità?

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie paranoie. X°D

 

Note: Come vi avevo anticipato, questo capitolo è infarcito di cliché. Lo sapete che sono una cosa ricorrente in questa fic, perché li adoro. XD
Al momento non saprei citare nessun titolo, ma sono certa che esitano frotte di film e libri in cui si fraintendono situazioni imbarazzanti, generalmente a letto e a sfondo sessuale.

Qui non c’è niente di volgare, ma se credete di cogliere un sottinteso/doppiosenso ad un paio di frasi che ho disseminato… sì, sappiate che la cosa è voluta. XD

 

La reazione d’inaspettato orgoglio paterno fa il verso alla puntata 3x10 “Regina di cuori” quando Uther scopre Arthur e Gwen al pic-nic e, credendo che lei sia solo uno svago del principe, non lo biasima e, anzi, lo approva.

 

Precisazioni al capitolo precedente e domande varie: (a random)

- Il capitolo Morgana-centrico è piaciuto molto! Grazie, ne sono felicissima! *_*
Seguendo le vostre richieste, la nostra Veggente avrà un ruolo più importante, rispetto alla mia idea iniziale di semplice comparsa.

- In questa storia, lo ripeto, Morgana non diventerà cattiva. Ma la domanda giusta è: i suoi poteri sono/saranno una minaccia? E i nostri eroi… uhm… non posso ancora spoilerarlo!

- Il prossimo capitolo sarà l’ultimo ‘relativamente tranquillo’ prima della grande svolta.

- Per curiosità: mi è stato chiesto cosa, secondo me, farà Merlin per prima cosa quando tornerà uomo. Premesso che non dirò cosa ho scritto di quel momento (perché sì, è già scritto), posso dire che probabilmente farebbe un bel falò di tutti i suoi vestiti femminili. XD

E voi? Sono curiosa di sapere cosa ne pensate! ^^

- Quando MerLin parla del fungo come scusa, Arthur ha una reazione esagerata, sì.

Mi piace pensare che sia un po’ fifone con le malattie, anche se lui è un cavaliere pronto a morire in guerra senza batter ciglio.

Anche quando (un secolo fa XD), nel cap 21, si è ritrovato a decidere se rischiare la vergogna o restare vicino al povero Sir Leonard, malato di una strana febbre, lui ha battuto in ritirata. XD Poverino… l’Asino e le ‘possibili’ malattie non vanno d’accordo… uhm… forse, sotto sotto, è ancora convinto che anche il Buffone sia un mezzo malanno… per questo è stato suscettibile sulle questione?

- Direi che sì, un po’ Arthur è geloso di Lin e non vuole prestarla a Morghy, ma conoscendo quella strega, voi lo fareste? Forse il principe ha un po’ ragione ad essere prevenuto! XD

- È vero: i fratelli Pendragon hanno rivestito Merlin! Tra fazzoletto e scialle, da ora starà al caldo! XD

- Sì, Morgana ha avuto pietà di Linette. Sebbene, poi, il povero mago finisca in mezzo alle beghe fra fratelli.

- Morgana è l’unica, oltre a MerLin, a saper mettere in imbarazzo Arthur, credo sia una dote magica! XD

- Le cose che Arthur ama in Linette sono le stesse che amava in Merlin. E le ama in lei proprio per questo. Perché gli ricordano lui.

 

 

 

Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni del prossimo capitolo:

 

“Ecco, vedrai che con questo sarai come nuova!” esclamò fiducioso, passandole il bicchiere fra le mani.

 

Il servo bevve avidamente il rimedio tutto d’un sorso, annuendogli riconoscente.

E, un istante dopo, egli sgranò gli occhi azzurri, come se avesse ricevuto un contraccolpo dal medicamento.

 

“Tempo due tacche di candela e sarai di nuo-” Arthur non ebbe modo di finire la frase, che Lin stramazzò all’indietro sul materasso, senza vita, lasciando cadere il calice che tintinnò nel silenzio della stanza fino a terra, rotolando sul pavimento.

 

“Linette!” la chiamò il principe, sconvolto. “Linette!” ritentò, avvicinandosi al corpo privo di sensi, scuotendolo appena, senza ricevere risposta. “Non fare scherzi, dannazione!” urlò il nobile, realizzando – con suo sommo sconcerto – che no, lei non si stava prendendo gioco di lui.

 

(...)

 

“Oh, certo!” eruppe perciò, interrompendolo, allargando le braccia esasperato. “Non è niente di grave! Nella peggiore delle ipotesi, avrei solo potuto avvelenarla!” polemizzò, sbraitando.

 

Ad essere pignoli, Maestà, voi l’avete avvelenata”, precisò il guaritore, perdendo l’aria gioviale per recuperare quella professionale e lapidaria: “Sbagliare le dosi di un medicamento può portare alla morte”.

 

(...)

 

Poi sul più bello, giusto quando stava ormai cedendo all’agognato sonno, Arthur sentì un improvviso peso addosso, il peso di Linette che gli si aggrappava senza consenso, infilando di prepotenza i piedini gelidi fra i suoi, la testa che finiva adagiata sulla sua spalla tornita.

 

Il principe rimase un istante immobile, inerme, stupito oltremisura.

“Oh, fai pure!” sbottò quindi, grondando ironia.

 

E, incredibilmente, ricevette dalla fanciulla un mugugno insoddisfatto di risposta, mentre ella, ancora addormentata, sembrava cercare invano una posizione più confortevolmente congeniale.

 

(...)

 

Una parte di lui – quella che, stranamente, aveva la stessa inflessione di suo padre nei ricordi delle sue ramanzine d’infanzia, – gli rammentava che non era bene familiarizzare così con la propria serva, con una donna.

Il fatto che, vederla felice e serena, soddisfacesse anche lui era di secondaria importanza; lo era, quando si aveva puntati contro gli occhi di tutto il castello e i pettegolezzi si espandevano più velocemente degli incendi di sterpaglie mentre tirava forte il vento.

 

Ogni piccolo sgarbo che le faceva lo feriva sempre un pochino – come se colpendo lei, per assurdo, la ferita rimbalzasse quasi su se stesso, come contraccolpo; come se non fossero due entità separate e distinte, ma due parti di un’unica sostanza. Eppure vi era costretto – per scelta forzata o per necessità – anche se poi veniva da Lin puntualmente perdonato. Ed era anche peggio.

 

 

 

Colgo l’occasione e ringrazio i 220 utenti che hanno messo nei preferiti, 365 seguiti e i 40 da ricordare di questa fic, numeri sempre in crescita.

 

 


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elyxyz

 

   
 
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